IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento penale n. 9741/2005 R.G. Dib. a carico di Scala Annunziata e Gargiulo Giuseppe, chiamati a rispondere con decreto di citazione diretta, emesso in data 25 febbraio 2005, dei reati di cui agli artt. 582, 594, 635 c.p., commessi tra il 25 febbraio 2000 e il 16 gennaio 2001; Sciogliendo la riserva formulata all'udienza del 6 dicembre 2006 a seguito della richiesta difensiva di immediata declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione; Rilevato che possono applicarsi, ove piu' favorevoli, i termini di prescrizione previsti dall'art. 157 c.p., come novellato dall'art. 6, legge n. 251/2005; Considerato in particolare che nel caso di specie deve aversi riguardo al disposto del nuovo art. 157, quinto comma c.p., in forza del quale, allorche' per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di tre anni, che in caso di interruzione della prescrizione, puo' essere aumentato di un quarto, fino a tre anni e nove mesi; Atteso che tale previsione deve essere riferita ai reati oggi di competenza del giudice di pace, per i quali in effetti ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 274/2000 puo' essere irrogata nei casi di cui al secondo comma, lettere a) seconda parte, b) e c), la sanzione della permanenza domiciliare o del lavoro sostitutivo, in alternativa alla pena pecuniaria; Rilevato che tutti i reati per cui e' processo, stante il tenore dell'imputazione, sono oggi di competenza del giudice di pace e che dunque, ai sensi dell'art. 2 c.p., essi sono soggetti al piu' favorevole trattamento sanzionatorio dettato dall' art. 52 d.lgs. n. 274 cit.; Ritenuto a tale stregua che in relazione al tipo di sanzione per essi prevista risulta corrispondentemente applicabile anche il nuovo termine di prescrizione come sopra indicato; Atteso peraltro che proprio sulla scorta di tale considerazione si appalesa rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 5 c.p., come novellato dall'art. 6. legge n. 251/2005, per violazione dell'art. 3 Cost, nella parte in cui, senza tener conto dell'effettiva gravita' dei reati, ma anzi in contrasto con la pena edittale prevista, contempla irragionevolmente termini di prescrizione diversi, a seconda che per il reato siano o meno irrogabili, in alternativa alla pena pecuniaria, la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo, Osserva in particolare quanto segue; Innanzi tutto deve ritenersi che il disposto dell'art. 157, comma 5 c.p., risultante dalle modifiche apportate dall'art. 6, legge n. 251/2005, non sia riferibile a reati diversi da quelli oggi di competenza del giudice di pace, puniti con la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo. Diversamente intesa, la norma risulterebbe inapplicabile, in quanto priva di qualsivoglia concreto riferimento. D'altro canto nulla rileva che l'art. 52 d.lgs. n. 274/2000 contempli un meccanismo sanzionatorio a griglia, prevedendo al secondo comma lett. a), seconda parte, lett. b) e lettera c), in alternativa alle altre, anche la mera pena pecuniaria. In particolare deve escludersi che, per il solo fatto della possibilita' di irrogare quest'ultima, debba aversi riguardo al termine dettato dall'art. 157, comma 1 c.p., in forza del quale la prescrizione matura in almeno sei anni per i delitti e in almeno quattro anni per le contravvenzioni, anche se puniti con la sola pena pecuniaria. Il primo comma infatti correla il termine alla natura del reato mentre il quinto comma al fatto in se' che la legge stabilisca una pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria. Men che mai, stante il tenore della norma, potrebbe aversi riguardo al tipo di trattamento in concreto irrogato, atteso che la prescrizione e' correlata alla pena edittalmente prevista. Cio' posto, deve prendersi atto che vi sono reati attualmente rientranti nella competenza del giudice di pace, in genere quelli meno gravi, per i quali e' irrogabile la sola pena pecuniaria: si tratta dei casi contemplati dall'art. 52 primo comma d.l.gs. n. 274/2000, cioe' dei reati originariamente puniti con la sola pena pecuniaria, come il danneggiamento semplice di cui all'art. 635 c.p., e dei casi contemplati dall'art. 52 secondo comma lett. a) prima parte, cioe' dei reati per i quali era prevista la pena detentiva non superiore a mesi sei alternativa a quella pecuniaria, come nel caso dell'ingiuria di cui all'art. 594 c.p. Valutando il sistema delineato dal nuovo art. 157 c.p., commi 1 e 5, deve necessariamente concludersi, non essendo possibile pervenire a soluzioni interpretative diverse, che i reati oggi di competenza del giudice di pace sono soggetti a termini di prescrizione diversi, a seconda che siano puniti con la sola pena pecuniaria, nel qual caso il termine e' di anni sei per i delitti e di anni quattro per le contravvenzioni, ovvero, in alternativa, con la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo, nel qual caso il termine e' sempre di anni tre. Ma un siffatto meccanismo risulta irragionevole, in quanto si contempla un termine prescrizionale piu' lungo per reati oggettivamente meno gravi (talvolta di gran lunga meno gravi), in quanto implicanti una minore offesa ad uno stesso bene ovvero lesivi di un bene di rango inferiore. Si pensi al rapporto tra il delitto di percosse e quello di lesioni lievi, oppure al rapporto tra ingiuria e diffamazione. La questione e' nella specie rilevante, in quanto all'imputato sono contestati il reato di lesioni personali lievi, per il quale e' applicabile il termine di prescrizione piu' breve e che dunque potrebbe considerarsi gia' prescritto, e i reati di ingiurie e danneggiamento semplice, per i quali e' teoricamente applicabile il termine di prescrizione ordinaria di anni sei aumentabile di un quarto fino a anni sette e mesi sei, o, che e' lo stesso, il termine di anni cinque aumentabile fino ad anni sette e mesi sei, previsto dall'art. 157 c.p. nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dalla legge n. 251/2005, ma che potrebbero parimenti considerarsi prescritti in caso di ritenuta fondatezza della questione di legittimita' costituzionale.