il giudice di pace Nel procedimento di opposizione a sanzione amministrativa n. 134/C/06 (Murru - Pref. Nuoro) ha pronunciato il 20 aprile 2007, in pubblica udienza, la seguente ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Con ricorso del 16 dicembre 2006 Murru Alessandro proponeva tempestiva opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione n. 2886/02/SA del Prefetto di Nuoro in data 13 ottobre 2006 - a lui notificata il 14 dicembre 2006 - con la quale gli era stata inflitta la sanzione amministrativa di Euro 71,00 per violazione dell'art. 192 c.d.s. (inosservanza dell'intimazione di arrestarsi, a lui rivolta da Carabinieri in servizio di polizia stradale) commessa il 5 ottobre 2002. Sosteneva il ricorrente: a) che egli non aveva ricevuto notifica di alcun verbale; b) che, nell'ordinanza impugnata, vi erano errori nell'indicazione della sua data di nascita e del numero di targa del suo veicolo; c) che, nell'emissione dell'ordinanza stessa, erano stati superati i termini perentori di cui al comma 1-bis dell'art. 204 codice della strada, con conseguente decadenza del prefetto dal potere sanzionatorio. Chiedeva egli, in via provvisoria, la sospensione del provvedimento per gravi motivi e, in via definitiva, il suo annullamento per i motivi di cui sopra. Concessa da questo giudice la provvisoria sospensione ai sensi dell'art. 22 della legge citata, si costituiva con suo funzionario il Prefetto di Nuoro, chiedendo il rigetto dell'opposizione. Accertata l'infondatezza dei primi due motivi di opposizione - di quello sub a), per aver avuto il Murru copia del verbale, nell'immediatezza della contestazione; di quello sub b), per manifesta irrilevanza dei lamentati errori, ai fini dell'esatta individuazione dell'illecito e del relativo diritto di difesa - non riteneva questo giudice, invece, di rigettare il terzo indicato sub c), malgrado l'obiettiva inapplicabilita' alla concreta fattispecie del suddetto art. 204 c.d.s.: cio', nella considerazione che tra la data del verbale (5 ottobre 2002) e quella dell'ordinanza prefettizia (13 ottobre 2006) erano trascorsi oltre quattro anni. Era opinione del giudicante, infatti - ed a questa si era egli sempre attenuto nelle sue decisioni, fino alla sentenza Cass., sez. un. 9591 del 27 aprile 2006, di tenore totalmente opposto - che ai procedimenti sanzionatori, previsti dalla legge n. 689/1981, fosse applicabile (sotto il profilo della loro ragionevole durata) il termine stabilito dall'art. 2, comma 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Cio' essendo stato escluso definitivamente con detta sentenza della Corte suprema - peraltro dopo numerose decisioni, di vario segno, delle diverse sezioni civili - ben puo' profilarsi un dubbio di illegittimita' costituzionale dell'art. 18 citato che, non ponendo alcun termine alla durata del processo sanzionatorio, de facto fa coincidere quest'ultima con il periodo quinquennale di prescrizione delle sanzioni amministrative, di cui all'art. 28 della legge stessa. Cio' premesso, i1 giudice di pace ritenuto quanto alla rilevanza, nel processo, della questione di illegittimita' qui appresso sollevata, che tale condizione sussista pienamente, poiche': appare inapplicabile alla fattispecie in esame (ipotesi di infrazione non pagabile in misura ridotta ai sensi dell'art. 202 c.d.s. e soggetta percio', quanto alla determinazione della sanzione, all'ordinanza del prefetto) l'invocato comma 1-bis dell'art. 204 c.d.s., dettato esclusivamente per il caso del ricorso proposto dal trasgressore; tale fattispecie sembra invece ricadere nell'ordinario regime della legge 24 novembre 1981, n. 689, che (artt. 17-18) demanda la determinazione della sanzione all'Autorita' amministrativa, destinataria del rapporto; la ragionevole durata del procedimento, invocata dal ricorrente - indipendentemente dallo specifico articolo di legge, da lui indicato - dovrebbe ugualmente sussistere, per principio costituzionale e di diritto comunitario; quanto alla non manifesta sua infondatezza, che anch'essa debba essere riconosciuta, per quanto in appresso osservato e considerato. Mentre con precedenti sentenze (segnatamente con la n. 4616 del 6 marzo 2004) la Corte di cassazione aveva indicato nei termini di cui all'art. 204 c.d.s. una «attuazione del principio stabilito dall'art. 2 della legge n. 241/1990» estendendo tale logica a tutti i procedimenti sanzionatorii secondo una interpretazione «piu' conforme ai principi costituzionali» la citata recente decisione n. 9591/2004 delle Sezioni Unite sottolinea invece il carattere di «specialita» della legge n. 689/1981, che la farebbe prevalere sul principio generale di «celerita» ed «immediatezza» affermato dalla legge 241 (principio tuttavia «particolarmente presente» nei procedimenti in argomento, a tutela del diritto di difesa). Con tale ultimo verdetto - che, a sommesso avviso di chi scrive, rivela la preoccupazione della Corte di tutelare comunque l'Amministrazione, anche nei suoi momenti di inefficienza ed anche a rischio di stridente contrasto con l'esplicito richiamo alla «giustizia amministrativa» esercitata dalle amministrazioni pubbliche, contenuto nel comma 1 dell'art. 29 della legge n. 24l/1990, come modificato dall'art. 19 della legge 11 febbraio 2005, n. 15 - si e' inteso affermare che, di fatto, deve restare senza alcun termine (e, quindi, senza quella «ragionevole durata» che, facendo parte dei principi costituzionali e comunitari, tanti interventi della CEE ha determinato nei confronti dell'Italia) la generalita' dei procedimenti destinati a concludersi con ordinanza-ingiunzione: unico limite restando quello dei cinque anni, previsti per la prescrizione del diritto sostanziale di riscossione delle sanzioni pecuniarie. Se, come e' inevitabile ritenere, e' ormai quella delle sezioni unite l'interpretazione da dare alla normativa vigente (e, quindi, quella da applicare nel concreto) non resta che chiedersi se, cosi' intesa, tale normativa - in certo modo assimilabile a quella penale, per l'evidente contiguita' ed affinita' fra questa e le materie depenalizzate, trasformate nel tempo in illeciti amministrativi - non sia in contrasto: con il principio di ragionevolezza: non e' facile, infatti, comprendere la ratio per cui il trasgressore abbia l'onere di inviare scritti difensivi entro il breve termine di trenta giorni dalla contestazione (art. 18, comma 1, legge n. 689), mentre l'Autorita' procedente avrebbe avanti a se' il tempo, ben piu' lungo, di quasi 5 anni; agli artt. 24 e 111 della Costituzione, che al suddetto principio fanno implicito riferimento allorche' assicurano alle parti parita' di diritti e ragionevole durata del processo; all'art. 3 della Costituzione, che - come suggerisce la citata sentenza n. 4616 - riconosce ai cittadini pari garanzie e trattamento, siano essi trasgressori del codice della strada o di altre norme amministrative, di natura diversa.