IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza nelle cause civili iscritte al n. 449/C/07 R.G. promossa da Cicchitelli Antonio residente a Porto Sant'Elpidio (Ascoli Piceno) in proprio, ricorrente, contro Comune di Montelupone in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato presso l'avv. Patrizia Palmieri nel di Lei studio in Macerata alla via T. Lorenzoni n. 33 giusta procura in atti, amministrazione opposta, e n. 617/C/07 R.G. promossa da Caraffi David residente a Montecassiano, rappresentato e difeso dall'Avv. Alberto Serangeli domiciliato nel di lui studio in Macerata, via U. Foscolo n. 7, giusta procura in atti, ricorrente. Contro Comune di Recanati in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Pazzaglia e domiciliato presso l'avv. Antonella Francesca in Recanati via Biagiola n. 1 giusta procura in atti, amministrazione opposta. Visti gli atti dei procedimenti iscritti al n. 449/C/07 e n. 617/C/07 nel Ruolo Generale dell'anno 2007 di questo ufficio e Premesso in fatto che: con ricorsi depositati nella Cancelleria di questo ufficio in data 6 aprile 2007 e 11 aprile 2007 il Sig. Cicchitelli Antonio proponeva opposizione avverso il provvedimento emesso dal Comune di Montelupone (Macerata) con il quale veniva irrogata la sanzione amministrativa, di cui all'art. 126 bis comma 2 CdS perche' ometteva senza giustificato e documentato motivo di fornire i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione; parimenti faceva il sig. David Caraffi per la medesima contestazione nei confronti del Comune di Recanati; i ricorrenti rilevavano che entro il termine prescritto avevano ottemperato all'obbligo di comunicazione e che anche in considerazione al lasso di tempo trascorso non erano in grado di riferire con certezza dato che l'uso del veicolo era destinato a piu' persone; le Amm.ni costituite contestavano la circostanza. Segnalava l'Amm.ne del Comune di Montelupone che anche la Corte di cassazione con sent. n. 10786/2008 che richiama anche altra sentenza della stessa Corte la n. 13748/2007 si esprimeva: «Il proprietario del veicolo (nel caso di specie, un'autoscuola) deve ottemperare all'invito di fornire informazioni sui dati personali e sulla patente di guida della persona cui ha affidato la conduzione del veicolo resasi responsabile di violazioni del codice della strada, e nel caso non possa o non voglia comunicare tali dati ne risponde. (cfr. Cassazione civile, sez. II, 24 aprile 2008, n. 10786). Le parti precisavano come da verbale di udienza del 2 dicembre 2008, il GdP ex art. 23,7 l. 689/81 rinviava per la lettura del dispositivo alla udienza del 26 maggio 2009 alla quale, rimetteva in istruttoria per sottoporre d'ufficio eccezione d'incostituzionalita' come di seguito argomentata Osserva in diritto dalla motivazione dell'impugnato provvedimento amministrativo e' dato rilevare che: Dopo il pronunciamento n. 27/05 della Corte costituzionale in ordine all'art. 180 CdS, le problematiche non sono definitivamente risolte. La sentenza n. 27/05 della Consulta che e' andata a modificare l'art. 126 bis comma secondo d.lgs 285/92 (C.d.S.) - come modificato dal d.l. 151/2003 convertito con modificazioni dalla legge 214/2003 - ha visto molteplici reazioni nel mondo politico, ed in quello sociale e non ultimo in quello giuridico. Tra queste ultime poi non mancano considerazioni che vanno in direzioni diametralmente opposte. Vi si trova, infatti, chi ha osannato alla vittoria per una vera e propria giustizia resa in quanto, l'articolo 126 bis del codice della strada, presentava aspetti di iniquita' palese. Il pronunciamento della Corte costituzionale appare, nella sua applicazione pratica, una opera incompiuta in riferimento all'art. 180 C.d.S. La Corte costituzionale si e' pronunciata sul macchinoso sistema della patente a punti principalmente su un punto: la previsione della decurtazione di punti a carico del proprietario - persona fisica - qualora questi, in mancanza di contestazione immediata della violazione che permette una identificazione immediata del conducente, non comunichi i dati del conducente del veicolo all'epoca dell'infrazione: cio' permetteva agli accertatori di effettuare la decurtazione dei punti della patente al vero trasgressore; nulla di tutto questo, o almeno di fatto diveniva cosi', se il proprietario era una persona giuridica alla quale veniva ad applicarsi, in alternativa alla sanzione accessoria personale, la pena pecuniaria di cui all'art. 180 C.d.S. In realta' anche ulteriori erano gli aspetti posti al vaglio della Consulta da parte dei Giudici di Pace: la determinazione del termine di 30 giorni per fornire gli elementi identificativi del conducente; l'obbligo ex art. 204 bis del versamento cautelare; l'entrata in vigore della disciplina della patente a punti prima che fossero stabiliti programmi per il recupero dei punti stessi. Ma, talune vennero considerate inammissibili ovvero infondate. Ebbene, tornando alla prima censura accolta dalla Ecc.ma Corte Costituzionale, si puo' rilevare che attualmente, nell'ipotesi di non contestazione immediata da parte degli agenti, non e' possibile applicare la decurtazione dei punti prevista dall'art. 126 bis. Questo perche', come solennemente spiegato, detta decurtazione costituisce una sanzione di carattere personale pertanto, la sanzione in predicato dovra' soggiacere alle norme impresse agli artt. 3 e 6 della l. 689/81 dove si prevede una solidarieta' passiva del proprietario del mezzo che ha commesso l'infrazione limitatamente alle sanzioni di natura puramente pecuniarie. La stessa Consulta, poi, si e' dilungata su considerazioni circa l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 180 C.d.S. Ora la carenza di una chiara normativa da' luogo a diversificate interpretazioni. Per tutto quanto in premessa si e' sostenuto che il sistema attuale rectius in seguito alla modifica costituzionale - puo' sintetizzarsi cosi': 1) resta salva la possibilita' di procedere alla contestazione dell'infrazione senza procedere alla identificazione immediata - cioe' sul luogo stesso della infrazione del conducente nelle ipotesi previste dall'art. 4 d.lgs. 121/2002, convertito con legge 168/2002 con invio del verbale al proprietario o agli obbligati in solido ai sensi dell'art. 196 C.d.S. 2) quando invece si tratti di violazione che implica la decurtazione dei punti (e' questo il caso senza dubbio piu' interessante per gli utenti della strada) il proprietario o l'obbligato in solido - ora indistintamente persona fisica o giuridica - che non siano autori della violazione, hanno davanti due strade: a) comunicare i dati anagrafici e quelli della patente del conducente; b) assoggettarsi alla sanzione di cui all'art. 180 C.d.S. oltre un ulteriore, eventuale, relativa all'infrazione specifica: in quest'ultimo caso (l'art. 180 prevede il pagamento di una somma pari ad € 357 nel suo importo minimo, [poi 250 oltre aggiornamenti ISTATI]) non vengono detratti i punti. Se tutto si esaurisse a cio' avremmo di fronte l'idea di una Stato veramente venale. Puo' essere cosi? L'art. 180, infatti, sancisce letteralmente ed al comma 8 che, «chiunque senza giustificato motivo non ottempera all'invito di presentarsi, entro il termine stabilito nell'invito medesimo, ad uffici di polizia per fornire informazioni od esibire documenti ai fini dell'accertamento delle violazioni amministrative previste dal presente codice, e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma come prevista.». E' la Suprema Corte di cassazione ad indicare la via per conoscere e capire quale comportamento vada sanzionato con la rilevante multa: Ex plurimis, ma tutte univoche, possiamo ricordare: «L'art. 180, comma 8, del nuovo codice della strada prevede come illecito punito con sanzione amministrativa il fatto di chi, senza giustificato motivo, non ottempera all'invito dell'autorita' di presentarsi, entro il termine stabilito nell'invito medesimo, ad uffici di polizia per fornire informazioni o esibire documenti... La fattispecie descritta in tale norma copre integralmente un ipotesi prima inquadrata nel paradigma dell'art. 650 cod. pen...» [Cass. Pen. sez. I 612/1993.] e poi «... l'inottemperanza, senza giustificato motivo, all'ordine della autorita' di presentarsi, entro il termine da questa stabilito, ad uffici di polizia per fornire informazioni o esibire documenti ai fini dell'accertamento di violazioni amministrative dal detto codice, gia' integrante l'elemento oggettivo del reato di cui all'art. 650 cod. pen., e' ora punita con sanzione amministrativa dal comma 8 dell'art. 180 del medesimo codice.» [Cass. Pen. sez. I 157/1993] e ancora «la condotta omissiva di chi, senza giustificato motivo, «non ottempera all'invito della autorita' di presentarsi entro il termine stabilito nell'invito medesimo, ad uffici di polizia per fornire informazioni o esibire documenti ai fini dell'accertamento delle violazioni amministrative previste dal codice della strada, precedentemente punibile ai sensi dell'art. 650 c.p.» [Cass. Pen. sez. I 757/1993.] ovvero «l'inosservanza dell'invito per avere notizie ed informazioni in ordine alla circolazione di un veicolo o per l'esibizione dei documenti non e' piu' riconducibile alla ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 650 cod. pen., bensi' all'ipotesi di cui all'art. 180 del C.d.S. che al comma 8 prevede espressamente l'inosservanza all'invito dell'autorita' di presentarsi... ...tale inosservanza e' ora punita con la sanzione amministrativa...». [Cass. Pen. sez. I 2394/1993.] ora piu' circostanziatamente «In tema di violazioni al codice della strada, integra l'ipotesi di illecito amministrativo previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 180, comma 8, e 181, comma terzo C.d.S. (in base al quale risulta sanzionata l'omessa collaborazione (che non puo' mai spingersi sino ad obbligare e far indagare il titolare del mezzo imponendogli, in piu', di assicurare il risultato dell'individuazione del conducente, il cittadino deve prestare all'autorita' amministrativa la propria collaborazione nel limite del possibile, al fine di consentirle l'espletamento dei necessari accertamenti il comportamento di chi, essendo stato invitato ad esibire la ricevuta di pagamento della tassa di possesso, omette di recarsi presso gli uffici della polizia stradale.» (cfr. Cass. civ. sez. I3123/2002]. In sostanza, per spiegarci, l'art. 180 C.d.S., basandosi sul principio della collaborazione del cittadino con lo Stato, prevede la sanzione amministrativa per l'ipotesi di inottemperanza, rectius non ottemperanza, all'invito di presentarsi presso gli organi di polizia per fornire informazioni o esibire documenti; si ricorda sempre che la non ottemperanza all'invito comporta, eventualmente, anche l'applicazione della sanzione relativa alla mancanza del documento che si dovrebbe avere. Quindi appare importante che il proprietario sia in regola con i documenti e che collabori con le Istituzioni con un comportamento fattivo - fintanto che puo' - al fine di aiutare le stesse, contribuendo con i dati che possiede. Si potrebbe chiedere di piu?! Ma quid juris - del tutto possibile - in cui il proprietario non riesca a rintracciare i dati dell'effettivo conducente ed a fornirli agli uffici di polizia deve, giocoforza soggiacere ad una sanzione!? Sarebbe iniqua la tesi delle recenti dottrine che paventano la possibilita', in questa ipotesi, ovvero si applichi sic et simpliciter l'art. 180 C.d.S. Questo perche' la sanzione accessoria della decurtazione dei punti della patente a carico del proprietario del veicolo diverrebbe una sanzione «coattiva» (scelta dalla utenza della strada perche' e' il male minore a prescindere della verita' storica dell'infrazione): o mi dici chi era alla guida (anche se non lo sai) oppure ti decurto i punti, oppure paghi la sanzione pecuniaria. Ma l'assunto rileva motivazioni con aspetti piu' puramente giuridici. La sanzione ex art. 180 C.d.S., infatti, come ribadito dalla Corte di cassazione si sostituisce con l'entrata del nuovo codice della strada (1992), per species, al reato di cui all'art. 650 cod. pen. per punire il comportamento di chi non collabora con le Istituzioni. Se e' vero, come e' vero, che non si potrebbe accusare una persona del reato di cui all'art. 650 cod. pen. solo per il fatto che egli non puo' in alcun modo - se escludiamo la possibilita' di inventarsi un conducente o comunque di autodenunciarsi - fornire dei dati richiesti (e' appunto il caso del proprietario della vettura e che non era presente quando fu infranto il codice) allo stesso modo non dovrebbe applicarsi l'art. 180. Tale sanzione - quella di cui al 180 - ove veda il chiamato a non offrire comunicazione di sorta anche se negativa potra' pero' applicarsi sempre, ma solo in tal caso, nel caso in cui il proprietario «non ottemperi all'invito dell'autorita' di presentarsi anche tramite missiva entro il termine stabilito per cercare di fornire informazioni» cio', quindi con un comortamento di inerzia e, appunto, non collaborativo. Insomma al proprietario che si presenta dicendo di non poter risalire all'effettivo conducente all'epoca dell'infrazione potra' applicarsi - sic et simpliciter - la sanzione ex art. 180,8 C.d.S. ?! Anche il Ministero dell'Interno con la Circolare del 4 febbraio 2005 non contribuisce a chiarire, quando stabilisce: «la sanzione di cui all'art. 180 comma ottavo C.d.S. si applica a carico della persona fisica responsabile in solido anche nel caso in cui fornisca all'organo di polizia indicazioni che, comunque, non consentono di risalire all'identita' della persona che si trovava alla guida al momento della commessa violazione». La materia, oggetto di proliferazione del legislatore, contiene anche elementi di discussione generale, che investe il giudicante nella sfera della sua valutazione discrezionale delle singole fattispecie. La norma come prodotta, impone il limite di respingere il ricorso e cio' anche per quanto concerne la sanzione accessoria, che non necessariamente puo' o deve vincolarsi a quella principale. Invero le singole fattispecie oggetto di giudizio comprendono valutazioni complessive da quelle personali a quelle psicologiche-relazionali, lavorative, familiari, sociali che non possono contenersi nell'astrazione delle norme ma che in sedes insindacabili, si pongono al vaglio umano del giudizio in se', diversamente avremmo una giustizia asettica, fredda ed avulsa dal «comune sentire» e poco in armonia al dettato: «in nome del popolo...». Del resto, il segreto del bravo Legislatore non e' forse quello di produrre norme, che siano il frutto di una condivisione-accettazione della maggior parte dei cittadini, ancorche' destinatari di norme sanzionatorie per condotte illecite e/o illegittime? Cio' implicherebbe un orientamento ed una produzione anche dell'attivita' giudiziaria, piu' rispondente ai bisogni del popolo, pur trovandosi il cittadino, di fronte a sentenze di condanna, certamente non auspicate, quantomeno comprese, pur se soggettivamente non condivise. In ogni caso e' auspicabile che 1'Ecc.ma Corte costituzionale valuti ancora la materia per far luce sul tema in predicato affinche' possa esprimersi in modo piu' complessivo e decisivo per chiarire le lacune della mens legis. Ove il ricorrente abbia ottemperato all'obbligo di cooperare con l'autorita' rispondendo all'invito rivoltogli la responsabilita' omissiva non puo' essergli imputata, per avere comunque dato riscontro all'invito indipendentemente dall'esito; atteso che la responsabilita' penale e' personale (art,27,1 Cost.) e trovandoci in materia di depenalizzazione, l'assunto non puo' non avere la medesima valutazione. Ove si opinasse diversamente ci si troverebbe a dover infliggere una sanzione a chi presentatosi con intimazione ex art. 650 c.p. e non riuscendo a rispondere positivamente venga sottoposto per tale «colpa» a procedimento penale o soggetto a sanzione pecuniaria ma, cio' violerebbe e confliggerebbe con ogni principio di certezza e di garanzia dei diritti personali, anche inviolabili, come tutelati dalla stessa Carta Costituzionale. Del resto l'illegittimita' dichiarata dell'art.126 bis, per quanto concerne la decurtazione dei punti della patente nel caso di mancata identificazione del responsabile dell'infrazione contestata, avvalora l'esigenza della contestazione immediata, che costituisce «scienza legale» e certezza giuridica che va sempre praticata ogniqualvolta sia possibile. Infatti - si Osserva - sarebbe contrario ad ogni logica giuridica far pagare ad altri una responsabilita' non imputabile, soggettivamente. Sotto altri aspetti, la pronuncia autorevole avanti richiamata, esige una sua applicazione in assenza di specifica disciplina e la comunicazione effettuata nei termini di legge, sarebbe in ottemperanza alla cogenza della norma, anche se negativa in direzione ai dati da fornire in quanto impossibilitati..... La valutazione va vista sempre sotto il profilo giuridico e non emotivo. La sanzione ex art. 180 C.d.S., infatti, come ribadito dalla Corte di cassazione si sostituisce con l'entrata del nuovo codice della strada (1992), per species, al reato di cui all'art. 650 cod. pen. per punire il comportamento di chi non collabora con le Istituzioni. Se e' vero, come e' vero, che non si potrebbe accusare una persona del reato di cui all'art. 650 cod. pen. solo per il fatto che egli non puo' in alcun modo fornire dei dati richiesti, allo stesso modo non potra' applicarsi l'art. 180. Con una precisazione. Tale sanzione - quella di cui al 180 - potra' pero' applicarsi sempre, ma solo in tal caso, nel caso in cui il proprietario «non ottemperi all'invito dell'autorita' di presentarsi, anche tramite missiva, entro il termine stabilito per cercare di fornire informazioni» cio', quindi, con un comportamento di inerzia e, appunto, non collaborativo. Insomma al proprietario che si presenta dicendo di non poter risalire all'effettivo conducente all'epoca dell'infrazione potra' applicarsi (e' iniquo?) la sanzione ex art. 180 C.d.S.?! Per chiarezza di esposizione questo giudicante Ritiene che la domanda formulata dal ricorrente presenti problemi in ordine al collegamento armonico delle norme inerenti; si rileva che, appare legittima la solidarieta' tra conducente e proprietario dell'autoveicolo relativamente alle sanzioni pecuniarie, poiche' sarebbe assolutamente contraria ai principi costituzionali ogni disposizione che consideri ipotesi di responsabilita' oggettiva per le sanzioni amministrative personali, come nel caso dell'art. 126 bis, comma 2 C.d.S. Laddove si ritenga che la decurtazione dei punti della patente di guida abbia natura cautelare, si rileva come la legge risulterebbe contraria al principio di ragionevolezza non comprendendosi quale finalita' cautelare possa perseguirsi applicando la sanzione ad un soggetto diverso da quello che ha commesso l'illecito o comunque obbligarlo a subire una sanzione pecuniaria, di fatto sostitutiva, ed oltremodo onerosa. Onerosa poiche' al proprietario in buona fede non solo sarebbe richiesto il pagamento della pena pecuniaria principale ed in piu', a scelta o la decurtazione (a volte anche la sospensione della licenza di guida) o alcune centinaia di euro: lo stesso proprietario poi non avrebbe azione alcuna in via di regresso poiche' non conosce il reale trasgressore). La sanzione colpisce il conducente in quanto tale, ove identificato con contestazione immediata, ed il proprietario, per la mancata comunicazione all'organo accertatore dei dati del conducente, ma laddove la risposta sia fornita nei termini di legge con impossibilita' di poter fornire i dati del conducente l'automatico pagamento di ulteriore sanzione (peraltro assai onerosa), come detto, risulterebbe alquanto iniqua e contrastante con il principio della certezza giuridica, ipotizzandosi un diritto, comunque, meramente esattoriale. Appare evidente l'irragionevolezza della norma in ordine all'automatismo della applicazione della sanzione; la legge 24 novembre 1981 n. 689, stabilisce infatti all'art.3 che «nelle violazioni in cui e' applicabile una sanzione amministrativa ciascuno e' responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa», venendo sancito anche nell'ambito delle sanzioni amministrative il principio che la responsabilita' e' personale (cfr. art. 27, co. 1 Cost.) cio' comportando l'impossibilita' di chiamare a rispondere un soggetto al posto di altri. In considerazione di cio' e' censurabile, in relazione all'art. 24, comma 2, Cost. la norma che prevede l'obbligo di denuncia a carico del proprietario, soprattutto quando gli organi di polizia non siano riusciti ad identificarlo, atteso che l'obbligo di denuncia sussiste solo in capo a determinati soggetti che rivestano pubbliche funzioni, laddove per contro l'imposizione al proprietario di denunciare il conducente del veicolo responsabile della violazione appare limitare diritto di difesa del cittadino, obbligato a parlare, mentre il diritto al silenzio e' ormai patrimonio acquisito del nostro ordinamento. Infine, il recente pronunciamento della cassazione sembrerebbe punire chi, senza colpa specifica, non riesca a ricordare chi avebbe usato l'auto di famiglia ad es.con 2-3 utilizzatori nel nucleo familiare, nel ricevere la contestazione dopo 1-2-3-4-5 mesi. Insomma, se si domanda a taluno che cosa ha «mangiato» ieri, per il fatto di non ricordare meriterebbe la sanzione «dell'indigestione»! Il proprietario del mezzo sarebbe, dunque, obbligato a tenere un diario di bordo pur non previsto da alcuna norma. Si equipara la famiglia alla societa' di persone quando quest'ultima dispone di una organizzazione mentre la prima non ha ne' le caratteristiche soggettive ne' oggettive con la seconda. In considerazione di quanto precede; IL GIUDICE DI PACE Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza dell'eccezione formulata, d'ufficio, solleva questione di illegittimita' costituzionale: a) dell'art. 180 comma 8 del Codice della Strada, nella parte in cui prescrive il presupposto che la persona fisica e' nella medesima condizione della persona giuridica in termini organizzativi e del rischio tipico d'impresa che nell'ambito familiare non ha luogo basandosi su tutt'altri principi quali la solidarieta', la condivisione ecc.; dell'art. 126 bis, comma 2, in relazione all'art. 180, comma 8, nella parte in cui si esprime letteralmente «sia esso persona fisica»; b) dell'art. 126 bis comma 2, C.d.S. (d.lgs 30 aprile 1992, n. 285), come modificato con d.l. 27 giugno 2003, n. 151, convertito con modificazione dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 (legge di conversione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12 agosto 2003); per violazione degli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione, per le ragioni di cui in motivazione.