IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 2649 del 2011, proposto da: 
        Arcioni Paolo, Barbieri Annalisa, Barni Sergio, Bardoni  Anna
Maria, Barni Sergio, Bernocchi Graziella, Bertone  Vittorio,  Bianchi
Livia, Borio Gianmario, Brusoni Maura, Buceta Sande De Freitas  Maria
Isabel, Callegari Athos Maria, Campiglio Cristina, Cantoni  Virginio,
Cantu Ester, Capodoglio Andrea Giuseppe, Caraci Vela Maria, Caramella
Carla Marcella, Casella Vittorio Marco,  Cazzalini  Ornella,  Collina
Simona, Cordini Giovanni, Crotti Renata,  Curti  Daniela,  D'Agostino
Marco, Dalla Toffola  Elena,  Danesino  Cesare,  Demichelis  Stefano,
Dossena Maurizia, Faita  Giuseppe,  Fasola  Mauro,  Favalli  Lorenzo,
Forzatti Giovanna,  Gastaldi  Giulia,  Genta  Ida,  Gioglio  Luciana,
Guglielminetti Lidia, Guazzetti Giorgio,  Harari  Maurizio,  Iadarola
Paolo, Lambiase Simonetta, Lupi  Claudia,  Maccarini  Laura,  Martini
Giuseppe, Marzatico Fulvio, Mauri Vigevani  Laura,  Meisina  Claudia,
Meroni Valeria, Minchiotti Lorenzo, Montagna  Elena  Maria,  Montagna
Guido, Montomoli Cristina, Occhipinti  Anna,  Odone  Massimo,  Pagani
Laura,  Pagnin  Adriano,  Papiri  Sergio,   Paramithiotti   Giovanni,
Pastoris  Ornella,  Pellegrini  Luisa,  Pellicciari  Carlo,   Perotti
Cesare,  Perucca  Paola,  Picco  Anna  Maria,  Poggi   Paola,   Prato
Giancarlo, Profumo Antonella,  Ricevuti  Giovanni,  Rindi  Simonetta,
Bocconi  Eleonora,  Roggi  Carla,  Rossi  Daniela,  Rotondi  Alberto,
Salvini Roberta, Savino Elena, Savio Monica, Seppi  Roberto,  Stivala
Lucia  Anna,  Strosselli  Maurizio,  Tibaldi  Rodobaldo,  Tira  Maria
Enrica, Valentini Giovanna,  Velo  Dario,  Vidari  Giovanni,  Vignini
Mariadelaide,  Villani  Simona,  Zappala'  Pietro,  Barili   Antonio,
Bernasconi Giorgio,  Biggiogera  Marco,  Ciccocioppo  Rachele,  Crema
Francesca,  Dell'acqua  Fabio,  Fassina  Lorenzo,   Galeotti   Paolo,
Giorgieri Mauro Marco, Mazzarello Paolo, Merlati  Giuseppe,  Minzioni
Paolo, Nucleo Elisabetta, Sacchi Elisa, Seppi Claudio,  Torti  Mauro,
Venchi  Giuseppe,  Zara  Francesca,   D'Antona   Giuseppe,   Debiaggi
Maurizia, Perlini Stefano, Milano Giovanni, Palladino Paola,  Tartara
Luca, Migliavacca Roberta, De Giuli Maria Elena, De Nicolao Giuseppe,
Vairetti Mariapia, Rizzo Silvana, Raimondo Davide Martino,  Rodriguez
Y  Baena  Ruggero,  Anglani  Norma,   Antonini   Samuele,   Bacchetta
Alessandro, Ballarini Francesca, Barbieri  Cristina,  Calvio  Cinzia,
Caruso Fulvia, Frediani  Paola,  Introzzi  Gianluca,  Maracci  Mirko,
Montagna Paolo, Ratti Lodovico, Roma Elisa,  Ronchi  Ausonio,  Vitulo
Paolo,  Zucca  Francesco,  Agnesi  Antoniangelo,  Amadio  Marialaura,
Amendola Valeria, Annovazzi Lodi Valerio, Arisi Rota Arianna, Balconi
Margherita, Balduini Alessandra, Bassetti Federico, Bellani Vittorio,
Benzi Francesco,  Biella  Gerardo  Rosario,  Bini  Marcella,  Bonadeo
Alessia, Bonetti Elena, Bonferoni  Maria  Cristina,  Boselli  Cinzia,
Brivio  Sonia  Maria,  Buizza  Angelo,  Buttafava  Armando,  Canobbio
Alberto, Canonaco Alberto, Capsoni  Doretta,  Carfora  Mauro,  Carugo
Oliviero, Casciati Fabio, Catenacci Laura, Chiapponi Flavio,  Ciccone
Roberto,  Cinquini  Carlo,  Cobianchi  Miriam,  Colombo   Elisabetta,
Comincini Sergio, Consonni Guido, Cornalba Maurizio,  Corsico  Angelo
Guido, Corti Maurizio  Enrico,  Costa  Alfredo,  Costa  Enrica  Bona,
Crisciani Chiara, D'Ariano Giacomo, De Ambrosis Vigna Anna,  De  Bari
Antonio, Della Croce Lucia, Della Bianca  Antonio,  Di  Barba  Paolo,
Fabbrizzi Luigi, Faravelli Lucia,  Feletti  Fausto,  Ferrari  Franca,
Ferrari Trecate  Giancarlo,  Fontana  Roberto,  Francesconi  Alberto,
Fregonese Lucio, Frosini Lucia, Galbiati  Giulia,  Galinetto  Pietro,
Galliano Monica, Galloni Maria Cristina, Garagna Silvia, Geddo Mario,
Gerace Dario, Gerzeli  Simone  Antonio,  Gigli  Berzolari  Francesca,
Giroletti Elio, Giulotto Enrico Virgilio, Gregotti Cesarina,  Grisoli
Pietro, Icaro  Cornaglia  Antonia,  Illari  Silvia,  Laddomada  Maria
Stella,  Laforenza  Umberto,  Lanni  Cristina,  Lavezzi   Gianfranca,
Licchelli Maurizio, Luraghi Silvia, Macchiavello Chiara, Magni Sergio
Filippo, Mangione Palma, Marini Amedeo, Mariotti  Cristina,  Marzuoli
Annalisa, Massolini Gabriella, Mazzanti  Andrea,  Meriggi  Francesco,
Micheletti Piero, Minetti Giampaolo, Modena Giovanna, Modena Tiziana,
Moisello Ugo, Montagna Mario, Mora  Clelia,  Mustarelli  Pier  Carlo,
Mutti Antonio, Nicoletti Giovanni, Panella Giorgio,  Paolillo  Mayra,
Pascale  Alessia  Angela,  Pasini  Dario,  Patrini  Maddalena,  Pavan
Gianni, Pavesi Maria Gabriella, Pellegrini  Carlo,  Pellegrino  Maria
Antonietta, Pellicelli Michela, Pernazza  Ludovico,  Perucca  Emilio,
Pesavento Maria, Petrecca Giovanni, Pizzala Roberto,  Poggi  Antonio,
Polimeni  Giuseppe,  Polimeri  Mariarosa,   Porciani   Leone,   Preda
Stefania, Previdere' Carlo, Pulvirenti Ada,  Raina  Giampiera,  Rando
Daniela, Rebay Gisella, Riccardi Alberto, Riccardi Cristina, Riccardi
Maria Pia, Riva Federica, Roda Marica, Romano Silvano, Rossi Eduardo,
Rossi Elena, Rossi Silvia, Russo Riccardo, Sandri  Giuseppina,  Sanna
Samuele, Scherini Elda, Scotti Claudia, Seno Silvio, Sorrenti  Milena
Lillina, Sotti Francesco, Spedicato Eugenio, Spinolo Giorgio,  Stoppa
Jacopo, Sturini Michela, Svelto Francesco, Tarantola Claudia, Toraldo
Alessio, Torelli Guido, Torre Maria Luisa, Toscani Giovanni,  Turconi
Giovanna, Virga Epifanio Guido, Visai Livia, Visioli Monica, Canepari
Monica, Cena Hellas,  Gatti  Giuliana,  Moisello  Anna  Maria,  Lecce
Serena,  Bottone  Maria  Grazia,  Legnante  Guido,  Rostan   Michele,
Pasquini Barbara, rappresentati e difesi dagli  avv.ti  Gianni  Maria
Saracco e Laura Formentin, con domicilio eletto presso la  Segreteria
del Tribunale; 
    Contro Universita' Studi di Pavia, in  persona  del  Rettore  pro
torpore, Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca,
in  persona  del  Ministro  pro  tempore,  rappresentati   e   difesi
dall'Avvocatura Distrettuale  dello  Stato  Milano,  domiciliata  per
legge in Milano, Via Freguglia, 1; 
    Per  l'accertamento  ed  il  riconoscimento   del   diritto   dei
ricorrenti a mantenere la progressione giuridica e stipendiale di cui
all'art. 3-ter della legge n. 1/09, nonche' dell'art. 6  della  legge
n. 240/10, nonche' del diritto ad utilizzare gli anni  2011,  2012  e
2013 ai fini  della  maturazione  delle  classi  e  degli  scatti  di
stipendio previsti dall'ordinamento universitario. 
    Nonche' per il risarcimento di tutti i danni  patiti  e  patiendi
derivanti  dal  blocco  della  progressione   giuridica   oltre   che
stipendiali, comminata dall'Universita' degli Studi di Pavia a carico
dei ricorrenti. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Universita' Studi  di
Pavia; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2012 il  dott.
Mauro Gatti e uditi per le parti i  difensori  come  specificato  nel
verbale; 
    I ricorrenti, professori e ricercatori di  ruolo,  con  il  primo
motivo   di   ricorso,    contestano    all'Universita'    resistente
l'applicazione nei loro confronti dell'art. 9 comma 21 D.L. 31.5.2010
n.  78,  conv.  con  modificazioni  nella  legge  30.7.2010  n.  122,
ritenendo di  non  essere  soggetti  i  medesimi  soggetti  ad  alcun
«meccanismo  di  progressione  automatica  degli  stipendi»,   invece
presupposto del citato art. 9 c. 21. Il nuovo sistema di  avanzamento
di carriera dei ricorrenti, come modificato dalle riforme legislative
che hanno interessato l'Universita' negli ultimi anni, si  fonderebbe
invece  sulla  necessita'  di  conseguire  per  gli  interessati  una
positiva   valutazione,   cio'   che   escluderebbe    pertanto    la
configurazione di qualsivoglia progressione «automatica». 
    Con  il  secondo  motivo  i  ricorrenti  richiedono  che  ove  il
Tribunale, rigettando il primo  motivo,  dovesse  collocare  il  loro
rapporto di impiego  nel  novero  di  quelli  caratterizzati  da  una
progressione automatica stipendiale, in via subordinata,  si  sollevi
questione di legittimita' costituzionale del detto art. 9 c. 21. 
    L'Universita'  resistente   si   e'   costituita   in   giudizio,
contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto. 
    Alla pubblica udienza  dell'8  maggio  2012  la  causa  e'  stata
trattenuta in decisione dal Collegio. 
    Con sentenza  non  definitiva  n.  1627  dell'8  giugno  2012  il
Tribunale ha respinto il primo motivo di ricorso, ritenendo  peraltro
rilevante  e  non   manifestamente   infondata,   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 9 comma 21  D.L.  31.5.2010  n.
78, conv. con modificazioni nella legge  30.7.2010  n.  122,  per  le
motivazioni che saranno esposte nella presente ordinanza. 
    I ricorrenti censurano l'art. 9 comma 21  D.L.  31.5.2010  n.  78
secondo cui «per le categorie di personale di cui all'articolo 3  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni,
che fruiscono di  un  meccanismo  di  progressione  automatica  degli
stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono  utili  ai  fini  della
maturazione delle classi e degli scatti  di  stipendio  previsti  dai
rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui  all'articolo  3  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive  modificazioni
le  progressioni  di  carriera  comunque   denominate   eventualmente
disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per  i  predetti
anni, ai fini esclusivamente giuridici». 
    Le norme di cui all'art. 9, comma 21, del d.l.  n.  78  del  2010
prevedono dunque il blocco, per il  triennio  2011  -  2013  e  senza
possibilita'  di  «successivi  recuperi»:  a)  dei   «meccanismi   di
adeguamento retributivo» previsti dall'articolo  24  della  legge  23
dicembre 1998, n. 448; b) degli  automatismi  stipendiali  (classi  e
scatti) correlati all'anzianita' di  servizio;  c)  di  ogni  effetto
economico delle  «progressioni  di  carriera»,  comunque  denominate,
conseguite nel triennio 2011 - 2013. 
    Per quanto riguarda i criteri di adeguamento retributivo  di  cui
all'art. 24 della legge n. 448 del 1998,  tale  disposizione  prevede
che «a decorrere dal  1°  gennaio  1998  gli  stipendi,  l'indennita'
integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi dei docenti e
dei  ricercatori  universitari  (...)  sono   adeguati   di   diritto
annualmente in ragione degli incrementi medi,  calcolati  dall'ISTAT,
conseguiti  nell'anno  precedente   dalle   categorie   di   pubblici
dipendenti contrattualizzati sulle  voci  retributive,  ivi  compresa
l'indennita' integrativa speciale, utilizzate dal  medesimo  Istituto
per l'elaborazione  degli  indici  delle  retribuzioni  contrattuali»
(comma 1); ai sensi  del  comma  2  della  stessa  disposizione,  «la
percentuale  dell'adeguamento  annuale  prevista  dal  comma   1   e'
determinata entro il 30  aprile  di  ciascun  anno  con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei  Ministri  per
la  funzione  pubblica  e  del   tesoro,   del   bilancio   e   della
programmazione economica»; sempre il comma 2 stabilisce  che  «a  tal
fine,  entro  il  mese  di  marzo,  l'ISTAT  comunica  la  variazione
percentuale di cui al comma 1», e che «qualora i dati  necessari  non
siano  disponibili  entro  i  termini  previsti,   l'adeguamento   e'
effettuato nella  stessa  misura  percentuale  dell'anno  precedente,
salvo successivo conguaglio». 
    Per quanto concerne invece  gli  automatismi  stipendiali  legati
all'anzianita' di servizio, il vigente sistema (a  partire  dall'art.
36 del d.p.r. n. 382 del 1980, recante «Riordinamento  della  docenza
universitaria», e con le modifiche e gli  aggiustamenti  susseguitisi
negli anni) prevede che la  progressione  economica  dei  docenti  di
ruolo delle universita' si sviluppa in una serie di «classi» biennali
di stipendio, al conseguimento di ciascuna  delle  quali  corrisponde
uno  «scatto»  stipendiale.  In  applicazione  del  citato  comma  21
dell'art.  9,  pertanto,  per  l'intero  triennio  2011  -  2013   le
retribuzioni  dei  docenti  universitari  sono  escluse   tanto   dai
meccanismi di adeguamento di cui all'art. 24 della legge n.  448  del
1998, tanto dall'applicazione degli aumenti retributivi  («scatti»  e
«classi» di stipendio) collegati all'anzianita' di ruolo; adeguamenti
ed aumenti  ricominceranno  a  decorrere  a  partire  dal  2014,  con
espressa esclusione, pero', di ogni possibilita' di «recupero»  degli
adeguamenti e degli scatti che sarebbero  spettati  per  il  triennio
2011 - 2013. 
    Preliminarmente  il  Collegio  da'  atto  della  rilevanza  della
questione, dato che la normativa richiamata  e'  stata  correttamente
applicata  direttamente  ai  ricorrenti,  con  cio'  incidendo  sulla
relativa retribuzione, da  cui  la  sussistenza  del  loro  interesse
processuale. 
    Le singole censure di incostituzionalita' sono  contenute  in  un
unico motivo in diritto, articolato in una pluralita' di profili. 
    1) Con un primo ordine di argomenti si deduce  la  violazione  da
parte del legislatore dei criteri di ragionevolezza  e  ponderazione,
posti a presidio del principio di uguaglianza, non avendo i sacrifici
imposti carattere  meramente  temporaneo,  ma  essendo  al  contrario
destinati a produrre effetti permanenti. 
    Osserva preliminarmente il Collegio  come  in  passato  la  Corte
Costituzionale abbia gia' effettivamente scrutinato  la  legittimita'
di una normativa analoga a quella contestata nel presente giudizio. 
    Stabiliva infatti l'art. 7 del d.l. n. 384 del  1992,  convertito
in  legge  n.  438  del  1992,  che  «per  l'anno  1993  non  trovano
applicazione le norme che comunque comportano incrementi  retributivi
in conseguenza sia di automatismi stipendiali, sia  dell'attribuzione
di trattamenti economici, per progressione automatica di carriera». 
    La Corte, dato che atto che la normativa in questione  era  stata
emanata «in un momento delicato della  vita  nazionale»,  avente  «la
finalita' di realizzare,  con  immediatezza,  un  contenimento  della
spesa pubblica», ne ha riconosciuto la legittimita',  atteso  che  il
blocco «esauriva i suoi effetti nell'anno considerato, limitandosi  a
impedire erogazioni  per  esigenze  di  riequilibrio  del  bilancio»,
(sentenza  18.7.1997  n.  245)  affermando  che  la  siffatta  norma,
nell'imporre sacrifici anche onerosi, poteva ritenersi non lesiva del
principio di cui all'art. 3  della  Costituzione,  sotto  il  duplice
aspetto della  non  contrarieta'  sia  al  principio  di  uguaglianza
sostanziale, sia a quello della non  irragionevolezza,  a  condizione
pero' che i suddetti sacrifici  siano  eccezionali,  transeunti,  non
arbitrari e consentanei allo scopo prefisso. 
    La fattispecie di che trattasi non pare pertanto riconducibile ai
citati precedenti gia' esaminati dalla Corte Costituzionale  poiche',
a differenza di tali ipotesi, in  cui  le  misure  restrittive  erano
temporalmente  circoscritte  ad  un  solo  anno,  difetta  ora  nella
sostanza quel requisito  dell'eccezionalita'  e  temporaneita'  della
disciplina, che aveva consentito alla stessa Corte  di  rigettare  le
prospettate questioni di costituzionalita'. 
    L'estensione del blocco alla maturazione delle classi e scatti di
stipendio ad un triennio, crea infatti una vera  e  propria  paralisi
nella progressione stipendiale dei  ricorrenti,  non  comparabile  ai
seppur gravosi effetti prodotti dal citato art. 7 D.L.  n.  384/1992,
che in quanto circoscritti ad un anno potevano essere considerati una
limitata parentesi meramente temporanea, priva di un vero  e  proprio
carattere di stabilita'. 
    Peraltro, ad ulteriore conferma della natura non «eccezionale»  e
non «transeunte» della disciplina, si consideri come  di  recente  il
d.l. n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 del 2011, all'art.
16, comma 1, lett. b), preveda la «proroga fino al 31  dicembre  2014
delle vigenti disposizioni che limitano la crescita  dei  trattamenti
economici   anche   accessori   del   personale    delle    pubbliche
amministrazioni previste dalle disposizioni medesime». 
    Per la ragioni sopra esposte il Collegio  dubita  pertanto  della
legittimita' costituzionale dell'art. 9 comma 21 del D.L. n. 78/2010,
per violazione dell'art. 3 comma 2 Cost. 
    2) La vista protrazione degli effetti della  norma  in  questione
per  un  lungo  lasso  di  tempo,  induce  altresi'  a  ritenere  non
manifestamente    infondata    anche    l'ulteriore    censura     di
incostituzionalita' mossa dai ricorrenti, per violazione degli  artt.
36 e 97 Cost. «in quanto la prefigurata  ed  incisiva  riduzione  del
trattamento economico a danno dei professori universitari finisce per
alterare  la  proporzione  tra  la   retribuzione   complessiva   del
professore e la docenza svolta». 
    Osserva il Collegio  come,  nel  caso  del  lavoro  pubblico  non
contrattualizzato,  sia  lo  stesso  legislatore  a  determinare   lo
stipendio, in conformita' ai parametri costituzionali, ed in primis a
quelli di cui al citato art. 36 Cost. 
    Il sistema legislativo intaccato dalla normativa di che trattasi,
e' andato nel corso degli anni formandosi in stretta  attenzione  dei
parametri di proporzionalita' delle retribuzioni  alla  «quantita'  e
qualita'» del lavoro prestato,  che  risultano  appunto  pesantemente
incisi, ex post, dall'intervento normativo per cui e' causa. 
    L'esclusione  di  qualsiasi  recupero  successivo  degli  scatti,
comporta che solo dal 2014 i meccanismi di adeguamento  riprenderanno
a decorrere, da cui la possibile alterazione del rapporto tra  valore
reale delle retribuzioni rispetto all'aumento del costo della vita. 
    3.1) Con un ulteriore argomentazione si lamenta la violazione del
principio  di  uguaglianza  sostanziale  «con  riferimento  ad  altre
categorie di personale pubblico». 
    La censura e' tuttavia genericamente formulata,  non  indicandosi
le categorie di personale che godrebbero di trattamenti  privilegiati
rispetto  ai  ricorrenti,  ne'  le   «discipline   differenti»   loro
applicabili. 
    Con riferimento alla magistratura, unica categoria rispetto  alla
quale i ricorrenti muovono specifici rilievi volti ad evidenziare  la
presunta violazione del principio di uguaglianza, occorre evidenziare
che, se e' vero che tale personale ha salvaguardato i  meccanismi  di
«progressione  automatica   dello   stipendio»   invece   negati   ai
ricorrenti, al tempo stesso il medesimo e' soggetto al  blocco  degli
acconti per gli anni 2011,  2012  e  2013  e  dei  conguagli  per  il
triennio 2010-2012, ad un «tetto» per l'acconto per gli anni  2014  e
2015, oltre ad una riduzione annuale e progressiva, fino al 32%,  per
il triennio 2011-2013 dell'indennita' giudiziaria (v.  comma  22  del
citato art. 9), cio' che consente di rigettare la presente censura. 
    3.2)  Sotto  altro  profilo,  ritiene  tuttavia  il  Collegio  di
sollevare d'ufficio questione di  costituzionalita',  per  violazione
dell'art. 3 Cost. per disparita' di trattamento tra i ricorrenti e le
altre categorie di dipendenti pubblici menzionate nell'art. 9  c.  21
cit, e per contrasto con l'art.  97  cost.,  per  la  violazione  del
principio costituzionale di imparzialita' dell'azione amministrativa. 
    L'art. 9 c. 21 cit., che si applica ai ricorrenti e  a  tutte  le
altre categorie di dipendenti pubblici  ivi  contemplate,  presuppone
«un meccanismo di progressione automatica degli stipendi». 
    I ricorrenti, per effetto di recenti innovazioni  normative,  non
sono piu' titolari di un vero  e  proprio  diritto  al  conseguimento
degli  scatti  stipendiali,  a  suo  tempo  disciplinato  nel  D.P.R.
11.7.1980 n. 382. 
    La normativa applicabile a professori e ricercatori universitari,
come modificata nel corso degli ultimi  anni,  e  come  correttamente
evidenziato  nel  primo  motivo  di  ricorso,  subordina  infatti  il
conseguimento  delle  dette  progressioni  all'ottenimento   di   una
positiva valutazione. 
    In particolare, l'art. 3-ter del D.L. 10.11.2008  n.  180,  conv,
con legge 9.1.2009 n. 1, in tema di  «valutazione  dell'attivita'  di
ricerca», ha infatti stabilito che «Gli scatti biennali di  cui  agli
articoli 36 e 38 del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  11
luglio 1980, n. 382, destinati a maturare a partire  dal  1°  gennaio
2011, sono  disposti  previo  accertamento  da  parte  dell'autorita'
accademica   della   effettuazione   nel   biennio   precedente    di
pubblicazioni scientifiche». 
    L'art. 6 c. 14 della legge 30.12.2010 n. 240 prevede poi  che  «i
professori e i ricercatori sono tenuti  a  presentare  una  relazione
triennale sul complesso delle  attivita'  didattiche,  di  ricerca  e
gestionali svolte, unitamente alla richiesta  di  attribuzione  dello
scatto stipendiale di cui agli articoli  36  e  38  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n.  382,  fermo  restando
quanto previsto in materia dal decreto-legge 31 maggio 2010,  n.  78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. La
valutazione  del  complessivo  impegno  didattico,   di   ricerca   e
gestionale ai fini dell'attribuzione degli scatti  triennali  di  cui
all'articolo 8 e' di competenza  delle  singole  universita'  secondo
quanto stabilito nei regolamenti di ateneo. In  caso  di  valutazione
negativa, la richiesta  di  attribuzione  dello  scatto  puo'  essere
reiterata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico». 
    Per il successivo art. 8 della medesima  legge  «entro  sei  mesi
dalla data di entrata in vigore  della  presente  legge  il  Governo,
tenendo  conto  anche  delle  disposizioni  recate  in  materia   dal
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, adotta un  regolamento  ai  sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la
revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e
dei ricercatori universitari gia' in servizio e di  quelli  vincitori
di concorsi indetti  fino  alla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, come determinato dagli  articoli  36,  38  e  39  del
decreto del Presidente della  Repubblica  11  luglio  1980,  n.  382,
secondo le seguenti norme regolatrici: 
        a) trasformazione della progressione biennale  per  classi  e
scatti  di  stipendio  in  progressione  triennale;   b)   invarianza
complessiva della progressione; c)  decorrenza  della  trasformazione
dal primo scatto successivo a quello in corso alla data di entrata in
vigore della presente legge. 
    E' abrogato il comma 3 dell'articolo 3-ter del  decreto-legge  10
novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla  legge  9
gennaio 2009, n. 1». 
    Il Collegio, con la citata sentenza non definitiva n. 1627 dell'8
giugno 2012, ha respinto il primo  motivo  di  ricorso  nel  quale  i
ricorrenti, sulla base della  necessita'  di  ottenere  una  positiva
«valutazione», sostenevano di essere  estranei  all'applicazione  del
comma 9 art. 21 D.L. n. 78/10,  la  cui  applicazione  presupporrebbe
invece un  automatismo  della  progressione,  incompatibile,  con  il
predetto conseguimento di un giudizio positivo. 
    Il Collegio,  pur  concordando  sulla  portata  delle  richiamate
disposizioni, che hanno  effettivamente  innovato  il  sistema  delle
progressioni stipendiali, anche  in  altra  occasione  aveva  infatti
espressamente riconosciuto «il carattere  dell'automaticita'»  di  un
sistema  retributivo  (dei  magistrati   ordinari),   nonostante   la
previsione di una «valutazione di  professionalita'»,  il  cui  esito
negativo comporta «la perdita del diritto  all'aumento  periodico  di
stipendio» (v. comma 12 art. 11 d.lgs. 5.4.2006 n. 160),  ritenendosi
che, nonostante tale previsione, la caratteristica fondamentale di un
siffatto trattamento  economico  fosse  «l'esistenza  di  un  sistema
automatico di  collegamento  dell'andamento  delle  retribuzioni  con
quelle del pubblico impiego» (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV  Ord.
n. 59/2012). 
    Il Tribunale  ha  pertanto  ritenuto  pienamente  applicabile  ai
ricorrenti la norma de quo,  dato  che  la  progressione  stipendiale
nell'ambito della loro vita professionale e' infatti prefigurabile ex
ante,  in  relazione  al  decorso  del  tempo,  ed  alla  conseguente
maturazione  degli   «scatti»,   ed   in   cio'   deve   considerarsi
«automatica», in quanto non subordinata ad eventi estranei alla sfera
lavorativa degli interessati, quali ad esempio determinazioni assunte
in sede di contrattazione  collettiva,  o  superamento  di  procedure
concorsuali tra piu' aspiranti. 
    Anche se il datore di lavoro puo' negare gli avanzamenti a coloro
che non hanno dimostrato un minimo «impegno didattico, di  ricerca  e
gestionale», in applicazione della nuova normativa, ed in  attuazione
dei principi di  cui  all'art.  97  Cost.,  cio'  non  toglie  che  i
ricorrenti  continuino  a  far  parte  di  un  sistema  in  cui   gli
avanzamenti stipendiali sono appunto  «automaticamente»  previsti,  e
concretamente ottenibili in conseguenza dell'anzianita' di  servizio,
da  cui  la  manifesta  infondatezza  della  paventata   censura   di
disparita' di trattamento. 
    Chiarito  quanto  precede,  il  Collegio  dubita  tuttavia  della
costituzionalita'  della  normativa  de  quo,  che  nel  bloccare  le
progressioni di tutti i dipendenti pubblici in essi  menzionati,  non
distingue tra coloro che possono conseguire tale avanzamento  solo  a
seguito di una positiva valutazione, come gli attuali  ricorrenti,  e
coloro che invece  vi  hanno  diritto  prescindendo  da  un  siffatto
giudizio, da cui deriva una possibile discriminazione delle categorie
di personale sottoposte alla predetta valutazione, rispetto ad  altre
di personale «non contrattualizzato», per il quale invece, una  volta
decorso il triennio, i c.d. «automatismi» stipendiali riprenderanno a
decorrere come prima. 
    4)  Il  Collegio   ritiene   inoltre   di   sollevare   d'ufficio
un'ulteriore questione di costituzionalita', dato  che,  quanto  piu'
volte evidenziato nei precedenti punti, induce ad affrontare il  tema
della possibile natura tributaria della normativa in questione,  cio'
che porterebbe a dubitare della sua  compatibilita'  con  i  principi
espressi dall'art. 53 Cost. 
    In   base   alla   consolidata   giurisprudenza    della    Corte
Costituzionale,  nomen  juris  di  volta  in  volta  utilizzato   dal
legislatore non e' infatti qualificante ai  fini  dell'individuazione
della natura tributaria di una norma, dato che la stessa deve  essere
considerata istitutiva di un prelievo quando abbia le caratteristiche
essenziali dell'imposizione tributaria, essendo infatti  ininfluente,
ai  fini  del  giudizio  di  costituzionalita',  l'autoqualificazione
legislativa del prelievo e la conseguente necessita' di  desumere  la
natura  del  prelievo  stesso  dalla  sola   disciplina   posta   dal
legislatore ordinario (Corte Costituzionale 8 maggio 2009 n. 141). 
    Premesso quanto precede, ritiene il  Collegio  che  la  normativa
impugnata possieda i  caratteri  sostanziali  richiesti  dalla  Corte
Costituzionale,  onde  riconoscere  la  natura  tributaria   di   una
disposizione (Corte Cost. 23.5.2008 n. 168, 14 marzo 2008 n. 64). 
    In primo luogo, pare evidente la doverosita'  della  prestazione,
posta in essere mediante l'imposizione  di  un  sacrificio  economico
individuale, realizzata attraverso un atto autoritativo di  carattere
ablatorio, venendo ad  incidere  su  un  trattamento  economico  gia'
prefigurato, con una  modalita'  unilateralmente  predeterminata  dal
legislatore, alla quale ne' l'Ente datore ne'  lo  stesso  lavoratore
possono sottrarsi. 
    Secondariamente, il gettito scaturente dal prelievo e'  destinato
alla pubblica spesa, come desumibile dallo  stesso  tenore  letterale
della normativa di che trattasi; il D.L.  n.  78/2010  detta  infatti
«misure urgenti in materia di stabilizzazione  finanziaria»,  laddove
l'articolo in questione e' espressamente  dedicato  al  «contenimento
delle spese in materia di impiego pubblico». 
    La natura tributaria della normativa in  questione  trova  infine
conferma nel carattere non sinallagmatico  dell'imposizione,  operata
senza che a fronte di essa possa individuarsi  una  controprestazione
da parte  dell'Ente  pubblico,  o  una  riduzione  delle  prestazioni
contrattualmente   richieste,   nel    «presupposto    economicamente
rilevante» dei sacrifici imposti,  e  nella  piu'  volte  evidenziata
stabilita' nel tempo delle disposizioni di  cui  al  citato  comma  9
dell'art. 21 D.L. n. 78/2010. 
    Chiarite le ragioni che inducono il Collegio ad attribuire natura
tributaria alla detta norma, occorre chiedersi se la stessa superi il
vaglio di compatibilita' con l'art. 53 Cost. 
    Osserva  in  proposito  il  Collegio  che,  come  peraltro   gia'
evidenziato nell'ordinanza n. 311/2012 del T.A.R. Calabria, il  detto
prelievo  si  e'  indirizzato  nei  confronti  di  una  ben  limitata
categoria di contribuenti, accomunati dall'avere  la  parte  pubblica
quale datore di lavoro, risultando  cosi'  esentati  dall'imposizione
straordinaria,   nonostante   l'eccezionalita'    della    situazione
economica,  tutti  gli  altri  contribuenti,  pure  in  possesso   di
rilevanti redditi, non rientranti nella predetta categoria, da cui la
possibile violazione dei principi di cui all'art. 53 Cost. 
    L'imposizione  contributiva  e  fiscale   deve   infatti   essere
improntata a canoni di uniformita', che  nell'ammontare  dei  cespiti
patrimoniali, individuino un criterio certo e non discriminatorio  di
identificazione della capacita' contributiva. 
    La  Costituzione  non  impone  affatto  una  tassazione   fiscale
uniforme, con criteri  assolutamente  identici  e  proporzionali  per
tutte le tipologie di imposizione  tributaria,  ma  esige  invece  un
indefettibile raccordo con la capacita' contributiva, in un quadro di
sistema informato  a  criteri  di  progressivita',  come  svolgimento
ulteriore,  nello  specifico  campo  tributario,  del  principio   di
eguaglianza,  collegato  al  compito  di  rimozione  degli   ostacoli
economico-sociali esistenti di fatto alla liberta' ed eguaglianza dei
cittadini-persone  umane,  in  spirito  di   solidarieta'   politica,
economica e sociale (Corte Costituzionale 24 luglio 2000 n. 341). 
    Il principio di capacita' contributiva, come criterio diretto  ad
orientare  la  discrezionalita'  del  legislatore  in   ordine   alla
prefigurazione e configurazione degli  obblighi  tributari,  comporta
che a situazioni uguali,  sul  piano  della  capacita'  contributiva,
corrispondano obblighi uguali, talche' il sacrificio patrimoniale che
per contingenti ragioni di contenimento della spesa pubblica,  incida
solo sulla condizione e sul patrimonio di una  determinata  categoria
di lavoratori, lasciando indenni, a parita' di capacita'  reddituale,
altre categorie, da adito a dubbi  di  compatibilita'  costituzionale
per contrasto con l'art. 53 Cost. Tale articolo pare peraltro violato
anche sotto  altro  profilo,  evidenziato  dagli  stessi  ricorrenti,
sebbene con riferimento al solo art. 3 Cost, poiche'  il  legislatore
non avrebbe «normato  la  sospensione  degli  scatti  di  anzianita',
modulando le disposizioni di legge  in  modo  differente,  a  seconda
delle eta' e delle fasi della carriera universitaria». 
    Il blocco in  questione  influisce  effettivamente  nella  stessa
misura percentuale praticamente per tutti i docenti, incidendo quindi
nella medesima proporzione su tutti gli stipendi, a prescindere dalla
loro consistenza, mentre, ai sensi dell'art. 53  della  Costituzione,
nell'imporre a tutti i docenti universitari un sacrificio in nome  di
esigenze  di  contenimento  della  spesa   pubblica,   una   corretta
applicazione, oltre che del principio  di  «capacita'  contributiva»,
anche del criterio della «progressivita'» (art.  53  cost.),  avrebbe
imposto   una   partecipazione   piu'   significativa,   in   termini
percentuali, per coloro che sono titolari di stipendi piu' alti. 
    Ne' puo' essere utile a ripristinare un minimo di  progressivita'
in tale  forma  di  concorso  alle  spese  pubbliche,  l'ulteriore  e
distinta misura di cui al comma 2 dell'art. 9 del d.l. n. 78 conv. in
legge n. 122 del 2010, che  prevede,  in  aggiunta  al  blocco  degli
adeguamenti ed aumenti retributivi, ulteriori riduzioni  (dal  5%  al
15%) per gli stipendi superiori  ai  90.000  euro  lordi,  dato  che,
stanti gli attuali livelli delle retribuzioni complessive dei docenti
universitari, tale misura non colpisce che poche classi di  stipendio
(le piu' alte) dei soli professori ordinari a tempo pieno. 
    Il blocco in questione non solo non rispetta  alcun  criterio  di
progressivita' ma,  al  contrario,  produce  un  effetto  addirittura
regressivo, colpendo pertanto in misura maggiore proprio gli stipendi
piu' bassi. Gli «scatti»  stipendiali  conseguenti  alla  maturazione
delle diverse «classi» di  stipendio  non  operano  infatti  in  modo
omogeneo, ma sono profondamente  diversificati,  decrescendo  con  il
progredire dell'anzianita' di ruolo. E' quindi palese che, a  seguito
del blocco degli scatti, l'effetto  sulle  retribuzioni  e'  di  gran
lunga piu' incisivo sulle classi di stipendio piu' basse. 
    5) Tanto premesso, ai sensi dell'art. 23,  secondo  comma,  della
legge  11  marzo  1953,  n.   87,   ritenendola   rilevante   e   non
manifestamente infondata, il T.A.R. solleva questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 21, del d.l. 31 marzo 2010  n.  78,
come convertito in legge 30 luglio 2010 n. 122, per contrasto con gli
artt. 3, 36, 97 e 53 della Costituzione, secondo i profili e  per  le
ragioni sopra  indicate,  con  sospensione  del  giudizio  fino  alla
pubblicazione nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  Italiana
della decisione della Corte Costituzionale sulle questioni  indicate,
ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79 ed 80 del  c.p.a.  ed
art. 295 c.p.c. 
    Riserva al definitivo ogni  ulteriore  decisione,  nel  merito  e
sulle spese.