IL TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE 

 
    Riunito in camera di consiglio, composto dagli Ill.mi sigg.: 
    1) Elefante dott. Antonino - Presidente; 
    2) Scola dott. Aldo - Consigliere di Stato; 
    3) Forte dott. Fabrizio - Consigliere di Cassazione; 
    4) Metro dott. Adolfo - Consigliere di Stato rel. est.; 
    5) Franco dott. Amedeo - Consigliere di Cassazione; 
    6) Russo dott. Silvestro Maria - Consigliere di Stato; 
    7) Giardina dott. Pasquale - Giudice tecnico. 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  collegiale  nella  causa
iscritta nel Ruolo generale dell'anno 2010 al  n.  250,  vertita  tra
Ditta individuale Georg Beikircher, in persona dell'omonimo titolare,
rappresentato e  difeso  dall'avv.  Anton  von  Walther  e  dall'avv.
Massimo Colarizi, con domicilio eletto nello studio  di  quest'ultimo
in Roma, via Panama n. 12; 
    Ricorrente contro: Provincia autonoma di Bolzano, in persona  del
suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,  rappresentata  e
difesa dagli avv.ti Renate von Guggenberg,  Maria  Larcher,  Cristina
Bernardi e dall'avv. Michele Costa, con domicilio  eletto  presso  lo
studio di quest'ultimo in Roma, via Bassano del Grappa n. 24,  giusta
delega a margine della comparsa di costituzione; 
    Resistente oggetto: 
    annullamento del decreto dell'assessore all'urbanistica, ambiente
ed energia della Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige,  n.  prot.
74.05.02/460880 del 6 agosto 2010, avente ad  oggetto:  «GD/8414/0  -
Titolo   comprovante   la   disponibilita'   delle   aree»,    previa
disapplicazione dell'art. 3  comma  5  della  legge  della  Provincia
autonoma di Bolzano-Alto Adige del 30  settembre  2005,  n.  7,  come
modificato dall'art. 10 della legge provinciale 22 gennaio  2010,  n.
2, nonche' dell'art. 11 della menzionata legge provinciale n.  2/2010
e, in subordine: annullamento del  provvedimento  menzionato,  previa
rimessione alla Corte costituzione della  questione  di  legittimita'
costituzionale delle menzionate leggi; 
    in   ulteriore   subordine:   annullamento   del    provvedimento
menzionato, previa sottoposizione alla Corte di giustizia dell'Unione
europea, nell'ambito di un giudizio interpretativo  pregiudiziale  ex
art. 267 del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea,  di
alcuni quesiti in merito alle menzionate leggi provinciali. 


				 
                                Fatto 

 
    Con ricorso rubricato al R.G. n. 250/10 il ricorrente ha chiesto,
dinanzi a questo Tribunale, l'annullamento del decreto dell'assessore
all'urbanistica, ambiente ed  energia  della  Provincia  autonoma  di
Bolzano prot. 74.05.02/460880 del 6 agosto 2010,  che  ha  dichiarato
l'inammissibilita' della  domanda  di  concessione  d'acqua  a  scopo
idroelettrico prot. GD/8414/0 perche', nelle more  del  procedimento,
era intervenuta la legge provinciale  22  gennaio  2010,  n.  2  che,
all'art. 11, ai fini del rilascio della concessione, ha previsto  che
sia provata la previa disponibilita'  delle  aree  interessate  dalla
concessione. 
    La  norma  ha,  infatti,  disposto  che:  «Per  le   domande   di
derivazione a scopo idroelettrico con una potenza nominale media fino
a 3 MW gia' presentate e non ancora istruite, il  titolo  comprovante
la disponibilita' delle aree interessate dagli eventuali  impianti  e
infrastrutture da realizzare va presentato entro e non oltre i cinque
mesi successivi all'entrata in vigore della  presente  disposizione»;
la stessa legge provinciale, inoltre, con  l'art.  10,  comma  1,  ha
cosi' modificato  l'art.  3,  comma  5  della  legge  provinciale  30
settembre 2005, n. 7: «L'assessore provinciale competente in  materia
di acque pubbliche ed energia dichiara inammissibili  e  respinge  le
domande inattuabili o contrarie al buon regime delle acque o ad altri
interessi generali; dichiara altresi'  inammissibili  le  domande  di
derivazione a scopo idroelettrico con una potenza nominale media fino
a 3 MW, non corredate dal titolo comprovante la disponibilita'  delle
aree  interessate  dagli  eventuali  impianti  e  infrastrutture   da
realizzare». 
    Il  ricorrente  afferma  l'illegittimita'  del  provvedimento  di
declaratoria  di  inammissibilita'   della   domanda   dalla   stessa
presentata,  per  illegittimita'  costituzionale  della  legislazione
provinciale, sostenendo i seguenti motivi: 
    contrasto delle cit. norme con il diritto comunitario, in  quanto
viene favorito il rilascio di concessioni idroelettriche  a  soggetti
che sono gia' proprietari, o detentori ad  altro  titolo,  dei  fondi
interessati; la norma si porrebbe, quindi, in contrasto con l'art. 34
del Trattato dell'Unione europea (T.F.U.E.), perche' favorirebbe  gli
imprenditori «radicati» sul territorio e con gli artt. 49  e  56  del
medesimo  Trattato,  perche'  farebbe  venir  meno  la  liberta'   di
stabilimento;  inoltre,  le  norme  sarebbero  in  contrasto  con  la
direttiva comunitaria n. 2003/54/CE, in materia di  energia,  perche'
in violazione del  principio  dell'art.  6  di  non  discriminazione,
nonche' con la disposizione che prevede l'obiettivo  della  Comunita'
di  raggiungere  una  quota  pari  al  20%  dell'energia   da   fonti
rinnovabili; ulteriore contrasto sarebbe rinvenibile con la direttiva
n. 2001/77/CE, che favorisce la promozione dell'energia elettrica  da
fonti energetiche rinnovabili attraverso la riduzione degli  ostacoli
normativi e la razionalizzazione  delle  procedure  di  accesso,  che
devono essere oggettive, trasparenti e non discriminatorie; in  forza
di tali principi, pertanto,  le  norme  impugnate  dovrebbero  essere
disapplicate, perche' contrastanti con  disposizioni  comunitarie  di
immediata vigenza nel diritto nazionale (self-executing); 
    in subordine, si sostiene l'incostituzionalita' degli artt. 10  e
11 della legge provinciale n. 2/10 per contrasto con gli artt. 3,  41
e 117 della Costituzione; si afferma, inoltre,  il  contrasto  con  i
principi del T.U. n. 1775/33 sulle acque pubbliche (art. 9),  con  le
linee guida  di  cui  al  decreto  ministeriale  10  settembre  2010,
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n.  219/2010  e  con  il  decreto
legislativo 28 dicembre 2003, n. 387, di resezione della direttiva n.
2001/77/CE  che,  all'art.  12,  cosi'  dispone:  «Le  opere  per  la
realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonche'
le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione
e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma
3, sono di pubblica utilita' ed indifferibili ed  urgenti»;  da  tale
norma  risulta,  infatti,  la  chiara  volonta'  del  legislatore  di
favorire la realizzazione di impianti da fonti  rinnovabili  mediante
procedure di esproprio coattivo. 
    Le norme impugnate, inoltre,  violerebbero  l'ordinamento  civile
attraverso la  sostanziale  abrogazione  dell'art.  1033  del  codice
civile, per violazione della competenza statale esclusiva in  materia
di ordinamento civile (art. 117, lettera 1) della  Costituzione,  con
riferimento alle sentenze n. 438/07, n. 184/07, n. 106/05 della Corte
Cost.). 
    Successivamente alla proposizione del ricorso entrava  in  vigore
la legge provinciale 21 dicembre 2011, n.  15  che,  con  l'art.  24,
comma 1, ha ulteriormente modificato l'art. 3, comma  5  della  legge
provinciale  n.  7/05  disponendo,  che  «Il  titolo  comprovante  la
disponibilita' delle aree interessate  ai  fini  della  realizzazione
degli interventi predetti puo' essere presentato  in  ogni  momento».
«Ai fini della legge provinciale 15 aprile 1991, n. 10, e  successive
modifiche,  sono  considerate  di  pubblica  utilita'  le  opere  per
impianti con potenza nominale superiore a 3 MW». 
    Pertanto, la  legge  provinciale  n.  10/91  sugli  espropri,  in
adeguamento al novellato art. 5, comma 3 della legge  provinciale  n.
7/05, e' stata modificata nel senso che  soltanto  gli  impianti  con
potenza nominale sopra i 3 MW sono considerati di pubblica utilita'. 
    Tale disposizione, privando del carattere di P.U. le  concessioni
di impianti inferiori a 3 MW ha sostanzialmente reso coerenti con  la
declaratoria di Pubblica utilita' le impugnate  disposizioni  di  cui
alla legge provinciale n. 2/10, nella parte in cui queste prescrivono
che i soggetti interessati debbono  comprovare  la  proprieta'  delle
aree, non potendo piu' attribuirsi al rilascio della  concessione,  a
seguito della dichiarazione  di  P.U.,  indifferibilita'  ed  urgenza
dell'opera, l'effetto di poter ottenere la disponibilita' delle  aree
interessate dalla concessione. 
    Alle disposizioni della legge provinciale n. 15/11 vanno, quindi,
riferiti tutti i motivi di gravame gia' proposti nei confronti  della
legge provinciale n. 2/10, potendo la Corte costituzionale  sollevare
d'ufficio anche questione di costituzionalita' di norme sopravvenute. 
    Si e' costituita in giudizio la  Provincia  di  Bolzano,  che  ha
affermato la legittimita' della disciplina impugnata, sia perche'  la
previa disponibilita' delle aree e' stabilita dall'ordinamento per lo
svolgimento di qualsiasi attivita' edilizia,  sia  perche'  sarebbero
infondate le osservazioni sulla violazione degli artt. 34,  49  e  56
del T.F.U.E., in quanto non sussisterebbe disparita'  di  trattamento
tra gli operatori del  mercato  energetico,  trovandosi  tutti  nella
necessita' di doversi accordare con i proprietari dei fondi e perche'
il diritto di proprieta' trova  tutela  nella  Costituzione  e  nella
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali. 
    La «ratio» della impugnata normativa  avrebbe,  quindi,  il  solo
scopo di favorire l'accelerazione  delle  procedure  di  concessione,
lasciando invariata la procedura coattiva solo per  gli  impianti  di
oltre 3 MW, rispetto ai quali sarebbe evidente il perseguimento di un
interesse pubblico. 
    Si  sostiene,  inoltre,  che  le   direttive   richiamate   dalla
ricorrente non sono vincolanti per gli stati  membri  e  lascerebbero
gli stessi  liberi  in  ordine  alla  loro  attuazione,  non  essendo
strutturate in  modo  tale  da  poter  trovare  diretta  applicazione
nell'ambito dell'ordinamento interno. 
    In subordine, si rileva che la Provincia,  titolare  di  potesta'
legislativa concorrente  relativamente  alle  grandi  derivazioni  di
acqua pubblica, deve ritenersi competente per le piccole derivazioni,
alle quali puo' riservare una  differente  disciplina,  posto  che  i
principi dell'ordinamento non prevedono che tutte  le  opere  per  la
costruzione  di  impianti  idroelettrici  debbono   considerarsi   di
pubblica utilita', indifferibili ed urgenti. 
    Ne' la disciplina  provinciale  pone  limiti  all'istituto  della
servitu' di acquedotto coattivo perche', ai sensi dell'art. 1037  del
codice civile, chi vuol far passare condotte sul  fondo  altrui  deve
dimostrare di poter disporre dell'acqua  stessa  per  il  periodo  di
tempo per il quale chiede il passaggio. 
    Non  sussisterebbero,  infine,  ne'  i  vizi  di  violazione  del
principio  di  concorrenza,  in  quanto  tutti   gli   operatori   si
troverebbero   sullo   stesso   piano   nel   dover   dimostrare   la
disponibilita' dei terreni, ne' di violazione dell'art. 41 Cost., che
tutela la libera  iniziativa  economica  al  fine  di  garantirne  la
funzione sociale, ne' di irragionevolezza per violazione dell'art.  3
della Cost., essendo le piccole derivazioni non paragonabili a quelle
superiori a 3 MW, ne' di violazione dell'art. 9 del regio decreto  n.
1775/33, che si limita a disciplinare  le  procedure  concorrenziali,
posto che le norme in  esame  tendono  a  favorire  solo  l'immediata
esecuzione dell'opera; infine, non rileva l'asserito contrasto con il
decreto ministeriale 10 settembre 2010,  in  quanto  norma  di  rango
inferiore. 


				 
                               Diritto 

 
    Nel  caso  in  cui  le  parti  prospettino   una   questione   di
legittimita' costituzionale, il giudice deve  sommariamente  valutare
la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione. 
    Preliminarmente  va  considerato  che,  nella  fattispecie,   non
rilevano  i  richiamati  principi   costituzionali   attinenti   alla
proprieta'  privata,  attesa  la   tutela   dell'interesse   pubblico
applicabile alla disciplina in esame. 
    Per gli stessi motivi, non possono ritenersi fondati  i  richiami
all'art. 117, lettera l) della Costituzione. 
    Vanno, invece, esaminati i profili di contrasto  delle  norme  di
cui agli artt. 11 e 10 della legge provinciale n. 2 /10  e  dell'art.
24 della correlata legge provinciale n. 15/11, con principi  e  norme
comunitari, ossia, con gli artt. 34, 49 e 56  del  Trattato,  con  la
direttiva n. 2003/54/CE e con la direttiva n. 2001/77/CE. 
    Nella fattispecie, non viene dedotto un  puntuale  contrasto  tra
una norma interna ed un  altrettanto  puntuale  precetto  comunitario
incompatibile con essa, bensi' un contrasto della norma  interna  con
principi generali dell'ordinamento comunitario. 
    A fronte di tale asserita non conformita', il giudice  nazionale,
pur se ha il  dovere  di  operare  una  interpretazione  conforme  ai
principi comunitari, ove dubiti che la norma interna contrasti con il
diritto  comunitario,  deve  sollevare  questione   di   legittimita'
costituzionale perche', in tal caso, non si tratta di  non  applicare
la norma italiana per applicare al suo posto  una  norma  comunitaria
incompatibile ma di «disapplicare» la norma interna per  la  sua  non
conformita' con un principio  dell'ordinamento  comunitario,  la  cui
diretta efficacia va rimessa al giudizio della  Corte  costituzionale
perche', diversamente, si ammetterebbe, da parte del giudicante,  una
sorta di controllo «diffuso» di «compatibilita' comunitaria». 
    Cio' posto, va  rilevato  che,  a  giudizio  del  rimettente,  le
richiamate norme provinciali,  violano  i  principi  dell'ordinamento
comunitario,  con  riferimento  alle  disposizioni  del  Trattato  in
materia  di  liberta'  di  stabilimento  e  alle   citate   direttive
comunitarie di non  discriminazione  e  di  tutela  della  produzione
dell'energia elettrica da fonti energetiche  rinnovabili,  in  quanto
rendono eccessivamente oneroso il raggiungimento  di  tali  finalita'
attraverso prescrizioni che costituiscono grave ostacolo alla  libera
concorrenza. 
    Da cio', l'incostituzionalita' delle stesse. 
    Le leggi provinciali  si  pongono,  inoltre,  in  piu'  specifico
contrasto con la normativa comunitaria e nazionale,  anche  sotto  un
diverso profilo. 
    Il decreto legislativo n. 387/2003 emanato  in  attuazione  della
direttiva  2001/77/CE  e  che  ha,  fra  l'altro,  la  finalita'   di
«promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili
alla produzione di  elettricita'  nel  relativo  mercato  italiano  e
comunitario»  (art.  1,  lettera  a),  da   attuare   attraverso   le
«disposizioni del presente decreto» (art. 3), all'art. 12,  comma  1,
stabilisce che  «  Le  opere  per  la  realizzazione  degli  impianti
alimentati da fonti rinnovabili,  nonche'  le  opere  connesse  e  le
infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio  degli
stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono  di  pubblica
utilita' ed  indifferibili  ed  urgenti»  e  le  stesse,  secondo  le
procedure di cui al successivo comma 3, costituiscono  variante  allo
strumento urbanistico. Nessun'altra disposizione del  citato  decreto
legislativo, con riferimento alla realizzazione di impianti da  fonti
rinnovabili, pone differenziazioni tra impianti superiori o inferiori
a 3 MW, mentre il successivo comma 4-bis dispone che  sia  dimostrata
la «disponibilita' del suolo su cui realizzare  l'impianto»  soltanto
«Per la  realizzazione  di  impianti  alimentati  a  biomassa  o  per
impianti  fotovoltaici»,  limitando  cosi',  in  modo  espresso,   la
previsione di tale disponibilita' soltanto ai due richiamati tipi  di
impianti energetici. 
    Pertanto, non appare sussistere, sotto il profilo  dell'interesse
pubblico, alcuna differenza tra centrali superiori o inferiori a 3 MW
tale da giustificare una  diversa  regolamentazione  in  ordine  alla
disponibilita' dei terreni e alla dichiarazione di pubblica utilita'. 
    La disciplina provinciale risulta,  pertanto,  caratterizzata  da
manifesta irragionevolezza, perche'  disincentiva  la  produzione  di
energia ponendo ostacoli alla realizzazione di impianti idroelettrici
che non sono previsti  dalla  norme  di  attuazione  della  normativa
comunitaria, con conseguenti dubbi di costituzionalita' delle  citate
leggi anche con riferimento agli artt. 3 e 41 Cost. in  relazione  ai
principi generali dell'ordinamento comunitario in tema di tutela  del
libero commercio, della liberta'  di  iniziativa  economica  e  della
concorrenza e dell'art. 117, comma 3,  in  materia  di  riserva  allo
Stato delle determinazioni su principi fondamentali. 
    In conclusione,  questo  Tribunale  superiore  ritiene  di  dover
sollevare, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo  1953,  n.  87,
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 11  e  10  della
legge provinciale n. 2/10 e,  in  via  consequenziale,  dell'art.  24
della legge provinciale n. 15/11, per contrasto con le norme indicate
in dispositivo. 
    Il presente giudizio va, pertanto, sospeso.