IL TRIBUNALE

    Pronuncia  la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 33414
del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2005, avente ad
oggetto: inibitoria dell'uso di denominazione sociale tra Coinfal sul
S.r.l.,   in   persona   del   legale   rappresentante  pro  tempore,
elettivamente  domiciliata  in Napoli alla Piazza G. D'Annunzio n. 15
presso  gli  avv.ti  Angelo  D'Onofrio, Vitale Stefanelli e Francesco
Sorvillo, dai quali e rappresentata e difesa, attrice;
    E  Coinfal  service  S.a.s. di Angelino Francesco, in persona del
legale rappresentante pro tempore, con sede in Caivano alla via Piave
n. 14, convenuta contumace.

                  Fatto e Svolgimento del Processo

    Con  atto  di  citazione  notificato  in  data 19 ottobre 2005 la
Coinfal sud S.r.l., con sede in Caserta alla via Ernesto Rossi n. 26,
esponeva  di  operare  nel  settore dei serrami, metalli e tubi ed in
quello  dei  servizi  di costruzione, riparazione ed installazione di
infissi  e  materiali  metallici,  di  aver  conseguito un'importante
posizione nel mercato regionale campano ed anche in quello nazionale,
anche    quale   partner   industriale   di   significative   imprese
multinazionali  come Ikea ed Unilever, e di aver depositato nell'anno
2004  domanda  di  registrazione  delle domande per marchio nazionale
denominativo  «Coinfal.sud»  e figurativo «Coinfal.sud». Lamentava di
aver  poco tempo prima scoperto l'esistenza di altra societa', avente
denominazione  Coinfal service S.a.s. di Angelino Francesco e sede in
Caivano,  comune  distante  pochi  chilometri  da  Caserta,  operanti
peraltro  nel  medesimo  settore  industriale  e  commerciale, la cui
denominazione,   essendo   in   tutto   simile  alla  propria,  aveva
determinato  non  pochi  ed infrequenti casi di confusione tra i suoi
clienti e fornitori.
    Assumeva  che  la  sua  denominazione ed i propri marchi, siccome
corrispondenti  a  titoli  di  proprieta' industriale acquisiti prima
della  nascita dell'altra societa', meritavano le tutele previste dal
codice  civile  e  dal  codice della proprieta' industriale. Accusava
inoltre  la  Coinfal  service  S.a.s.  di  averle  fatto  in tal modo
concorrenza   sleale,   anche  mediante  lo  sviamento  di  clientela
conseguente all'identita' dei rispettivi segni distintivi.
    Conveniva  in  giudizio  la  Coinfai  service  S.a.s.  concludeva
perche',  accertata la violazione degli artt. 2563 e 2598 n. 1 e n. 3
c.c.   dell'an. 22,   d.lgs.  n. 30/2005  ad  opera  della  convenuta
societa',  a  questa  fosse inibito l'uso della denominazione sociale
Coinfal   con  condanna  alla  differenziazione  della  denominazione
sociale ex art. 2564 c.c..
    Decorsi  i  termini  di  legge  per la notifica della comparsa di
risposta   senza   che   questo  avvenisse,  l'attrice  notificava  e
successivamente  depositava  istanza  di  fissazione  dell'udienza ai
sensi del d.lgs. n. 5 del 2003.
    All'esito  dell'udienza  collegiale,  il  tribunale  riservava la
decisione.

                       Motivi della decisione

    1.  -  La  domanda rientra nella competenza per materia di questa
sezione   specializzata  in  materia  di  proprieta'  industriale  ed
intellettuale.
    Essa  riguarda  infatti la contraffazione di marchio registrato e
la   confondibilita'   con   il   diverso   segno   distintivo  della
denominazione  sociale  (entrambi,  secondo l'art. 1 del codice della
proprieta'  industriale,  rientrano nell'ampia nozione di «proprieta'
industriale»).  Concerne  inoltre  un'ipotesi  di  concorrenza sleale
interferente  con  la tutela di privative industriali, secondo quanto
stabilito  dall' art. 3 d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, come integrato
e  modificato  dall'art. 134,  comma  1,  del codice della proprieta'
industriale, d.lgs 10 febbraio 2005, n. 30.
    Il  citato art. 134 del codice p.i. espressamente prevede che nei
procedimenti  giudiziari  in  materie  di proprieta' Industriale e di
concorrenza  sleale,  con  esclusione  delle sole fattispecie che non
interferiscono  neppure  indiretamente con l'esercizio dei diritti di
proprieta'  industriale,  nonche'  in  materia  di illeciti afferenti
all'esercizio  di  diritti  di  proprieta' industriale ai sensi della
legge  10  ottobre  10  1990,  n. 287,  e  degli articoli 81 e 82 del
Trattato  U.E.,  la  cui  cognizione  e' del giudice ordinario, ed in
generale  in  materie di Competenza delle sezioni specializzate quivi
comprese quelle che presentano ragioni di commissione anche impropria
si  applicano  le  norme  dei  Capi I e IV del titolo II e quelle del
titolo III del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5».
    La  norma e' divenuta operativa sei mesi dopo l'entrata in vigore
del  codice  (quindi  dal  19 settembre 2005), ai sensi dell'art 245,
comma  1, cod p.i. Cosi' nella specie il giudizio e' stato introdotto
e  viene ora all'esame del collegio secondo le prescrizioni del d.lgs
cit., disciplinante il cd. rito societario.
    2.  -  Il  Tribunale  dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 134  comma  I  Cod.  p.i. cit., nonche' degli artt. 15 e 16
della  legge  12  dicembre  2002, n. 273, per contrasto con l'art. 76
Cost.  (sotto  il  profilo  dell'eccesso  di delega ed illegittimita'
della delega stessa), per le ragioni che seguono.
    L'art. 16  cit. ha conferito al Governo la delega per l'adozione,
entro  sei  mesi,  di  uno  o  piu'  decreti  legislativi ªdiretti ad
assicurare  una  piu' rapida ed efficace definizione dei procedimenti
giudiziari» nelle materie indicate, attinenti a diritti di proprieta'
industriale  ed  intellettuale;  tra  i  principi e criteri direttivi
indicati  era prevista l'istituzione, presso dodici tribunali e corti
di  appello,  di  sezioni  specializzate  in  materia  di  proprieta'
industriale  ed  intellettuale, tra cui quella presso il tribunale di
Napoli.  La delega trovava tempestiva attuazione con l'emanazione del
d.lgs.  n. 168/2003  cit.  e  quindi non solo e' scaduta, ma ha anche
realizzato  -  pertanto  esaurito - i suoi effetti. Il d.lgs cit. non
conteneva peculiari disposizioni di carattere procedurale (salva - in
conformita'   alla   delega   -   la   previsione  della  riserva  di
collegialita',  comunque  prevista dall'art. 50 bis, comma 1, 3) cod.
proc. civ. e il rafforzamento delle attribuzioni del presidente delle
sezioni stesse).
    Pertanto  -  innanzi  alle sezioni specializzate - non poteva che
applicarsi  integralmente  il  rito  ordinario,  di  cui al codice di
procedura  civile,  ed in tal senso si e' concretamente operato. Tale
assetto  e' stato radicalmente modificato dal codice della proprieta'
industriale,   che  -  come  detto  -  ha  introdotto  per  tutte  le
controversie  innanzi alle sezioni specializzate (anche per quelle di
diritto  d'autore,  pure  non  regolato  dal  codice)  il  c.d.  rito
societario. L'art. 134, primo comma, cit. Cod. tuttavia, innovando in
materia  di  rito  applicabile  innanzi  alle  sezioni  specializzate
(nonche' in materia di competenza) si pone in contrasto con l'art. 76
Cost,  in  quanto si risolve nel nuovo esercizio di una delega - come
detto  - ormai scaduta ed anzi attuata, quella dell'art. 16 cit., per
l'istituzione  delle sezioni specializzate (attinente, evidentemente,
sia ai profili organizzativi che a quelli procedurali).
    Ne'  la  delega in oggetto rientra in quella per l'emanazione del
Codice.  Infatti  l'art. 15,  legge  n. 272/2002  cit.  si limitava a
delegare al Governo l'adozione di uno o piu' decreti legislativi «per
il  riassetto  delle  disposizioni  vigenti  in materia di proprieta'
industriale».  I principi e criteri direttivi prevedono, tra l'altro,
la  «ripartizione della materia per settori omogenei e coordinamento,
formale  e  sostanziale,  delle  disposizioni  vigenti  per garantire
coerenza  giuridica, logica e sistematica» (a) e «l'adeguamento della
normativa  alla  disciplina internazionale e comunitaria intervenuta»
(b).
    La  delega  doveva  essere esercitata (in forza di due successive
proroghe) entro il 28 febbraio 2005, ed ha trovato poi attuazione con
l'emanazione   del   Codice.   Tra  le  disposizioni  interessate  al
«riassetto»  ve  ne  erano  non  poche  di  carattere procedurale (il
riferimento  e'  qui,  essenzialmente,  agli  artt. 70-89 della legge
invenzioni e 52-67 della legge marchi).
    Sicuramente  pero',  tra  le  norme  interessate a riassetto, non
rientravano  quelle sulle sezioni specializzate. Cio' per l'esaustiva
ragione, lo si ribadisce, che queste ultime sono state previste dalla
stessa  legge  n. 273/2002,  che  -  come  piu'  volte ricordato - ha
conferito  altra  e  distinta delega al governo, all'art. 16, appunto
per  l'istituzione delle sezioni in parola, ottemperata con il d.lgs.
n. 168/2003 cit.
    La  Relazione al Codice si limita ad osservare, anodinamente, che
«l'art. 134  del  Codice attua ed integra le prescrizioni della legge
n. 273/2002,  nella  parte in cui delega il Governo per l'istituzione
di sezioni specializzate».
    Di  contro  appare  assai  dubbio  che  la  pur piu' ampia delega
dell'art. 15 cit. ricomprenda quella dell'art. 16, cosi' prorogandone
-  implicitamente  -  la  durata. La stessa Relazione al Codice cit.,
d'altronde,  non nasconde affatto che il Codice abbia inteso innovare
le previsioni del d.lgs. n. 168/2003 cit.
    Se  poi  e'  vero che il parere del Consiglio di Stato 25 ottobre
2004,  n. 2/04,  tace  del tutto sui profili di eccesso di delega, va
segnalato che perplessita' al riguardo sono state espresse dal parere
reso  dalla  Commissione competente della Camera dei deputati, seduta
del 13 dicembre 2004.
    Il  Tribunale  reputa poi, in ogni caso, che la delega - art. 16,
legge  n. 273/2002  cit.  (ma  si  tratta  di considerazioni valide a
maggior  ragione  anche  per  la delega contenuta nell'art. 15) - era
comunque  estremamente  generica,  in  violazione dei precetti di cui
all'art. 76  Cost.  cit., sicche' non poteva legittimamente fondarsi,
su   di  essa,  l'estensione  alle  sezioni  specializzate  del  rito
societario  (d'altronde  in  dottrina  si  e' sostenuto che la delega
riguardasse  solo  i profili di competenza, non anche quelli di rito,
esclusi i profili espressamente indicati).
    E'  infatti  vero che la legge di delegazione puo' riconoscere al
legislatore  delegato  un  potere  di  scelta  in  ambiti alternativi
offertigli, e che - fino a che e' possibile - le norme delegate vanno
lette in senso compatibile con i principi della delega (Corte cost. 5
febbraio 1989 n. 15, 27 dicembre 1996 n. 418; 17 luglio 2000 n. 292),
tuttavia,  nella  specie,  l'art. 16  cit.  - se davvero contiene una
delega  anche  quanto  al  rito  da  introdursi  innanzi alle sezioni
specializzate  - attribuisce al legislatore delegato una potesta' non
discrezionale, ma del tutto incontrollabile.
    Non   vi   e'   infatti,   nella   norma   surrichiamata,  alcuna
determinazione di principi e criteri direttivi, per oggetti definiti;
in   particolare   l'art. 16,  come  detto,  si  limita  a  prevedere
l'emanazione  di  decreti legislativi «diretti ad assicurare una piu'
rapida ed efficace definizione dei procedimenti giudiziari».
    Pertanto  non trova alcun riscontro obiettivo, nell'art. 16 cit,.
l'estensione alle sezioni specializzate, di un rito, quello delineato
dal  d.lgs.  n. 5/2003,  che  non  e' affatto semplificato rispetto a
quello  ordinario,  ma anzi e' alternativo a quest'ultimo, fondato su
principi e presupposti del tutto diversi.
    Ne' ha apportato elementi di novita' l'art. 70 ter disp. alt. cod
proc.   civ.   (introdotto   dalla   legge   n. 80/2005)  che  ha  si
generalizzato l'applicazione del d.lgs. n. 5 ª2003, ma solo a seguito
di concorde scelta delle parti, nelle forme indicate dalla norma cit.
    Pertanto,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  sopra
delineata  si presenta non manifestamente infondata, ed e' rilevante,
atteso  che  il  presente  giudizio  non  puo'  evidentemente  essere
definito  indipendentemente  dalla risoluzione della questione stessa
(investendo   lo  stesso  rito  applicabile),  sicche'  va  sollevata
d'ufficio innanzi alla Corte costituzionale, ex art. 1, legge cost. 9
febbraio 1948, n. 1 e art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87.
    Ne segue la sospensione del giudizio.