LA CORTE DI CASSAZIONE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso proposto da:
R. M.,  elettivamente  domiciliata  in Roma, via Vallisneri
n. 11,  presso  lo  studio  dall'avv. Paolo Pacifici, rappresentata e
difesa  dall'avv.  Hanns  Egger  e  dall'avv.  Paolo Pacifici, giusta
procura a margine del ricorso, ricorrente;
    Contro  R. S., elettivamente domiciliato in Roma, viale
Giulio  Cesare  n. 14,  presso  lo studio dell'avv. Gabriele Pafundi,
rappresentato  a  difeso  dall'avv.  Otto  Tiefenbrunner  e dall'avv.
Enrico   Romanelli,  giusta  procura  a  margine  del  controricorso,
controricorrente;  avverso la sentenza n. 48/02 della Corte d'appello
di  Trento - sezione distaccata di Bolzano, depositata il 20 febbraio
2002;
    Udita  la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
9 maggio 2005 dal consigliere dott. Massimo Bonomo;
    Udito   l'avv.   Hegger   per   la   ricorrente  che  ha  chiesto
l'accoglimento del ricorso;
    Udito  l'avv. G. Pafundi (per delega) per il controricorrente che
ha chiesto il rigetto del ricorso;
    Udito il p.m. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Pasquale  Paolo  Maria  Ciccolo  che  ha  cosi'  concluso:  sollevare
questione   di   legittimita'   costituzionale   dell'art. 19   delle
disposizioni  sulla  legge  in generale, in riferimento agli artt. 3,
primo   comma,   e   29,   secondo   comma,   Cost.;   in  subordine,
inammissibilita' o rigetto del ricorso.
                             Il collegio
    Ritenuto  che nell'anno 1993 R. S. proponeva dinanzi al
Tribunale  di  Bolzano domanda di cessazione degli effetti civili del
matrimonio concordatario contratto con R. M. nel 1968;
        che la convenuta chiedeva, tra l'altro, lo scioglimento della
comunione   in   relazione  ad  un  appartamento  sito  in  Innsbruck
acquistato   dal   marito  nel  1981,  il  riconoscimento  della  sua
comproprieta'  sul  bene  in  ragione della meta', nonche' del 50 per
cento delle rendite dell'immobile;
        che  lo S. chiedeva invece che tali richieste venissero
rigettate,  in  quanto,  essendo  egli  cittadino  austriaco,  doveva
applicarsi  il  diritto  di quel paese, che prevedeva il regime della
separazione dei beni;
        che,  in  via  subordinata,  nel  caso che fosse stato tenuto
applicabile   il  diritto  italiano,  lo  S. chiedeva  che  il
Tribunale  escludesse l'appartenenza alla comunione dell'appartamento
di  Innsbruck in considerazione della fonte del denaro utilizzato per
l'acquisto  (risparmi  propri, donazioni dei propri genitori, redditi
professionali  dell'attivita'  di  psicologo  esercitata nello stesso
appartamento),  nonche',  in via ancora piu' subordinata, che la M.
fosse condannata a rimborsargli gli importi spesi per l'appartamento,
oltre ad interessi e rivalutazione monetaria;
        che,  sempre  in  via  subordinata,  nel caso che fosse stato
ritenuto  applicabile  il diritto italiano, lo S. chiedeva che:
a)  venisse  accertato  che rientravano nella comunione legale alcuni
immobili  acquistati  dalla  moglie  a  Bolzano  e  a Monaco e che la
comunione  fosse  sciolta  con l'assegnazione a lui della meta' della
proprieta'  (o  del  valore  dei  beni) e la condanna della moglie al
pagamento  della  meta'  delle  rendite;  b)  che,  a  seguito  dello
scioglimento  della  comunione  dei  beni, la M. fosse condannata a
corrispondergli la meta' dei depositi di denaro e dei titoli che ella
deteneva presso alcuni istituti bancari;
        che  il  Tribunale  di  Bolzano,  dopo  aver pronunciato, con
sentenza  non  definitiva  del  29  aprile  1994, la cessazione degli
effetti  civili  del  matrimonio  concordatario tra R. S. e
R. M.,  con  successiva sentenza n. 141 del 26 maggio 2000,
cosi'  decideva, per quanto riguarda i suddetti aspetti patrimoniali,
in  base al diritto italiano, applicato per effetto della presunzione
legale  di identita' con le norme austriache, resasi necessaria dalla
mancanza  o insufficienza della prova fornita dalla parte sul diritto
straniero:
          accertava  e  dichiarava  che  l'appartamento  di Innsbruck
(Austria)  rientrava comunque nel regime di comunione dei beni tra le
parti,  spettando  pertanto  la  meta'  indivisa  a  ciascuno dei due
coniugi;
          accertava  e  dichiarava  che alla moglie spettava la meta'
delle   rendite  dell'appartamento  di  Innsbruck  dal  giorno  della
proposizione della domanda di separazione;
          accertava  e  dichiarava  che  gli  appartamenti di Bolzano
costituivano  beni  personali  della  moglie, ai sensi dell'art. 179,
lettera   b),  c.c.,  rigettando  qualsiasi  domanda  del  marito  in
relazione a tali immobili;
          accertava  e  dichiarava  che il ricavo della vendita della
meta'  dell'appartamento  di  Monaco  competeva  esclusivamente  alla
moglie,  col  rigetto di qualsiasi domanda del marito, in relazione a
tale bene;
          rigettava  la  domanda  dello  S.  in  relazione alla
buonuscita ottenuta dalla M.;
        che  R. S. proponeva appello impugnando la sentenza
nel  punto  in  cui  aveva  ritenuto  applicabile il diritto italiano
relativo  alla  comunione  legale dei beni, ribadendo che egli sia al
momento  della  celebrazione  del  matrimonio  (1968)  sia al momento
dell'acquisto  dell'appartamento  a  Innsbruck  (1981) era stato solo
cittadino  austriaco  e  che  aveva ottenuto la cittadinanza italiana
appena  nell'anno  1984,  conservando anche quella austriaca, per cui
sarebbe  stato  applicabile  il  diritto  austriaco  che  prevede  la
separazione  legale  dei  beni,  con conseguente rigetto di qualsiasi
pretesa della moglie in relazione all'appartamento di lnnsbruck;
        che,  in  subordine,  in  caso  di  applicazione  del diritto
italiano,   lo   S.   riproponeva  la  domanda  che  anche  gli
appartamenti acquistati dalla moglie a Bolzano ed a Monaco di Baviera
rientrassero  nella comunione legale e, per meta', fossero attribuiti
anche a lui;
        che   l'appellata   chiedeva  che  l'appello  fosse  ritenuto
inammissibile ovvero infondato;
        che,  con sentenza del 1-20 febbraio 2002, la Corte d'appello
di  Trento sezione distaccata di Bolzano dichiarava che rispetto alle
relazioni  patrimoniali  tra  i  coniugi  era  applicabile,  in  base
all'art. 19 delle preleggi, il diritto materiale austriaco e, quindi,
la  separazione  legale  dei  beni, con la conseguenza che nessuno di
loro aveva alcun diritto sugli immobili acquistati dall'altro durante
il matrimonio;
        che  la Corte territoriale inoltre rigettava gli altri motivi
di appello e compensava integralmente le spese processuali;
        che  avverso la sentenza d'appello R. M. ha proposto
ricorso  per  cassazione  sulla  base  di  tre motivi, illustrati con
memoria;
        che   R. S.   ha   resistito  con  controricorso,
depositando una memoria illustrativa;
        che  con  il primo mezzo d'impugnazione la ricorrente lamenta
violazione o falsa applicazione degli artt. 18 e 19 disp. prel. c.c.,
degli  artt. 3  e  29  Cost.,  degli  artt. 159  e segg. c.c. e degli
artt. 81   e   segg.   della  legge  matrimoniale  austriaca  (EHEG),
sostenendo,  in  particolare, che la Corte territoriale: a) non aveva
esaminato  la  prospettata eccezione di illegittimita' costituzionale
dell'art. 19 delle preleggi, per violazione degli artt. 3 e 29 Cost.,
a  causa  dell'irragionevole  preferenza per il diritto nazionale del
marito  rispetto  a  quello  della  moglie;  b) non aveva valutato il
comportamento  delle  parti sotto l'aspetto del comportamento univoco
tenuto  dai coniugi ai sensi del secondo comma dell'art. 19 preleggi;
c)  non aveva applicato l'art. 81 della legge matrimoniale austriaca,
che   avrebbe  comportato  come  conseguenza  che  l'appartamento  di
Innsbruck  faceva  parte  dei  risparmi,  residuati  al momento dello
scioglimento del matrimonio e, come tale, doveva essere suddiviso tra
i coniugi;
        che   con  il  secondo  motivo  la  ricorrente  denuncia,  in
relazione  all'art. 360  nn. 3  e  5, violazione e falsa applicazione
dell'art. 18  preleggi,  degli  artt. 177 e segg. c.c., dell'art. 228
della  legge  n. 151 del 1975, degli artt. 29 e 30 della legge n. 218
del  1995,  degli artt. 81 e segg, della legge matrimoniale austriaca
(EHEG),  lamentando  difetto  di  motivazione  ed omessa pronuncia in
ordine agli acquisti ed utili residuati al momento dello scioglimento
del  matrimonio,  come previsto dall'art. 81 della legge matrimoniale
austriaca;
        che  il  terzo  motivo  del  ricorso esprime una doglianza di
difetto  di  motivazione ed omessa pronuncia in ordine alla richiesta
di  specifica  applicazione  dell'art. 81  della  legge  matrimoniale
austriaca,  in  relazione ai risparmi matrimoniali residuali, perche'
la  Corte  d'appello  si  era  limitata  a prendere in considerazione
1'art. 1237 del codice civile austriaco (ABGB), senza applicare tutto
il  diritto austriaco, ivi compresa la legge matrimoniale, che regola
il   divorzio  e  le  sue  conseguenze  economico-finanziarie  con  i
rispettivi obblighi tra i coniugi;
    Considerato  che le pretese della M. in ordine all'appartamento
di Innsbruck, di proprieta' dello S., sono state respinte dalla
Corte d'appello, la quale, sulla base dell'art. 19 delle disposizioni
sulla   legge  in  generale,  ha  ritenute  applicabile  ai  rapporti
patrimoniali  tra i coniugi il diritto materiale austriaco e, quindi,
il regime di separazione di beni da esso previsto;
        che  al  caso  in esame non puo' essere applicata la legge 31
maggio  1995,  n. 218, sulla riforma del sistema italiano del diritto
internazionale  privato  (e,  in  particolare, l'art. 30 che regola i
rapporti  patrimoniali tra i coniugi di diversa nazionalita), perche'
il   giudizio   di   primo  grado  e'  stato  proposto  anteriormente
all'entrata in vigore di tale legge (art. 72 legge citata);
        che,  correttamente,  quindi,  la sentenza impugnata ha fatto
riferimento  all'art. 19  delle  disposizioni sulla legge in generale
(abrogato  a  far  data dal 31 dicembre 1996 dall'art. 73 della legge
n. 218  del  1995), secondo cui i rapporti patrimoniali tra i coniugi
sono  regolati  dalla  legge  nazionale  del  marito  al  tempo della
celebrazione  del  matrimonio  (comma  primo)  e  il  cambiamento  di
cittadinanza  dei  coniugi  non  influisce sui rapporti patrimoniali,
salve le convenzioni tra i coniugi in base alla nuova legge nazionale
comune (secondo comma);
        che,   nella   specie,   non   ricorrono  le  condizioni  per
l'applicazione  del  secondo comma dell'art. 19, non avendo i coniugi
stipulato  nessuna  convenzione, come rilevato dalla Corte d'appello,
la  quale  ha  precisato  che  il loro semplice silenzio, dopo che il
marito  aveva acquisito nel 1984 la cittadinanza italiana, non poteva
essere  valutato  come  dichiarazione  di  volonta'  di  preferire la
comunione   dei   beni  italiana  alla  legge  nazionale  del  marito
(austriaca);
        che,  contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non
vi  e'  stata,  quindi, un'omessa valutazione del comportamento delle
parti,  preso  invece  in considerazione dalla Corte territoriale, ma
non  ritenuto  idoneo  ad  integrare  un  accordo, espresso o tacito,
diretto a regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi;
        che,  pertanto,  non  resta  che  applicare  il  primo  comma
dell'art. 19,  in  base  al quale e' la legge nazionale del marito al
tempo  della  celebrazione  del  matrimonio  a  regolare  i  rapporti
patrimoniali tra i coniugi;
        che  la  sentenza impugnata non e' censurabile in questa sede
per l'omesso esame dell'eccezione d'illegittimita' costituzionale del
citato art. 19, atteso che, come gia' rilevato da questa Corte (Cass.
10 luglio 1980, n. 4399), la questione di legittimita' costituzionale
di  una  norma,  in  quanto  strumentale  rispetto  alla  domanda che
implichi  l'applicazione  della  norma  medesima,  non  puo'  formare
oggetto  di  un'autonoma  istanza, rispetto alla quale, in difetto di
esame,  sia  configurabile  un  vizio  di omessa pronuncia, mentre la
questione  stessa,  ancorche'  non  esaminata  dal giudice inferiore,
resta  deducibile  e  rilevabile  nei  successivi  stati  e gradi del
giudizio  che sia validamente instaurato, ove rilevante ai fini della
decisione  (cfr.  anche  Cass. 17 gennaio 2003 n. 656, 9 maggio 1981,
n. 3055);
        che  questo  Collegio  ritiene  che la sollevata eccezione di
illegittimita' costituzionale dell'art. 19, comma primo, in relazione
agli  artt. 3 e 29 Cost., oltre che rilevante ai fin della decisione,
non appare manifestamente infondata;
        che  la  rilevanza deriva dalla gia' richiamata necessita' di
verificare se applicare l'art. 19 citato, per ragioni temporali e, in
particolare,  il  primo  comma, non ricorrendo l'ipotesi prevista dal
secondo comma;
        che  il  resistente  contesta la rilevanza della questione di
legittimita' costituzionale sotto due profili in primo luogo, perche'
un'eventuale  pronuncia  di  incostituzionalita'  non  potrebbe avere
effetto retroattivo e gli effetti della comunione dei beni secondo la
legge  italiana  potrebbero  trovare applicazione solo per il periodo
successivo all'anno 1984, dal momento cioe' in cui entrambi i coniugi
hanno  avuto  la  cittadinanza  italiana;  in secondo luogo, perche',
anche  se  fosse  ritenuta  applicabile  la legge italiana, il regime
della  comunione  legale  non sarebbe applicabile all'appartamento di
Innsbruck,   trattandosi   di   un  bene  strumentale  della  propria
professione  di  psicologo, acquisito anche con denaro proveniente da
donazioni  dei suoi genitori, e quindi da considerarsi bene personale
ai sensi dell'art. 179, lett. b) e d) c.c.;
        che  nessuno dei due profili puo' condividersi: non il primo,
perche',  se  da  un'eventuale  pronuncia  di incostituzionalita' del
primo  comma dell'art. 19 dovesse derivare l'applicazione della legge
italiana,  dovrebbe  farsi  riferimento al regime patrimoniale legale
della  famiglia, che in Italia e' quello della comunione dei beni dal
1975;  nemmeno  il  secondo,  perche'  fa  riferimento  ad ipotesi di
esclusioni di beni dalla comunione legale, secondo la legge italiana,
che  non  sono pacifiche tra le parti e che non hanno formato oggetto
di accertamento da parte del giudice di merito;
        che   non   escludono   la   rilevanza   della  questione  di
costituzionalita'  le censure formulate dalla ricorrente con il terzo
profilo  del  primo motivo (sopra riportato sub-c) e con il secondo e
terzo  motivo perche' dalle conclusioni riportate nell'epigrafe della
sentenza  impugnata  si  ricava che l'applicazione dell'art. 81 della
legge  matrimoniale  austriaca  non  ha formato oggetto di domanda da
parte  dell'appellata - nemmeno in via subordinata, nell'eventualita'
che  fosse  ritenuta applicabile la legge austriaca - e comunque tali
censure  presuppongono  l'applicazione della legge austriaca, in base
alla norma (art. 19, primo comma, citato) della cui costituzionalita'
si dubita;
        che  proprio  perche'  il  giudice di merito ha correttamente
ritenuto  applicabile  la legge austriaca, in base all'art. 19, primo
comma,   delle   disposizioni  sulla  legge  in  generale,  non  puo'
prescindersi,   ai   fini  dell'esame  del  motivo  del  ricorso  per
cassazione   che   censura   tale  decisione,  dalla  verifica  della
costituzionalita' della norma;
        che,   in   ordine  alla  non  manifesta  infondatezza  della
questione,  non  puo'  non  osservarsi  che norme analoghe sono state
ritenute    incostituzionali:   in   particolare,   1'art. 18   delle
disposizioni  preliminari  al  codice  civile  (legge regolatrice dei
rapporti    personali    tra    coniugi)    e'    stato    dichiarato
costituzionalmente  illegittimo  (Corte  cost.  n. 71  del 1987), per
violazione  dell'art. 3,  comma primo, e dell'art. 29, comma secondo,
Cost., nella parte in cui, per il caso di mancanza di legge nazionale
comune  ai coniugi, stabiliva che si applicava la legge nazionale del
marito   al   tempo  del  matrimonio;  l'art. 20  delle  disposizioni
preliminari  al  codice  civile  (legge  regolatrice dei rapporti tra
genitori  e figli) e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo
(Corte  cost.  n. 477  del  1987),  per violazione dell'art. 3, comma
primo, e dell'art. 29, comica secondo (qualora i genitori siano uniti
in   matrimonio),   Cost.,   nella  parte  in  cui,  con  riferimento
all'ipotesi  di  genitori entrambi noti e di mancanza di una legge ad
essi comune, sanciva la prevalenza della legge nazionale del padre;
        che  le  argomentazioni sviluppate dalla Corte costituzionale
nelle  due  suddette  pronunce  - sindacabilita' costituzionale delle
norme  di  diritto  internazionale  privato (c.d. norme di collisione
che,   adottando   scelte   di  ordine  normativo,  non  possono  non
confrontarsi  con  le  scelte  di  fondo  a  livello costituzionale);
contrasto  del  riconoscimento  al marito di una posizione preminente
nella  famiglia con i principi costituzionali di eguaglianza tra uomo
e  donna,  di divieto di discriminazione tra i sessi e di eguaglianza
morale e giuridica dei coniugi - essendo valide anche con riferimento
al  caso  in esame, rendono non manifestamente infondata la questione
di costituzionalita' prospettata in questa sede;
        che  la  chiarezza  dei  termini con i quali l'art. 19, primo
comma,  delle  disposizioni  sulla  legge in generale indica la legge
nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio quale
regola per la disciplina dei rapporti patrirnoniali tra i coniugi non
consente  di individuare una diversa interpretazione della norma, che
sia costituzionalmente orientata;
        che  deve, pertanto, procedersi alla sospensione del giudizio
ed alla rimessione degli atti alla Corte costituzionale;