IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato la presente ordinanza sui ricorsi  riuniti  numero
di registro generale 629, 676, 677 del 2011, proposti da: 
        Maurizio Aceto, Cosimo Filomeno Anglano, Roberta Arcidiacono,
Chiara  Bertone,  Stefano  Angelo  Biffo,  Bruno  Burlando,   Massimo
Canonico, Leonardo Castellani, Maria Cavaletto, Lavinia  Egidi,  Anna
Rosa Favretto, Valentina Gianotti, Lorena Giovannelli, Ciro  Isidoro,
Maurizio Lana, Alberto Lerda, Guido Lingua, Giovanni Manzini, Daniele
Panieri, Mauro Patrone, Fabio Privileggi,  Fabio  Rapalli,  Simonetta
Sampo', Enrico Scalas, Daniele Scarscelli, Lorena  Segale,  Gabriella
Silvestrini,  Mario  Sitta,  Lorenzo  Tei,  Lorenza  Saitta,  Daniela
Adorni, Paola Allegra, Antonella Amatuzzi, Carlo  Angelantonj,  Paola
Antoniotti, Stefano  Argiro',  Roberto  Aringhieri,  Matteo  Baldoni,
Maria  Benedetta  Barbaro,  Emanuela  Barbera,   Salvatore   Barbera,
Alessandro Barge, Elena Barili, Cristina  Baroglio,  Claudia  Barolo,
Paola Benzi, Stefania Beole',  Francesco  Bergadano,  Angelo  Besana,
Lorenzo Bettini, Davide Biagini, Claudia  Bocca,  Gabriella  Bonelli,
Viviana Bono, Valentina  Boscaro,  Cristina  Bosco,  Domenico  Bosco,
Nicoletta Bosco, Pierangiola  Bracco,  Valentina  Giovanna  Brunella,
Marco Bruno, Piera  Brustia,  Giorgio  Buffa,  Rossella  Cancelliere,
Pinuccia Caracchi, Silvia  Maria  Casassa,  Claudia  Castagna,  Piero
Cervella, Matteo Cestari,  Elena  Chiarpotto,  Bartolomeo  Civalleri,
Michelangelo  Conoscenti,  Alessandra  Consolaro,  Daniela  Converso,
Sandro Coriasco, Eduardo Creus Visiers,  Ferruccio  Damiani,  Rossana
Damiano, Claudio Dati, Pietro Deandrea, Ugo De' Liguoro,  Daniele  De
Meneghi, Norma De Piccoli, Alessandra De Rossi, Massimiliano Delpero,
Susanna Donatelli, Fiorenza Donato, Franco Dosio,  Alessandra  Durio,
Roberto  Esposito,  Angela   Fedi,   Raffaella   Ferrero   Camoletto,
Alessandro Ferretti, Nicolao  Fornengo,  Maria  Luisa  Frau,  Rossano
Gaeta,  Margherita  Gallicchio,  Giovanna  Gambarotta,  Laura  Gasco,
Daniela Gastaldi, Silvia Gattino, Cristina Gena,  Luisella  Giachino,
Stefano Giovannuzzi, Enrico Giraudo, Maria Teresa Giraudo,  Valentina
Gliozzi,  Stefano  Gotti,  Annamaria  Goy,  Davide  Grassi,  Antonino
Grasso, Monica Gulmini, Andrai Horvath, Rosaria Ignaccolo,  Serenella
Iovino, Paola Lamberti, Carla Lazzaroni, Davide Levy, Erica  Liberto,
Giampiero  Lombardi,  Claudio  Longobardi,  Maria  Cristina  Lorenzi,
Maurizio Lucenteforte, Giuliana Magnacca, Diego Magro,  Bruno  Maida,
Domenica Marabello, Marina Marena, Luca Marozio, Simonetta Mazzarino,
Alessandro Mazzei, Pier Giuseppe Meneguz, Antonella  Meo,  Rosa  Meo,
Anna  Miglietta,  Antonella  Miglietta,  Gianluca   Miglio,   Barbara
Miniscalco,  Emanuela  Morello,  Marco  Mucciarelli,  Jeanette  Ethel
Nelson, Marco Neppi Modona, Giuseppe  Noto,  Elisabetta  Ottoz,  Luca
Padovani, Maria Cristina Paganini, Luca Luigi Paolini, Silvia Barbara
Pasqua, Viviana Patti, Daniela  Pattono,  Patrizia  Pellizzari,  Igor
Pesando, Giovanna Petrone, Lorenzo Pia, Luca Primo,  Luisa  Rambozzi,
Laura Ramello, Laura Rescia, Raffaella Ricci, Paola Rizzi,  Silvestro
Roatta, Patrizia Maria  Robino,  Michele  Roccato,  Arianna  Carolina
Rosa, Roberto Roselli Del  Turco,  Michele  Rossi,  Giancarlo  Ruffo,
Paola Sacchi, Katiuscia Sacco, Dominique  Maria  Scalarone,  Brigitte
Evelin Schwarzer, Rocco  Sciarrone,  Marino  Segnan,  Giovanni  Semi,
Matteo Sereno, Barbara Sgorbini, Benedetto Sicuro, Roberta  Sirovich,
Jeremy James Sproston, Stefania Stafutti,  Martina  Tarantola,  Sonia
Tassone,  Roberto  Tateo,  Lea  Terracini,  Maurizio  Tirassa,  Marco
Truccato, Elena Ugazio, Andrea Valle, Giovanna Cristina Varese, Elena
Vigna, Davide Vione, Cristina Zucca, rappresentati e difesi dall'avv.
Eugenio  Barrile,  con  domicilio  eletto   presso   Filippo   Andrea
Giordanengo in Torino, corso Galileo Ferraris, 43;  Aldinucci  Marco,
Ampane Nicola Carlo, Barutello Vivina, Benetti Elisa, Berlier Gloria,
Boglione Mariaelena, Bontempo Salvatore, Canaparo  Roberto,  Capecchi
Sara, Caponio  Tiziana,  Cappiello  Marco,  Chierotti  Michele  Remo,
Dezani Mariangiola,  Fenoglio  Ivana,  Ferrara  Francesca,  Ferrarese
Silvia, Lonati Michele, Martano Marina, Nazio Tiziana,  Oliaro  Bosso
Simonetta, Ozzano Luca,  Pavesio  Monica,  Quaglia  Rocco,  Radicioni
Daniele, Reineri Francesca, Remogna Sara, Richiardone Renzo, Riondato
Fulvio, Rolle' Luca, Romagnoli Renato, Ronchi Della Rocca  Simonetta,
Rutto Giuseppe, Sabena Cristina, Sacco Dario, Sirovich Franco, Storti
Luca, Tamietto Marco, Tavella Luciana, Tedeschi Rosemarie,  Tomassone
Laura,  Vezzoni  Luigi,  Viale   Matteo,   rappresentati   e   difesi
dall'avv.to Eugenio Barrile, con  domicilio  eletto  presso  l'avv.to
Filippo Andrea Giordanengo in Torino, corso Galileo Ferraris, 43; 
    Contro Universita' del Piemonte  Orientale  «Amedeo  Avogadro»  -
Sede di Vercelli, Universita' degli studi di Torino, in  persona  dei
rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e  difesa
dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in  Torino,  corso
Stati Uniti, 45; 
    Per l'annullamento: 
        quanto al ricorso n. 629 del 2011: della nota prot. 5489  del
23 marzo 2011 con cui la  Divisione  Attivita'  Istituzionali  e  del
Personale dell'Universita' degli Studi del Piemonte Orientale «Amedeo
Avogadro» ha comunicato ai ricorrenti il  blocco  della  progressione
stipendiale dei docenti a partite  dallo  stipendio  di  gennaio  del
2011; 
        di qualsiasi altro provvedimento comunque collegato; 
        nonche' per l'accertamento e la declaratoria del diritto  dei
ricorrenti a godere della progressione economica cosi' come  prevista
e disciplinata dal D.P.R. n. 382/80. 
        quanto ai ricorsi n. 676 e 677 del 2011: 
          per l'accertamento e la declaratoria, 
          del diritto dei  ricorrenti  a  godere  della  progressione
economica cosi' come prevista e disciplinata dagli artt. 36 e 38  del
D.P.R. n. 382/80 e del conseguente diritto a percepire  l'adeguamento
stipendiale e le differenze retributive legate alla maturazione delle
c.d. classi  biennali  ed  ai  c.d.  scatti  biennali  medio  tempore
eventualmente intervenuta, nonche' a veder comunque computata sia  ai
fini giuridici  che  economici  l'anzianita'  da  essi  maturata  nel
periodo compreso tra il 31 dicembre 2010 ed il 31 dicembre 2013; 
          nonche' per  quanto  occorrer  possa:  per  l'annullamento,
previa sospensione, della nota, inviata  a  stampone  a  parte  degli
odierni ricorrenti, con la quale l'Amministrazione  universitaria  ha
chiarito che intende  applicare  (come  in  effetti  sta  applicando)
l'art. 9, comma 21, della  legge  n.  122/2010  n.  78,  nonche'  dei
cedolini stipendiali nella parte in cui «bloccano» i  c.d.  contatori
dell'anzianita' maturata in asserita applicazione dell'art.  9,  XXI,
comma del d.l. n. 78/10 come convertito in Legge e di qualsiasi altro
atto collegato ancorche' non conosciuto ed eventualmente precedente. 
    Visti i ricorsi e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di  costituzione  in  giudizio  di  Universita'  del
Piemonte  Orientale  «Amedeo  Avogadro»  -  Sede  di  Vercelli  e  di
Universita' degli Studi di Torino e di  Universita'  degli  Studi  di
Torino; 
    Relatore nell'udienza pubblica  del  giorno  28  giugno  2012  la
dott.ssa Paola Malanetto e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    I  ricorrenti,  professori  ordinari,  professori   associati   e
ricercatori universitari presso le Universita' resistenti hanno adito
questo  TAR  contestando  l'applicazione,  nei  loro  confronti,  del
disposto dell'art. 9, comma 21  del  d.l.  31  maggio  2010,  n.  78,
convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 2010 n. 122. 
    In  via  principale  chiedono  i  ricorrenti  accertarsi  che  la
disposizione, in quanto riferita al personale  non  contrattualizzato
che  fruisce  di  un  meccanismo  di  progressione  automatica  degli
stipendi, non e' loro applicabile; in subordine, ove la  disposizione
fosse ritenuta loro applicabile, contestano sotto plurimi profili  la
legittimita' costituzionale della norma. 
    Ritiene il collegio  la  prospettata  questione  di  legittimita'
costituzionale rilevante e non manifestamente infondata. 
    Quanto alla rilevanza non puo' accedersi all'opzione  ermeneutica
proposta con i ricorsi in via principale, secondo la quale  l'art.  9
comma 21  del  d.l.  n.  78  del  2010  non  sarebbe  applicabile  ai
ricorrenti. 
    L'art. 9 comma 21 del d.l. 31 maggio 2010  n.  78  statuisce  che
«per le categorie di personale di cui all'art. 3 del d.lgs. 30  marzo
2011,  n.  165  e  successive  modificazioni,  che  fruiscono  di  un
meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni  2011,
2012, 2013 non sono utili ai fini della maturazione  delle  classi  e
degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il
personale di cui all'art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2011, n.
165 e successive modificazioni le progressioni di  carriera  comunque
denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013  hanno
effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici». 
    Secondo la prospettazione principale di cui al ricorso  la  norma
non  sarebbe  dunque  applicabile  alla  categoria  di   appartenenza
poiche', pur trattandosi di pubblici dipendenti non contrattualizzati
che  hanno  goduto  di   meccanismi   di   progressione   stipendiale
automatica, detta progressione non potrebbe piu' definirsi automatica
in  forza  di  successive  evoluzioni   normative.   In   particolare
l'invocato nuovo assetto normativo e' stato da ultimo  dettato  dalla
legge 30 dicembre 2010, n. 240, cui art.  6  comma  14  prevede,  tra
l'altro, che «i professori e i ricercatori sono tenuti  a  presentare
una relazione triennale sul complesso delle attivita' didattiche,  di
ricerca  e  gestionali   svolte,   unitamente   alla   richiesta   di
attribuzione dello scatto stipendiale di cui agli articoli  36  e  38
del d.P.R. 11 luglio  1980,  n.  382.».  Suddetta  relazione  diviene
presupposto in fatto per valutazioni di professionalita', le quali  a
loro  volta  possono  incidere  sull'effettiva   assegnazione   delle
progressioni retributive. 
    Gia' il d.l. 10 novembre 2008, n.  180,  convertito  in  legge  9
gennaio 2009 n. 1, aveva previsto l'introduzione  di  valutazioni  di
merito in connessione con gli  scatti  biennali,  a  partire  dal  1°
gennaio 2011. La successiva citata legge  n.  240  del  2010  avrebbe
dunque  mantenuto  tale  nuovo  impianto   normativo   con   identica
decorrenza. 
    Puntualizza tuttavia immediatamente l'art. 6 comma 14 della legge
n. 240 del 2010, invocato in ricorso: 
        «fermo restando quanto previsto in materia dal  decreto-legge
31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge  30
luglio 2010, n. 122.». 
    Inoltre l'art. 8 della legge n. 240 del 2010 demanda l'attuazione
delle complessiva revisione del  trattamento  economico  dei  docenti
universitari,  con  particolare  riferimento  ai  docenti   gia'   in
servizio, all'adozione  di  un  regolamento  di  delegificazione.  Il
regolamento e' intervenuto con il d.P.R. 15 dicembre  2011,  n.  232,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 febbraio  2012,  n.  33;  esso,
all'art. 2 comma 2, nel disciplinare la  cadenza  delle  progressioni
economiche  conformemente  alla  legge,  rinnova   espressamente   la
salvaguardia della disciplina dettata dall'art. 9 comma 21  del  d.l.
n. 78/2010 nel suo complesso. Precedentemente anche il D.M. 21 luglio
2011, n. 314 del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e  della
ricerca era intervenuto in materia (con particolare riferimento  alla
regolamentazione  appunto  delle  valutazioni  di  professionalita'),
sempre salvaguardando  espressamente  quanto  disposto  dal  d.l.  n.
78/2010. 
    Pare in definitiva al collegio che,  a  prescindere  dall'attuale
qualificazione come automatico o meno del  piu'  recente  sistema  di
progressione stipendiale applicabile alla categoria  ed  in  fase  di
progressiva attuazione, al momento di entrata in vigore del  d.l.  31
maggio 2010, n. 78, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30
luglio 2010, n. 122, antecedente alla legge 30 dicembre 2010, n. 240,
esso fosse certamente automatico e come tale non potesse  che  essere
annoverato dal legislatore nell'alveo  applicativo  della  contestata
disposizione; successivamente il legislatore si e'  fatto  carico  di
fare espressamente salva l'applicazione ai.  professori  universitari
dei «blocchi» e «tagli» stipendiali dettati dal d.l. n. 78/2010  art.
9 comma 21 nella sua interezza,  nonostante  le  modifiche  in  corso
della complessiva disciplina di contesto, ribadendo expressis  verbis
la scelta di rendere  tuttora  applicabili  suddetti  «blocchi»  alla
categoria, a prescindere delLa  ristrutturazione  del  sistema  delle
progressioni stipendiali 
    Ne consegue la rilevanza, ai fini del decidere, del disposto  del
d.l. n. 78/2010 art. 9 comma 21. 
    Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti propongono  plurime
censure di legittimita' costituzionale avverso la norma in questione.
Preliminarmente il collegio deve dare atto che la normativa  e'  gia'
stata  oggetto  di  diverse  censure  incidentali   di   legittimita'
costituzionale, allo stato all'attenzione del  giudice  delle  leggi,
sollevate, tra l'altro, con  le  ordinanze  TAR  Reggio  Calabria,  8
maggio 2012, n. 311 e TAR Lombardia, sez. IV, 15 giugno 2012 n. 1691.
I  giudici  remittenti  hanno  posto  in   dubbio   la   legittimita'
costituzionale della normativa in relazione agli artt. 3, 97, 53, 36,
42 della Costituzione. 
    Si riporta, per brevita', la sintesi di talune delle  ragioni  di
violazione  dei  sovra-riportati  articoli  della  Costituzione  come
letteralmente esposte nell'ordinanza del TAR Reggio Calabria  in  cui
si legge che il contestato art. 9 comma 21 si pone in  contrasto  con
la Costituzione poiche', tra l'altro: 
        «1) L'art. 3 Cost. e' violato  sia  nel  momento  in  cui  si
colpiscono in misura differenziata e piu' penalizzante i titolari  di
stipendi piu' bassi, sia nel momento in cui si introduce l'ulteriore,
ingiustificata diversita' di trattamento tra coloro che, nel triennio
di «blocco», avrebbero maturato due scatti stipendiali e  coloro  che
invece ne avrebbero maturato solamente uno. 2) Per le stesse  ragioni
deve ritenersi altresi' violato l'art. 97 Cost., sia sotto il profilo
dell'imparzialita' dell'amministrazione, sia  sotto  il  profilo  del
principio di buon andamento, dal momento che  vengono  penalizzati  i
docenti e  ricercatori  piu'  giovani,  in  pieno  contrasto  con  le
conclamate  esigenze  di  svecchiamento  del  corpo  docente   e   di
valorizzazione delle nuove risorse. Con cio', peraltro, arrecando  un
ulteriore grave vulnus alle giovani generazioni di ricercatori,  gia'
tanto penalizzate nel Paese. 3) E' altresi' violato l'art.  36  della
Costituzione,  sotto  il  profilo  della  proporzionalita'   tra   la
retribuzione e la quantita'  e  qualita'  del  lavoro  prestato,  dal
momento che tanto gli adeguamenti di cui all'art. 24 della  legge  n.
448 del 1998, quanto i meccanismi  di  progressione  dello  stipendio
legati a  "scatti"  e  "classi"  sono  evidentemente  finalizzati  ad
assicurare e a mantenere tale proporzionalita'. 4) E' infine  violato
anche l'art. 53 Cost.,  dal  momento  che  il  sacrificio  che  viene
imposto ai docenti come ad altre categorie di pubblici dipendenti, in
nome di esigenze di contenimento della spesa, rappresenta  senz'altro
una forma di concorso di  tali  categorie  alle  spese  pubbliche,  e
quindi deve rispettare tanto il principio generale di  progressivita'
(che e' violato nel  momento  in  cui  il  blocco  degli  adeguamenti
colpisce, nella  stessa  misura  percentuale,  t-utti  i  docenti,  a
prescindere dal loro reddito) quanto e soprattutto  il  principio  di
capacita' contributiva (manifestamente  violato  in  presenza  di  un
intervento, come quello sulle "classi" e gli "scatti"  di  stipendio,
che come si e' visto colpisce in misura percentualmente piu'  elevata
proprio titolari degli stipendi piu' bassi).». 
    L'ordinanza  del  TAR  Lombardia,   poi,   propone   censure   di
legittimita' costituzionale in relazione  alla  compatibilita'  della
normativa con gli  articoli  3,  36,  97  e  53  e  si  diffonde  con
particolare attenzione sulla violazione dell'art. 53 e  sulla  natura
sostanzialmente tributaria dei meccanismi  di  riduzione  stipendiale
cosi' introdotti. 
    Tenuto conto delle censure di illegittimita' costituzionale  gia'
sollevate da altri tribunali ritiene il collegio  di  focalizzare  la
questione, che porta  nuovamente  all'attenzione  del  giudice  delle
leggi, su di uno specifico  aspetto  oggetto  di  considerazione  nei
ricorsi,  che  si  aggiunge  e  sviluppa   quelli   gia'   ampiamente
argomentati nelle citate ordinanze, ossia gli effetti sostanzialmente
permanenti e regressivi dei disposti tagli. 
    La contestata norma, che si colloca in  un  complesso  quadro  di
contenimento emergenziale della spesa pubblica,  in  connessione  con
una congiuntura economica  sfavorevole,  non  si  limita  a  disporre
blocchi e tagli di carattere temporaneo (per altro della durata di un
triennio, in parte gia' prorogata, e dunque  particolarmente  estesa)
ma introduce  una  penalizzazione  sulle  retribuzioni  destinata  ad
incidere  permanentemente  ed   irreversibilmente   sulla   struttura
retributiva  dei  docenti  universitari  in  servizio,  con   effetti
talvolta disparati e regressivi tra gli  appartenenti  alla  medesima
categoria. 
    Recita infatti l'art. 9 comma 21 del d.l. n. 78/2010: 
        «i meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non
contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165, cosi' come previsti dall'articolo 24 della  legge
23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012  e
2013 ancorche' a titolo di acconto, e  non  danno  comunque  luogo  a
successivi  recuperi.  Per  le  categorie   di   personale   di   cui
all'articolo 3 del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  e
successive  modificazioni,  che  fruiscono  di   un   meccanismo   di
progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011,  2012  e  2013
non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli  scatti
di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti.». 
    Come osservato dai ricorrenti, pertanto, la norma, pur  collocata
in un ambito  emergenziale,  ingenera  il  permanente  effetto  della
definitiva perdita di un triennio di anzianita' non solo  in  termini
di mancata percezione degli scatti coevi (non recuperabili) ma  anche
quale azzeramento  definitivo  e  pro  futuro  di  detto  periodo  di
anzianita' ad ogni effetto economico, con una definitiva compressione
delle retribuzioni dei soggetti incisi per tutto l'arco della  futura
carriera. 
    Ritiene il collegio che la censurata violazione dell'art. 3 della
Costituzione,  per  tale  aspetto,  e  alla  luce  dei  parametri  di
valutazione propri del giudizio a  quo  si  appalesi  quantomeno  non
manifestamente infondata. 
    Inevitabilmente dei meccanismi di taglio  lineare,  quali  quelli
cosi' introdotti, per di piu' focalizzati per settore  di  lavoratori
(pubblico impiego) e ulteriormente per categoria (nel  presente  caso
docenti  universitari)  finiscono  per  indurre,   nel   contingente,
pressocche' certe disparita' di trattamento legate  alla  casualita',
spesso anche regressiva, degli effetti. 
    Siffatto  esito,  vagliato  dal  giudice  delle  leggi  gia'   in
occasione di precedenti analoghe disposizioni normative di  carattere
emergenziale (per  altro  di  durata  minore),  nella  giurisprudenza
costituzionale e' stato talvolta valutato compatibile con il  sistema
di valori della Carta fondamentale nel loro complesso; tanto  perche'
se  ne  e'  valorizzata  appunto  la  limitata,   durata   temporale,
giustificata dalla contingente emergenza economica a monte, ancorche'
non  si  sia  mancato  di  evidenziare  che,  simili   soluzioni   di
soddisfacimento delle esigenze di bilancio, si collocano al limite di
compatibilita' con i principi di uguaglianza e ragionevolezza. 
    Si legge ad esempio in Corte costituzionale, ord. n. 299 del 1999
che, norme adottate per stringenti esigenze di recupero di equilibrio
di bilancio, possono «ritenersi  non  lesive  del  principio  di  cui
all'art. 3 della Costituzione (sotto il  duplice  aspetto  della  non
contrarieta' sia al  principio  di  uguaglianza  sostanziale,  sia  a
quello della non  irragionevolezza),  a  condizione  che  i  suddetti
sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e  consentanei
allo scopo prefisso.» 
    Ancora, in relazione ai possibili effetti «casuali» di un  blocco
annuale delle progressioni stipendiali (nella fattispecie  il  blocco
annuale di  una  progressione  biennale  colpiva,  all'interno  della
categoria, solo coloro che proprio  nell'anno  del  blocco  avrebbero
maturano il  beneficio),  la  Corte  ha  chiarito:  «va  innanzitutto
osservato  che  non  puo'   essere   condivisa   la   tesi   avanzata
dall'Avvocatura dello Stato, per la quale si tratterebbe di una  mera
disparita' di fatto, giusta la figura delineata dalla  giurisprudenza
di questa  Corte  a  partire  dalla  sentenza  n.  16  del  1960.  La
disuguaglianza denunciata non e' effetto secondario di una disciplina
che in via  principale  persegue  altri  scopi,  ma  e'  strettamente
consequenziale a detta normativa. Si' che e' da effettuare riclaiesto
vaglio di legittimita' costituzionale,  alla  luce  del  prindpio  di
eguaglianza». 
    Ha quindi concluso il giudice delle leggi per l'infondatezza  nel
merito della questione poiche' la norma ivi scrutinata:  «emanata  in
un momento delicato della vita, nazionale, introduce disposizioni  di
diversa natura, tutte segnate  dalla  finalita'  di  realizzare,  con
immediatezza, un contenimento della spesa pubblica per il  1993,  nel
rispetto degli obiettivi fondamentali di  politica  economica  e  dei
vincoli derivanti dal processo di integrazione europea.... Visto  che
detti aumenti hanno periodicita' biennale, la sospensione  porterebbe
a una diseguaglianza - a seconda dell'anno di nomina del dipendente -
che per il giudice a quo non e'  giustificabile,  perche'  casuale  e
alterna. Ma il rilievo non ha fondamento, perche' il «blocco», di cui
e' evidente  il  carattere  provvedimentale  del  tutto  eccezionale,
esauriva i suoi effetti nell'anno considerato, limitandosi a impedire
erogazioni per esigenze di riequilibrio del bilancio, riconosciute da
questa Corte meritevoli di tutela a condizione che  le  disposizioni.
adottate non risultino arbitrarie» (Corte costituzionale sentenza  n.
245 del 1997). Una indiretta conferma del rilievo del parametro della
stretta connessione delle soluzioni di taglio lineare degli  stipendi
prescelte con la contingenza temporalmente definita delle ragioni  di
bilancio,   ai   fini   della   legittimita'   costituzionale   delle
disposizioni,  si  evince  anche  dal  recente  arresto  della  Corte
costituzionale n. 189/2012. In tale pronuncia e' stata scrutinata  la
legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 6, lettera d),  della
legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 dicembre 2010 n. 15  che
stabilisce, per quanto concerne i costi del  personale,  le  seguenti
misure: [...] «d) alla ripresa della contrattazione collettiva,  dopo
la sospensione di cui alla lettera c)  [secondo  la  quale:  "per  il
quadriennio 2010-2013 non si da' luogo a con  trattazione  collettiva
per l'adeguamento degli stipendi all'inflazione e per  l'aumento  del
trattamento   accessorio,   fatta   salva   la   contrattazione   per
l'erogazione di un'indennita' di vacanza contrattuale per il  2010  o
per eventuali forme previdenziali o assicurative"], saranno  definiti
congrui meccanismi tesi a conseguire  il  progressivo  riallineamento
dei trattamenti economici complessivi fra i  comparti  del  contratto
collettivo  di  intercomparto».  La   norma   e'   stata   posta   in
contestazione  della  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri   per
asserito contrasto con l'art.  9,  comma  17,  del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78, secondo il  quale  il  «blocco»  delle  procedure
contrattuali e negoziali del personale pubblico relative al  triennio
2010-2012 ha luogo «senza  possibilita'  di  recupero»,  disposizione
che, come tale, detterebbe un principio fondamentale di coordinamento
della finanza pubblica travalicato dalla Provincia autonoma. 
    Trattasi per l'appunto di taluno dei vari  meccanismi  di  blocco
stipendiale temporaneo del pubblico impiego introdotti  dal  d.l.  n.
78/2010 e  che  in  questa  sede  vengono  contestati  con  specifico
riferimento al diverso comma 21 del medesimo art.  9;  per  altro  lo
stesso art. 9 comma 21 contiene simmetrica  disposizione  per  quanto
concerne gli adeguamenti di cui all'art. 24 della legge  n.  448  del
1998, non contestata dai ricorrenti. La  Corte,  nel  fare  salva  la
disposizione della Provincia autonoma di  Bolzano,  ha  stigmatizzato
una erronea interpretazione del parametro interposto di  legittimita'
costituzionale, evidenziando che, una  lettura  conforme  alla  ratio
legis e immune da palese irragionevolezza dell'art. 9  comma  17  del
d.l. n. 78/2010, impone di considerare che «il legislatore ha  inteso
evitare  che  il  risparmio  della  spesa  pubblica   derivante   dal
temporaneo divieto di contrattazione ("non si da'  luogo  [...]  alle
procedure contrattuali") possa essere vanificato  da  una  successiva
procedura  contrattuale  o  negoziale  che  abbia   ad   oggetto   il
trattamento economico  relativo  proprio  a  quello  stesso  triennio
2010-2012. L'uso, da parte del legislatore statale,  dell'espressione
"senza possibilita' di  recupero"  costituisce  indice  sicuro  della
ratio legis di evitare che la contrattazione collettiva successiva al
2012 possa riguardare anche  gli  anni  2010-  2012,  attribuendo  ai
dipendenti  gli  stessi  benefici  economici  non  goduti   in   tale
triennio». 
    In pratica, per detta fattispecie,  la  Corte  costituzionale  ha
considerato non irragionevole una compressione temporalmente limitata
delle dinamiche retributive, con  l'ulteriore  precisazione  che  gli
importi tagliati (per tali intendendosi esclusivamente le  somme  non
corrisposte negli anni di blocco) non  potessero  essere  oggetto  di
ricontrattazione  ex  post,  senza  per  contro  che   detto   blocco
ripercuota  i  suoi  effetti  pro  futuro  sulle   retribuzioni   dei
dipendenti pubblici che ne sono colpiti  e  che  sono  legittimamente
oggetto di possibili riallineamenti. 
    A  fronte  di  siffatto  quadro,   anche   della   giurisprudenza
costituzionale, ritiene il collegio non manifestamente  infondata  la
censurata violazione degli artt. 3,  36,  97  della  Costituzione  da
parte del disposto dell'art. 9  comma  21  del  d.1  n.  78/2010,  in
particolare nella sua efficacia permanente oltre che, vieppiu'  nella
sua  permanenza,  discriminatoria   e   regressiva   che   la   rende
contraddittoria rispetto alle finalita' dichiaratamente temporanee ed
emergenziali della norma. 
    Infatti,  alla  luce  del  pregresso  meccanismo  biennale  delle
progressioni stipendiali, il congelamento delle progressioni  per  un
triennio puo' teoricamente colpire taluno per due volte  (chi  matura
scatti o classi al primo e terzo anno) e tal altro per una sola  (chi
li matura al secondo). 
    Sempre in relazione all'art. 3 della Costituzione un ulteriore ed
autonomo profilo di vulnus  deriva  dal  meccanismo  individuato  per
quantificare i tagli. E' noto che la progressione per classi  ha  una
incidenza maggiore in relazione alle fasce retributive piu' basse; le
classi infatti si articolano  in  voci  percentuali  dello  stipendio
tabellare annuo lordo e si quantificano in percentuale  variabile  da
un massimo dell'8%, applicabile alle classi piu' basse e  quindi  per
definizione alla retribuzioni piu'  basse,  a  un  minimo  del  2,5%,
applicabile alle classi, e quindi alle  retribuzioni,  piu'  elevate.
L'uniforme e indiscriminato blocco delle «classi» generalmente intese
comporta  dunque  inevitabilmente  che  la  perdita  economica   piu'
pesante, anche potenzialmente in termini di  importo  nominale  oltre
che di incidenza sulla retribuzione, viene addossata ai soggetti  che
hanno la retribuzione tabellare  gia'  piu'  bassa;  evidente  e'  la
disparita' non solo tra categorie (quali i pubblici dipendenti per  i
quali il «blocco», anche nella ricostruzione  normativa  operata  dal
giudice delle leggi, non puo' protrarsi al di fuori del  triennio  di
pertinenza),  ma  addirittura  all'interno  della  stessa  categoria,
colpita permanentemente in forma disparitaria e persino regressiva. 
    Le evidenziate disparita', come  gia'  ricordato  con  le  parole
della Corte, non sono ascrivibili a mere disparita' in fatto ma  sono
l'effetto principale e strettamente consequenziale della scelta dello
strumento dei tagli lineari degli stipendi per fini  di  contenimento
della spesa pubblica, con le connesse caratteristiche strutturali  di
tensione con  i  valori  costituzionali,  ed  in  particolare  con  i
principi di uguaglianza sostanziale e ragionevolezza. 
    Esse  palesano,  a  giudizio  del  collegio,  la  non  manifesta.
infondatezza delle dedotte censure di legittimita' costituzionale, in
particolare con riferimento all'art.  3.  L'assetto  normativo  cosi'
creatosi stride anche con l'art. 36 della Costituzione,  finendo  per
cronicizzare e  rendere  fisiologica  una  disparita'  retributiva  a
parita'   di   mansioni   ed   anzianita'   effettiva;   sempre    la
cristallizzazione delle disparita' contrasta  infine  con  il  canone
dell'imparzialita'   e   del   buon    andamento    della    pubblica
amministrazione enunciato dall'art. 97 della Costituzione. 
    Infine i ricorrenti censurano anche la mancanza dei requisiti  di
necessita'  e  urgenza  della  contestata  normativa,  con   connessa
asserita violazione dell'art. 77 della  Costituzione.  Sul  punto  la
censura  si  ritiene  palesemente  infondata  poiche'  non  sono   in
discussione ne' i presupposti di «emergenza di  bilancio»  che  hanno
mosso la complessiva manovra economica, ne' la natura  essenzialmente
finalizzata al risparmio di spesa delle disposizioni censurate, fatta
salva   tuttavia   la   gia'    evidenziata    sproporzionalita'    e
discriminatorieta' di singole misure. 
    Tanto premesso, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge
11 marzo 1953, n. 87,  ritenendola  rilevante  e  non  manifestamente
infondata, il TAR solleva questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 9, comma 21, del d.l. 31 marzo 2010 n. 78, come  convertito
in legge 30 luglio 2010 n. 122, per contrasto con gli artt. 3, 36, 97
della  Costituzione,  secondo  i  profili  e  per  le  ragioni  sopra
indicate, con sospensione del giudizio fino alla pubblicazione  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana  della  decisione  della
Corte costituzionale sulle questioni indicate, ai  sensi  e  per  gli
effetti di cui agli artt. 79 ed 80 del c.p.a. ed art. 295 c.p.c. 
    Riservata ogni altra decisione  all'esito  del  giudizio  innanzi
alla  Corte  costituzionale,  alla  quale  va  rimessa  la  soluzione
dell'incidente di costituzionalita'.