LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 1310/2004 depositato il 2 aprile 2004 avverso avviso irrogazione sanzioni n. 884LS0200037 sanz. amministrative 2003, contro Agenzia entrate - Ufficio Bari 1, proposto dal ricorrente Week Sette di Catalano Paolo S.n.c., via Roma 1/Bis - 70125 Bari, difeso da: Ingravallo rag. Gaetano, via della Resistenza 48/A - 70100 Bari. F a t t o Con ricorso n. 1310/2004 del R.G.R. la societa' Week Sette di Paolo Catalano S.n.c. di Bari, rappresentata e difesa dal rag. Gaetano Ingravallo presso il cui studio in via della Resistenza 48/A di Bari eleggeva domicilio, impugnava l'atto di irrogazione di sanzioni emesso dall'Agenzia delle entrate - Ufficio di Bari 1 - notificato il 5 febbraio 2004. Esponeva la societa' ricorrente di aver subito in data 20 maggio 2003 verifica da parte degli ispettori dell'INPS, i quali avevano accertato l'impiego irregolare da parte della societa' di una dipendente, sig.ra Gelao Maria, non risultante dalle scritture contabili ne' da altra documentazione obbligatoria. Il relativo processo verbale di accertamento, redatto dagli ispettori in data 23 giugno 2003, veniva trasmesso dall'INPS, a norma dell'art. 3 comma 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002 n. 12 convertito dalla legge 23 aprile 2002 n. 73, all'Agenzia delle entrate di Bari, la quale con l'impugnato atto di irrogazione comminava la sanzione di Euro 12.851,10, pari al 200% del costo del lavoro quale determinato dagli ispettori INPS. La ricorrente eccepiva l'illegittimita' dell'art. 3 comma 3 della legge n. 73/2002 citata per contrasto con l'art. 3 della legge 241/1990 e dell'art. 12 della legge 212/2000 (statuto del contribuente), per mancata esplicitazione dei criteri di calcolo del costo del lavoro, difetto assoluto di motivazione, inapplicabilita' al caso concreto, omessa previsione dell'effettivo inizio dell'attivita' lavorativa irregolarmente utilizzata. Eccepiva, inoltre, l'illegittimita' costituzionale dello stesso art. 3 comma 3 della legge 73/2002 per violazione degli artt. 3, 25 e 102 della Costituzione. Chiedeva alla Commissione di dichiarare l'illegittimita' dell'atto impugnato, previa sua sospensione, nonche' la condanna dell'Ufficio al pagamento delle spese di giudizio. Si costituiva l'Agenzia delle entrate per controdedurre che sussistevano tutti i presupposti giuridici e di merito posti a base della pretesa fiscale, quali esposti nella motivazione dell'atto accertativo, e per chiedere la conferma dell'operato dell'Ufficio nonche' il rigetto del ricorso, con condanna della societa' al pagamento delle spese, competenze e onorari di giudizio. In accoglimento dell'istanza cautelare il Collegio, nell'udienza del 7 luglio 2004, disponeva la provvisoria sospensione degli effetti dell'atto impugnato. Nell'odierna pubblica udienza le parti ribadivano le rispettive posizioni. D i r i t t o Il Collegio ritiene di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 comma 3 del decreto-legge 22 febbriao 2002 n. 12 come introdotto dalla legge di conversione 23 aprile 2002 n. 73, concernente modifiche alle disposizioni in materia di lavoro irregolare, risultando la stessa rilevante e non manifestamente infondata. La disposizione citata, nel testo interamente riscritto in sede di conversione nella legge n. 73 del 2002, stabilisce che «ferma restando l'applicazione delle sanzioni previste, l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o altra documentazione obbligatorie e' altresi' punito con la sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti Contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione». Tale disposizione appare al Collegio in aperto contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., poiche' la stessa crea un'evidente e ingiustificata disparita' di trattamento tra datori di lavoro nei cui confronti sia accertato l'utilizzo di lavoratori irregolari. La norma, infatti, dispone che l'importo della sanzione sia calcolato per il periodo di tempo compreso fra una data iniziale costituita sempre dal primo giorno dell'anno e la data di costatazione della violazione, con una presunzione che appare assoluta atteso che non ammette prova contraria, e percio' essa legittima l'applicazione della sanzione indipendentemente dalla durata effettiva del rapporto di lavoro sommerso. Ne consegue inevitabilmente un'ingiusta ed illogica disparita' di trattamento tra il datore di lavoro che utilizza lavoratori irregolari, come tali accertati all'inizio dell'anno, e il datore di lavoro che, pur nelle stesse condizioni, e' invece oggetto di accertamento alla fine dell'anno, i quali sarebbero assoggettati a sanzioni sensibilmente diverse a seconda del tempo in cui avviene la costatazione, la sanzione essendo commisurata ad un costo del lavoro calcolato in ogni caso a partire dal primo giorno dell'anno e fino al momento dell'accertamento dell'infrazione. In tal modo, risultano penalizzati i datori di lavoro che dovessero subire l'ispezione verso la fine dell'anno rispetto a quelli che la subiscono nei primi mesi, senza alcuna obiettiva giustificazione e comunque senza ammettere alternative o rimedi. Per converso, due datori di lavoro nei cui confronti fosse accertata la medesima infrazione nello stesso giorno, dei quali l'uno si sia avvalso di dipendenti irregolari impiegati per piu' anni e l'altro solo dal giorno prima dell'accertamento ispettivo, si vedrebbero irrogata la medesima sanzione, commisurata al costo del lavoro calcolato con riferimento allo stesso periodo di tempo, compreso, per l'appunto, tra l'inizio dell'anno e il giorno della costatazione. Appare, dunque, fin troppo evidente che il momento di accesso dell'organo ispettivo, di carattere del tutto volontario, discrezionale ed in ipotesi anche arbitrario, determina il fatto costitutivo dell'ammontare della sanzione, che cosi' non e' ancorato ad un fatto di carattere oggettivo e da chiunque verificabile, ne' commisurato all'effettiva gravita'. Ritiene il Collegio che la sanzione dovrebbe essere commisurata alla durata di effettivo ricorso al lavoro irregolare e che la norma censurata dovrebbe consentire la prova dell'effettiva durata del lavoro, e solo in caso di esito negativo di tale prova ritenere valida la presunzione di legge che il rapporto irregolare debba farsi decorrere dall'inizio dell'anno fino alla data dell'accertamento della violazione. La norma censurata non si pone solo in contrasto con il principio di uguaglianza, per le ragioni innanzi esposte, ma anche con il codificato principio di proporzionalita' della sanzione rispetto all'entita' e gravita' della violazione commessa, essendo quest'ultimo principio alla base della razionalita' informante il principio di eguaglianza (cfr. Cost. 21 gennaio 1999 n. 2). D'altra parte, la stessa norma, in quanto non ammette, neanche in sede giurisdizionale, la prova dell'effettiva durata del lavoro irregolare, nel senso innanzi precisato, correlata com'e' al fine di realizzare il principio di proporzionalita' della sanzione rispetto all'entita' della violazione, si pone in evidente contrasto anche con il principio costituzionale del diritto di difesa, di cui all'art. 24 Cost., essendo preclusa ogni possibilita' di dimostrazione della durata effettiva del rapporto. Le censure di illegittimita' costituzionale come sopra esposte sono rilevanti nel caso di specie ai fini della decisione della controversia, in quanto la violazione era stata accertata il 20 maggio 2003 e al riguardo la societa' ricorrente ha dedotto come dallo stesso processo verbale degli ispettori si rilevi che la dipendente non risultante a libro paga era occupata presso l'azienda dal giorno 14 maggio 2003, cioe' sei giorni prima della verifica: ne deriva l'irrazionalita' e l'ingiustizia di una sanzione per la cui applicazione la norma non tiene conto di alcuna circostanza effettivamente inerente al caso concreto. Pertanto, la questione di legittimita' costituzionale della norma di che trattasi va rimessa all'esame della Corte costituzionale, con conseguente sospensione del giudizio.