IL TRIBUNALE

                  Sezione distaccata di Ventimiglia

    Letti  gli  atti  del procedimento ed esaminati i documenti tutti
prodotti;
    Visto  che  con  atto  introduttivo  notificato in data 18 luglio
2001,  il signor Italo Incollingo, premettendo di essere proprietario
di  immobile sito in Seborga, piazza San Martino 1, angolo via Zecca,
concesso  in  locazione  al  Governo  del Principato di Seborga nelle
persone  dei  suoi  Ministri,  lamentava la mancata corresponsione di
numerosi  canoni  di  locazione  e  conveniva  in  giudizio lo stesso
conduttore   chiedendo   la   convalida   dell'intimato  sfratto  per
morosita';
    Vista  la  regolare  costituzione  del convenuto con la quale, lo
stesso,  contestava nel merito ed in toto le pretese attorlle, e, non
prima  di  aver  sollevato  eccezione  pregiudiziale  per  difetto di
giurisdizione   dello   Stato   italiano   nel  procedimento,  previa
occorrenda  rimessione degli atti alla Corte costituzionale attesa la
illegittimita'  degli  art. 1, 5, 6 del codice di procedura civile in
relazione  all'art. 10,  primo comma, della Costituzione, nella parte
in   cui  essi  non  prevedono  che  possa  sussistere  giurisdizione
esclusiva di uno Stato non riconosciuto sovrano dallo Stato italiano,
ma   considerato   tale   da  altre  comunita'  e/o  Stati  stranieri
riconosciuti  dall'Italia,  chiedeva  che  il giudice pronunciasse la
propria incompetenza giurisdizionale.

                             M o t i v i

    Premesso  il dato giuridico noto, per il quale, il riconoscimento
della sovranita' di uno Stato puo' essere «implicito», cioe' avvenire
de  facto,  mediante un atto facoltativo e politico, senza necessita'
di  ravvisare  alcun  obbligo  giuridico  ne'  alcuna  necessita'  di
procedere  ad  una  determinazione  precisa,  pubblica e politica, ma
mediante un'atteggiamento di attesa o di riflessione connotantesi per
un  aspetto  d'intenzione preciso o implicito, deducibile dall'inizio
delle attivita' di diritto internazionale da parte dell'universalita'
degli  interlocutori,  aventi  come  controparte  il  nuovo  soggetto
tacitamente  riconosciuto  come  sovrano;  o avvenire esplicitamente,
cioe'  de  iure  mediante  l'instaurazione  o la registrazione di una
situazione   effettiva,   comunque  esistente  indipendentemente  dal
riconoscimento da parte degli stati di diritto;
    Considerato  che  tale  ultima teoria, c.d. dichiarativa, ritiene
che  la personalita' internazionale di uno Stato sia determinata solo
dai criteri oggetti di diritto internazionale e una volta soddisfatti
questi,  uno  Stato,  ancorche'  non  riconosciuto,  abbia  diritti e
funzioni  internazionali che puo' far valere di fronte alla comunita'
internazionale; rilevato che tale posizione, risulta suffragata dalla
parte  piu' accreditata della dottrina che ritiene che, in tal modo e
soddisfatti  i  requisiti  essenziali  della  sovranita' (territorio,
popolazione  e sovranita' o governo su territorio e popolazione), uno
Stato,  anche  non  riconosciuto,  possa  prendere  posto nel diritto
internazionale  con  o  senza  il riconoscimento (cfr. Menon, «Alcuni
aspetti  della  legge  di riconoscimento»; Duursma, «Autoderminazione
Stato   e   relazioni   internazionali   di   microstati»;  Grant,«Il
riconoscimento degli Stati ...».
    Rilevato  che  l'acquisto  della  soggettivita' internazionale da
parte  degli  Stati  e'  legato  alla  reale manifestazione delle tre
caratteristiche  (popolazione, territorio e sovranita) in capo ad una
organizzazione,  essendo  l'ordinamento internazionale atipico, cioe'
non   contemplandosi   un'istituzione   normativa   e  giudiziale  ma
lasciandosi  tutto alla libera iniziativa degli Stati ed agli accordi
che  questi  pongono in essere tra loro e non potendosi in alcun modo
delineare  una  procedura  tipizzata  di acquisto della soggettivita'
internazionale.
    Piu'  in  particolare,  la  questione  assumerebbe  un  carattere
soprattutto  politico in quanto, di per se', il riconoscimento di uno
Stato   da  parte  di  un  altro  Stato  o  a  parte  di  istituzioni
internazionali  non  ha che una funzione dichiarativa, e certo non ha
funzione  costitutiva  (Stando  a tale opinione, paradossalmente, non
sarebbe  essenziale  che vi fosse riconoscimento da parte degli altri
soggetti   affiche'   l'istituzione   diventi   soggetto  di  diritto
internazionale).
    Ritenuto  che  non  si possa omettere dall'osservare che il ruolo
legale  del  riconoscimento  venga  normalmente circoscritto anche al
fine  di  promuovere  e  rendere sempre piu' determinante il ruolo di
protezione  internazionale  esercitato dalla Comunita' delle Nazioni,
in  armonia con il progetto mondiale che concerne e difende i diritti
dell'uomo;
    Considerato  che  le  conseguenze  della natura «provvisoria» del
riconoscimento  de  facto  rispetto a quello de iure sono evidenziate
dalla  legge  internazionale,  per  la  quale  il  riconoscimento  di
un'annessione  o  di  un'usurpazione  de  facto  non e' sufficiente a
distruggere  i  diritti  fondamentali  della  sovranita'  de iure che
permane vigente (cfr. Greig, Diritto internazionale).
    Ritenuto  che  nell'attuale  fattispecie  ed  in  tale  ottica il
Principato  di  Seborga parrebbe integrare pienamente gli elementi di
uno   Stato,  nonche'  possederne  i  requisiti  essenziali  e  cosi'
rispondere  ai criteri propri ed utili per ottenere il riconoscimento
della  propria sovranita': assume le manifestazioni fisiche e sociali
di   tipo   primario   come   una  persona  giuridica  internazionale
proteggendo  il  proprio  territorio, che ha ben delimitato, e le sue
appartenenze; esercita le proprie funzioni e il proprio governo.
    Quanto  all'elemento del territorio, in particolare, emerge dagli
atti di causa il dato storico non irrilevante e non contestato tra le
parti,  per  il  quale  il  territorio  di  Seborga  non e' mai stato
formalmente  annesso  all'Italia:  risulta  pacifico  tra  le parti e
confermato   dai   riferimenti  storici  riportati  e  tra  loro  non
contrastanti  ma  univoci,  che nel 1729 Vittorio Amedeo II di Savoia
abbia  stipulato l'atto di acquisto del territorio in oggetto ma che,
in  vero,  tale  rogito  non  fu  mai registrato. Tale atto e' dunque
giuridicamente   nullo   ed   tale  conclusione  e',  effettivamente,
unanimemente  condivisa. La circostanza della mai avvenuta annessione
di  Seborga  all'Italia  risulta  confermata dalle successive vicende
storiche, sulle quali, ancora, in causa, non sorge contestazione: mai
il territorio di Seborga fu annesso alla Repubblica di Genova (e cio'
emergerebbe dal trattato di Aquisgrana), mai il Principato di Seborga
risulterebbe  essere  stato  citato  nel  Congresso  di Vienna. Parte
resistente produce altresi' documenti che riferiscono il dato storico
per  il quale nel 1939 lo stesso Mussolini scrisse: «Il Principato di
Seborga non appartiene all'Italia».
    In  tali  susseguirsi  di  dati storici, tutti unanimi, conformi,
convergenti, non contestati, sebbene riportati e mai suffragati dalla
produzione  degli atti orginali che li porrebbero (ma, d'altro canto,
potrebbe qui ben trattarsi diabolica probatio attesa la vetusta' e la
natura degli stessi) emerge la prova certa del fatto che fino al 1946
Seborga  fosse  riconosciuta come indipendente dallo Stato Pontificio
mediante  la  concessione  del  diritto  di  godere  del c.d. Nullius
diocesis e cio' risulta provato pienamente dalle copie degli orginali
degli  atti  ottenuti  dagli  archivi  della  Diocesi di Ventimiglia,
contenute nei documenti prodotti da parte convenuta.
    Ritenuto che Seborga potrebbe considerarsi «Stato» in quanto alla
nozione  di  popolazione  comunemente  intesa quale organizzazione di
esseri che vivono insieme in comunita'; ha formato un proprio governo
(Principe,  Consiglio  della  Corona, Consiglio dei Priori, Cavalieri
della Corona e Parlamento) ed espleta mansioni istituzionali mediante
organi  esecutivi  (Segretariato  generale  per le questioni interne;
Segretariato  generale  per  le  relazioni con l'estero; Segretariato
generale  per  la  giustizia,  Segretariato generale per il controllo
dell'immigrazione, societario, finanziario ed immobiliare).
    Visto  che dalla documentazione prodotta in atti risulta altresi'
che   Seborga   abbia   organizzato  un  proprio  sistema  giuridico,
pubblicando  un  codice che contiene gli statuti generali, le leggi e
le regole principali o decreti;
    Visto  che  il  Principato  di  Seborga  emette  propria  valuta,
coniando  monete  ed  accettando  come  valuta  straniera  il  denaro
circolante  ed  avente  valore  legale ed emette altresi' francobolli
propri;
    Rilevato il dato fattuale che maggiormente suffraga e connota del
carattere  di  rilevanza  la  sollevata  eccezione  di illegittimita'
costituzionale  degli  artt. 1, 5, 6 del codice di procedura civile e
degli  artt.  3  e  5 della legge 21 maggio 1995 n. 218, in relazione
agli  artt.  10  e 11 della Costituzione italiana, nella parte in cui
essi  non  prevedono  che possa sussistere giurisdizione esclusiva di
uno   Stato   non  riconosciuto  sovrano  dallo  Stato  italiano,  ma
considerato  tale da altre comunita' e/o Stati stranieri riconosciuti
dall'italia,  nella  circostanza  per  la  quale,  effettivamente, il
Pricipato  di Seborga, ha visto riconosciuta la propria sovranita' ed
indipendenza  di Stato autonomo da altri Stati che l'Italia riconosce
come  sovrani: numerosi sono i Consolati che il Principato di Seborga
ha  stabilito  all'estero, numerosi i consoli in questi accreditati e
che  ivi  stabilmente  permangono  nell'esercizio delle loro funzioni
diplomatiche;
    Visto  l'art. 10, comma 1, Costituzione italiana che dispone che:
«L'ordinamento  giuridico italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute»;
    Visto l'art. 11, comma 1, della Costituzione italiana nella parte
in  cui  dispone  che:  «L'Italia  (...)  consente,  in condizioni di
parita'   con   gli  altri  Stati,  alle  limitazioni  di  sovranita'
necessarie  ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra
le Nazioni».
    Visto  l'art.  3  della legge 31 maggio 1995 n. 218 che definisce
l'ambito  della  giurisdizione  italiana,  nella parte in cui prevede
che:  «(  ...  )La  giurisdizione  sussite inoltre in base ai criteri
stabiliti  dalle  sezioni  2,  3  e 4 del titolo II della Convenzione
concernente   la  competenza  giurisdizionale  e  l'esecuzione  delle
decisioni  in  materia  civile  e commerciale e protocollo, firmati a
Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la legge 21 giugno
1971,  n. 804,  e  successive  modificazioni  in vigore per l'Italia,
anche  allorche'  il  convenuto non sia domiciliato nel territorio di
uno  Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese
nel campo di applicazione della Convenzione»;
    Visto  l'art.  5  della legge 31 maggio 1995 n. 218 relativa alle
azioni  reali  relative ai immobili siti all'estero, che prevede che:
«La  giurisdizione  italiana  non  sussiste  rispetto ad azioni reali
aventi ad oggetto beni immobili situati all'estero».
    Ritenuta  rilevante  la  questione di legittimita' costituzionale
degli artt. 1, 5 e 6 del codice di procedura civile e degli artt. 3 e
5  della  legge 31 maggio 1995 n. 218 in relazione agli artt. 10 e 11
della Costituzione italiana nella parte in cui essi non prevedono che
possa   sussistere   giurisdizione   esclusiva   di   uno  Stato  non
riconosciuto  sovrano  dallo  Stato  italiano, ma considerato tale da
altre comunita' e/o Stati stranieri riconosciuti dall'italia.