IL TRIBUNALE Visti gli atti per sciogliere la riserva formulata in data 27 febbraio 2009 nel procedimento tra Ronza Gianluca, rappresentato e difeso dall'avv. Enzo Napolano, presso lo stesso domiciliato in Napoli, via Andrea D'Isernia n. 8, ricorrente, contro Consiglio dell'ordine degli avvocati di Santa Maria Capua Vetere, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Gabriele Rendina, presso lo stesso domiciliato in Curti, via Pola n. 10, resistente. Ha pronunciato la seguente ordinanza. Svolgimento del processo Con ricorso depositato in data 29 dicembre 2008 il dott. Ronza Gianluca deduceva di essere praticante procuratore iscritto nel registro speciale dei procuratori abilitati al patrocinio dinanzi alle preture presso l'Ordine degli avvocati di Santa Maria Capua Vetere. Deduceva di avere conseguito attestato di idoneita' all'esercizio della difesa d'ufficio, rilasciato dalla camera penale di S.M.C.V. e di avere fatto richiesta di iscrizione nell'elenco dei difensori d'ufficio, che veniva rigettata, sul presupposto che fosse necessaria la qualifica di «avvocato» per l'iscrizione nell'elenco. Chiedeva, pertanto, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., disapplicarsi il provvedimento ed ordinarsi la sua iscrizione nell'elenco dei difensori d'ufficio previsto dalla legge n. 61/2001. A sostegno della propria richiesta deduceva la sussistenza del fumus boni iuris dato dall'art. 8, comma 2, legge professionale (r.d.l. 1933, n. 1578), che espressamente prevede la possibilita' che i praticanti procuratori esplichino la difesa d'ufficio dinanzi ai tribunali, seppur con le limitazioni ivi previste. Individuava, altresi', il periculum in mora nel pregiudizio conseguente alla limitazione professionale, alla perdita di opportunita' di lavoro e nella piu' generale limitazione della capacita' di produrre reddito. All'udienza fissata si costituiva il Consiglio dell'ordine degli avvocati che eccepiva la litispendenza, essendo stato presentato ricorso al t.a.r. avverso il citato provvedimento; in subordine eccepiva il difetto di giurisdizione a favore del Consiglio nazionale forense ex artt. 3 e 10, r.d. n. 1934/37. Nel merito deduceva che il meccanismo di funzionamento dell'elenco centralizzato distrettuale richiede necessariamente il possesso di patrocinio illimitato, risultando incompatibile, quindi, con esso, le limitazioni imposte ai praticanti procuratori per legge. Acquisiti gli atti relativi al giudizio dinanzi al t.a.r., il giudice si riservava. Motivi della decisione Deve essere sollevata d'ufficio la questione di legittimita' costituzione incidentale, ex art. 23, legge 1953/87, dell'art. 8, comma 2, secondo capoverso r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, come modificato dall'art. 1, legge 1985/406, e successivamente modificato dall'art. 10 legge 1988/242 e dall'art. 246, d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, nella parte in cui recita: «Davanti ai tribunali e negli stessi limiti, in sede penale, essi (i praticanti procuratori ammessi al patrocinio n.d.r.) possono essere nominati difensori d'ufficio...», per violazione degli art. 3, 24, commi 2 e 3, e 97 Costituzione. Della rilevanza. La questione e' senz'altro rilevante. Il giudizio, difatti, non puo' essere definito con l'accoglimento delle questioni pregiudiziali e preliminari. Difatti deve essere esclusa la rilevanza della pendenza di altro autonomo giudizio dinanzi al t.a.r., in quanto la litispendenza opera esclusivamente nell'ambito di giudizi pendenti dinanzi a giudici appartenenti al medesimo ordine giurisdizionale (Cass. 16834/2007); deve, poi, ritenersi in astratto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, atteso che l'iscrizione nell'elenco dei difensori d'ufficio e' atto non connotato da alcun aspetto di discrezionalita', risultando dovuto in presenza dei presupposti di legge di cui all'art. 29, comma 1-bis disp. att. c.p.p. che recita: «Per l'iscrizione nell'elenco di cui all'art. 97 del codice, e' necessario il conseguimento di attestazione di idoneita' rilasciata dall'ordine forense di appartenenza al termine della frequenza di corsi di aggiornamento professionale organizzati dagli ordini medesimi o, ove costituita, dalla camera penale territoriale ovvero dall'unione delle camere penali. I difensori possono, tuttavia, essere iscritti nell'elenco, a prescindere dal requisito di cui al periodo precedente, dimostrando di aver esercitato la professione in sede penale per almeno due anni, mediante la produzione di idonea documentazione». La discrezionalita' (tecnica) della p.a. si esaurisce, quindi, nella fase preliminare del rilascio della attestazione di idoneita', conseguito il quale il professionista acquisisce il diritto alla iscrizione. Nemmeno trova applicazione la speciale giurisdizione del C.N.F., limitata al diniego di iscrizione al registro speciale dei praticanti ammessi al patrocinio, e non anche allo speciale elenco di cui ci si occupa. Astrattamente sussiste il periculum in mora come dedotto dal ricorrente, mentre il fumus boni iuris discende proprio dalla applicazione dell'art. 8, r.d.l. 1933/1578 e succ. modifiche, che, come detto, riconosce il «diritto» ad esercitare l'attivita' di difensore d'ufficio al praticante iscritto nel registro speciale. Ne discende che per la definizione del giudizio risulta indispensabile applicare la norma di cui si sospetta il contrasto con i principi costituzionali. Ne' e' possibile dare a tale norma interpretazione diversa, che le consenta di sfuggire ai dubbi di incostituzionalita'. Difatti il tenore della stessa e' univoco e non si presta a dubbi interpretativi di sorta: davanti ai tribunali i praticanti abilitati possono essere nominati difensori d'ufficio. Non si ignora che tale norma viene, comunque, interpretata diversamente di vari Consigli dell'ordine, con soluzioni diametralmente opposte, come ondivaga e' la posizione del C.N.F. sul punto. Ma va detto che le motivazioni addotte a sostegno della interpretazione restrittiva non sono affatto sostenibili. Esse, difatti, fondano su una isolata pronuncia della Cassazione IV sez. penale 7909/1994, la quale sostiene la implicita abrogazione del secondo comma secondo capoverso dell'art. 8, r.d.l. n. 1933/1578, per effetto della entrata in vigore del d.lgs. n. 271/1989 (Disp. attuaz. c.p.p.), che all'art. 29 aveva previsto che l'elenco dei difensori d'ufficio comprendesse gli «..iscritti negli albi ...», volendo, quindi, necessariamente intendere i soli avvocati e procuratori, non anche i praticanti abilitati che, come detto sono iscritti in registro speciale. Senonche' tale mero dato testuale non e' oggi piu' utilizzabile per sostenere la argomentazione che se ne e' ricavata, in quanto l'art. 8 nella formulazione che oggi viene rimessa al vaglio della Corte in questione e' stato introdotto successivamente all'entrata in vigore delle disp. att. c.p.p., in quanto cosi' modificato dall'art. 246, d.lgs. n. 51/1998, con chiara conferma della sua precedente permanenza in vigore. Della non manifesta infondatezza e dei motivi di ileggittimita'. La norma oggetto di rimessione viola l'art. 24, secondo comma Cost. in virtu' del quale «La difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento». Questo giudice non ignora che l'art. 8, comma 2 e' stato gia' oggetto di rimessione alla Corte, la quale ha respinto l'eccezione di incostituzionalita', con sentenza n. 5/1999. Senonche' oggetto di tale precedente rimessione era il primo capoverso del comma 2 e non il secondo che ci occupa. Ne' le motivazioni con cui ne e' stata affermata la legittimita' sono tout court estensibili alla diversa fattispecie in esame. In quel caso la Corte ha ritenuto la «legittimita' costituzionale della norma - art. 8 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, ... che consente ai praticanti avvocati, dopo un anno dalla iscrizione nell'apposito registro speciale tenuto dal Consiglio dell'ordine degli avvocati, di essere ammessi ad esercitare il patrocinio, per un periodo non superiore a sei anni, davanti alle preture del distretto, giacche' essa non configura una deroga alla regola dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale, ma consente una attivita', soggetta al controllo dell'ordine professionale, compresa nell'ambito della pratica forense e che si giustifica nei limiti in cui essa sia preordinata agli esami di abilitazione, ne' lede il diritto di difesa, posto che la parte che conferisce il mandato ad un praticante avvocato si avvale della difesa tecnica di un soggetto che, sulla base di determinati requisiti, e' stato, sia pure temporaneamente, ammesso al patrocinio». Gli elementi fondanti della ritenuta legittimita' sono due: 1) opportunita' di concedere al praticante la possibilita' di cominciare ad esercitare in autonomia rispetto al dominus, pur se sotto il controllo degli organi preposti, ai fini della piu' completa e proficua acquisizione di professionalita' necessaria per l'esame di abilitazione; 2) coscienza, da parte del cliente che conferisce mandato, della qualifica di mero praticante del suo patrocinatore ed accettazione della stessa. Nel caso che ci occupa, invece, l'indagato/imputato si vedrebbe assegnare, inconsapevolmente, un difensore che, per quanto abilitato, e' pur sempre dichiaratamente in fase di acquisizione di professionalita' che, quindi, deve ritenersi, per definizione, di livello inferiore rispetto a quanti abbiano, invece, gia' completato l'iter abilitativo. Egli, non avendo scelto spontaneamente la nomina di mero praticante, la subisce. Ed in taluni casi nemmeno potrebbe porvi rimedio sostituendolo con difensore di fiducia, come nel caso della nomina a favore dell'irreperibile. La norma in esame viola anche l'art. 24, terzo comma Cost., in virtu' del quale «Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione», nonche' l'art. 3 Cost., che sancisce l'uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge. Difatti il soggetto che si vede assegnato, come difensore di fiducia, un praticante avvocato con abilitazione provvisoria, non puo', pur se preventivamente ammesso a godere del patrocinio a spese dello stato, di fatto fruirne. Infatti il decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, agli art. 80 ed 81, limita espressamente l'iscrizione negli elenchi speciali ai soli avvocati, con esclusione, quindi, dei praticanti. Con la conseguenza che del lavoro svolto dal difensore dovra' rispondere il patrocinato, sebbene non abbiente, con evidente violazione tanto del diritto di difesa a spese dello Stato, quanto del diritto di uguaglianza rispetto al caso analogo di chi abbia avuto, in sorte, assegnato, come difensore d'ufficio, un avvocato abilitato. Vi e', infine, violazione dell'art. 97 Cost. secondo cui gli uffici pubblici devono essere organizzati in modo da garantire il buon andamento dell'amministrazione. Difatti, come noto, la legge n. 60/2001 ha introdotto un ufficio centralizzato distrettuale nel quale confluiscono gli elenchi circondariali e le richieste di nomina provenienti dalle autorita' giudiziarie e di polizia. Consentire che in tale elenco convivano figure professionali aventi ambiti operativi diversi, per la limitata «competenza» per materia e territoriale dei praticanti avvocati, significa che ogni richiesta di nomina debba essere gia' corredata di tutti gli estremi normativi atti ad individuare la figura professionale da designare, salvo, poi, ulteriori complicazioni nel caso di modifiche o integrazioni della originaria contestazione, che spostino il fatto reato originariamente individuato nel campo dei reati non patrocinabili dal praticante, con consequenziali necessita' di nuovo interpello dell'ufficio centrale, nuova designazione ed inutili passaggi formali e perdite di tempo. Il tutto non giustificato da obiettive ragioni di pubblico interesse, ma dal piu' limitato interesse del singolo praticante alla preparazione professionale, che ben puo' essere tutelato in modo meno pregiudizievole per gli interessi collettivi.