IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa civile recante
il  numero  di  RG.  16576/2005, promossa da Condominio di via Suardi
n. 16  -  Busalla,  in  persona  del  suo amministratore pro tempore,
elettivamente  domiciliato  in  Busalla,  via Milano, 18/2, presso la
persona  e  lo studio dell'avvocato Alessandra Pinacci dalla quale e'
rappresentato  e  difeso  nel presente giudizio per procura a margine
del  ricorso  ex  art. 703 c.p.c. datato 10 febbraio 2005; cancellata
volontariamente  dall'Albo  avvocati  di  Genova  in data 7 settembre
2006, ricorrente;
    Contro  Societa' Mariuccia s.s. di Galvani Pietro & C. in persona
del   procuratore   speciale  arch.  Roberto  Galvani,  elettivamente
domiciliato  in  Genova, via Assarotti n. 15/13B, presso la persona e
lo  studio dell'avvocato Luca Balbi, che la rappresenta e difende nel
presente  giudizio per procura in calce alla memoria di costituzione,
resistente.
          Premessa in fatto sullo svolgimento del processo
    Con  ricorso depositato in data 10 febbraio 2005 il Condominio di
via  Suardi  n. 16  in  Busalla,  in  persona del suo amministratore,
chiedeva,  nel  corso  di  giudizio petitorio (instaurato con atto di
citazione  notificato  in  data 5 agosto 2004), di essere reintegrato
nel  possesso  di un passo pedonale e carrabile, situato nel distacco
laterale   adiacente   all'edificio  condominiale,  che  i  condomini
avrebbero   sempre   esercitato,   in   modo  esclusivo,  pacifico  e
indisturbato e che, gia' prima dell'inizio del giudizio petitorio, la
societa'   Mariuccia   s.s.   di   Galvani   Pietro   -   nell'aprile
dell'anno 2004   -  aveva  nottetempo  intralciato  fino  a  renderlo
impercorribile, collocandovi dei dissuasori in cemento.
    Instaurato il contraddittorio in quella sede il giudice, ritenuto
che,  ai  sensi  dell'art. 704,  primo  comma  c.p.c., possano essere
proposte  davanti  al  giudice  del  giudizio  petitorio  soltanto le
domande  relative  al  possesso  per  fatti  che avvengono durante la
pendenza  di  tale  giudizio, dichiarava la propria incompetenza e la
competenza del giudice designato ex art. 703 c.p.c.
    Con  ricorso  in  riassunzione depositato il 10 dicembre 2005, il
condominio  riproponeva la stessa domanda davanti al giudicante e nel
nuovo  giudizio  si  costituiva  la  societa'  convenuta chiedendo la
reiezione   del   ricorso  per  ragioni  di  rito  (inammissibilita',
decadenza) e di merito (insussistenza della situaziolie possessoria).
    Con  ordinanza  11  gennaio  2006,  il giudicante ritenuto che la
proposizione  del  ricorso  a  tutela  del  possesso  al  giudice del
petitorio  (errata,  ai  sensi  dell'art. 704,  primo  comma  c.p.c.,
perche'  non  attinente  a fatti avvenuti durante la pendenza di quel
giudizio),  non  dava luogo a declaratoria di incompetenza (se non in
senso  assai improprio) bensi' di inammissibilita' (per il divieto di
gravare  il  giudizio della istruttoria su fatti che dovevano restare
estranei)  e  che  la  riassunzione non poteva aver luogo al di fuori
delle  ipotesi  tassative nelle quali essa e' preveduta nel codice di
rito  (artt. 303, 38, 39 e 40, c.p.c.); che dunque il ricorso avrebbe
dovuto  essere nuovamente proposto sempre nel termine decadenziale di
un  anno  dal  denunciato  spoglio,  termine nel caso di specie ormai
decorso (dissuasori posti nel mese di aprile 2004, ricorso depositato
il   4 dicembre   2005),   respingeva   l'istanza   di  provvedimento
interdittale, disponendo il passaggio della causa alla fase di merito
e  fissando l'udienza del 28 settembre 2006 per la precisazione delle
conclusioni.
    In  tale  udienza  compariva  soltanto  la  parte  convenuta.  Si
apprendeva  successivamente  che il patrono di parte ricorrente, avv.
Alessandra  Pinacci,  in  data antecedente (7 settembre 2006), dunque
prima  dell'udienza fissata per la precisazione delle conclusioni, si
era  volontariamente  cancellata  dall'Albo degli avvocati di Genova,
come  risulta  dal  fax  di  conferma del Consiglio dell'Ordine degli
avvocati di Genova in data 21 febbraio 2007.
    E' questo il punto sul quale si innesta la presente questione per
il  controllo  della legittimita' costituzionale dell'art. 301, primo
comma c.p.c.
Non  manifesta  infondatezza  della  questione  di  costituzionalita'
dell'art. 301, primo comma codice procedura civile.
    La  giurisprudenza  consolidata  della  S.C.  non  ricollega alla
cancellazione  volontaria  dall'albo  del  procuratore costituito gli
stessi  effetti  che il primo comma dell'art. 301 c.p.c. ricollega ai
fatti  di  morte,  radiazione o sospensione [Cass., sez. I, 24 giugno
2003, n. 10001, sez. lav. 27 aprile 2004, n. 8054, sez. II, 23 maggio
2000,  n. 6684;  sez.  II,  27  novembre  1999, n. 13282; sez. II, 20
gennaio  1998,  n. 15;  sez.  II, 14 febbraio 1994, n. 10693; sez. I,
19 agosto  1993, n. 8783; sez. II, 13 giugno 1992, n. 7282; sez. III,
10   luglio  1991,  n. 7670;  sez.  II,  25  agosto  1986,  n. 5161),
ritenendola  non  assimilabile  alle  ipotesi tassativamente previste
dalla  citata  norma,  tutte  costituite da eventi indipendenti dalla
volonta'  del  professionista  o del cliente, e assimilabile invece a
quelle  (revoca della procura o rinunzia ad essa) riconducibili ad un
comportamento  volontario,  cui  il  terzo  comma  dell'art. 301  non
attribuisce efficacia interruttiva.
    L'indirizzo  e'  contrastato (nella giurisprudenza amministrativa
da  alcune  sentenze  dei Tribunale amministrativo regionale e da una
sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 3 novembre 2000, n. 5899) da
alcune  sentenze  di  giudici di merito (Trib. Roma 4 dicembre 2001 e
Trib.  Udine 29  maggio  1995)  e  da  una  sentenza  della  Corte di
cassazione   (Cass.   n. 12294/2001).   Gli   argomenti   addotti  in
quest'ultima sentenza meritano attenta considerazione:
        a) ancorche'  il  conferimento  al  difensore  del  potere di
rappresentare  la parte in giudizio integri sostanzialmente la figura
del  mandato con rappresentanza, la particolarita' di questo rapporto
e'  costituita  dal  fatto che i poteri del difensore, piu' che dalla
volonta' del mandante, sono determinati dalla legge.
    L'art. 82,  terzo  comma,  c.p.c.  impone  alle parti di stare in
giudizio  col  ministero  di  un  procuratore  legalmente esercente e
l'art. 1 della legge professionale (r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578)
vieta,  prevedendo  per  la violazione di questa norma anche sanzioni
penali, l'esercizio delle funzioni di avvocato o di procuratore a chi
non  sia  iscritto  all'albo professionale. Le norme che disciplinano
l'esercizio  della  professione  di  avvocato  e procuratore, e anche
quelle  che  riguardano  la  perdita dello ius postulandi per effetto
della  cancellazione dall'albo, sono di ordine pubblico e gli effetti
di   inesistenza  degli  atti  posti  in  essere  dal  medesimo  sono
rilevabili  d'ufficio  in  ogni stato e grado del processo e non sono
sanabili   per   effetto  della  costituzione  e  della  acquiescenza
dell'altra parte.
        b) E'  netta  la  diversita'  tra  le  ipotesi esplicitamente
disciplinate  nel  primo  e nel terzo comma dell'art. 301 c.p.c.: nel
primo  comma sono inclusi eventi (morte, radiazione o sospensione del
procuratore)  che,  attenendo  allo ius postulandi, impediscono, anzi
rendono illegittimo, l'esercizio della rappresentanza processuale, la
quale  richiede  -  necessariamente - l'iscrizione nei relativi albi;
nel   terzo   comma,  invece,  sono  menzionati,  per  una  esplicita
esclusione  dalle cause di interruzione, quei fatti volontari (revoca
della  procura  o  rinuncia  ad  essa)  relativi allo svolgimento del
rapporto  privatistico  (di  mandato)  intercorrente  tra difensore e
parte.
    Essendo  cosi' caratterizzate le fattispecie di cui al primo e al
terzo  comma  dell'art. 301  c.p.c.,  la  cancellazione,  anche  c.d.
«volontaria»,   non  puo'  rientrare  tra  i  fatti  che  incidono  e
eclusivamente  sul  rapporto  privatistico,  inerendo invece anche al
munus publicum, che consente il legittimo esercizio della professione
forense.
        c) Nella  prima  ipotesi,  si  tratta di fatti non imputabili
alla  parte, tali da impedire la prosecuzione del processo, che viene
quindi  interrotto;  nella seconda, questa conseguenza non si produce
in  quanto  la  revoca o la rinuncia alla procura, pur essendo sempre
consentite, non hanno effetto nei confronti dell'altra parte, a norma
dell'art. 85  c.p.c.,  finche'  non  sia avvenuta la sostituzione del
difensore.
    Netta   e'   la  differenza  tra  i  due  ordini  di  avvenimenti
riconducibili al primo ed al terzo comma dell'art. 301 c.p.c.: quelli
di  cui  al  primo  comma  eliminano  in  radice  la  presenza  di un
difensore,  quelli  di  cui  al  terzo comma interrompono il rapporto
professionale cliente-difensore, ma quest'ultimo mantiene in pieno la
propria qualificazione ed attitudine defensionale.
    Non  si  possono  parificare  cause di estinzione del rapporto di
procura  che  lasciano  intatto  lo ius postulandi con quelle che ope
legis  fanno  cessare  tale  diritto,  anzi  ne  rendono  illegittimo
l'esercizio.
        d) La  ratio  delle  norme  stabilite dagli art. 85 (revoca e
rinuncia  alla  procura  non  hanno  effetto nei confronti dell'altra
parte  finche' non sia avvenuta la sostituzione del difensore) e 301,
terzo comma c.p.c. (revoca e rinunzia non sono causa di interruzione)
-  quella  di  impedire  che lo svolgimento del processo possa essere
intenzionalmente  paralizzato  in  danno  della  parte  avversaria  -
esclude  l'assimilabilita' della cancellazione dall'albo alle ipotesi
della  revoca  o  della  rinunzia alla procura: la finalita' di fatti
volontari  della  parte  o  del  procuratore  (quali  la  revoca e la
rinunzia), suscettibili, con opportuna regia, di determinare una vera
e  propria  paralisi  processuale  con lesione della effettivita' del
diritto  di  difesa  dell'altra  a  parte  non e' ipotizzabile per la
cancellazione  volontaria  dall'albo,  essendo  ben  difficile che un
cosi' penetrante evento che comporta la perdita dello jus postulandi,
possa  essere  consentito  da  un  difensore, strumentalmente, a fini
meramente dilatori, nell'interesse della parte.
    Cosi' la sentenza n. 12294/2001 della Corte di cassazione.
    Ove   tuttavia  si  consideri  che  la  cancellazione  volontaria
dall'albo puo' essere seguita da una reiscrizione (non impedita dalla
legge  professionale)  non  condizionata  neppure  al  decorso  di un
periodo  minimo  di  tempo,  i  seri  e  fondati argomenti della sola
sentenza della S.C. che non segue l'orientamento tradizionale perdono
parte   del  loro  mordente:  per  cui  la  cancellazione  volontaria
dall'albo  non  pare  assimilabile  ne'  agli  eventi di cui al primo
comma, ne' a quelli di cui al terzo comma dell'art. 301 c.p.c.
    Non  potendo  dichiararsi  la  interruzione del processo, in casi
come  quello  di  specie,  si  verifica  pero'  un  vuoto  nello  ius
postulandi  della  parte rimasta piva di difensore, e un vulnus anche
per  l'altra  parte  che  non  potrebbe, a rigore (nonostante isolate
pronunce  in  contrario), effettuare le (piu' facili) notificazioni e
comunicazioni  al  procuratore  costituito  ai  sensi  dell' art. 170
c.p.c. e delle altre norme di rito che cio' prevedono.
    Il possibile pregiudizio per entrambe le parti dovrebbe integrare
un motivo di interruzione del processo.
    Non   pare   allora   manifestamente   infondato  prospettare  la
illegittimita'  costituzionale dell'art. 301, primo comma c.p.c., per
violazione   dell'art. 24,  secondo  comma  della  Costituzione  (che
sancisce il principio di inviolabilita' del diritto di difesa in ogni
stato  e  grado  del  procedimento),  in  quanto non contempla tra le
ipotesi  di  interruzione del processo, accanto a quelle della morte,
radiazione   o   sospensione  del  procuratore,  anche  quella  della
cancellazione volontaria di quest'ultimo.

                      Rilevanza della questione

    La  questione e' rilevante poiche' dalla sua soluzione dipende se
debba  o  non debba essere dichiarata l'interruzione del processo per
consentire  alla parte rimasta priva del difensore di costituirsi, se
lo  ritiene,  con  il  patrocinio  di  nuovo  procuratore  legalmente
esercente.