Ricorso  della Regione Lombardia, in persona del Presidente della
giunta   regionale   pro   tempore,   on. dott.   Roberto  Formigoni,
autorizzato  con  delibera  di  giunta regionale n. VIII/005465 del 6
ottobre  2007,  rappresentata e difesa, come da mandato a margine del
presente atto, dagli avv. Pio Dario Vivone e prof. Beniamino Caravita
di  Toritto  e presso lo studio del secondo elettivamente domiciliato
in Roma, via di Porta Pinciana, 6;

    Contro  il  Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale dell'articolo 1
della legge 3 agosto 2007, n. 120 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
-  Serie generale, n. 181 del 6 agosto 2007, recante «Disposizioni in
materia  di attivita' libero professionale intramuraria e altre norme
in materia sanitaria», per violazione degli artt. 117, 118, 119 della
Costituzione e dei principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.), di buon
andamento (art. 97 Cost.) e di leale collaborazione (art. 120 Cost.).
    La   legge  3  agosto  2007,  n. 120  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale  n. 181  del 6 agosto 2007 reca «Disposizioni in materia di
attivita'  libero-professionale intramuraria e altre norme in materia
sanitaria».
      La  possibilita'  di  ricorrere a prestazioni sanitarie erogate
intramoenia  ma  in regime di tipo libero-professionale risponde alla
necessita'  di  garantire il fondamentale diritto alla salute sancito
dall'art. 32   della   Costituzione  anche  sotto  il  profilo  della
autodeterminazione  dei  singoli,  intesa  quale  libera  scelta,  in
assenza  della  quale ogni piu' ampia somministrazione di prestazioni
risulterebbe  in verita' lesiva del diritto sociale protetto e non in
grado di soddisfarlo.
    Si  tratta di attivita' che il personale sanitario esercita al di
fuori  dell'orario  di  lavoro  e  non  in  regime ambulatoriale o di
ricovero,  in  favore  e  su  libera scelta dell'assistito, con oneri
economici   a   completo   carico   dello   stesso,  secondo  tariffe
predeterminate.  Il  ricorso  alle  prestazioni  in  regime di libera
professione  prevede  la  corresponsione  di  una tariffa comprensiva
dell'onorario  dei  sanitari  coinvolti.  Il  cittadino  puo' quindi,
pagando  le  prestazioni,  rivolgersi  ad  uno  specifico specialista
dipendente,  in  modo diretto e personale stabilendo con lo stesso un
rapporto fiduciario di libera scelta. Gia' nel d.lgs. n. 502 del 1992
(in  particolare  all'art. 4 comma 10) come modificato dal d.lgs., 19
giugno  1999,  n. 229  e' previsto che all'interno dei presidi, delle
aziende  ospedaliere siano riservati spazi adeguati per consentire la
libera  professionale  intramuraria in regime di degenza con camere a
pagamento.  La legge qui impugnata reca una disciplina analitica e di
dettaglio sull'attivita' libero-professionale intramuraria e tuttavia
infrange  in modo palese il vigente riparto di competenze tra Stato e
Regioni.
    Il   comma  1  dell'art. 1  prevede  che  al  fine  di  garantire
l'esercizio   dell'attivita'  libero-professionale  intramuraria,  le
Regioni  e  le  Province  autonome  di  Trento  e  di Bolzano debbano
assumere  «le  piu' idonee iniziative» finalizzate alla realizzazione
di   interventi  di  ristrutturazione  edilizia,  presso  le  aziende
sanitarie  locali,  le  aziende  ospedaliere,  le aziende ospedaliere
universitarie,  i  policlinici  universitari a gestione diretta e gli
istituti  di  ricovero  e  cura  a  carattere  scientifico (IRCCS) di
diritto  pubblico,  allo  scopo di creare e rendere disponibili spazi
idonei allo svolgimento di tale attivita'.
    Il seguente comma 2 prescrive che l'adozione di tali «piu' idonee
iniziative»  dovra'  essere  portata a compimento entro il termine di
diciotto  mesi  dalla  data  del  31  luglio  2007 (e dunque entro 31
gennaio  2009). Durante tale periodo, e negli ambiti in cui non siano
stati  ancora  applicate le prescritte iniziative, il comma 2 precisa
che  continuano  ad  applicarsi  i  provvedimenti  gia'  adottati  in
precedenza per la medesima finalita', in deroga al precedente termine
del  31  luglio  2007  (previsto dal comma 2 dell'articolo 22-bis del
decreto-legge  4  luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni,
dalla  legge  4  agosto  2006,  n. 248).  Il medesimo comma 2 prevede
inoltre  che,  nello  stesso arco temporale, le Regioni e le Province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  procedono  all'individuazione e
all'attuazione  delle misure dirette ad assicurare, in accordo con le
organizzazioni  sindacali  delle categorie interessate e nel rispetto
delle  vigenti  disposizioni contrattuali, il definitivo passaggio al
regime  ordinario  del  sistema  dell'attivita'  libero-professionale
intramuraria  della  dirigenza  sanitaria,  medica  e veterinaria del
Servizio  sanitario  nazionale  e  del  personale  universitario  che
esplica  attivita'  assistenziale  presso  le cliniche e gli istituti
universitari  di  ricovero  e  cura,  convenzionati  con  il Servizio
sanitario  nazionale  (ai  sensi  dell'art. 39 della legge n. 833 del
1978).
    Il   comma   3   impone  che  il  collaudo  degli  interventi  di
ristrutturazione  edilizia  sia  conseguito  dalle  regioni  entro il
termine  del  31  gennaio  2009;  in  caso  contrario  e' prevista la
risoluzione  degli  accordi di programma per il finanziamento statale
alle regioni.
    Il  comma  4  precisa  poi  che  puo' essere prevista, ove ne sia
dimostrata  la  necessita'  e  nell'ambito delle risorse disponibili,
l'acquisizione   di   spazi   ambulatoriali   esterni,   aziendali  e
pluridisciplinari, per l'esercizio di attivita' sia istituzionali sia
in  regime  di libera professione intramuraria, i quali corrispondano
ai  criteri di congruita' e idoneita' per l'esercizio delle attivita'
medesime,   tramite   l'acquisto,   la   locazione,   la  stipula  di
convenzioni,  -  autorizzate dalle regioni e province autonome previo
parere  vincolante  da  parte  del  Collegio  di  direzione e ove non
costituito  di  una commissione paritetica di sanitari che esercitano
l'attivita'  libero-professionale  intramuraria, costituita a livello
aziendale.  E'  altresi'  prescritto  che  le  Regioni  e le Province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  devono garantire che le aziende
sanitarie  locali,  le  aziende  ospedaliere,  le aziende ospedaliere
universitarie,  i  policlinici  universitari a gestione diretta e gli
IRCCS  di  diritto pubblico gestiscano, con integrale responsabilita'
propria,  l'attivita'  libero-professionale  intramuraria, al fine di
assicurarne  il  corretto  esercizio,  nel  rispetto  delle  seguenti
modalita':
        a) affidamento a personale aziendale, o comunque dall'azienda
a  cio'  destinato, senza ulteriori oneri aggiuntivi, del servizio di
prenotazione  delle  prestazioni, da eseguire in sede o tempi diversi
rispetto  a  quelli istituzionali, al fine di permettere il controllo
dei  volumi  delle  medesime  prestazioni,  che  non devono superare,
globalmente considerati, quelli eseguiti nell'orario di lavoro;
        b) garanzia  della  riscossione  degli  onorari relativi alle
prestazioni   erogate   sotto   la   responsabilita'  delle  aziende,
policlinici  e  istituti  di  cui al comma 1. Agli eventuali oneri si
provvede ai sensi della seguente lettera c);
        c) determinazione,  in  accordo  con  i professionisti, di un
tariffario  idoneo  ad  assicurare  l'integrale  copertura di tutti i
costi   direttamente   e   indirettamente   correlati  alla  gestione
dell'attivita' libero-professionale intramuraria, ivi compresi quelli
connessi  alle  attivita'  di  prenotazione  e  di  riscossione degli
onorari;
        d) monitoraggio   aziendale   dei   tempi   di  attesa  delle
prestazioni   erogate   nell'ambito   dell'attivita'   istituzionale;
attivazione  di  meccanismi  di  riduzione  dei tempi medi di attesa;
garanzia che le prestazioni urgenti vengano effettuate entro 72 ore;
        e) prevenzione  delle situazioni che determinano un conflitto
di interessi e fissazione delle sanzioni disciplinari e dei rimedi da
applicare  in caso di inosservanza delle relative disposizioni, anche
con  riferimento all'accertamento delle responsabilita' dei direttori
generali per omessa vigilanza;
        f) adeguamento   dei   provvedimenti   per   assicurare   che
nell'attivita' libero-professionale intramuraria, siano rispettate le
prescrizioni  di  cui  alle  lettere  a), b) e c) del presente comma,
anche  nel  periodo  di  operativita'  transitoria, fermo restando il
termine tassativo del 31 gennaio 2009;
        g)  progressivo  allineamento  dei  tempi di erogazione delle
prestazioni nell'ambito dell'attivita' istituzionale ai tempi medi di
quelle rese in regime di libera professione intramuraria.
    L'art. 1 stabilisce poi, al comma 5, che i soggetti erogatori del
Servizio  sanitario  nazionale  (azienda  sanitaria  locale,  azienda
ospedaliera,    azienda    ospedaliera   universitaria,   policlinico
universitario  a  gestione  diretta  ed  IRCCS  di  diritto pubblico)
predispongono  un  piano aziendale (di cui devono assicurare adeguata
pubblicita),  in  ordine,  ai  volumi di attivita' istituzionale e di
attivita'  libero-professionale  intramuraria,  con  riferimento alle
singole  unita'  operative.  Tali  informazioni devono in particolare
riguardare  le condizioni di esercizio dell'attivita' istituzionale e
di'  quella  libero-professionale intramuraria, nonche' i criteri che
regolano l'erogazione delle prestazioni e le priorita' di accesso.
    Il  comma 6 individua i tempi entro i quali i piani devono essere
presentati  alla  regione o provincia autonoma competente: e' infatti
previsto  che essi debbano essere presentati entro quattro mesi dalla
data  di  entrata  in  vigore  della  legge qui impugnata ed entro un
limite massimo di tre anni dall'approvazione del piano precedente. E'
poi prescritto che la regione o provincia autonoma competente approvi
il piano, o possa richiedere variazioni o chiarimenti, entro sessanta
giorni   dalla  presentazione.  In  tale  ultima  ipotesi  essi  sono
presentati   entro   sessanta  giorni  dalla  richiesta  medesima  ed
esaminati  dalla  regione  o  provincia  autonoma  entro i successivi
sessanta  giorni.  Subito dopo l'approvazione, la regione o provincia
autonoma  trasmette  il  piano  al  Ministero  della  salute. Decorsi
sessanta  giorni  dalla  trasmissione,  in assenza di osservazioni da
parte del Ministero della salute, i piani si intendono operativi.
    Il  comma 7 prevede inoltre che le Regioni e le Province autonome
di Trento e di Bolzano assicurano il rispetto delle previsioni di cui
ai  commi  1, 2, 4, 5 e 6 (precedentemente richiamate) anche mediante
l'esercizio  di poteri sostitutivi e la destituzione, nell'ipotesi di
grave inadempienza, dei direttori generali delle aziende, policlinici
ed istituti di cui al comma 5.
    E'  previsto inoltre che qualora la nomina dei direttori generali
suddetti  competa  ad  organi  statali, questi ultimi provvedono alla
destituzione  su  richiesta della regione o della provincia autonoma.
In  caso di mancato adempimento degli obblighi a carico delle regioni
e  delle  province  autonome  di  cui  al  presente comma, il comma 7
dispone  la  preclusione  all'accesso ai finanziamenti a carico dello
Stato  integrativi  rispetto ai livelli di disavanzo previsti, di cui
all'accordo sancito l'8 agosto 2001 dalla Conferenza permanente per i
rapporti  tra  lo  Stato.  La  legge  prevede  quindi  che il Governo
eserciti i poteri sostitutivi in caso di inadempimento da parte delle
regioni  o  delle  province  autonome,  anche  con  riferimento  alla
destituzione dei dirigenti delle strutture sanitarie.
    Il  seguente  comma  8  obbliga  regioni  e  province  autonome a
trasmettere  al  Ministro  della  salute una relazione sullo stato di
attuazione  delle  attivita'  imposte  dalla stessa legge n. 120, con
cadenza  trimestrale  fino al conseguimento effettivo, da parte della
stessa del definitivo passaggio al regime ordinario di cui al comma 2
e successivamente con cadenza annuale.
    Il   comma   9   prevede   la  possibilita',  esclusivamente  per
l'attivita'  clinica  e  diagnostica ambulatoriale, di utilizzare gli
spazi  e  le  attrezzature dedicati all'attivita' istituzionale anche
per  l'attivita'  libero-professionale  intramuraria, dovendosi pero'
garantire  la  separazione  delle  attivita'  in  termini  di  orari,
prenotazioni e modalita' di riscossione dei pagamenti.
    Al  comma  10  e'  precisato che le convenzioni di cui al comma 4
primo  periodo,  (relative  all'acquisizione di strutture idonee allo
svolgimento  dell'attivita'  libero-professionale intramuraria), sono
autorizzate  dalle  Regioni  e dalle Province autonome di Trento e di
Bolzano  per  il  periodo necessario al completamento, da parte delle
aziende,   policlinici   o  istituti  interessati,  degli  interventi
strutturali   necessari   ad  assicurare  l'esercizio  dell'attivita'
libero-professionale intramuraria e comunque non oltre il termine del
31 gennaio 2009.
    Il   comma   11   affida   al  Collegio  di  direzione  (previsto
dall'articolo   17   del   d.Igs.   n. 502  del  1992,  e  successive
modificazioni),  o, qualora esso non sia costituito, alla commissione
paritetica  di  sanitari prevista dal comma 4 dell'art. 1 della legge
120  qui  impugnata, il compito di dirimere le vertenze dei dirigenti
sanitari in ordine all'attivita' libero-professionale intramuraria.
    Il  comma  12  prescrive che le Regioni e le Province autonome di
Trento  e di Bolzano dovranno definire una specifica regolamentazione
per   l'effettuazione   delle   prestazioni   veterinarie  in  regime
libero-professionale  in  ambito  intramurario da parte dei dirigenti
veterinari  del Servizio sanitario nazionale, in considerazione della
particolare tipologia e modalita' delle stesse.
    Il  comma  13  prevede inoltre l'attivazione entro tre mesi dalla
data  di  entrata  in vigore della legge e quindi entro il 7 novembre
2007,  di  un  Osservatorio  nazionale  sullo stato di attuazione dei
programmi  di  adeguamento  degli  ospedali  e  sul funzionamento dei
meccanismi di controllo a livello regionale e aziendale.
    Infine  il  comma  14  dispone  che  in  ogni caso dall'eventuale
costituzione   e  dal  funzionamento  delle  commissioni  paritetiche
previste  dai precedenti commi 4, 5 e 11, nonche' dall'attuazione del
medesimo  comma  11,  non  devono  derivare  nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
    L'art. 1  della  legge n. 120 del 2007 ignora tutto l'assetto del
riparto  di competenze tra Stato e regioni in materia sanitaria cosi'
come  si  e'  sviluppato  prima  e dopo la Riforma del Titolo V della
Costituzione   del   2001   e  modifica  gli  ampi  poteri  regionali
riconosciuti  nell'ambito  della sanita'. Cosi' facendo esso infrange
gravemente  le  competenze  riconosciute alla Regione Lombardia dalla
Costituzione,    risultando    lesivo    dell'autonomia    ad    essa
costituzionalmente garantita per i seguenti motivi di

                               Diritto

    1.  -  Illegittimita'  per violazione dell'art. 117, comma 4, 118
Cost. e per violazione del principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.),
buon  andamento  (art. 97  Cost.)  e  leale  collaborazione (art. 120
Cost.).
    1.1.   -   In   via   del  tutto  preliminare  e'  indispensabile
identificare  la  materia all'interno della quale le disposizioni qui
impugnate si collocano. E da quanto e' stato ampiamente esposto nella
parte  in  fatto, non puo' sfuggire a codesta ecc.ma Corte come ci si
trovi  palesemente di fronte a disposizioni che incidono pesantemente
all'interno    di    un    settore,    l'organizzazione    sanitaria,
tradizionalmente  affidato  alle regioni. La Corte, anche rispetto al
vecchio  quadro costituzionale e istituzionale, ha sempre manifestato
chiaramente   l'importanza   e   la  necessita'  che  la  gestione  e
l'organizzazione  della sanita' venisse svolta in modo autonomo dalle
regioni.
    Si  e' poc'anzi fatto cenno al testo costituzionale originario il
quale  prevedeva,  all'art. 117,  l'attribuzione  alle  regioni della
potesta'   normativa   in   materia   di   «assistenza  sanitaria  ed
ospedaliera».  Gia' all'indomani della introduzione delle regioni non
fu  facile  delimitare  l'estensione  di  tale  potesta'  normativa e
soprattutto   individuare   cosa   dovesse  intendersi  per  principi
fondamentali della materia rimessi alle leggi cornice statali.
    Seppur  ci  si trovava di fronte ad una competenza circoscritta e
moderatamente  limitata  dall'intervento  statale,  e'  bene ribadire
ancora   che   la  potesta'  normativa  regionale  andava  esercitata
«nell'ambito  dei  principi  fondamentali stabiliti dalla legge dello
Stato»,  la  giurisprudenza  di  codesta  ecc.ma  Corte piu' volte ha
provveduto  a  difenderla  e  a  promuoverla: difatti, nella sentenza
n. 112  del  1975  si  legge che «a norma dell'art. 117 Cost., quella
dell'assistenza  sanitaria  ed  ospedaliera  e' materia di competenza
delle  regioni,  le  quali  potranno  quindi,  secondo  le previsioni
costituzionali,  regolarla  variamente  nel quadro dei principi delle
leggi  statali»;  ancora piu' chiara, e rivolta nello specifico anche
ai  profili  organizzativi  dell'assistenza  sanitaria ed ospedaliera
(merita  qui  una  nota  la  sentenza  n. 457 del 1993 che sottolinea
l'importanza   di   una   efficiente   organizzazione  sanitaria  «in
attuazione  del  principio sancito dall'art. 32 della Costituzione)»,
e'  la  pronuncia  n. 307 del 1983, dove senza alcun indugio e' stato
affermato  che  «la  materia  di cui trattasi attiene all'"assistenza
sanitaria  ed  ospedaliera",  attribuita  alle  regioni dall'art. 117
della    Costituzione.    Alle    regioni    medesime    e'   percio'
costituzionalmente   riservata   la   generalita'  delle  correlative
funzioni amministrative». Ma il concetto che ci si trovi di fronte ad
una  competenza  della  Regione torna anche nella sentenza n. 214 del
1988  dove  si  legge che la disciplina dell'organizzazione sanitaria
«rientra nelle competenze regionali».
    1.2.  -  Al  percorso  tracciato  dalla  Costituzione  del 1947 e
confermato  dalla  giurisprudenza costituzionale si e' affiancato poi
il legislatore ordinario.
    Con   l'istituzione   del  S.s.n.  (legge  n. 833  del  1978)  fu
completata l'attribuzione alle regioni delle competenze legislative e
amministrative   nella  materia  de  qua,  mentre  allo  Stato  venne
demandato  il  compito di determinare, con il concorso regionale, gli
obiettivi  della programmazione sanitaria nazionale. Restava altresi'
devoluta   alla  legge  statale,  la  fissazione  dei  livelli  delle
prestazioni  sanitarie  da  garantire  in  modo  uniforme  a  tutti i
cittadini (si vedano in particolare gli artt. 3 e 4).
    Con  la riforma del S.s.n. del 1992, le competenze regionali sono
state  meglio  precisate, attraverso l'attribuzione delle funzioni in
materia  di  assistenza  sanitaria ed ospedaliera e di organizzazione
del relativo servizio.
    Nel  d.lgs.  30 dicembre 1992, n. 502, infatti, all'art. 2, comma
1,  si legge che «spettano alle regioni e alle province autonome, nel
rispetto  dei  principi  stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni
legislative  ed  amministrative in materia di assistenza sanitaria ed
ospedaliera»;  al  successivo comma 2 (poi modificato dall'art. 7 del
d.lgs.  n. 517  del  1993), e' disposto che «spettano alle Regioni la
determinazione   dei   principi  sull'organizzazione  dei  servizi  e
sull'attivita'  destinata  alla  tutela della salute e dei criteri di
finanziamento   delle   unita'   sanitarie  locali  e  delle  aziende
ospedaliere, le attivita' di indirizzo tecnico, promozione e supporto
nei  confronti  delle  predette  unita'  sanitarie locali ed aziende,
anche  in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della
qualita' delle prestazioni sanitarie».
    Con  il  d.lgs.  n. 112  del  1998 vengono conferite alle regioni
«tutte le funzioni e i compiti amministrativi in tema di salute umana
e  sanita'  veterinaria,  salvo  quelli  espressamente mantenuti allo
Stato»  (art. 114,  comma 1). Tra i compiti e funzioni amministrative
attribuite  alle  regioni  l'art. 115  comma 2 prevede espressamente:
l'approvazione  dei  piani  e  dei  programmi  di  settore non aventi
rilievo   e  applicazione  nazionale;  l'adozione  dei  provvedimenti
puntuali   e   l'erogazione  delle  prestazioni;  la  verifica  della
conformita'  rispetto  alla  normativa  nazionale  e  comunitaria  di
attivita',  strutture,  impianti, laboratori, officine di produzione,
apparecchi,  modalita'  di  lavorazione, sostanze e prodotti, ai fini
del  controllo  preventivo,  nonche'  la  vigilanza  successiva,  ivi
compresa   la  verifica  dell'applicazione  della  buona  pratica  di
laboratorio.  Il  d.lgs.  n. 229  del  1999  (c.d.  «decreto Bindi»),
integrando  e modificando le disposizioni del d.lgs. n. 502 del 1992,
ha   rafforzato   i   poteri   regionali.   E'  stato  introdotto  il
comma 2-quater  secondo  il quale «le regioni, nell'ambito della loro
autonomia,  definiscono  i criteri e le modalita' anche operative per
il  coordinamento  delle  strutture  sanitarie  operanti  nelle  aree
metropolitane  di  cui all'articolo 17, comma 1, della legge 8 giugno
1990,   n. 142,   nonche'   l'eventuale   costituzione   di  appositi
organismi»;  il  comma  2-quinquies  dove  si  legge  che  «la  legge
regionale  disciplina  il  rapporto  tra  programmazione  regionale e
programmazione   attuativa   locale,   definendo  in  particolare  le
procedure  di  proposta,  adozione e approvazione del Piano attuativo
locale  e le modalita' della partecipazione ad esse degli enti locali
interessati.    Nelle   aree   metropolitane   il   piano   attuativo
metropolitano  e'  elaborato dall'organismo di cui al comma 2-quater,
ove  costituito»;  il  comma  2-sexies  poi prevede ulteriori compiti
attribuiti  alle  regioni  tra  cui:  l'articolazione  del territorio
regionale  in  unita'  sanitarie  locali; l'assistenza distrettuale e
l'assistenza  ospedaliera, salvo quanto previsto dal presente decreto
per  quanto  attiene  alle aziende ospedaliere di rilievo nazionale e
interregionale e alle altre strutture pubbliche e private accreditate
(lett. a); i principi e criteri per l'adozione dell'atto aziendale di
diritto   privato   di   costituzione  delle  ex-Usl  (lett.  b);  la
definizione  dei  criteri  per l'articolazione delle unita' sanitarie
locali   in   distretti  (lett. c);  il  finanziamento  delle  unita'
sanitarie  locali (lett. d); le modalita' di vigilanza e di controllo
sulle  unita'  sanitarie locali, nonche' di valutazione dei risultati
delle  stesse  (lett.  e);  le  forme  di  gestione  degli  eventuali
indebitamenti per le usi (lett. g).
    1.3. - E' ancora utile ricordare come, nelle more dell'entrata in
vigore   della   legge   cost.  n. 3  del  2001,  vale  a  dire  dopo
l'approvazione  parlamentare  ma  poco  prima dell'esito positivo del
referendum,   in   data  8  agosto  2001  veniva  siglato,  ai  sensi
dell'art. 4  del  d.lgs.  n. 281/1997,  un Accordo tra il Governo, le
regioni  e  le province autonome in attuazione del generale principio
di  leale collaborazione tra i differenti livelli di governo. Ebbene,
anche all'interno di questo documento, che e' nato con l'obiettivo di
affermare  in  materia  il  principio  di  responsabilita' nonche' la
necessita'  di  salvaguardare  i livelli essenziali di assistenza, vi
sono   tracce   evidenti   dell'intenzione  di  confermare  e  semmai
rinvigorire i poteri regionali sull'organizzazione sanitaria.
    In  particolare,  «il  Governo  si  impegna  ad  attribuire  alle
regioni,  fermo restando quanto gia' richiamato nelle lettere b) e c)
del  presente  punto, autonomia nel settore dell'organizzazione della
sanita» (par. 9).
    La  ratio dell'Accordo e' stata quella di attribuire alle regioni
la   piu'   ampia   autonomia  nella  organizzazione  dell'assistenza
sanitaria  e  ospedaliera regionale al fine di consentire alle stesse
di  mantenere  i  tetti  di spesa concordati, ossia di mantenere fede
alle responsabilita' assunte con l'Accordo.
    Alla luce di quanto detto, e' possibile affermare che le regioni,
ben  prima  della  Riforma  del Titolo V della Costituzione del 2001,
erano  titolari  di  diverse  e  dettagliate  competenze  in  materia
sanitaria,  con  particolare  riguardo  ai  profili  organizzativi  e
gestionali.
    1.4.  -  Si  e'  quindi  giunti,  con  la legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3, alla Riforma del Titolo V della Costituzione, con
la  quale  sono stati profondamente modificati, da un lato, l'assetto
della  distribuzione  delle  competenze  legislative  regolamentari e
amministrative   tra   lo  Stato,  le  regioni  e  gli  enti  locali,
dall'altro, il quadro dei rapporti tra tali enti.
    Con  riguardo in particolare alla materia della sanita', il nuovo
testo  dell'art. 117  Cost.  individua  solo  un ambito competenziale
espresso, quello della «tutela della salute», inserito al comma 3 tra
le  competenze  di  tipo  concorrente.  Nulla  si  dice rispetto alla
«vecchia»  materia  dell'  «assistenza sanitaria e ospedaliera». Cio'
vuol  dire  che  quest'ultima,  una volta che non e' piu' contemplata
nell'elenco  delle  materie su cui insiste la competenza concorrente,
deve essere ricondotta alla competenza esclusiva delle Regioni.
    A  supporto  di  tale  tesi si segnala la circolare del Ministero
della salute, n. 1, Prot. n. 1001/2558 - g/0321, del 17 gennaio 2002,
nella quale, in riferimento al problema dell'assistenza indiretta, si
dice  che  «in considerazione della esclusiva competenza regionale in
subiecta   materia»,  il  Ministero  ha  rilevato  l'opportunita'  di
rimettere  integralmente alle autonome valutazioni e iniziative delle
regioni  «ogni determinazione in merito alla individuazione di idonee
misure  in  sede  normativa e/o amministrativa qualora nei rispettivi
ambiti  territoriali  si  rendesse  necessaria  la  prosecuzione  del
ricorso   a   prestazioni  erogabili  solo  in  forma  di  assistenza
indiretta,  cio'  al  fine  di garantire all'utenza, nella forma piu'
completa e senza discriminazioni, la tutela del diritto alla salute».
    La suddetta riconducibilita' alla competenza esclusiva regionale,
ha  trovato  conferma da parte del Tribunale amministrativo regionale
Lombardia,  Sez.  1ª, che, con ordinanza n. 564 del 2002, ha respinto
la  domanda di sospensione della d.g.r. 7839/2002, con la quale erano
stati   individuati   gli   studi   odontoiatrici  da  sottoporre  ad
autorizzazione ed i relativi requisiti.
    Il  Tribunale  amministrativo  regionale  Lombardia,  infatti, ha
affermato   che   «e'  dubbio  se  l'individuazione  degli  studi  da
sottoporre a regime autorizzatorio e dei relativi requisiti attenga a
materia  (professioni,  tutela della salute) riconducibile all'ambito
della  legislazione  concorrente (in cui residua allo Stato il potere
di  dettare  principi  fondamentali)  ovvero  a  materia  (assistenza
sanitaria)  gia'  di  spettanza  regionale (art. 117 vecchio testo) e
oggi  totalmente  rimessa  alla  potesta' legislativa regionale senza
alcuna   possibilita'   di  interferenza  dello  Stato».  Il  dubbio,
pertanto,  secondo il Tribunale amministrativo regionale Lombardia e'
se  l'autorizzazione  all'esercizio  delle  attivita'  sanitarie  sia
riconducibile  alla  materia  professioni o tutela della salute da un
lato,  o  assistenza  sanitaria  dall'altro;  non certo sul fatto che
quest'ultima  sia  di  competenza  esclusiva  regionale.  Laddove  si
dovesse  ricondurre  la  materia dell'autorizzazione all'esercizio di
attivita'  sanitarie  alla competenza esclusiva regionale, in tema di
«assistenza sanitaria e ospedaliera», non vi sarebbe spazio per alcun
tipo  di interferenza statale; in altre parole, lo Stato non potrebbe
prevedere,    ne'   l'autorizzazione   all'esercizio   dell'attivita'
sanitaria,  ne',  a maggior ragione, potrebbe fissare i requisiti per
la suddetta autorizzazione. Ma anche codesta ecc. ma Corte ha fornito
un  contributo  decisivo in tal senso. Nella sentenza n. 328 del 2006
ha  chiarito  che  «l'atto,  in specie nella parte in cui definisce i
requisiti  che  le...societa'  ed  associazioni  tecnico-scientifiche
delle professioni sanitarie - che chiedono il riconoscimento - devono
possedere  per  poter  svolgere  attivita'  di  collaborazione con le
istituzioni  sanitarie,  incide,  infatti, sulla materia sanita', con
profili  che attengono, in particolare, all'organizzazione sanitaria,
e  non  gia'  ...  alla  determinazione  di  livelli essenziali delle
prestazioni   sanitarie,   essendo   tale  titolo  di  legittimazione
dell'intervento  statale  invocabile  solo «in relazione a specifiche
prestazioni  delle  quali  la  normativa statale definisca il livello
essenziale  di  erogazione»  sentenze n. 285, n. 120 del 2005, n. 423
del  2004),  di  cui  nella  specie non si tratta. In questa materia,
«l'art. 117  e l'art. 118 della Costituzione, a seguito della riforma
del  titolo V della parte seconda della Costituzione, delineano forme
piu'  ampie  di  autonomia  rispetto  a  quelle gia' attribuite dallo
statuto»  (il  caso  di  specie  ha  riguardato  la  Regione Trentino
Alto-Adige  e la Provincia autonoma di Bolzano). «La sanita', d'altro
canto»,  ha  proseguito  la  Corte,  «e'  ripartita fra la materia di
competenza  regionale  concorrente  della "tutela della salute" ... e
quella  dell'organizzazione  sanitaria,  in  cui  le  Regioni possono
adottare "una propria disciplina anche sostitutiva di quella statale"
(sentenza n. 510 del 2002)».
    1.5.    -    Le    disposizioni    qui    impugnate   evidenziano
inequivocabilmente  la  volonta' di comprimere gli spazi di autonomia
regionale  in  materia  di organizzazione sanitaria. Infatti, in tale
materia,  di  pertinenza  esclusiva  regionale,  lo Stato non avrebbe
titolo  di  intervento  se  non  per  la  determinazione  dei livelli
essenziali di assistenza. Questi, come chiarito dalla sent. n. 88 del
2003, attribuiscono al legislatore statale «un fondamentale strumento
per   garantire   il   mantenimento  di  un'adeguata  uniformita'  di
trattamento  sul  piano  dei  diritti  di tutti i soggetti, pur in un
sistema  caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale
decisamente accresciuto».
    Ed  invero,  al  contrario,  non  vi e' traccia di alcun elemento
attinente   alla   garanzia  dell'uniformita'  dei  diritti  e  delle
prestazioni, nelle disposizioni qui impugnate. Infatti l'art. 1 della
legge  n. 120  del  2007  impone  la  ristrutturazione  edilizia  per
garantire    l'esercizio    dell'attivita'    libero    professionale
intramuraria;   definisce  le  modalita'  di  acquisizione  di  spazi
ambulatoriali   esterni,  aziendali  e  pluridisciplinari  (acquisto,
locazione,  stipula  di  convenzioni,  da  effettuarsi  previo parere
vincolante da parte del Collegio di direzione o, in sua vece, ove non
costituito,  da  parte  di una commissione paritetica di sanitari che
esercitano  l'attivita' libero-professionale intramuraria); impone la
determinazione, in accordo con i professionisti, di tariffe idonee ad
assicurare  l'integrale  copertura  dei costi correlati alla gestione
dell'attivita' libero-professionali intramurarie.
    In  conclusione,  e'  palese come l'ambito, all'interno del quale
incidono  le  disposizioni dell'art. 1 della legge qui impugnata, sia
quello  dell'organizzazione sanitaria: si tratta di un ambito su cui,
ben   prima   della  Riforma  del  Titolo  V  del  2001,  le  regioni
esercitavano precise funzioni normative ed amministrative e sul quale
la   predetta   Riforma  ha  operato  un  sostanziale  ampliamento  e
rinvigorimento, affidandola alla competenza residuale esclusiva delle
Regioni.
    2.  -  Illegittimita'  per violazione dell'ari. 117, comma 3, 118
Cost. e per violazione dei principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.),
buon  andamento  (art. 97  Cost.)  e  leale  collaborazione (art. 120
Cost.).
    2.1.  -  Qualora  codesta  ecc.  ma  Corte  dovesse  ritenere che
l'ambito,  nel quale si muove la legge statale oggetto della presente
impugnazione,  non  sia  quello  dell'organizzazione  sanitaria o non
dovesse  ricondurre quest'ultima nella competenza residuale regionale
ex  art. 117, comma 4, Cost., le disposizioni qui impugnate sarebbero
altrettanto costituzionalmente illegittime.
    Ed  infatti,  in questo caso, l'ambito materiale non potrebbe che
essere  quello  della  «tutela  della  salute»  su  cui la competenza
statale deve limitarsi alla determinazione dei principi fondamentali.
Al  contrario,  la disciplina prevista dall'art. 1 della legge n. 120
e'  estremamente  dettagliata e minuziosa non lasciando alcun margine
discrezionale all'ente regionale.
    2.2. - A seguito della Riforma del 2001, le regioni sono divenute
titolari  in  materia  di  una competenza legislativa concorrente dai
confini  piu' ampi rispetto a quella assicurata dal testo antecedente
dell'art. 117  Cost,  come  piu'  volte  ribadito  da codesta ecc. ma
Corte, a partire dalla gia' citata pronuncia n. 510 del 2002.
    Nella  sentenza  n. 181  del  2006 si legge che «il «nuovo quadro
costituzionale»  ... e', tra l'altro, caratterizzato dall'inserimento
nell'ambito   della  legislazione  concorrente  ...  anzitutto  della
materia  «tutela  della  salute»,  assai  piu'  ampia  rispetto  alla
precedente materia «assistenza sanitaria ospedaliera» (v. anche Corte
cost.,  n. 270 del 2005, ivi richiamata). «Versandosi in materia...di
competenza legislativa ripartita tra Stato e regioni, spetta al primo
la  fissazione dei principi fondamentali, mentre alle seconde compete
dettare  la  disciplina  attuativa di tali principi con l'autonomia e
l'autodeterminazione  che,  nel  disegno costituzionale, ad esse sono
state riconosciute».
    Nelle  ultimissime  pronunce  tale  principio e' stato piu' volte
ribadito:  nella  sentenza  n. 105  del  2007  (ma  si  veda anche la
successiva  n. 162  del  2007)  la Corte «ha precisato che la materia
della  sanita',  dopo  la  riforma  del Titolo V della Parte II della
costituzione, ricomprende sia la tutela della salute, che assume oggi
un   significato   piu'   ampio   rispetto  alla  precedente  materia
dell'assistenza   sanitaria   e   ospedaliera,  sia  l'organizzazione
sanitaria  in  senso stretto, nella quale le Regioni possono adottare
una disciplina anche sostitutiva di quella statale».
    Anche   la   giurisprudenza  amministrativa  e'  intervenuta  per
distinguere   nettamente   i   poteri  statali  da  quelli  regionali
all'interno  della  materia  «tutela  della  salute»:  «in materia di
organizzazione  degli  strumenti  di  tutela della salute, l'art. 117
commi  2 e 3, cost., dispone una suddivisione dei compiti legislativi
(ed  amministrativi) tra lo Stato e le regioni nel senso che al primo
e'  attribuita  quella  competenza  che  garantisce  il  valore della
solidarieta'   e  dell'uguaglianza  generali  con  l'indicazione  dei
livelli  minimi  di prestazione sociale, e alle seconde la competenza
concorrente   sull'organizzazione   dei  servizi,  sulla  scorta  dei
principi  fondamentali  fissati  dalla legislazione statale» (C.d.S.,
sez.  IV,  n. 398  del  2004).  Sulla  stessa  lunghezza d'onda e' la
sentenza  Tribunale  amministrativo regionale Lazio, sez. n. 6252 del
2002:  «alle  Regioni  ...  invece,  e'  attribuita  la  potesta'  di
provvedere  non  gia'  alla minima uniformita' garantita - che spetta
alla  legislazione  statale esclusiva - bensi', ed in concorso con lo
Stato,  all'approntamento  delle  misure  occorrenti che attualizzano
l'obbligo  assunto  con  i  cittadini,  all'uopo  tenendo conto delle
proprie specificita' territoriali e locali».
    2.3.  -  Proprio  alla  luce di questa consolidata ampiezza della
materia  concorrente «tutela della salute», non e' da escludere che i
diversi  punti  disciplinati  dalla legge n. 120/2007, che si ricorda
reca  «Disposizioni  in  materia  di  attivita'  libero-professionale
intramuraria  e  altre  norme in materia sanitaria», e in particolare
quelli disciplinati dall'articolo 1 che col presente atto si impugna,
possano  essere  tutti  ricondotti  sotto  questo  specifico ed unico
ambito competenziale.
    Cio'  tuttavia non salverebbe l'articolo 1 della legge n. 120 del
2007  dalla  dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale perche'
nessuna  delle  disposizioni  in esso contenute e' configurabile come
«principio fondamentale».
    2.4.  - Come gia' piu' volte ricordato, con la Riforma del Titolo
V  del  2001,  nel  settore sanitario spetta allo Stato (ex art. 117,
comma   2,   lett.   m)   assicurare  una  unita'  di  trattamento  e
l'essenzialita'  delle  prestazioni  sanitarie su tutto il territorio
nazionale   (LEA),   e  l'individuazione  dei  principi  fondamentali
all'interno del nuovo e piu' ampio ambito competenziale della «tutela
della  salute»:  in riferimento a quest'ultimo tipo di intervento, lo
Stato  deve  quindi predisporre un quadro normativo di base capace di
assicurare   un   indirizzo   generale   alle  diverse  Regioni  che,
nell'ambito    del   relativo   territorio,   potranno   disciplinare
l'organizzazione  e  la fornitura dei servizi sanitari in autonomia e
nel rispetto di tali principi fondamentali statali.
    Questa  fluidita'  del  rapporto  tra  Stato  e regioni in ambito
sanitario  emerge anche da quanto affermato dal Consiglio di Stato in
sede  consultiva, secondo il quale «nel nuovo sistema di legislazione
concorrente  spetta, invero, allo Stato solo il potere di determinare
i   tratti   della  disciplina  che  richiedono,  per  gli  interessi
indivisibili   da  realizzare,  un  assetto  unitario  (i  cosiddetti
principi fondamentali). Va riconosciuto, invece, alla legge regionale
...  il  compito  di  dare  vita  a  discipline  diversificate che si
innestino  nel  tronco  dell'assetto  unitario  espresso a livello di
principi  fondamentali»  (C.d.S.,  Adun. gen., parere 11 aprile 2002,
n. 1/2002).
    Sulla  forza  normativa  dei  principi  fondamentali torna ancora
utile  citare  la sentenza n. 181 del 2006 dove codesta ecc.ma Corte,
richiamando  una  sua  pronuncia  precedente,  la n. 390 del 2004, ha
affermato  che  «il  rapporto  tra  norma  "di principio" e norma "di
dettaglio"  deve  essere inteso nel senso che l'una "puo' prescrivere
criteri    (...)   ed   obiettivi"»,   all'altra   invece   spettando
l'individuazione   degli   «strumenti   concreti  da  utilizzare  per
raggiungere  quegli  obiettivi».  Ed  e'  esattamente  cio' che si e'
verificato  nel  caso  di  specie  dove  la  norma statale ha fissato
l'obiettivo   della   designazione   del  direttore  della  struttura
sanitaria  attraverso  una  valutazione  comparativa  di  una rosa di
candidati  selezionati  da apposita commissione, e la norma regionale
ha  determinato,  invece,  «solo  le  modalita' di formazione di tale
rosa».
    Puo'   essere   ancora   utile,   sulla   portata  dei  «principi
fondamentali» quanto affermato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza
n. 279 del 2005: qui si trattava di distinguere la competenza statale
(esclusiva  ex  art. 117,  comma 2,  lett.  n)  in  materia di «norme
generali  sull'istruzione»  da quella (concorrente ex art. 117, comma
3)  e  limitata alla determinazione dei principi fondamentali. Ebbene
la  Corte  ha  affermato  che  «le  norme  generali  cosi'  intese si
differenziano,   nell'ambito   della  stessa  materia,  dai  principi
fondamentali   i  quali,  pur  sorretti  da  esigenze  unitarie,  non
esauriscono   in  se  stessi  la  loro  operativita',  ma  informano,
diversamente dalle prime, altre norme, piu' o meno numerose».
    2.5.   -   Alla   luce  delle  caratteristiche  che,  secondo  la
giurisprudenza   costituzionale,   i   principi  fondamentali  devono
possedere,  e  considerato  che  essi  rappresentano  l'unica  via di
legittimazione  dell'intervento  statale  nelle  materie  di potesta'
concorrente,  e'  del  tutto  evidente  che  le  previsioni contenute
nell'art. 1, e qui impugnate, siano ben lontane dal configurarsi come
tali, e quindi sono costituzionalmente illegittime.
    Ed  infatti, l'art. 1, comma 1 della legge n. 120 del 2007 impone
di  completate  le  opere  di ristrutturazione edilizia per garantire
l'esercizio   dell'attivita'   libero-professionale,  sotto  pena  di
risoluzione degli accordi di programma e, il seguente comma 2, impone
a  tal  fine il termine perentorio del 31 gennaio 2009). La normativa
qui  impugnata  impone  altresi'  (al  comma  3, art. 1) che anche il
collaudo degli interventi di ristrutturazione edilizia sia conseguito
dalle  Regioni  entro  il  termine  del  31  gennaio  2009, a pena di
risoluzione  degli  accordi di programma per il finanziamento statale
alle Regioni. E' quindi previsto, ove ne sia dimostrata la necessita'
e   nell'ambito   delle   risorse  disponibili,  la  possibilita'  di
acquisizione    di   spazi   ambulatoriali   esterni,   aziendali   e
pluridisciplinari, per l'esercizio di attivita' sia istituzionali sia
in  regime  di libera professione intramuraria, i quali corrispondano
ai criteri di' congruita' e idoneita' per l'esercizio delle attivita'
medesime:  di  tale  acquisizione  ne  vengono precisate le modalita'
possibili (acquisto, locazione, stipula di convenzioni)
    Inoltre, la legge prescrive che le Regioni e le Province autonome
di  Trento  e  di  Bolzano  devono garantire che le aziende sanitarie
locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie,
i  policlinici universitari a gestione diretta e gli IRCCS di diritto
pubblico   gestiscano,   con   integrale   responsabilita'   propria,
l'attivita' libero-professionale intramuraria, al fine di assicurarne
il   corretto  esercizio,  nel  rispetto  di  modalita',  secondo  un
analitico  elenco  di  modalita',  relative al personale aziendale da
impiegare,  alla  garanzia  della  riscossione degli onorari relativi
alle  prestazioni  erogate,  al  tariffario  dei  professionisti,  al
monitoraggio  aziendale dei tempi di attesa delle prestazioni erogate
nell'ambito  dell'attivita'  istituzionale,  alla  prevenzione  delle
situazioni   che   determinano  un  conflitto  di  interessi  e  alla
fissazione  delle  sanzioni disciplinari e dei rimedi da applicare in
caso   di   inosservanza   delle  relative  disposizioni,  anche  con
riferimento  all'accertamento  delle  responsabilita'  dei  direttori
generali per omessa vigilanza, o ancora, ai tempi di erogazione delle
prestazioni  nell'ambito  dell'attivita' istituzionale e in regime di
libera professione intramuraria.
    L'art. 1,  comma  5,  impone  ai  soggetti erogatori del Servizio
sanitario  nazionale  la  messa  a punto di un piano aziendale (a cui
dovra'  essere  data  adeguata pubblicita' secondo modalita' previste
dalla  stessa  norma  impugnata),  in  ordine, ai volumi di attivita'
istituzionale  e  di attivita' libero-professionale intramuraria, con
riferimento  alle  singole  unita' operative. I piani, secondo quanto
previsto  dal  comma  6,  devono  essere  presentati  alla  regione o
provincia  autonoma  competente  entro  quattro  mesi  dalla  data di
entrata  in  vigore  della  legge  qui  impugnata  ed entro un limite
massimo  di  tre  anni  dall'approvazione  del piano precedente. Alla
regione  o  provincia  autonoma  competente  che approvi il piano, e'
concesso di poter richiedere variazioni o chiarimenti, entro sessanta
giorni   dalla  presentazione.  In  tale  ultima  ipotesi  essi  sono
presentati   entro   sessanta  giorni  dalla  richiesta  medesima  ed
esaminati  dalla  regione  o  provincia  autonoma  entro i successivi
sessanta  giorni.  Subito dopo l'approvazione, la regione o provincia
autonoma  trasmette  il  piano  al  Ministero  della  salute. Decorsi
sessanta  giorni  dalla  trasmissione,  in assenza di osservazioni da
parte del Ministero della salute, i piani si intendono operativi.
    E'  inoltre  previsto  (al  comma 7) che le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano possano esercitare poteri sostitutivi
al fine di assicurare il rispetto delle previsioni di cui ai commi 1,
2,  4,  5  e  6  (precedentemente  richiamate), nell'ipotesi di grave
inadempienza,  dei  direttori  generali delle aziende, policlinici ed
istituti di cui al comma 5.
    Qualora  la  nomina  dei  direttori  generali suddetti competa ad
organi   statali,  questi  ultimi  provvedono  alla  destituzione  su
richiesta  della  regione  o  della  provincia  autonoma.  In caso di
mancato  adempimento  degli  obblighi  a carico delle regioni e delle
province  autonome  di  cui  al presente comma, il comma 7 dispone la
preclusione   all'accesso  ai  finanziamenti  a  carico  dello  Stato
integrativi  rispetto  ai  livelli  di  disavanzo  previsti,  di  cui
all'accordo sancito l'8 agosto 2001 dalla Conferenza permanente per i
rapporti  tra  Io  Stato.  La  legge  prevede  quindi  che il Governo
eserciti i poteri sostitutivi in caso di inadempimento da parte delle
regioni  o  delle  province  autonome,  anche  con  riferimento  alla
destituzione dei dirigenti delle strutture sanitarie. Viene poi fatto
obbligo  (nel comma 8) alle regioni e province autonome a trasmettere
al  Ministro  della  salute  una  relazione sullo stato di attuazione
delle  attivita'  imposte  dalla  stessa  legge  n. 120,  con cadenza
trimestrale  fino  al  conseguimento effettivo, da parte della stessa
del  definitivo  passaggio  al  regime  ordinario di cui al comma 2 e
successivamente con cadenza annuale.
    Il  comma  9  indica  addirittura  gli  spazi  in cui l'attivita'
libero-professionale   intramuraria  possa  svolgersi  prevedendo  la
possibilita',  esclusivamente  per  l'attivita' clinica e diagnostica
ambulatoriale,  di  utilizzare  gli  spazi e le attrezzature dedicati
all'attivita'      istituzionale      anche      per      l'attivita'
libero-professionale   intramuraria,  dovendosi  pero'  garantire  la
separazione  delle  attivita'  in  termini  di  orari, prenotazioni e
modalita' di riscossione dei pagamenti.
    Inoltre,   il  comma  10  dispone  che  le  convenzioni  relative
all'acquisizione  di strutture idonee allo svolgimento dell'attivita'
libero-professionale  intramuraria,  sono autorizzate dalle Regioni e
dalle  Province  autonome  di  Trento  e  di'  Bolzano per il periodo
necessario al completamento degli interventi strutturali necessari ad
assicurare     l'esercizio     dell'attivita'    libero-professionale
intramuraria e comunque non oltre il termine del 31 gennaio 2009.
    Il  comma  11  dispone  sull'attivita'  del Collegio di direzione
(previsto  dall'articolo  17 del d.lgs. n. 502 del 1992, e successive
modificazioni), o, qualora esso non sia costituito, della commissione
paritetica  di  sanitari prevista dal comma 4 dell'art. 1 della legge
120  qui impugnata, assegnando il compito di dirimere le vertenze dei
dirigenti   sanitari  in  ordine  all'attivita'  libero-professionale
intramuraria.
    Il  comma  12 prescrive che le Regioni e le Province autonome di'
Trento  e di Bolzano dovranno definire una specifica regolamentazione
per   l'effettuazione   delle   prestazioni   veterinarie  in  regime
libero-professionale  in  ambito  intramurario da parte dei dirigenti
veterinari  del Servizio sanitario nazionale, in considerazione della
particolare tipologia e modalita' delle stesse.
    E'  prevista  (dal  comma  13)  l'attivazione  di un Osservatorio
nazionale  sullo  stato  di  attuazione dei programmi di' adeguamento
degli  ospedali  e  sul  funzionamento  dei meccanismi di controllo a
livello regionale e aziendale entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore della legge e quindi entro il 7 novembre 2007.
    Infine  il comma 14 dispone che in ogni caso l'applicazione della
disciplina  recata  non  dovra'  far nascere nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
    Si   tratta   di   una  normativa  che  non  lascia  autonomia  e
discrezionalita'  alle  regioni in ambiti di competenza propri e che,
per  l'analiticita' e il livello di dettaglio che essa reca, non puo'
essere in alcun modo riconducibile a principi fondamentali.
    In    conclusione,    non    possono   sussistere   dubbi   sulla
riconducibilita'  della  materia  su  cui incide l'art. 1 della legge
n. 120  del  2007  ad ambiti propri delle regioni. Si puo' discutere,
invece,  se  tale  ambito ricada nella competenza regionale esclusiva
ovvero  in  quella  concorrente.  In  entrambi  i  casi  l'art. 1 qui
impugnato e' costituzionalmente illegittimo: nel primo, infatti, esso
certamente  non  si  configura  come livello essenziale di assistenza
(LEA); nel secondo, altrettanto certamente, non costituisce principio
fondamentale.