IL GIUDICE DI PACE A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 5 marzo 2008; esaminati gli atti; sentite le parti; O s s e r v a 1. - In fatto. Per ottenere il risarcimento dei danni sofferti a seguito di un recente sinistro stradale, Randello Melo ha attivato la procedura prevista dall'art. 149 del Codice delle Assicurazioni, convenendo in giudizio la propria compagnia assicurativa (l'Aurora Assicurazioni S.p.A.) ed il responsabile civile (il proprietario dell'altro veicolo coinvolto nel sinistro, tale Randello Rosa Carmela). Costituendosi in giudizio, la convenuta Randello Rosa Carmela ha eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 149, d.lgs. n. 209/2005, per violazione degli artt. 3, 24 e 76 Cost. 2. - In diritto. Non manifesta infondatezza della questione. La questione non appare manifestamente infondata, sotto diversi profili. Testualmente, il sesto comma dell'art. 149 del Codice delle Assicurazioni prevede che, qualora non si raggiunga un accordo, il danneggiato possa proporre «l'azione diretta di cui all'articolo 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione». A) Gli artt. 149 e 150 del Codice delle Assicurazioni offrono seri spunti di incostituzionalita', sotto il profilo dell'eccesso di delega e del contrasto con la normativa comunitaria. Si deduce, in relazione al superamento dei limiti che legittimano il processo formativo della delega, la violazione dell'art. 76 della Costituzione (cfr. Corte cost. 26 gennaio 1957 n. 3, Corte cost. 10 febbraio 1981 n. 12, Corte cost. 1964 n. 57, in tema di T.U. sulla circolazione stradale, nonche' Corte cost. 8 febbraio 1001 n. 68, in tema di necessaria puntualizzazione di principi e criteri direttivi da parte della legge delega). Come correttamente evidenziato dal procuratore della convenuta Randello Rosa Carmela, il combinato disposto degli artt. 20 legge n. 59/1997 e 4, legge n. 229/2003 (la legge delega) avrebbe imposto che venisse acquisito il parere preventivo del Consiglio di Stato. Di fatto, l'organo di consulenza si e', invece, espresso unicamente in data 14 febbraio 2005 su di uno schema di codice parzialmente diverso, che conteneva soltanto la disciplina regolata dall'art. 144, primo e secondo comma del T.U. (che prevede l'esercizio dell'azione diretta nei confronti dell'assicuratore del responsabile), mentre non figuravano gli articoli 149 e 150 sul risarcimento diretto, ne il terzo comma dell'art. 141 del C.d.A. sul «risarcimento trasportato», introdotti dal Governo due mesi e mezzo dopo, in assenza di delega e senza interpellare il Consiglio di Stato. In secondo luogo, il potere normativo delegato era stato conferito all'unico fine di riordinare ed annonizzare le disposizioni vigenti in tema di r.c.a., non per apportare delle innovazioni cosi' profonde come le procedure di risarcimento diretto e la nuova disciplina processuale, tali da stravolgere i piu' consolidati principi generali del settore. Ancora, le norme che introducono una procedura speciale a contraddittorio non integro violano due principi della delega, quelli enunciati nell'art. 4 lettere a) e b) della legge n. 229 del 29 luglio 2003. Risulta in particolare violato il principio indicato nella lettera a) del citato art. 4, in quanto le norme in deroga ai principi dell'azione diretta a litisconsorzio integro sono in evidente contrasto con il principio generale di adeguamento alle disposizioni comunitarie, con espresso riferimento alle cinque vigenti direttive europee in materia di RCA. Si tratta della prima direttiva, la n. 72/166 CE, che gia' prevedeva il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri con la previsione di assicurazione obbligatoria della RCA e dell'azione diretta verso l'assicuratore del responsabile civile; della seconda direttiva, la n. 84/5 CE; della terza direttiva, la n. 90/232 CE; della quarta direttiva, la n. 2000/26 CE; della quinta direttiva, la n. 2005/14 CE, che modifica tutte le precedenti ed e' in vigore dal 16 giugno 2005 con termine per l'attuazione all'11 giugno 2007. Orbene, l'art. 149 del Codice delle Assicurazioni prevede una procedura speciale a litisconsorzio limitato, che intende escludere una delle due imprese interessate e comunque il responsabile civile ed il conducente antagonista. Il principio generale desumibile dalle direttive citate, di cui le prime quattro vigenti al tempo della codificazione e dal ventunesimo considerando della quinta direttiva, che espressamente richiama la quarta (vigente al tempo della codificazione), e' che l'azione diretta contro l'assicuratore del responsabile civile e' a litisconsorzio integro, nel senso che prendono parte al giudizio tutti i soggetti interessati: il danneggiato, il conducente responsabile o i conducenti coinvolti nello scontro, nonche' le rispettive assicurazioni, in relazione al fatto illecito della circolazione da accertarsi in comunanza di causa. In diritto. Rilevanza della questione per il giudizio in corso. La rilevanza della questione consiste nel fatto che l'insieme delle direttive europee impongono che il contraddittorio sia integro; sul punto, e' particolarmente esplicita la quinta direttiva. Questo principio non e' stato preso in considerazione neppure dal decreto legislativo n. 198 del 6 novembre 2007, emanato in «attuazione della direttiva 2005/14/CE che modifica le direttive 72/166/CE, 84 maggio CE, 88/357/CE, 90/232/CE e 2000/26/CE, sull'assicurazione della responsabilita' civile risultante dalla circolazione di autoveicoli». La previsione dell'art. 149 sesto comma del Codice delle Assicurazioni non puo' che determinare, quindi, la violazione del Trattato istitutivo della Comunita' economica europea, reso esecutivo con legge 14 ottobre 1957, n. 1203, e la conseguente condanna dello Stato italiano. Il contrasto appare evidente, con conseguente violazione dell'art. 76 Cost. (per eccesso di delega) e dell'art. 11 Cost. (per il venir meno agli impegni internazionali). Le cinque direttive comunitarie in materia r.c.a. sono, infatti, norme di fonte sopranazionale. Da ultimo, non appare ultroneo porre in evidenza come l'auspicabile accoglimento dell'eccezione avrebbe delle inevitabili ricadute strutturali sul giudizio in corso, giacche' permetterebbe la partecipazione del responsabile civile e/o della propria impresa di assicurazione, garantendo un maggiore approfondimento della vicenda e determinando, verosimilmente, un esito diverso e piu' corretto della controversia. Risulta, altresi', violato il principio di cui alla lettera b) dell'art. 4, con riferimento alla tutela dei consumatori (e tale e', per il legislatore delegante, l'assicurato quale persona fisica nei confronti dell'imprenditore assicuratore) ed alla tutela dei contraenti deboli (e tale e', sempre per il legislatore delegante, il danneggiato in generale), con particolare riferimento al processo di liquidazione dei sinistri, ivi compresi gli aspetti strutturali del servizio. La violazione del principio si prospetta come un vero e proprio indebolimento della tutela: a) del danneggiato, quale parte debole, che si trova escluso dal beneficio della solidarieta' tra condebitori, ed ha per contraddittore una parte forte, anomala, ovverosia il proprio assicuratore, che potrebbe avere interesse a non risarcirlo; b) dell'assicurato responsabile civile, che vede escluso dal contraddittorio se stesso e la propria impresa di assicurazione, mentre ha interesse non solo a divenire parte del giudizio risarcitorio, ma anche a coinvolgervi il proprio assicuratore. In diritto. Rilevanza della questione per il giudizio in corso. La rilevanza ai fini del decidere deriva dal fatto che la disciplina del Codice delle Assicurazioni conteneva gia' un rimedio compatibile con i principi ed i criteri dettati dalla legge delega. La decisione si sarebbe basata su un altro corso procedurale regolato dall'art. 144, primo e terzo comma, del Codice delle Assicurazioni, oppure si sarebbe fondata sull'azione prevista dall'art. 2054 c.c. Anche sotto questo profilo, l'auspicabile accoglimento dell'eccezione avrebbe delle inevitabili ricadute strutturali sul giudizio in corso, giacche' permetterebbe la partecipazione del responsabile civile c/o della propria impresa di assicurazione, garantendo un maggiore approfondimento della vicenda e determinando, verosimilmente, un esito diverso e piu' corretto della controversia. B) La procedura speciale in deroga, nella norma richiamata, e' una procedura semplificata per il contraddittorio, con effetti lesivi delle posizioni soggettive del danneggiato e del responsabile civile. Il secondo profilo di illegittimita' della procedura, contenuta nell'art. 149 sesto comma del Codice delle Assicurazioni, attiene al contrasto con le regole del giusto processo civile, di cui al primo ed al secondo comma dell'art. 111 della Costituzione: il giusto processo civile si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parita', davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Un processo a contraddittorio non integro e' sicuramente un ingiusto processo, ed indubbiamente non in condizioni di parita' tra le parti, posto che la parte pretermessa non e' garantita, a fronte della prevedibile formazione di un giudicato con riflessi esterni. Le diverse limitazioni alle quali dovrebbe sottostare il danneggiato violano l'art. 111 Cost., che costituisce la norma quadro del giusto processo, sia in considerazione della palese disparita' di trattamento rispetto alle situazioni processuali analoghe, sia per l'impossibilita' di qualificare come «giusto» un processo dove una delle parti e' costretta a sopportare forti limitazioni nella possibilita' di provare le proprie ragioni. Consideriamo la posizione della vittima costretta, dalla chiara lettera della norma (ma il problema e' identico per l'applicazione dell'art 141, terzo comma, del t.u.) ad azionare le proprie pretese solo convenendo il proprio assicuratore: la procedura speciale sopprime l'azionabilita' di un diritto di credito ex delicto, in contrasto con l'art. 24 Cost. (che prevede un rimedio pieno per la lesione di ogni diritto) e con l'art. 111 Cost., giacche' modifica le regole del contraddittorio in relazione alla stessa struttura dell'illecito della circolazione (artt. 2043, 2054 c.c. e art. 144, primo e terzo comma del Codice delle Assicurazioni, tra di loro coordinati). In base ad un'interpretazione letterale, la norma sembrerebbe escludere la possibilita' di convenire in giudizio anche il presunto responsabile civile, incorrendo in una serie di censure di incostituzionalita'. L'azione di risarcimento diretto e' un rimedio minore rispetto a quello ordinario, che limita gravemente i diritti della difesa del danneggiato, il quale non puo' avvalersi dell'efficacia probatoria della risposta o della mancata risposta all'interrogatorio formale del conducente antagonista; il modulo a firma congiunta, sottoscritto ai sensi dell'art. 143, secondo comma, del Codice delle Assicurazioni assume un valore confessorio stragiudiziale non opponibile all'assicuratore in lite; non puo' essere deferito al conducente responsabile del sinistro giuramento suppletorio; se chiamato a deporre sui fatti, quale teste, l'assicuratore ne eccepira' l'inattendibilita' o l'inammissibilita' della escussione; la scelta del foro competente risulta limitata, se e' il proprio assicuratore l'unico soggetto che puo' essere convenuto. Ed ancora: le norme che prevedono la procedura speciale precludono l'azione promuovibile dalla vittima ai sensi dell'art. 2054 c.c., nel senso che una volta eletta la via della procedura speciale se ne devono osservare le regole in relazione al contraddittorio ed alla legittimazione passiva, e resta anche precluso il potere del giudice di ammettere iussu iudicis la chiamata in lite dell'impresa assicuratrice del responsabile civile. La stessa formazione della res iudicata puo' condurre ad un contrasto di giudicati nel caso in cui, parallelamente, il conducente vittima o il terzo trasportato sull'auto antagonista si avvalgano in via autonoma delle procedure semplificate, arrivando ad ottenere una decisione di segno difforme. La sequela delle anomalie processuali e sostanziali in questione pone in evidenza l'insufficienza del fine processuale, che dovrebbe essere quello di un pronto ristoro per la vittima, attraverso la semplificazione della procedura, proprio perche' la posizione dell'assicuratore del danneggiato non e' necessariamente di garanzia. Per altro verso, risultano palesemente ridotti i poteri di controllo del giudice, nel caso di un accordo sottostante tra le assicurazioni (di cui una sola presente in lite), o nel caso di un accordo tra le parti contrario ai principi della responsabilita' ex delicto. Non e' dunque certo che la vittima, costretta ad avvalersi della procedura speciale a litisconsorzio non integro, riceva adeguata protezione anche sul piano dell'esercizio dei mezzi di difesa e della presenza in lite di piu' solidali. Appare dunque evidente come il danneggiato, dovendosi avvalere di una procedura a litisconsorzio non integro, possa rimanere pregiudicato dall'assenza dei coobligati in solido. La soppressione della solidarieta' tra i condebitori solidali e' incostituzionale, sia sotto il profilo del rispetto del principio di uguaglianza, che non consente di giustificare la riduzione del numero dei soggetti nei confronti dei quali ha diritto di esercitare la propria pretesa ex art. 2055 c.c., sia sotto l'aspetto dell'incompatibilita' con i principi ed i criteri contenuti nella legge delega. Sussiste dunque l'evidente compressione dei principi del giusto processo civile e dell'utile esercizio di tutti i mezzi di difesa, e sussiste un'evidente irrazionalita' nelle scelte del legislatore, denunciabile ai sensi dell'art. 3 Cost.; il legislatore, infatti, modifica i principi europei dell'azione diretta e, innovando in deroga, inventa una sorta di arbitrato giudiziale dove il giudice ha funzioni notarili e dove il contraddittorio integro e' solo un elemento di disturbo. La procedura di risarcimento diretto sembrerebbe essere facoltativa, almeno secondo un'interpretazione testuale della norma. In caso contrario, le forti limitazioni al diritto di difesa del danneggiato apparirebbero ancor piu' gravi ed inaccettabili, giacche' egli non avrebbe nemmeno la facolta' di agire ex art. 144 cod. assic., ne' ex art. 2054 cod. civ. La sostanziale disuguaglianza, rispetto alle ipotesi in cui la procedura ex art. 149 non e' applicabile, assumerebbe contorni ancor piu' intollerabili. In diritto. Rilevanza della questione per il giudizio in corso. La rilevanza ai fini del decidere deriva dal fatto che la disciplina del Codice delle Assicurazioni conteneva gia' un rimedio. La decisione si sarebbe basata su un altro corso procedurale, regolato dall'art. 144, primo e terzo comma, del Codice delle Assicurazioni o dall'art. 2054 c.c. Anche sotto questo profilo, l'auspicabile accoglimento dell'eccezione avrebbe delle inevitabili ricadute strutturali sul giudizio in corso, giacche' permetterebbe la partecipazione del responsabile civile e/o della propria impresa di assicurazione, garantendo un maggiore approfondimento della vicenda e determinando, verosimilmente, un esito diverso e piu' corretto della controversia. C) Parimenti, considerando la posizione del responsabile civile e del suo assicuratore, pretermessi nelle procedure speciali, sussistono gli stessi dubbi di incostituzionalita'. In primo luogo, il responsabile civile non potrebbe esercitare il proprio diritto di difesa nell'ambito di un giudizio che, indirettamente, ne potrebbe intaccare la sfera patrimoniale. Si tenga infatti presente che, secondo la migliore dottrina, l'impresa del danneggiato parteciperebbe al giudizio quale mandataria ex lege dell'impresa del responsabile civile, senza rappresentanza. Successivamente, avrebbe facolta' di chiedere il rimborso delle somme versate al mandante, secondo il meccanismo della c.d. stanza di compensazione. L'assicuratore del responsabile civile, avendo soddisfatto il danneggiato, attiverebbe inevitabilmente quei meccanismi contrattuali (come la clausola bonus-malus), idonei ad incidere sulla determinazione dei premi futuri. E dunque il responsabile civile, pur non avendo partecipato al giudizio, ne risulterebbe gravemente pregiudicato sul piano patrimoniale. La violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione sarebbe eclatante. La violazione dell'art. 111 Cost. risulterebbe di ancor maggiore evidenza, nell'ipotesi in cui il responsabile civile intendesse agire a sua volta, deducendo la colpa esclusiva o concorrente del danneggiato. Il responsabile civile, non essendo parte del giudizio instaurato dal danneggiato contro la propria compagnia assicurativa, non potrebbe infatti spiegare alcuna domanda riconvenzionale, ma dovrebbe agire in via autonoma, convenendo il proprio assicuratore in un procedimento separato. Si creerebbero cosi' due cause simmetriche, che comporterebbero dei costi piu' elevati per le parti e per l'intera societa' e che, soprattutto, potrebbero dar luogo a giudicati contrastanti. La situazione, del tutto irragionevole, risulterebbe certamente del tutto lontana da quel modello di «giusto processo» voluto dal legislatore costituzionale del 2001. Ne', per smorzare le censure di incostituzionalita', sembra possibile ipotizzare il ricorso allo strumento della riunione dei processi, sia perche' si tratterebbe di un escamotage del tutto eventuale, sia perche' a rigore ciascun danneggiato non potrebbe comunque estendere la domanda contro l'altro, sia perche' le cause potrebbero essere iscritte a ruolo presso giudici territorialmente molto distanti, proprio a causa della riduzione dei fori alternativi, evidenziata in precedenza. C.1.) Anche qualora fosse possibile superare il dato testuale, permettendo al danneggiato di convenire in giudizio pure il responsabile civile, in conformita' ai principi generali, il sistema delineato dall'art. 149 cod. assic. non risulterebbe affatto immune da censure di incostituzionalita'. Non e' chiaro se, ricorrendone i presupposti, il danneggiato sia obbligato ad attivare la procedura di risarcimento diretto, ovvero se ne abbia solo facolta', come sembrerebbe suggerire il testo della norma («puo' proporre», invece che «propone» o «deve proporre»). In quest'ultima ipotesi, che comunque appare la piu' ragionevole, il responsabile civile si troverebbe costretto a sottostare ad uno dei diversi possibili sistemi processuali, a scelta esclusiva ed insindacabile del danneggiato. La violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) sarebbe indiscutibile. Non e' chiaro se, attivata la procedura di risarcimento diretto, il responsabile civile possa o meno chiamare in causa il conducente ed il proprio assicuratore. Sulla base del dato testuale e della stessa logica del sistema delineato dall'art. 149, la soluzione non puo' che essere negativa. Ne conseguono una serie di profili di incostituzionalita', decisamente rilevanti. Qualora il danneggiato convenisse in giudizio il proprio assicuratore ed il responsabile civile ed ottenesse ragione, il responsabile si ritroverebbe ad essere condannato in solido con un soggetto a lui del tutto estraneo, con il quale non ha mai avuto rapporti. Pur non avendo mai scelto quell'assicuratore, si troverebbe esposto (in linea teorica) al rischio dell'insolvenza di quel condebitore in solido, scelto non da lui ma dall'attore. In mancanza di un legame contrattuale con l'assicuratore del danneggiato, il responsabile civile non potrebbe nemmeno chiedere di essere garantito dagli oneri dell'eventuale condanna; non potendo sfuggire alla solidarieta', si troverebbe incondizionatamente esposto alle richieste del danneggiato. Inoltre, qualora volesse rimanere contumace, il responsabile civile si ritroverebbe ad essere difeso da una compagnia assicurativa che non ha scelto, pur avendo, in ipotesi, pagato un premio piu' alto per il maggior impegno profuso dal proprio assicuratore in queste situazioni. Qualora invece egli si volesse difendere avvalendosi del patto di gestione della lite inserito nel contratto stipulato con il proprio assicuratore, ne sarebbe impossibilitato e si vedrebbe costretto ad anticipare gli onorari in favore di un difensore (pur avendo pagato un premio piu' alto, proprio in forza del patto di gestione della lite). In tutte queste ipotesi, la violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. sarebbe indiscutibilmente eclatante. Ma vi e' di piu'. Se il responsabile civile decidesse di spiegare domanda riconvenzionale, la compagnia assicurativa dell'attore-danneggiato si troverebbe a dover avallare contemporaneamente due prospettazioni del tutto divergenti, quella del convenuto (in qualita' di mandataria ex lege senza rappresentanza dell'assicuratore di quest'ultimo) e quella dell'attore-danneggiato (ovverosia del proprio assicurato, che dovrebbe tenere indenne da ogni pregiudizio). Ne deriverebbe un insanabile conflitto di interessi, assolutamente irragionevole e ingiusto, che metterebbe in seria difficolta' l'assicuratore del danneggiato e non garantirebbe ne' la posizione dell'attore, ne' quella del convenuto. In presenza di un patto di gestione della lite, la situazione assumerebbe connotazioni ancor piu' inique e inaccettabili. In casi del genere, l'unica possibilita' di superare il conflitto di interessi consisterebbe nell'ammettere che il responsabile civile - convenuto possa chiamare in causa il proprio assicuratore. Si tratta, pero', di una soluzione che tenderebbe a stravolgere il sistema delineato dall'art. 149 del Codice delle Assicurazioni, fino al punto di appiattirlo sui tradizionali principi generali della responsabilita' civile automobilistica. Si tratterebbe, in altri termini, di una vera e propria interpretatio abrogans, decisamente preclusa all'interprete. E' per questo che ogni possibile sforzo ermeneutico, incentrato su di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 149 del Codice delle Assicurazioni, non puo' che essere destinato a fallire. C.2.) Anche l'ipotesi prevista dal sesto comma, parte seconda dell'art. 149 del Codice delle Assicurazioni, ovverosia l'intervento dell'assicuratore del responsabile civile, non appare affatto risolutiva. Si tratta di una mera facolta', della quale e' difficile prevedere un esercizio statisticamente rilevante. La compagnia del responsabile civile, di regola, non ha nessun interesse a riconoscere la responsabilita' del proprio assicurato (il che avviene decisamente di rado anche oggi), ne' a partecipare al giudizio ed a sopportare le spese di lite in virtu' del principio della soccombenza. Qualora, nonostante tutte le previsioni, la compagnia decidesse effettivamente di intervenire e di riconoscere la responsabilita' del proprio assicurato, aderendo alla prospettazione dell'attore-danneggiato, si porrebbero una serie di problemi: se si ammettesse l'estensione del contraddittorio al responsabile civile, questi potrebbe rifiutare la scelta processuale dell'assicuratore, ricreando una situazione di conflitto; se invece se ne escludesse la partecipazione al giudizio, il responsabile civile si ritroverebbe a dover sopportare gli oneri di una condanna emessa a seguito di un processo al quale non ha partecipato, in palese violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), del diritto di difesa (art. 24) e dei principi del giusto processo (art. 111 Cost.). D) Si e' detto che la procedura di risarcimento diretto sembrerebbe essere facoltativa, almeno secondo un'interpretazione testuale della norma. In caso contrario, le forti limitazioni al diritto di difesa del danneggiato (v. supra, § a) apparirebbero ancor piu' gravi e inaccettabili, giacche' egli non avrebbe nemmeno la facolta' di agire ex art. 144 cod. assic., ne' ex art. 2054 cod. civ. La sostanziale disuguaglianza, rispetto alle ipotesi in cui la procedura ex art. 149 non e' applicabile, assumerebbe contorni ancor piu' intollerabili. Costituendosi in giudizio, l'assicuratore del danneggiato puo' assumere diverse posizioni. In linea di principio, ogni scelta processuale e' legittima, nel caso in esame, pero', le ragioni delle scelte dell'assicuratore potrebbero nascere da accordi sottostanti e poco chiari tra le compagnie assicurative (di cui una sola presente nel giudizio), destinati a sfuggire al controllo del giudice. Appare dunque evidente come il danneggiato, dovendosi avvalere di una procedura a litisconsorzio non integro, possa rimanere pregiudicato dall'assenza dei coobligati in solido. 3. - In diritto. Rilevanza della questione per il giudizio in corso. Nel caso in esame, l'attore ha agito ai sensi del sesto comma dell'art. 149 de Codice delle Assicurazioni, citando anche il responsabile civile. Il danneggiante, costituendosi in giudizio, ha eccepito che il contraddittorio non sarebbe integro, perche' in caso di condanna si troverebbe obbligato in solido con un soggetto con il quale non ha nessun rapporto, ne' contrattuale ne' extracontrattuale, invece che con il proprio assicuratore (nei confronti del quale potrebbe far valere la garanzia assicurativa). Si pone pertanto il problema di comprendere se il danneggiato abbia agito correttamente, ovverosia se fosse tenuto a citare anche l'assicuratore del responsabile civile o se, al contrario, fosse tenuto a citare unicamente la propria compagnia assicurativa. In ogni caso, si pone il problema di comprendere se il responsabile civile possa chiedere di chiamare in causa (anche iussu iudicis) il proprio assicuratore, nell'ottica di un giudizio a contraddittorio integro. Appare evidente come l'art. 149 cod. assic. preveda, a rigore, la partecipazione al giudizio unicamente dell'assicuratore del danneggiato. Ogni diversa interpretazione, costituzionalmente orientata, contrasta irrimediabilmente con il dettato normativo e con il sistema del risarcimento diretto. Allo stato, pertanto, il responsabile civile dovrebbe essere escluso dal giudizio; nella migliore delle ipotesi, vi potrebbe partecipare senza poter chiamare in causa il proprio assicuratore. La (auspicabile) dichiarazione di illegittimita' costituzionale della normativa inciderebbe in maniera profonda sull'esito del giudizio, consentendo di ripristinare un contraddittorio integro. Le questioni di costituzionalita', riassuntivamente, attengono: a) alla violazione dell'art. 76 della Costituzione, per l'evidente violazione di due principi delega (indicati nell'art. 4 lettere a) e b) della legge 29 luglio 2003 n. 229), da parte degli articoli 141 terzo comma e 149 sesto comma del codice delle assicurazioni; b) alla violazione degli artt. 111, primo e secondo comma, e art. 24 della Costituzione, per l'evidente violazione dei principi del contraddittorio integro e della parita' delle armi difensive, che risultano sostanzialmente ridotte per chi si avvale delle procedure speciali; ma anche in relazione alla perdita o riduzione della funzione di giudice imparziale del giudice adito, che non accerta necessariamente l'illecito della circolazione, nel caso di amichevole intesa tra le parti, in danno del terzo responsabile estromesso dalla lite per volonta' di legge; c) risulta allora evidente, anche in relazione alla violazione delle direttive europee che configurano una procedura per azione diretta ma a contraddittorio integro e con parita' delle armi, che la deroga italiana contrasti con il principio di ragionevolezza di cui al comma primo dell'art. 3 della Costituzione, poiche' le norme esaminate, senza un ragionevole motivo, prevedono un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in eguali situazioni di interesse sostanziale in ordine all'accertamento dell'illecito da circolazione stradale, trattamento che invece le direttive europee RCA e lo stesso codice delle assicurazioni considerano come diretto all'accertamento pieno di responsabilita' civili ed all'ottenimento di risarcimenti satisfattivi (cfr. Corte cost. 29 maggio 1965 n. 15, 30 novembre 1982 n. 204; nonche' sentenze 427 del 1999 e 289 del 2000, con riferimento alla ratio legis generale).