ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 357 e
359,  della  legge  23 dicembre  2005,  n. 266  (Disposizioni  per la
formazione  del  bilancio  annuale  e  pluriennale  dello Stato-legge
finanziaria    2006),    promossi   dalleRegioni   Emilia-Romagna   e
Friuli-Venezia  Giulia  con i ricorsi notificati il 27 febbraio 2006,
depositati  in  cancelleria  il  3  e  il 4 marzo 2006 ed iscritti ai
nn. 39 e 41 del registro ricorsi 2006.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  17 aprile  2007  il  giudice
relatore Francesco Amirante;
    Uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Franco Mastragostino per
la   Regione  Emilia-Romagna,  Giandomenico  Falcon  per  la  Regione
Friuli-Venezia  Giulia e l'avvocato dello Stato Antonio Tallarida per
il Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito   nuovamente   nell'udienza  pubblica  del  5  giugno 2007,
rifissata  in  ragione  della intervenuta modifica della composizione
del collegio, il giudice relatore Francesco Amirante;
    Uditi  nuovamente  nell'udienza  pubblica  del  5 giugno 2007 gli
avvocati Giandomenico Falcon, Franco Mastragostino e Andrea Manzi per
la   Regione  Emilia-Romagna,  Giandomenico  Falcon  per  la  Regione
Friuli-Venezia  e  l'avvocato  dello  Stato  Antonio Tallarida per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.1. - Con ricorso notificato il 27 febbraio 2006 e depositato il
successivo  3  marzo, la Regione Emilia-Romagna ha impugnato numerose
disposizioni  della  legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2006),  in  riferimento agli artt. 3, 97, 117, 118 e 119
della  Costituzione;  in particolare, la ricorrente censura l'art. 1,
comma 359, di detta legge.
    Premesso  che  il  comma 357  istituisce presso la Presidenza del
Consiglio  dei  ministri  un  fondo  per l'innovazione, la crescita e
l'occupazione   destinato   a   finanziare  da  un  lato  i  progetti
individuati  dal Piano per l'innovazione, la crescita e l'occupazione
(PICO), dall'altro generici interventi di adeguamento tecnologico nel
settore  sanitario, la Regione precisa che il comma impugnato dispone
la   ripartizione   del   fondo  esclusivamente  tra  gli  interventi
individuati  dal  Piano  di  cui al comma 357, nonche' tra quelli per
l'adeguamento   tecnologico   nel  settore  sanitario,  proposti  dal
Ministro  della  salute,  con  apposite  delibere  del CIPE, il quale
stabilisce  i  criteri  e le modalita' di attuazione degli interventi
medesimi in base alle risorse affluite al fondo, riservando il 15 per
cento  dell'importo  da  assegnare  agli  interventi  di  adeguamento
tecnologico nel settore sanitario.
    La  ricorrente  specifica  che  essa  non  intende  impugnare  il
comma 357,  nonostante con tale disposizione si venga a costituire un
fondo  settoriale  in  materia  di  competenza  regionale. Proprio in
quanto  si  tratta  di  finanziamenti in materia regionale, tuttavia,
essa  intende  far  valere  la  mancata previsione di quelle forme di
leale  collaborazione,  che  sono necessarie tutte le volte in cui lo
Stato   ritenga   di   assumere   direttamente   una   funzione   «in
sussidiarieta»:   in   particolare,   la   mancata  previsione  delle
necessarie  intese  della  Conferenza Stato-Regioni sia sul Piano sia
sulle  delibere  di riparto del CIPE. Conclude, quindi, chiedendo che
la  disposizione  del  comma 359 sia dichiarata illegittima in quanto
non prevede tali intese.
    1.2. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso  per  la  declaratoria  di  inammissibilita',  ovvero di non
fondatezza  delle  questioni, osservando come non sia stata impugnata
la   norma  istitutiva  del  fondo  (art. 1,  comma 357)  e  come  la
realizzazione  dei  progetti  sia  subordinata  al  reperimento delle
risorse.  A parere dell'Avvocatura, non si vede poi come possa essere
impugnata soltanto la norma che disciplina le modalita' esecutive del
Piano.  In  una  ulteriore  memoria  si  sottolinea, inoltre, come si
tratti   di  un  fondo  destinato,  fra  l'altro,  ad  interventi  di
adeguamento  tecnologico  nel settore sanitario, alimentato con somme
aggiuntive, la cui disciplina rientra percio' nella politica generale
comunitaria  e  del  settore,  necessariamente  unitaria, e che, come
tale,   viene  ripartito  dal  CIPE,  al  quale  partecipa  anche  il
Presidente  della  Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province
autonome.
    1.3.  -  Nell'imminenza dell'udienza la Regione Emilia-Romagna ha
depositato   memoria,   sottolineando   come,   pur  non  contestando
l'istituzione  del fondo in argomento, essa abbia chiesto il rispetto
del  principio  di  leale  collaborazione  impugnando  il  comma 359;
infatti,   ove   anche   si  dovesse  giustificare,  per  ragioni  di
sussidiarieta',  la  previsione  di un unico fondo relativo a diversi
interventi,  senza  riguardo  alla  competenza  per materia statale o
regionale,  l'utilizzo  del medesimo dovrebbe comunque essere oggetto
di intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
    2.1.  -  Anche  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia - con ricorso
notificato  il  27 febbraio 2006 e depositato il successivo 4 marzo -
ha  impugnato  numerose disposizioni della legge n. 266 del 2005, per
violazione  del  proprio  statuto  speciale  e  delle  relative norme
d'attuazione, del titolo V della parte seconda della Costituzione, in
collegamento  con  l'art. 10 della legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3,
del   principio   di   leale   collaborazione   e   dei  principi  di
ragionevolezza,  di imparzialita' e buon andamento di cui all'art. 97
della Costituzione.
    In  particolare, la ricorrente censura l'art. 1, commi 357 e 359,
della legge n. 266 del 2005, osservando che si tratta della creazione
di  un  fondo  settoriale,  a  gestione  centralizzata, in materia di
competenza  regionale,  in difetto di esigenze di carattere unitario.
Ad  avviso  della Regione, la natura degli interventi non muta per il
fatto  che il Piano di cui al comma 357 sia «elaborato nel quadro del
rilancio  della Strategia di Lisbona deciso dal Consiglio europeo dei
Capi  di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005», espressione che
del  resto  non  allude  ad alcunche' di definito. In ogni modo, tale
giustificazione   non   potrebbe   valere   per  gli  «interventi  di
adeguamento  tecnologico  nel settore sanitario» (i quali non possono
che avere senso all'interno di una programmazione regionale).
    Peraltro,  conclude  la  ricorrente, se anche il fondo settoriale
fosse  legittimo e la gestione accentrata si giustificasse in nome di
non  facilmente  individuabili  esigenze unitarie, le disposizioni in
questione  rimarrebbero  illegittime  per  mancata  previsione  delle
necessarie  intese  della  Conferenza Stato-Regioni sia sul Piano sia
sulle delibere di riparto del CIPE.
    2.2.  -  Si  e' costituito anche in questo giudizio il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  che  ha  concluso  per  la  declaratoria  di
inammissibilita',  ovvero  di  non  fondatezza delle questioni, senza
peraltro motivare in proposito.
    2.3.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  la  Regione Friuli-Venezia
Giulia  ha  depositato  memoria, in cui contesta la necessita' di una
politica  unitaria  nel settore tecnologico sanitario ed aggiunge che
la  partecipazione  al  CIPE  del  Presidente  della  Conferenza  dei
Presidenti  delle  Regioni  e Province autonome, non potrebbe in ogni
caso  surrogare  l'intesa  con  la Conferenza Stato-Regioni, la quale
dovrebbe  comunque  investire  l'utilizzo  del  fondo,  anche  ove si
dovesse  giustificare,  per  ragioni di sussidiarieta', l'istituzione
del  medesimo. E cio' dovrebbe a fortiori affermarsi dato che il PICO
e'  stato  elaborato  al  di  fuori di una procedura legislativamente
prevista e senza alcuna intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Regione Friuli-Venezia Giulia (ric. n. 41 del 2006) ha
impugnato  numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato - legge finanziaria 2006) e, in particolare, i commi 357
e 359 dell'art. 1.
    Le  questioni  vengono  proposte  con  riferimento  allo  statuto
speciale regionale - approvato con la legge costituzionale 31 gennaio
1963,  n. 1  -  e  alle  relative  norme  di attuazione, nonche' - in
collegamento con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 -
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
    Le  disposizioni  censurate  sono  cosi' formulate: comma 357 «E'
istituito  presso  la Presidenza del consiglio dei ministri, il fondo
per l'innovazione, la crescita e l'occupazione, di seguito denominato
«fondo»,  destinato a finanziare i progetti individuati dal Piano per
l'innovazione,  la crescita e l'occupazione, elaborato nel quadro del
rilancio  della Strategia di Lisbona deciso dal Consiglio europeo dei
Capi  di  Stato  e  di  Governo  del  16  e  17  giugno 2005, nonche'
interventi   di   adeguamento  tecnologico  nel  settore  sanitario»;
comma 359  «Il  fondo  e' ripartito esclusivamente tra gli interventi
individuati dal Piano di cui al comma 357, nonche' tra gli interventi
di  adeguamento  tecnologico  nel  settore  sanitario,  proposti  dal
Ministro  della  salute,  con  apposite  delibere  del CIPE, il quale
stabilisce i criteri e le modalita' di attuazione degli interventi in
base  alle  risorse  affluite  al  fondo,  riservando il 15 per cento
dell'importo  da ripartire agli interventi di adeguamento tecnologico
nel settore sanitario».
    Secondo  la ricorrente, le disposizioni censurate istituiscono un
fondo con destinazione vincolata in materie di competenza legislativa
regionale  e  ne  disciplinano  la  gestione centralizzata, senza che
idonea  giustificazione possa derivare dal richiamo alle decisioni di
Lisbona, e in modo certamente illegittimo riguardo agli interventi in
materia   sanitaria,   in   contrasto   con  il  principio  di  leale
collaborazione.
    La  Regione Emilia-Romagna (ric. n. 39 del 2006) impugna soltanto
l'art. 1,  comma 359, dolendosi che la disciplina che regola il Piano
e  il riparto delle risorse mediante le delibere del CIPE non preveda
l'intesa  con  la  Conferenza  Stato-Regioni, nonostante si tratti di
interventi in materia regionale, in tal modo violando il principio di
leale collaborazione.
    2.  -  Con i medesimi ricorsi sono state censurate dalle predette
Regioni  altre  disposizioni  della  stessa legge n. 266 del 2005: la
decisione   di  tali  ulteriori  questioni  di  costituzionalita'  va
riservata ad altre pronunce.
    I  presenti  giudizi,  considerata  la sostanziale identita' e la
connessione  del  loro  oggetto,  possono essere riuniti - nei limiti
sopra precisati - per essere decisi con unica sentenza.
    3. - In via preliminare, si osserva che nel ricorso della Regione
Friuli-Venezia  Giulia  il  richiamo  delle  norme  statutarie  e  di
attuazione, nella sua genericita', deve essere inteso come diretto ad
affermare  che  da  esso non derivano alla Regione poteri maggiori di
quelli  attribuiti  alle regioni ordinarie dall'art. 117 Cost; di qui
l'evocazione  di  tale  parametro  in applicazione dell'art. 10 della
legge costituzionale n. 3 del 2001.
    4.  - Cio' premesso, la questione avente ad oggetto il comma 357,
sollevata dalla sola Regione Friuli-Venezia Giulia, non e' fondata.
    Il fondo per l'innovazione, la crescita e l'occupazione, infatti,
non   riguarda  soltanto  materie  regionali,  ma  anche  materie  di
esclusiva   competenza  statale.  A  tal  proposito,  e'  sufficiente
rilevare  che  tra  gli  obiettivi  prioritari del PICO sono previsti
«l'ampliamento  dell'area  di  libera  scelta  dei  cittadini e delle
imprese»,  che  rientra  nella  tutela della concorrenza, e la tutela
ambientale,  entrambe  materie  di  competenza  statale,  nonche'  il
rafforzamento  dell'istruzione, materia nella quale spetta allo Stato
in  via  esclusiva la determinazione delle norme generali. Va infatti
tenuto  conto  anche  delle  interferenze  che,  in  sede  attuativa,
potranno verificarsi tra competenze diverse.
    L'istituzione  del fondo con legge statale non e', quindi, di per
se' illegittima.
    5.   -  La  questione  sollevata  dalla  Regione  Emilia-Romagna,
concernente  il mancato coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni
riguardo  al  Piano, non e' ammissibile, sia perche' non sostenuta da
alcuna  motivazione,  sia  perche' la disciplina della formazione del
Piano in argomento non e' contenuta nella disposizione censurata.
    6. - Fondata e', invece, la questione concernente il comma 359 in
relazione alle modalita' di attuazione degli interventi, perche' tale
disposizione contrasta con il principio di leale collaborazione.
    Questa  Corte,  infatti,  ha piu' volte affermato che i fondi con
vincolo  di  destinazione  sono  illegittimi  se  riguardano  materie
regionali   e   non  sussistono  ragioni  di  gestione  unitaria  con
riferimento   alle   disposizioni  dell'art. 118  Cost.  e  che  sono
illegittimi  qualora  riguardino  piu' materie concorrenti di diversa
competenza  o  materie  che  esigono  una  disciplina  unitaria e non
prevedano il coinvolgimento delle Regioni.
    In  generale,  ha  osservato  la  Corte,  «per  le ipotesi in cui
ricorra  una «concorrenza di competenze», la Costituzione non prevede
espressamente  un criterio di composizione delle interferenze. In tal
caso  -  ove  [...]  non  possa ravvisarsi la sicura prevalenza di un
complesso  normativo  rispetto  ad  altri,  che  renda  dominante  la
relativa  competenza  legislativa - si deve ricorrere al canone della
«leale  collaborazione», che impone alla legge statale di predisporre
adeguati  strumenti  di  coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia
delle loro competenze» (sentenze nn. 50 e 219 del 2005). La decisione
citata  da  ultimo  ha  poi aggiunto che «a tal fine l'individuazione
della  tipologia  piu'  congrua  compete  alla  discrezionalita'  del
legislatore».
    Piu'  in particolare, in un caso in cui la disposizione censurata
attribuiva  al  CIPE  l'emissione di delibere per l'individuazione in
concreto  degli  interventi  e la ripartizione delle risorse, essa e'
stata  dichiarata  illegittima  nella  parte in cui non prevedeva che
l'approvazione  da  parte  di  tale comitato delle condizioni e delle
modalita'  di  attuazione  degli  interventi dovesse essere preceduta
dall'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le  Regioni  e  le Province autonome di Trento e di Bolzano (sentenza
n. 242 del 2005).
    Tale  orientamento  deve essere confermato, fermo restando che la
molteplicita'   di   tematiche  coinvolte  dal  Piano  giustifica  la
discrezionalita'  legislativa circa la scelta del modulo concertativo
piu'   idoneo   a   salvaguardare   le   competenze   regionali,  non
riscontrandosi  l'esigenza  di specifici strumenti costituzionalmente
vincolati  di  concertazione (sentenza n. 231 del 2005). Infatti, tra
gli  obiettivi  del  Piano,  oltre  quelli  suindicati  di competenza
esclusiva statale, ve ne sono altri che possono essere perseguiti con
interventi  in materie di competenza statale, ma anche in materie per
le  quali  e'  prevista  la competenza, quantomeno concorrente, delle
Regioni,  quali  la  crescita e l'occupazione. Inoltre, una quota del
fondo dovra' essere destinata a interventi di adeguamento tecnologico
nel  settore sanitario, cioe' in una materia che rientra nella tutela
della salute, di competenza concorrente.
    La disposizione deve essere pertanto dichiarata illegittima nella
parte in cui non prevede alcuno strumento idoneo a garantire la leale
collaborazione fra Stato e Regioni.