IL GIUDICE DI PACE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nelle cause civili  iscritte
al n. 449/C/07 R.G. promossa da Cicchitelli Antonio residente a Porto
Sant'Elpidio (Ascoli Piceno) in proprio, ricorrente, contro Comune di
Montelupone  in  persona  del  Sindaco  pro  tempore,   elettivamente
domiciliato presso l'avv. Patrizia Palmieri  nel  di  Lei  studio  in
Macerata alla  via  T.  Lorenzoni  n.  33  giusta  procura  in  atti,
amministrazione opposta, e n. 617/C/07 R.G. promossa da Caraffi David
residente a Montecassiano, rappresentato e difeso  dall'Avv.  Alberto
Serangeli domiciliato nel di lui studio in Macerata, via  U.  Foscolo
n. 7, giusta procura in atti, ricorrente. 
    Contro Comune di Recanati in persona  del  Sindaco  pro  tempore,
elettivamente domiciliato rappresentato e  difeso  dall'avv.  Antonio
Pazzaglia e domiciliato presso l'avv. Antonella Francesca in Recanati
via Biagiola n. 1 giusta procura in atti, amministrazione opposta. 
    Visti gli atti dei procedimenti iscritti  al  n.  449/C/07  e  n.
617/C/07 nel Ruolo  Generale  dell'anno  2007  di  questo  ufficio  e
Premesso in fatto che: 
        con ricorsi depositati nella Cancelleria di questo ufficio in
data 6 aprile 2007 e 11  aprile  2007  il  Sig.  Cicchitelli  Antonio
proponeva opposizione avverso il provvedimento emesso dal  Comune  di
Montelupone (Macerata) con  il  quale  veniva  irrogata  la  sanzione
amministrativa, di cui all'art. 126 bis comma 2 CdS perche'  ometteva
senza giustificato e documentato motivo di fornire i dati personali e
della patente del conducente al momento  della  commessa  violazione;
parimenti faceva il sig. David Caraffi per la medesima  contestazione
nei confronti del Comune di Recanati; 
        i ricorrenti  rilevavano  che  entro  il  termine  prescritto
avevano ottemperato all'obbligo  di  comunicazione  e  che  anche  in
considerazione al lasso di tempo trascorso  non  erano  in  grado  di
riferire con certezza dato che l'uso del veicolo era destinato a piu'
persone; 
        le Amm.ni costituite contestavano la  circostanza.  Segnalava
l'Amm.ne del Comune di Montelupone che anche la Corte  di  cassazione
con sent. n. 10786/2008  che  richiama  anche  altra  sentenza  della
stessa Corte la n. 13748/2007  si  esprimeva:  «Il  proprietario  del
veicolo  (nel  caso  di  specie,  un'autoscuola)   deve   ottemperare
all'invito di fornire informazioni sui dati personali e sulla patente
di guida della persona cui ha  affidato  la  conduzione  del  veicolo
resasi responsabile di violazioni del codice della strada, e nel caso
non possa o non  voglia  comunicare  tali  dati  ne  risponde.  (cfr.
Cassazione civile, sez. II, 24 aprile 2008, n. 10786). 
    Le parti precisavano come da verbale di udienza  del  2  dicembre
2008, il GdP ex art. 23,7 l.  689/81  rinviava  per  la  lettura  del
dispositivo alla udienza del 26 maggio 2009 alla quale, rimetteva  in
istruttoria per sottoporre d'ufficio eccezione  d'incostituzionalita'
come di seguito argomentata 
 
                         Osserva in diritto 
 
dalla motivazione dell'impugnato provvedimento amministrativo e' dato
rilevare che: 
    Dopo il pronunciamento n. 27/05  della  Corte  costituzionale  in
ordine all'art. 180 CdS, le problematiche  non  sono  definitivamente
risolte. 
    La sentenza n. 27/05 della Consulta che e'  andata  a  modificare
l'art. 126 bis comma secondo d.lgs 285/92 (C.d.S.) - come  modificato
dal d.l. 151/2003 convertito con modificazioni dalla legge 214/2003 -
ha visto molteplici reazioni nel mondo politico, ed in quello sociale
e non ultimo in quello giuridico. Tra queste ultime poi  non  mancano
considerazioni che vanno in direzioni diametralmente opposte.  Vi  si
trova, infatti, chi ha osannato alla vittoria per una vera e  propria
giustizia resa in quanto, l'articolo 126 bis del codice della strada,
presentava aspetti di iniquita' palese. Il pronunciamento della Corte
costituzionale appare, nella  sua  applicazione  pratica,  una  opera
incompiuta in riferimento all'art. 180 C.d.S. La Corte costituzionale
si e' pronunciata  sul  macchinoso  sistema  della  patente  a  punti
principalmente su un punto: la previsione della decurtazione di punti
a carico del proprietario -  persona  fisica  -  qualora  questi,  in
mancanza di contestazione immediata della violazione che permette una
identificazione immediata del conducente, non comunichi  i  dati  del
conducente del veicolo  all'epoca  dell'infrazione:  cio'  permetteva
agli accertatori  di  effettuare  la  decurtazione  dei  punti  della
patente al vero trasgressore; nulla di  tutto  questo,  o  almeno  di
fatto diveniva cosi', se il proprietario era  una  persona  giuridica
alla  quale  veniva  ad  applicarsi,  in  alternativa  alla  sanzione
accessoria personale, la pena pecuniaria di cui all'art.  180  C.d.S.
In realta' anche ulteriori erano gli aspetti posti  al  vaglio  della
Consulta da parte dei Giudici di Pace: la determinazione del  termine
di 30 giorni per fornire gli elementi identificativi del  conducente;
l'obbligo ex art. 204 bis  del  versamento  cautelare;  l'entrata  in
vigore della disciplina della  patente  a  punti  prima  che  fossero
stabiliti programmi per il recupero  dei  punti  stessi.  Ma,  talune
vennero considerate inammissibili ovvero infondate. Ebbene,  tornando
alla prima censura accolta dalla Ecc.ma Corte Costituzionale, si puo'
rilevare che attualmente, nell'ipotesi di non contestazione immediata
da parte degli agenti, non e' possibile applicare la decurtazione dei
punti prevista dall'art. 126 bis. Questo perche',  come  solennemente
spiegato, detta decurtazione costituisce una  sanzione  di  carattere
personale pertanto, la sanzione in predicato dovra'  soggiacere  alle
norme impresse agli artt. 3 e 6 della l. 689/81 dove si  prevede  una
solidarieta' passiva del  proprietario  del  mezzo  che  ha  commesso
l'infrazione  limitatamente  alle  sanzioni   di   natura   puramente
pecuniarie.  La  stessa   Consulta,   poi,   si   e'   dilungata   su
considerazioni circa l'applicazione delle sanzioni  di  cui  all'art.
180 C.d.S. Ora la  carenza  di  una  chiara  normativa  da'  luogo  a
diversificate interpretazioni. Per tutto quanto  in  premessa  si  e'
sostenuto che il sistema attuale rectius  in  seguito  alla  modifica
costituzionale  -  puo'  sintetizzarsi  cosi':  1)  resta  salva   la
possibilita' di procedere alla  contestazione  dell'infrazione  senza
procedere alla identificazione immediata -  cioe'  sul  luogo  stesso
della infrazione del conducente nelle ipotesi  previste  dall'art.  4
d.lgs. 121/2002, convertito con legge 168/2002 con invio del  verbale
al proprietario o agli obbligati in solido  ai  sensi  dell'art.  196
C.d.S. 2) quando invece  si  tratti  di  violazione  che  implica  la
decurtazione  dei  punti  (e'  questo  il  caso  senza  dubbio   piu'
interessante  per  gli  utenti  della  strada)  il   proprietario   o
l'obbligato  in  solido  -  ora  indistintamente  persona  fisica   o
giuridica - che non siano autori della violazione, hanno davanti  due
strade: a) comunicare i dati anagrafici e quelli  della  patente  del
conducente; b) assoggettarsi alla sanzione di cui all'art. 180 C.d.S.
oltre un ulteriore, eventuale, relativa all'infrazione specifica:  in
quest'ultimo caso (l'art. 180 prevede il pagamento di una somma  pari
ad € 357  nel  suo  importo  minimo,  [poi  250  oltre  aggiornamenti
ISTATI]) non vengono detratti i punti. Se tutto si esaurisse  a  cio'
avremmo di fronte l'idea di una Stato veramente venale.  Puo'  essere
cosi? L'art. 180, infatti, sancisce letteralmente ed al comma 8  che,
«chiunque senza  giustificato  motivo  non  ottempera  all'invito  di
presentarsi, entro il  termine  stabilito  nell'invito  medesimo,  ad
uffici di polizia per fornire informazioni od  esibire  documenti  ai
fini dell'accertamento delle violazioni amministrative  previste  dal
presente  codice,  e'  soggetto  alla  sanzione  amministrativa   del
pagamento di una somma come prevista.». 
    E' la  Suprema  Corte  di  cassazione  ad  indicare  la  via  per
conoscere  e  capire  quale  comportamento  vada  sanzionato  con  la
rilevante multa: Ex plurimis, ma tutte univoche, possiamo  ricordare:
«L'art. 180, comma 8, del nuovo  codice  della  strada  prevede  come
illecito punito con sanzione amministrativa il fatto  di  chi,  senza
giustificato  motivo,  non  ottempera  all'invito  dell'autorita'  di
presentarsi, entro il  termine  stabilito  nell'invito  medesimo,  ad
uffici di polizia per fornire informazioni o esibire documenti...  La
fattispecie descritta in tale norma copre  integralmente  un  ipotesi
prima inquadrata nel paradigma dell'art. 650 cod. pen...» [Cass. Pen.
sez. I 612/1993.] e poi  «...  l'inottemperanza,  senza  giustificato
motivo, all'ordine della autorita' di presentarsi, entro  il  termine
da questa stabilito, ad uffici di polizia per fornire informazioni  o
esibire   documenti   ai   fini   dell'accertamento   di   violazioni
amministrative dal detto codice, gia' integrante l'elemento oggettivo
del reato di cui all'art. 650 cod. pen., e' ora punita  con  sanzione
amministrativa dal comma 8 dell'art. 180 del medesimo codice.» [Cass.
Pen. sez. I 157/1993] e ancora «la condotta omissiva  di  chi,  senza
giustificato motivo, «non ottempera  all'invito  della  autorita'  di
presentarsi entro  il  termine  stabilito  nell'invito  medesimo,  ad
uffici di polizia per fornire informazioni  o  esibire  documenti  ai
fini dell'accertamento delle violazioni amministrative  previste  dal
codice della strada, precedentemente punibile ai sensi dell'art.  650
c.p.»  [Cass.  Pen.  sez.   I   757/1993.]   ovvero   «l'inosservanza
dell'invito  per  avere  notizie  ed  informazioni  in  ordine   alla
circolazione di un veicolo o per l'esibizione dei  documenti  non  e'
piu' riconducibile alla ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 650
cod. pen., bensi' all'ipotesi di cui all'art. 180 del C.d.S.  che  al
comma   8    prevede    espressamente    l'inosservanza    all'invito
dell'autorita' di presentarsi... ...tale inosservanza e'  ora  punita
con la sanzione amministrativa...». [Cass. Pen.  sez.  I  2394/1993.]
ora piu' circostanziatamente «In tema di violazioni al  codice  della
strada, integra l'ipotesi di  illecito  amministrativo  previsto  dal
combinato disposto di cui agli artt. 180, comma 8, e 181, comma terzo
C.d.S. (in base al quale risulta sanzionata  l'omessa  collaborazione
(che non puo' mai spingersi sino  ad  obbligare  e  far  indagare  il
titolare del mezzo imponendogli, in piu', di assicurare il  risultato
dell'individuazione  del  conducente,  il  cittadino  deve   prestare
all'autorita' amministrativa la propria collaborazione nel limite del
possibile,  al  fine  di  consentirle  l'espletamento  dei  necessari
accertamenti il comportamento  di  chi,  essendo  stato  invitato  ad
esibire la ricevuta di pagamento della tassa di possesso,  omette  di
recarsi presso gli uffici della polizia stradale.» (cfr.  Cass.  civ.
sez. I3123/2002]. 
    In sostanza, per spiegarci,  l'art.  180  C.d.S.,  basandosi  sul
principio della collaborazione del cittadino con lo Stato, prevede la
sanzione amministrativa per l'ipotesi di inottemperanza, rectius  non
ottemperanza, all'invito di presentarsi presso gli organi di  polizia
per fornire informazioni o esibire documenti; si ricorda  sempre  che
la  non  ottemperanza  all'invito  comporta,   eventualmente,   anche
l'applicazione della sanzione relativa alla  mancanza  del  documento
che si dovrebbe avere. Quindi appare importante che  il  proprietario
sia in regola con i documenti e che collabori con le Istituzioni  con
un comportamento fattivo - fintanto che puo' - al fine di aiutare  le
stesse, contribuendo con i dati che possiede. Si potrebbe chiedere di
piu?! 
    Ma quid juris - del tutto possibile - in cui il proprietario  non
riesca a rintracciare i dati dell'effettivo conducente ed a  fornirli
agli uffici di polizia deve, giocoforza soggiacere ad una sanzione!? 
    Sarebbe iniqua la tesi delle recenti dottrine  che  paventano  la
possibilita',  in  questa  ipotesi,  ovvero  si   applichi   sic   et
simpliciter l'art. 180 C.d.S. Questo perche' la  sanzione  accessoria
della decurtazione dei punti della patente a carico del  proprietario
del veicolo diverrebbe una sanzione «coattiva» (scelta  dalla  utenza
della strada perche' e' il male minore a  prescindere  della  verita'
storica dell'infrazione): o mi dici chi era alla guida (anche se  non
lo  sai)  oppure  ti  decurto  i  punti,  oppure  paghi  la  sanzione
pecuniaria. 
    Ma  l'assunto  rileva  motivazioni  con  aspetti  piu'  puramente
giuridici. La sanzione ex art. 180  C.d.S.,  infatti,  come  ribadito
dalla Corte di cassazione si  sostituisce  con  l'entrata  del  nuovo
codice della strada (1992), per species, al reato di cui all'art. 650
cod. pen. per punire il comportamento di chi  non  collabora  con  le
Istituzioni. Se e' vero, come e' vero, che non si  potrebbe  accusare
una persona del reato di cui all'art. 650 cod. pen. solo per il fatto
che egli non puo' in alcun modo - se escludiamo  la  possibilita'  di
inventarsi un conducente o comunque di autodenunciarsi - fornire  dei
dati richiesti (e' appunto il caso del proprietario della  vettura  e
che non era presente quando fu infranto il codice) allo  stesso  modo
non dovrebbe applicarsi l'art. 180. 
    Tale sanzione - quella di cui al 180 - ove veda il chiamato a non
offrire  comunicazione  di  sorta  anche  se  negativa  potra'  pero'
applicarsi  sempre,  ma  solo  in  tal  caso,  nel  caso  in  cui  il
proprietario «non ottemperi all'invito dell'autorita' di  presentarsi
anche tramite missiva entro  il  termine  stabilito  per  cercare  di
fornire informazioni» cio', quindi con un comortamento di inerzia  e,
appunto, non collaborativo. 
    Insomma al proprietario che si  presenta  dicendo  di  non  poter
risalire all'effettivo conducente  all'epoca  dell'infrazione  potra'
applicarsi - sic et simpliciter - la sanzione ex art. 180,8 C.d.S. ?! 
    Anche il Ministero dell'Interno con la Circolare del  4  febbraio
2005 non contribuisce a chiarire, quando stabilisce: «la sanzione  di
cui all'art. 180 comma  ottavo  C.d.S.  si  applica  a  carico  della
persona fisica responsabile in solido anche nel caso in cui  fornisca
all'organo di polizia indicazioni che, comunque,  non  consentono  di
risalire all'identita' della persona che si  trovava  alla  guida  al
momento della commessa violazione». 
    La materia, oggetto di proliferazione del  legislatore,  contiene
anche elementi di discussione generale,  che  investe  il  giudicante
nella  sfera  della  sua  valutazione  discrezionale  delle   singole
fattispecie. La norma come prodotta, impone il limite  di  respingere
il ricorso e cio' anche per quanto concerne la  sanzione  accessoria,
che non necessariamente puo' o deve vincolarsi a  quella  principale.
Invero  le  singole  fattispecie  oggetto  di  giudizio   comprendono
valutazioni   complessive    da    quelle    personali    a    quelle
psicologiche-relazionali,  lavorative,  familiari,  sociali  che  non
possono contenersi  nell'astrazione  delle  norme  ma  che  in  sedes
insindacabili, si pongono  al  vaglio  umano  del  giudizio  in  se',
diversamente avremmo una giustizia asettica,  fredda  ed  avulsa  dal
«comune  sentire»  e  poco  in  armonia  al  dettato:  «in  nome  del
popolo...». 
    Del resto, il segreto del bravo Legislatore non e'  forse  quello
di    produrre    norme,    che    siano    il    frutto    di    una
condivisione-accettazione  della   maggior   parte   dei   cittadini,
ancorche' destinatari di norme sanzionatorie  per  condotte  illecite
e/o illegittime? Cio' implicherebbe un orientamento ed una produzione
anche dell'attivita' giudiziaria, piu'  rispondente  ai  bisogni  del
popolo,  pur  trovandosi  il  cittadino,  di  fronte  a  sentenze  di
condanna, certamente  non  auspicate,  quantomeno  comprese,  pur  se
soggettivamente non condivise. 
    In ogni caso e' auspicabile  che  1'Ecc.ma  Corte  costituzionale
valuti ancora la materia per far luce sul tema in predicato affinche'
possa esprimersi in modo piu' complessivo e decisivo per chiarire  le
lacune della mens legis. 
    Ove il ricorrente abbia ottemperato all'obbligo di cooperare  con
l'autorita'  rispondendo  all'invito  rivoltogli  la  responsabilita'
omissiva  non  puo'  essergli  imputata,  per  avere  comunque   dato
riscontro all'invito  indipendentemente  dall'esito;  atteso  che  la
responsabilita' penale e' personale (art,27,1 Cost.) e trovandoci  in
materia di depenalizzazione, l'assunto non puo' non avere la medesima
valutazione. Ove si opinasse diversamente ci si  troverebbe  a  dover
infliggere una sanzione a chi presentatosi con  intimazione  ex  art.
650 c.p. e non riuscendo a rispondere positivamente venga  sottoposto
per  tale  «colpa»  a  procedimento  penale  o  soggetto  a  sanzione
pecuniaria ma, cio' violerebbe e confliggerebbe con ogni principio di
certezza e di garanzia dei diritti personali, anche inviolabili, come
tutelati dalla stessa Carta Costituzionale. 
    Del  resto  l'illegittimita'  dichiarata  dell'art.126  bis,  per
quanto concerne la decurtazione dei punti della patente nel  caso  di
mancata identificazione del responsabile dell'infrazione  contestata,
avvalora l'esigenza della contestazione  immediata,  che  costituisce
«scienza  legale»  e  certezza  giuridica  che  va  sempre  praticata
ogniqualvolta sia possibile. Infatti - si Osserva - sarebbe contrario
ad ogni logica giuridica far pagare ad altri una responsabilita'  non
imputabile,  soggettivamente.  Sotto  altri  aspetti,  la   pronuncia
autorevole avanti richiamata, esige una sua applicazione  in  assenza
di specifica disciplina e la comunicazione effettuata nei termini  di
legge, sarebbe in ottemperanza alla cogenza  della  norma,  anche  se
negativa   in   direzione   ai   dati   da    fornire    in    quanto
impossibilitati..... La valutazione va vista sempre sotto il  profilo
giuridico e non emotivo. 
    La sanzione ex art. 180  C.d.S.,  infatti,  come  ribadito  dalla
Corte di cassazione si sostituisce con  l'entrata  del  nuovo  codice
della strada (1992), per species, al reato di cui all'art.  650  cod.
pen. per  punire  il  comportamento  di  chi  non  collabora  con  le
Istituzioni. Se e' vero, come e' vero, che non si  potrebbe  accusare
una persona del reato di cui all'art. 650 cod. pen. solo per il fatto
che egli non puo' in alcun modo  fornire  dei  dati  richiesti,  allo
stesso modo non potra' applicarsi l'art. 180. Con  una  precisazione.
Tale sanzione - quella di  cui  al  180  -  potra'  pero'  applicarsi
sempre, ma solo in tal caso, nel caso in  cui  il  proprietario  «non
ottemperi all'invito dell'autorita'  di  presentarsi,  anche  tramite
missiva,  entro  il  termine  stabilito  per   cercare   di   fornire
informazioni» cio',  quindi,  con  un  comportamento  di  inerzia  e,
appunto, non collaborativo. Insomma al proprietario che  si  presenta
dicendo di non  poter  risalire  all'effettivo  conducente  all'epoca
dell'infrazione potra' applicarsi (e' iniquo?) la  sanzione  ex  art.
180 C.d.S.?! 
    Per chiarezza di esposizione questo  giudicante  Ritiene  che  la
domanda formulata dal  ricorrente  presenti  problemi  in  ordine  al
collegamento armonico delle norme inerenti; 
        si  rileva  che,  appare  legittima   la   solidarieta'   tra
conducente  e  proprietario   dell'autoveicolo   relativamente   alle
sanzioni  pecuniarie,  poiche'  sarebbe  assolutamente  contraria  ai
principi costituzionali ogni disposizione che  consideri  ipotesi  di
responsabilita' oggettiva per le sanzioni  amministrative  personali,
come nel caso dell'art. 126 bis, comma 2 C.d.S.  Laddove  si  ritenga
che la decurtazione dei punti della patente  di  guida  abbia  natura
cautelare,  si  rileva  come  la  legge  risulterebbe  contraria   al
principio  di  ragionevolezza  non  comprendendosi  quale   finalita'
cautelare possa perseguirsi applicando la  sanzione  ad  un  soggetto
diverso da quello che ha commesso l'illecito o comunque obbligarlo  a
subire una sanzione pecuniaria, di  fatto sostitutiva,  ed  oltremodo
onerosa. Onerosa poiche' al  proprietario  in  buona  fede  non  solo
sarebbe richiesto il pagamento della pena pecuniaria principale ed in
piu', a scelta o la decurtazione (a volte anche la sospensione  della
licenza di guida) o alcune centinaia di euro: lo stesso  proprietario
poi non avrebbe azione alcuna in via di regresso poiche' non  conosce
il reale trasgressore). La sanzione colpisce il conducente in  quanto
tale,  ove  identificato   con   contestazione   immediata,   ed   il
proprietario, per la mancata comunicazione all'organo accertatore dei
dati del conducente, ma laddove la risposta sia fornita  nei  termini
di legge con impossibilita' di poter fornire i  dati  del  conducente
l'automatico  pagamento  di  ulteriore   sanzione   (peraltro   assai
onerosa), come detto, risulterebbe alquanto iniqua e contrastante con
il principio della  certezza  giuridica,  ipotizzandosi  un  diritto,
comunque, meramente esattoriale. 
    Appare  evidente  l'irragionevolezza  della   norma   in   ordine
all'automatismo  della  applicazione  della  sanzione;  la  legge  24
novembre  1981  n.  689,  stabilisce  infatti  all'art.3  che  «nelle
violazioni in cui e' applicabile una sanzione amministrativa ciascuno
e' responsabile  della  propria  azione  od  omissione,  cosciente  e
volontaria,  sia  essa  dolosa  o  colposa»,  venendo  sancito  anche
nell'ambito  delle  sanzioni  amministrative  il  principio  che   la
responsabilita' e'  personale  (cfr.  art.  27,  co.  1  Cost.)  cio'
comportando l'impossibilita' di chiamare a rispondere un soggetto  al
posto  di  altri.  In  considerazione  di  cio'  e'  censurabile,  in
relazione all'art. 24, comma 2, Cost. la norma che prevede  l'obbligo
di denuncia a carico del proprietario, soprattutto quando gli  organi
di polizia non siano riusciti ad identificarlo, atteso che  l'obbligo
di  denuncia  sussiste  solo  in  capo  a  determinati  soggetti  che
rivestano pubbliche funzioni, laddove  per  contro  l'imposizione  al
proprietario di denunciare il  conducente  del  veicolo  responsabile
della violazione appare limitare diritto  di  difesa  del  cittadino,
obbligato  a  parlare,  mentre  il  diritto  al  silenzio  e'   ormai
patrimonio acquisito  del  nostro  ordinamento.  Infine,  il  recente
pronunciamento della cassazione sembrerebbe punire chi,  senza  colpa
specifica, non riesca a ricordare chi avebbe usato l'auto di famiglia
ad es.con 2-3 utilizzatori nel  nucleo  familiare,  nel  ricevere  la
contestazione dopo 1-2-3-4-5 mesi. Insomma, se si  domanda  a  taluno
che  cosa  ha  «mangiato»  ieri,  per  il  fatto  di  non   ricordare
meriterebbe la  sanzione  «dell'indigestione»!  Il  proprietario  del
mezzo sarebbe, dunque, obbligato a tenere un diario di bordo pur  non
previsto da alcuna norma. Si equipara la famiglia  alla  societa'  di
persone quando quest'ultima dispone di una organizzazione  mentre  la
prima non ha ne' le caratteristiche soggettive ne' oggettive  con  la
seconda. 
    In considerazione di quanto precede; 
 
                         IL GIUDICE DI PACE 
 
    Ritenuta  la  rilevanza   e   la   non   manifesta   infondatezza
dell'eccezione   formulata,   d'ufficio,   solleva    questione    di
illegittimita' costituzionale: 
        a) dell'art. 180 comma 8 del Codice della Strada, nella parte
in cui prescrive il  presupposto  che  la  persona  fisica  e'  nella
medesima condizione della persona giuridica in termini  organizzativi
e del rischio tipico d'impresa che nell'ambito familiare non ha luogo
basandosi  su  tutt'altri  principi   quali   la   solidarieta',   la
condivisione ecc.; dell'art. 126 bis, comma 2, in relazione  all'art.
180, comma 8, nella parte in cui si esprime letteralmente  «sia  esso
persona fisica»; 
        b) dell'art. 126 bis comma 2, C.d.S. (d.lgs 30  aprile  1992,
n. 285), come modificato con d.l. 27 giugno 2003, n. 151,  convertito
con modificazione dalla  legge  1°  agosto  2003  n.  214  (legge  di
conversione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12  agosto
2003); 
    per violazione degli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione, per  le
ragioni di cui in motivazione.