Ordinanza 
nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  54-bis  del
decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198  (Attuazione  dell'art.  3
della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli  e
modifica delle  norme  di  reclutamento,  stato  ed  avanzamento  del
personale non direttivo e non dirigente dell'Arma  dei  carabinieri),
introdotto dall'art. 29, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio
2001, n.  83  (Disposizioni  integrative  e  correttive  del  decreto
legislativo 12 maggio 1995, n. 198, in materia di riordino dei ruoli,
modifica  alle  norme  di  reclutamento,  stato  ed  avanzamento  del
personale non direttivo e non dirigente dell'Arma  dei  carabinieri),
promosso dalla  Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la
Regione Sardegna, nel procedimento vertente tra Barbato Orlando e  il
Comando Regione Carabinieri Sardegna, con ordinanza del  20  novembre
2008, iscritta al n. 39 del  registro  ordinanze  2009  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  7, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2009; 
    Udito nella camera di consiglio del 24  giugno  2009  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    Ritenuto che, con ordinanza del 20 novembre 2008,  la  Corte  dei
conti, sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale - in riferimento agli  artt.
3 e 76 della Costituzione - dell'art. 54-bis del decreto  legislativo
12 maggio 1995, n. 198 (Attuazione dell'art. 3 della  legge  6  marzo
1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme
di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non  direttivo  e
non dirigente dell'Arma dei carabinieri),  introdotto  dall'art.  29,
comma  1,  del  decreto  legislativo  28   febbraio   2001,   n.   83
(Disposizioni integrative e correttive  del  decreto  legislativo  12
maggio 1995, n. 198, in materia di riordino dei ruoli, modifica  alle
norme  di  reclutamento,  stato  ed  avanzamento  del  personale  non
direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri), nella parte  in
cui  non  prevede  l'attribuzione  anche  ai   marescialli   aiutanti
dell'Arma dei carabinieri, collocati in quiescenza nel periodo dal  2
gennaio 1998 al 1° gennaio 2001,  del  beneficio  previsto  dall'art.
73-quinquies, comma 4, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199
(Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in  materia
di nuovo inquadramento del personale non direttivo  e  non  dirigente
del Corpo della Guardia di finanza), introdotto dall'art. 9, comma 1,
del  decreto  legislativo  28  febbraio  2001,  n.  67  (Disposizioni
integrative e correttive del decreto legislativo 12 maggio  1995,  n.
199, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo  e
non dirigente del Corpo della Guardia di finanza); 
        che la questione viene sollevata nel corso di un giudizio  in
cui  il  ricorrente,  ex  maresciallo  aiutante  sostituto  ufficiale
pubblica sicurezza dell'Arma dei carabinieri,  agisce  nei  confronti
del  Comando  Regione  Carabinieri  Sardegna  al  fine  di   ottenere
l'adeguamento  del  proprio  trattamento  pensionistico,  sulla  base
dell'estensione alla propria posizione  del  piu'  favorevole  regime
previsto a favore del solo  personale  del  Corpo  della  Guardia  di
finanza dal citato art. 73-quinquies, comma 4, del d.lgs. n. 199  del
1995; 
        che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
rileva che l'art. 3, comma 2,  della  legge  28  marzo  1997,  n.  85
(Disposizioni  in  materia  di  avanzamento,  di  reclutamento  e  di
adeguamento del trattamento economico  degli  ufficiali  delle  Forze
armate e qualifiche equiparate delle Forze di polizia),  ha  previsto
l'erogazione, a favore  degli  ispettori  superiori  delle  Forze  di
polizia ad ordinamento civile, dei marescialli aiutanti di quelle  ad
ordinamento militare, nonche' dei marescialli  aiutanti  delle  Forze
armate  con  maggiore  anzianita'  di  servizio,  di  un   emolumento
pensionabile  pari  alla  differenza  tra  il  proprio   livello   di
inquadramento  ed   il   livello   retributivo   superiore,   secondo
decorrenza, modalita' e sulla base di requisiti determinati  in  sede
di contrattazione collettiva, ovvero nell'ambito delle  procedure  di
concertazione ivi previste ed in relazione alle  risorse  finanziarie
disponibili; 
        che il giudice rimettente sottolinea come tale previsione  e'
stata realizzata, in sede di  prima  applicazione,  con  disposizioni
analoghe per tutti  i  soggetti  prima  indicati  -  in  particolare,
dall'art.  65  del  d.P.R.  16  marzo  1999,  n.   254   (Recepimento
dell'accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento  civile
e del provvedimento  di  concertazione  delle  Forze  di  polizia  ad
ordinamento militare relativi al quadriennio normativo  1998-2001  ed
al biennio economico 1998-1999), per i marescialli aiutanti dell'Arma
dei carabinieri e del Corpo della Guardia di  finanza,  dall'art.  38
del medesimo d.P.R. per i pari grado appartenenti al personale  delle
Forze di polizia ad ordinamento civile ed, infine, dall'art.  22  del
d.P.R. 16 marzo  1999,  n.  255  (Recepimento  del  provvedimento  di
concertazione per le Forze armate relativo al  quadriennio  normativo
1998-2001 ed al  biennio  economico  1998-1999),  per  i  pari  grado
appartenenti al personale delle Forze armate - prevedendo,  in  tutte
tali  ipotesi  normative,  l'erogazione  di  un   eguale   emolumento
pensionabile per ciascun anno  del  triennio  1998-2000  definito  in
misura lorda pari a lire 660.000 non cumulabili; 
        che  tale  sostanziale  parita'  di  trattamento  e'   stata,
successivamente,  alterata  a  seguito  dell'emanazione  dei  decreti
delegati previsti dall'art. 9, comma l, della legge 31 marzo 2000, n.
78  (Delega  al  Governo  in  materia  di  riordino   dell'Arma   dei
carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della Guardia
di  finanza  e  della  Polizia  di  Stato.  Norme   in   materia   di
coordinamento delle Forze di polizia); 
        che, infatti, benche'  tutti  i  citati  decreti  legislativi
abbiano previsto l'eguale  rideterminazione,  dal  1°  gennaio  2001,
dell'importo  dell'emolumento  pensionabile,  solo  nell'ambito   del
regime relativo al  personale  della  Guardia  di  finanza  e'  stato
previsto - dal comma 4 dell'art. 73-quinquies del d.lgs. n.  199  del
1995 - che l'emolumento in questione fosse corrisposto, ai soli  fini
pensionistici, anche al personale collocato in quiescenza nel periodo
2 gennaio 1998 - 1° gennaio 2001; 
        che,  quindi,  a  detta  del  giudice  a  quo,  tale   ultima
previsione determina una violazione del principio di  uguaglianza  di
cui all'art. 3 Cost., comportando una irragionevole e  ingiustificata
disparita' di trattamento tra il personale della Guardia di finanza -
cessato dal servizio con diritto a pensione nel periodo dal 2 gennaio
1998  al  1°  gennaio  2001,  il  quale  ottiene  il   diritto   alla
riliquidazione del trattamento di  quiescenza,  a  decorrere  dal  1°
gennaio   2001,   con   il   calcolo,   nella   base    pensionabile,
dell'emolumento in questione - ed il personale  di  tutti  gli  altri
Corpi militari e/o di Polizia, tra i quali,  per  quanto  rileva  nel
giudizio a quo,  gli  appartenenti  all'Arma  dei  carabinieri,  che,
collocati in quiescenza, come il ricorrente, nel triennio  1998-2000,
di tale riliquidazione non beneficiano; 
        che,  a  tale  proposito,  il  giudice  rimettente   prosegue
ricordando  l'orientamento  di  questa  Corte  per  quanto   riguarda
l'impossibilita' di assumere quale tertium  comparationis  una  norma
derogatoria «rispetto alla regola desumibile dal sistema normativo  e
percio'  insuscettibile   di   estensione   ad   altri   casi,   pena
l'aggravamento, anziche' l'eliminazione, dei difetti di  coerenza  di
esso» (sentenze n. 427 del 1990 e  n.  448  del  1993),  orientamento
ritenuto, pero', superabile la' dove, come nel caso  di  specie,  «la
ratio  della  disposizione  derogatoria,  tertium  comparationis,  ne
imponeva l'estensione anche ad altri  casi  da  essa  non  ricompresi
[sentenza n. 398 del 1988], per i quali doveva considerarsi priva  di
razionalita' la loro esclusione  dall'ambito  di  operativita'  della
norma,  stante   la   loro   assimilabilita'   a   quelli   viceversa
contemplati»; 
        che, secondo il giudice a quo, l'estensione nei confronti dei
marescialli  aiutanti  dell'Arma  dei  carabinieri  della   normativa
dettata a favore dei pari grado appartenenti alla Guardia di  finanza
risulterebbe ragionevole in considerazione della circostanza per cui,
mentre l'art. 3, comma 2, della legge n. 85 del  1997,  e'  stato  in
prima attuazione applicato con  l'attribuzione  di  un  beneficio  in
misura inferiore all'importo che sarebbe spettato ove l'emolumento in
questione fosse stato attribuito - in base all'originaria  previsione
contenuta nella disposizione in ultimo citata - in misura  pari  alla
differenza tra il livello di inquadramento ed il livello  retributivo
superiore, solo a fare data dal 1° gennaio  2001  il  legislatore  ha
dato attuazione piena a tale ultima previsione; 
        che, percio', l'estensione retroattiva del nuovo importo, sia
pure con effetti esclusivamente  pensionistici,  anche  al  personale
gia' collocato in quiescenza (che di tale maggiore importo non  aveva
goduto ne' sul  trattamento  di  attivita',  ne'  di  riflesso  sulla
pensione) appare alla Corte dei conti rispondente ad  un  ragionevole
intento perequativo; 
        che, infine, l'asserita irragionevole  sperequazione  tra  il
personale della Guardia di finanza e quello delle altre Forze  armate
e di polizia, si pone altresi' in contrasto, per la Corte rimettente,
anche con l'art. 76 Cost., per violazione del principio direttivo  di
cui all'art. 3 della legge n. 216 del 1992, il quale ha  previsto  il
«riordino  delle  carriere,  delle  attribuzioni  e  dei  trattamenti
economici [del personale delle Forze di polizia anche ad  ordinamento
militare, ai sensi della legge 1° aprile 1981, n.  123,  nonche'  del
personale delle Forze armate, ad esclusione dei  dirigenti  civili  e
militari e del personale di  leva],  allo  scopo  di  conseguire  una
disciplina   omogenea,   fermi   restando   i   rispettivi    compiti
istituzionali,  le  norme   fondamentali   di   stato,   nonche'   le
attribuzioni delle autorita' di' pubblica sicurezza,  previsti  dalle
vigenti disposizioni di legge»; 
        che il rimettente ritiene, pertanto, rilevante  la  questione
di legittimita' costituzionale della norma censurata  -  pur  essendo
intervenuta,  in  forza  del  disposto  dell'art.  15   del   decreto
legislativo 30  maggio  del  2003,  n.  193  (Sistema  dei  parametri
stipendiali per il personale non dirigente delle Forze di  polizia  e
delle Forze armate, a norma dell'articolo  7  della  legge  29  marzo
2001, n. 86), l'abrogazione della stessa - in quanto essa ha comunque
prodotto,  durante  il  relativo  periodo  di  vigenza,  gli  effetti
sperequativi lamentati dal ricorrente nel giudizio a quo; 
        che, conseguentemente, in caso di mancato accoglimento  della
questione di legittimita', la domanda del ricorrente finalizzata alla
riliquidazione del trattamento pensionistico sulla base del  maggiore
importo decorrente dal 1° gennaio 2001 non potrebbe essere accolta. 
    Considerato che la Corte dei conti, sezione  giurisdizionale  per
la Regione Sardegna, solleva questione di legittimita' costituzionale
- in riferimento agli artt. 3 e 76  della  Costituzione  -  dell'art.
54-bis del decreto legislativo 12 maggio  1995,  n.  198  (Attuazione
dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di  riordino
dei  ruoli  e  modifica  delle  norme  di  reclutamento,   stato   ed
avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei
carabinieri),  introdotto  dall'art.  29,  comma   1,   del   decreto
legislativo 28 febbraio  2001,  n.  83  (Disposizioni  integrative  e
correttive del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, in materia
di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato  ed
avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei
carabinieri); 
        che la Corte dei conti rimettente  precisa  di  sollevare  la
questione nella parte in cui la norma censurata  non  prevede  per  i
pari grado dell'Arma dei carabinieri lo stesso beneficio  contemplato
dall'art. 73-quinquies, comma 4, del decreto  legislativo  12  maggio
1995, n. 199 (Attuazione dell'art. 3 della legge  6  marzo  1992,  n.
216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo  e
non  dirigente  del  Corpo  della  Guardia  di  finanza),  introdotto
dall'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 67
(Disposizioni integrative e correttive  del  decreto  legislativo  12
maggio 1995, n. 199, in materia di nuovo inquadramento del  personale
non direttivo e non dirigente del Corpo della  Guardia  di  finanza),
per gli appartenenti alla Guardia di finanza; 
        che, infatti, ad avviso del rimettente, la difformita'  della
disciplina dettata per il personale dell'Arma dei carabinieri  e  per
il personale appartenente al Corpo della Guardia di finanza determina
un'ingiustificata disparita' di  trattamento  -  riguardo  al  regime
della riliquidazione  pensionistica  dell'emolumento  previsto  dalle
citate  disposizioni  -  tra  i  marescialli  aiutanti   appartenenti
all'Arma dei carabinieri ed  i  pari  grado  in  servizio  presso  la
Guardia di finanza; 
        che, ad avviso del  rimettente,  la  norma  censurata  viola,
altresi', l'art. 76 Cost., in  ragione  del  contrasto  del  suddetto
regime normativo con il principio direttivo di cui all'art.  3  della
legge n. 216 del  1992,  il  quale  avrebbe  imposto  al  legislatore
delegato la tendenziale omogeneizzazione dei trattamenti economici  e
normativi degli appartenenti al personale delle Forze di  polizia  ad
ordinamento civile e militare e del personale delle Forze armate; 
        che, anche se la disposizione censurata e' stata abrogata - a
decorrere dal 1° gennaio 2005 - dall'art. 15 del decreto  legislativo
30 maggio 2003, n. 193 (Sistema  dei  parametri  stipendiali  per  il
personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze  armate,
a norma dell'articolo 7  della  legge  29  marzo  2001,  n.  86),  la
questione non presenta profili  di  inammissibilita',  in  quanto  la
sezione rimettente motiva non implausibilmente in  ordine  ai  motivi
che  la  inducono,  ratione  temporis,  ad  applicare  la   censurata
disposizione per decidere la controversia; 
        che, nel merito, la  questione  e'  manifestamente  infondata
sotto entrambi i profili; 
        che, per quanto riguarda la lamentata violazione dell'art.  3
Cost.  per  ingiustificata  disparita'  di  trattamento,  secondo  il
costante orientamento della  giurisprudenza  costituzionale,  non  e'
invocabile la violazione  del  principio  di  eguaglianza  quando  la
disposizione di legge - da cui viene tratto il tertium  comparationis
- si riveli derogatoria rispetto alla regola desumibile  dal  sistema
normativo  e,  come  tale,  non  estensibile  ad  altri  casi,   pena
l'aggravamento anziche'  l'eliminazione  dei  difetti  di  incoerenza
(sentenze n. 344 del 2008 e n. 206 del 2004;  ordinanza  n.  178  del
2006); 
        che l'art. 73-quinquies del d.lgs. n. 199 del  1995,  assunto
come tertium comparationis, rideterminando per il futuro (a decorrere
dal 1° gennaio 2001)  il  valore  di  un  emolumento  pensionabile  e
prevedendo, solo per i marescialli  aiutanti  appartenenti  al  Corpo
della Guardia di finanza, la  possibilita'  di  rideterminazione  del
calcolo delle pensioni «anche al personale  collocato  in  quiescenza
nel  periodo  2  gennaio  1998  -  1°  gennaio   2001»,   costituisce
un'eccezione  al  principio  generale  secondo  cui   i   trattamenti
pensionistici (pubblici e privati) devono essere computati solo sulla
base degli emolumenti effettivamente percepiti; 
        che, peraltro, sempre riguardo alla  violazione  dell'art.  3
Cost., va anche ricordato  che  questa  Corte  ha  gia'  escluso  «la
possibilita' di istituire un utile raffronto, a causa della  mancanza
di omogeneita', tra le categorie degli appartenenti a corpi  diversi,
anche se caratterizzati  dalla  comune  appartenenza  all'ordinamento
militare» (ordinanza n. 83 del 2009); 
        che, quindi, «non e' configurabile una violazione dell'art. 3
della Costituzione in relazione al principio di uguaglianza  invocato
dal giudice rimettente in quanto, in ragione della specialita'  degli
ordinamenti posti a confronto  in  relazione  alle  funzioni  assolte
dalle singole Armi, le posizioni poste in comparazione non  sono  tra
loro omogenee, cosi' che la scelta compiuta dal  legislatore  con  la
norma censurata non puo' considerarsi arbitraria»  (ordinanza  n.  83
del 2009); 
        che, pertanto, sia per il carattere eccezionale e derogatorio
della norma assunta quale tertium comparationis, che non consente  la
sua estensibilita' ad altri casi quali quello in esame, sia in quanto
non si ravvisano le medesime ragioni giustificatrici per l'estensione
del trattamento in deroga, stante la  specialita'  degli  ordinamenti
posti  a  confronto,  e'  esclusa  la  violazione  del  principio  di
uguaglianza da parte della disposizione censurata; 
        che, parimenti, manifestamente infondata e' la censura svolta
in riferimento all'art. 76 Cost.; 
        che «questa  Corte  ha  [...]  ripetutamente  affermato,  con
riferimento al contenuto dell'art. 76  Cost.,  che  i  principi  e  i
criteri  direttivi  della  legge   di   delegazione   devono   essere
interpretati sia tenendo  conto  delle  finalita'  ispiratrici  della
delega, sia verificando, nel silenzio del legislatore-delegante sullo
specifico tema, che le scelte operate dal  legislatore  delegato  non
siano in contrasto con gli  indirizzi  generali  della  stessa  legge
delega  [...]  e  che  occorre  tener  conto  delle  finalita'   che,
attraverso i principi e i  criteri  enunciati,  la  legge  delega  si
prefigge con il complessivo  contesto  delle  norme  nel  significato
compatibile con quei principi e criteri» (sentenza n. 341  del  2007;
si veda anche la sentenza n. 426 del 2008); 
        che il significato della delega contenuta nell'art.  3  della
legge n. 216 del 1992 - i cui principi e criteri direttivi sono posti
a riferimento della censurata disposizione - e' stato  gia'  chiarito
da questa Corte con l'ordinanza n. 296 del 2000, nella  quale  si  e'
precisato che «ne' tale legge, ne' le norme successive, hanno  inteso
perseguire un'assoluta identita' di posizioni e  trattamenti  e,  del
resto, le funzioni svolte e i compiti  demandati  [...]  differiscono
sensibilmente  [...]  sicche',  data  la  non  comparabilita'   delle
rispettive  posizioni,  la   scelta,   nella   specie   operata   dal
legislatore, rientra  nel  corretto  esercizio,  non  arbitrario  ne'
manifestamente   irragionevole,   della   discrezionalita'   a    lui
riservata»; 
        che il legislatore delegato, nell'attuare, con  il  censurato
art. 54-bis del d.lgs. n. 198  del  1995,  la  delega  contenuta  nel
citato art. 3 della legge n. 216 del 1992, non ha, quindi, violato  i
criteri fissati dalla stessa, in quanto la  norma  censurata  non  si
pone in contrasto con la ratio della legge delega, il  cui  obiettivo
era quello di realizzare «una sostanziale equiordinazione di  compiti
e dei connessi trattamenti economici» delle diverse forze di  polizia
(sentenza n. 451 del 2000; ordinanze  n.  331  e  n.  151  del  1999;
sentenze n. 63 del 1998, n. 465 e n. 65 del 1997). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.