IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 657 del 2911, proposto da: Anna Allegro, Cinzia Apicella, Vincenzo Beatrice, Maria Teresa Belmonte, Maria Bottoni, Raffaela Caccavale, Giuseppe Cacciapuoti, Pierpaolo Calabrese, Paolo Cassano, Natalia Ceccarelli, Fabrizio Ciccone,Furio Cioffi, Vito Colucci, Monica D'Agostino, Rosa D'Apice; Marianna D'Avino, Francesco De Falco Giannone, Maria Elena Del Forno, Gaetano De Luca; Sergio De Luca, Vincenzo Di Florio; Giuseppa D'Inverno, Domenico Diograzia, Annachiara Di Paolo, Angelo Di Popolo, Francesco Paolo Feo, Vincenzo Ferrara, Giovan Francesco Fiore, Antonella Giannelli, Patrizia Grasso, Elena Guarino, Gaetano Gugliermo, Geraldina Gugliermo, Maria .........., Gennaro Iannarone, Giovanna Lerose, Luigi Levita, Andrea Luce, Ciro Luce, Donatella Mancini, Catello Matano, Antonio Giovanni Materia, Sonia Matarazzo, Maria Chiara Minerva, Marianna Molinario, Marielda Montefusco, Giovanna Pacifico, Gabriella Passaro, Roberto Patscot, Sossio Lucio Antonio Pellecchia, Aquilina Picciocchi, Arturo Pizzella Michele Rescigno, Giuseppe Riccardi, Maria Cristina Rizzi, Marcello Rotondi, Sofia Rotunno, Giancarlo Russo, Maria Maddalena Russo, Vittorio Santoro, Renata Sessa, Antonio Sicuranza, Licia Tomay, Maria Troisi, Michele Videtta, Salvatore Russo, Antonio Rosario Luigi Guerriero; Paola Galdo, tutti rappresentati e difesi dagli avv. Vittorio Angiolini, Marco Cuniberti e Luigi Imperlino, con domicilio in Salerno, alla via Agostino Nifo, 2 c/o avv. Ferrara; Contro Ministero della Giustizia e Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliata per legge in Salerno al corso Vittorio Emanuele, n. 58; e con l'intervento di Mario Pagano, rappresentato e difeso dall'Avv. Salvatore Petillo, con il quale e' ex lege domiciliato presso la Segreteria del Tribunale; Per il riconoscimento del diritto al trattamento retributivo spettante senza tener conto delle decurtazioni di cui al comma 22 dell'art. 9 del D.L. n.78/2010, come convertito con modifiche legge n. 122/2010. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Ministero dell'Economia e delle Finanze; Visto l'atto di intervento; Relatore della camera di consiglio del giorno 19 maggio 2011 il dott. Giovanni Grasso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Premesso: a) che - con ricorso notificato in data 5 aprile 2011 e ritualmente depositato il 22 aprile successivo, i ricorrenti - nella dedotta e comune qualita' di magistrati ordinari in servizio presso Uffici giudiziari ricompresi nell'ambito di competenza territoriale dell'adito giudicante ed assoggettati, in quanto tali, alle decurtazioni del rispettivo trattamento retributivo derivanti dalla applicazione delle disposizioni finanziarie contenute nel comma 22 dell'art. 9 del d.l. 31 marzo 2010, n. 78, come convertito con modificazioni dalla 1. 30 luglio 2010, n. 122 instavano per la declaratoria di illegittimita' delle ridette misure, con consequenziale riconoscimento del diritto al trattamento retributivo asseritamente spettante, senza tener conto delle contestate riduzioni, all'uopo prospettando violazione di legge sotto plurimo profilo ed, altresi', ventilando la sospetta illegittimita' costituzionale della evocata normativa primaria; b) che le intimate Amministrazioni si sono costituite in giudizio, a mezzo della difesa erariale, diffusamente argomentando l'infondatezza del ricorso; c) che - con atto depositato in esito alla camera di consiglio fissata per la discussione della incidentale istanza cautelare - veniva spiegato atto di intervento ad adiuvandum; Considerato che, in forza dell'art 9 comma 22 del d.l. n. 78/2010 cit., quale risultante dalle modifiche introdotte con la legge di conversione), con la c.d. manovra economica 2010), veniva, per quanto di interesse, previsto, per il personale di cui alla legge n. 27/1981: a) che «non [fossero] erogati, senza possibilita' di recupero, gli acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012»; b) che «per il biennio 2013-2015 l'acconto spettante per l'anno 2014 [fosse] pari alla misura gia' prevista per l'anno 2010 e il conguaglio per l'anno 2015 [venisse] determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014; c) che «l'indennita' speciale di cui all'articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, spettante negli anni 2011, 2012 e 2013, fosse ridotta del l5 per cento per l'anno 2011, del 25 per cento per l'anno 2012 e del 32 per cento per l'anno 2013», con riduzione non operante ai fini previdenziali; Ritenuto che - avuto riguardo - alla concreta incidenza della richiamata normativa sui trattamenti stipendiali dei ricorrenti - si appalesa, in parte qua e per quanto di ragione, non manifestamente infondato, sotto plurimo e concorrente rispetto, il dubbio di legittimita' costituzionale della censurata manovra finanziaria; Ritenuto, avuto in primis riguardo alle misure incidenti, nei rammentati sensi, sugli automatismi stipendiali che caratterizzano la progressione economica dei magistrati: a) che le stesse (in ispecie se - come occorso con le recenti manovre finanziarie reiterate e non occasionali) appaiono in contraddizione con il principio (desurnibile dall'art. 104, 1° comma Cost.) per cui il trattamento economico dei mgistrati non puo' ritenersi nella libera disponibilita' del potere, legislativo o maiari causa del potere esecutivo, trattandosi, appunto, di un aspetto essenziale per attuare il precetto costituzionale dell'indipendenza; b) che invero, come piu' volte ribadito dal giudice delle - leggi, il meccanismo del c.d. adeguamento automatico (essenzialmente fondato sulla garanzia di un aumento delle retribuzioni, che, sulla base di indici appositamente ed obiettivamente elaborati dall'Istituto, centrale di statistica, viene assicurato «di diritto», ogni triennio, nella misura percentuale pari alla media degli incrementi realizzati nel triennio precedente dalle altre categorie del pubblico impiego) rappresenta un elemento intrinseco della struttura delle retribuzioni in discorso, inteso alla "attuazione del precetto costituzionale dell'indipendenza dei magistrati, che va salvaguardato anche sotto il profilo economico" (Corte cost. 16 gennaio 1978, n. 1), "evitando fra l'altro che essi siano soggetti a periodiche rivendicazioni nei confronti di altri poteri (Corte Cost. 10 febbraio 1993, n. 42), concretizzando "una guarentigia idonea a tale scopo" (Corte cost. sentenza 8 maggio 1990, n. 238); c) che, del resto, la tradizione costituzionale italiana risulta, sul punto, confermata e rafforzata dalla c.d. Magna carta dei Giudici, approvata a Strasburgo il 17 novembre 2010 dal Consiglio d'Europa - Comitato consultivo dei Giudici europei (CCJE) (la quale, seppur beninteso priva ex se di valore cogente sotto il profilo giuridico, costituisce una, decisione fondamentale alla cui luce devono essere interpretate le disposizioni interne, per la sua autorevole fonte di provenienza, esprimendo il CCJE le «tradizioni costituzionali» dei quarantasette Stati europei che ne sono membri): secondo l'espresso disposto degli artt. 2 e 4 della Carta in particolare, l'indipendenza dell'ordine giudiziario rispetto ai poteri legislativo ed esecutivo va garantita anche sotto il profilo della tutela finanziaria, della retribuzione dei Magistrati, e l'art. 7 prevede espressamente che «il giudice deve beneficiare di una remunerazione e di un sistema previdenziale adeguati e garantiti dalla legge, che lo mettano al riparo da ogni indebita influenza»; d) che, in definitiva, alla luce degli evocati principi e direttive costituzionali, deve ritenersi che trattamento economico dei magistrati debba essere (oltreche' «adeguato» alla quantita' e qualita' del lavoro prestato, come imposto, in termini generali, dall'art. 36 della Costituzione) certo e costante, e in generale non soggetto a decurtazioni (tanto piu' se periodiche o ricorrenti), concretanti, come tali, una surrettizia menomazione delle garanzie della sua indipendenza ed autonomia; Ritenuto, avuto distinto riguardo alla (diversa ed autonoma misura della) contestata riduzione percentuale della indennita' integrativa speciale: a) che (trattandosi obiettivamente, come non e' dato di dubitare anche alla luce del contesto normativo in cui e' stata codificata, di prestazione patrimoniale imposta di natura sostanzialmente tributaria, come tale assoggettata ai vincoli di cui agli artt. 23 e 53 della Carta costituzionale), la sua previsione (esclusivamente rimessa, al di la' del nomen juris utilizzato, alla normativa primaria, in forza dei principi di legalita' e sostanzialita' dei tributi) avrebbe dovuto gravare, a parita', di redditi incisi, su «tutti» i cittadini (c.d. principio di generalita' delle imposte), in ragione della loro capacita' contributiva, in un sistema informato a criteri di progressivita' (c.d. principio di progressivita'); b) che, per tal via - avuto riguardo al comune e condiviso intendimento del requisito della capacita' contributiva scolpito all'art. 53 Cost. quale "valore" diretto ad orientare, nel quadro di una complessiva "razionalita'" impositiva, la discrezionalita' del legislatore in ordine alla prefigurazione e configurazione dei fenomeni tributari - deve ritenersi che limite espresso all'azione impositiva sia quello per cui «a situazioni uguali, corrispondano tributi uguali»: di tal che, anche, alla luce del correlato principio di' uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e del principio solidaristico di cui all'art. 2, il sacrificio patrimoniale che - per non implausibili e contingenti ragioni di contenimento della spesa pubblica - incida soltanto sulla condizione e sul patrimonio di una determinata categoria di pubblici impiegati, lasciando indenni, a parita' di capacita' reddituale, altre categorie di lavoratori (essenzialmente e segnatamente autonomi), risulterebbe arbitrario ed irragionevole (arg. ex Corte cost. [ord.] 14 luglio 1999, n. 299; e cfr. Id. 18 luglio 1997, n. 245); c) che - allora - riguardando la contestata misura riduttiva della indennita' integrativa speciale (che e' componente essenziale del trattamento retributivo del magistrato: cfr. sul punto Corte cost. [ordd.] 23 ottobre 2008, n. 346 e 14 maggio 2008, n. 137, nonche', ex permuliis, Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 1993, n. 401) solo i magistrati e nessuna altra categoria, e' lecito opinare che si tratti, in sostanza, di selettivo ed odioso tributo speciale ratione subiecti (verisimilmente ma abusivamente alternativo ad una omogenea, proporzionata e generalizzata accentuazione carico fiscale «imposta dalle valorizzate contingenze finanziarie); d) che - sotto distinto e concorrente rispetto - si tratta altresi' di tributo sostanzialmente regressivo, poiche' (essendo, come e' noto, l'indennita' integrativa speciale ex art. 3 legge n. 27 del 1981 corrisposta in misura uguale ad ogni magistrato, indipendentemente dall'anzianita' di servizio) finisce per colpire (in violazione del canone di cui al secondo comma dell'53 Cost.) in misura minore i magistrati con retribuzione complessiva piu' elevata ed in misura maggiore i magistrati con retribuzione complessiva inferiore; e) che - in disparte le considerazioni che precedono - gli interventi normativi per cui e' causa appaiono anche'essi, per le ragioni gia' esposte (e che percio' non giova ripetere) in contraddizione con il principio per cui il trattamento economico dei magistrati non puo' ritenersi nella libera disponibilita' del Legislativo o dell'Esecutivo, trattandosi di aspetto essenziale per attuare il precetto costituzionale dell'indipendenza (art. 104, primo comma Cost.; e cfr., proprio in relazione alla, indennita' integrativa speciale in quanto assoggettata al meccanismo di adeguamento automatico, Cost Cost. n 238/1990, cit. supra); f) che, sotto altro aspetto, l'art. 9 comma 22 cit. si pone altresi' in contrasto con l'art. 36 della Costituzione, in quanto la prefigurata ed incisiva riduzione "proporzione' tra la retribuzione complessiva del magistrato ed il lavoro giudiziario svolto, inteso complessivamente come l'insieme delle attivita' materiali, delle attivita' giuridiche, delle responsabilita' e degli oneri su di esso gravanti e cio' in quanto - riconoscendo la legge come "adeguato" il complessivo trattamento economico solo in quanto integrato dalla indennita' integrativa speciale - una decurtazione di quest'ultima, a parita' dell'attivita' svolta e degli oneri incontrati (che l'indennita' in questione mira, come e' noto', a compensare in termini omnicomprensivi), costituisce in sostanza una palese alterazione dei principi di proporzione e adeguatezza degli stipendi; g) che, per giunta, l'ingiustificata ed indifferenziata riduzione dell'indennita' giudiziaria a tutti i magistrati, a prescindere dalla posizione giuridico economica e dal trattamento economico complessivo in godimento, costituisce di per se' violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.: e cio' in quanto, essendo la misura dell'indennita' giudiziaria, uguale per tutti i magistrati proprio perche' sono uniformi gli "oneri" che essi incontrano nello svolgimento della loro attivita', il paradossale risultato della omogenea riduzione percentuale e' di compensare in modo minore i magistrati con minore anzianita' di servizio, che sono notoriamente impegnati principalmente in sedi disagiate con evidente esposizione a rischi ed oneri spesso di fatto maggiori dei magistrati piu' anziani; h) che - in definitiva - pare lecito assumere che la contestata riduzione del trattamento retributivo si appalesi, alla luce degli esposti rilievi, irragionevole e disparitaria, violativa del principio di autonomia ed indipendenza anche economica della magistratura, nonche' del canone di proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione, costituendo, altresi', tributo occulto, speciale e regressivo, violazione degli articoli 3, 23, 36, 53, 104 Cost; Ritenuto che, alla luce dei riassunti rilievi, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 22 cit. si appalesa prima facie: a) rilevante, in quanto la disposizione costituisce unico ed immediato paradigma normativo di riferimento delle contestate misure applicative, i cui ventilati profili di postulano anche in sedi di delibazione della articolata istanza cautelare la relativa verifica di compatibilita' costituzionale; b) non manifestamente infondata, alla luce delle esposte considerazioni critiche; Visto l'art. 23 della legge cost. n. 87/1953; Riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa la soluzione dell'incidente di costituzionalita';