IL CONSIGLIO DI STATO 
                       in sede giurisdizionale 
                           (Sezione Sesta) 
 
ha pronunciato la presente 
    Ordinanza sul ricorso numero di registro generale 6379 del  2013,
proposto da: GSE - Gestore dei Servizi Energetici S.p.a,  in  persona
del legale rappresentante,  rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati
Stefano Crisci e Andrea Panzarola, con  domicilio  eletto  presso  lo
studio dell'avvocato Sergio Fidanzia in Roma, viale Bruno  Buozzi  n.
109; 
 
                               Contro 
 
    Mmp  Power  S.r.l.,  in  persona   del   legale   rappresentante,
rappresentata e difesa dagli avvocati Maria  Alessandra  Sandulli  ed
Emilio Paolo Sandulli, con domicilio eletto presso  lo  studio  della
prima in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 349; 
    Sul ricorso numero di registro generale 6388 del  2013,  proposto
da: GSE - Gestore dei  Servizi  Energetici  S.p.a.,  in  persona  del
legale rappresentante, rappresentato e  difeso  dall'avvocato  Andrea
Segato, con domicilio eletto presso lo  studio  di'  quest'ultimo  in
Roma, via Bradano, n. 26; 
 
                               Contro 
 
    Soc. Girasole II S.r.l., in persona  del  legale  rappresentante,
rappresentata e difesa dagli avvocati Maria  Alessandra  Sandulli  ed
Emilio Paolo Sandulli, con domicilio eletto presso  lo  studio  della
prima in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 349; 
 
                          Nei confronti di 
 
    Ministero dello sviluppo  economico,  Ministero  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare,  in  persona  dei  rispettivi
Ministri   pro   tempore,   rappresentati   e   difesi   per    legge
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui  uffici  in  Roma,
via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati; 
    Conferenza  Unificata  Stato  Citta'  e  Autonomie  Locali,   non
costituita in giudizio; 
    Sul ricorso numero di registro generale 6391 del  2013,  proposto
da: GSE - Gestore dei  Servizi  Energetici  S.p.a.,  in  persona  del
legale rappresentante, rappresentato e  difeso  dall'avvocato  Andrea
Segato, con domicilio eletto presso  lo  studio  di  quest'ultimo  in
Roma, via Bradano n. 26; 
 
                               Contro 
 
    Soleil  II  S.r.l.,  in  persona   del   legale   rappresentante,
rappresentata e difesa dagli avvocati Maria  Alessandra  Sandulli  ed
Emilio Paolo Sandulli, con domicilio eletto presso  lo  studio  della
prima in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 349; 
 
                          Nei confronti di 
 
    Ministero dello sviluppo  economico,  Ministero  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare,  in  persona  dei  rispettivi
Ministri   pro   tempore,   rappresentati   e   difesi   per    legge
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui  uffici  in  Roma,
via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati; 
    Conferenza  Unificata  Stato  Citta'  e  Autonomie  Locali,   non
costituita in giudizio; 
    Sul ricorso numero di registro generale 6392 del  2013,  proposto
da: GSE - Gestore dei  Servizi  Energetici  S.p.a.,  in  persona  del
legale rappresentante, rappresentato e  difeso  dall'avvocato  Andrea
Segato, con domicilio eletto presso  lo  studio  di  quest'ultimo  in
Roma, via Bradano n. 26; 
 
                               Contro 
 
    Helios  1  S.r.l.,  in   persona   del   legale   rappresentante,
rappresentata e difesa dagli avvocati Maria  Alessandra  Sandulli  ed
Emilio Paolo Sandulli, con domicilio eletto presso  lo  studio  della
prima in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 349; 
 
                          Nei confronti di 
 
    Ministero dello sviluppo  economico,  Ministero  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare,  in  persona  dei  rispettivi
Ministri   pro   tempore,   rappresentati   e   difesi   per    legge
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui  uffici  in  Roma,
via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati; 
    Conferenza  Unificata  Stato  Citta'  e  Autonomie  Locali,   non
costituita in giudizio; 
    Sul ricorso numero di registro generale 6393 del  2013,  proposto
da: GSE - Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. in persona del legale
rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato  Andrea  Segato,
con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo  in  Roma,  via
Bradano n. 26; 
 
                               Contro 
 
    Soc. Helios 1  S.r.l.,  in  persona  del  legale  rappresentante,
rappresentata e difesa dagli avvocati Maria  Alessandra  Sandulli  ed
Emilio Paolo Sandulli, con domicilio eletto presso  lo  studio  della
prima in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 349; 
 
                          Nei confronti di 
 
    Ministero dello sviluppo  economico,  Ministero  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare,  in  persona  dei  rispettivi
Ministri   pro   tempore,   rappresentati   e   difesi   per    legge
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui  uffici  in  Roma,
via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati; 
    Conferenza Unificata Stato Citta' e Autonomie Locali; 
    Sul ricorso numero di registro generale 6396 del  2013,  proposto
da: Gestore dei Servizi Energetici  -  GSE  S.p.a.,  in  persona  del
legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati  Stefano
D'Ercole e Nicola Palombi, con domicilio eletto presso lo studio  del
primo in Roma, piazza di S. Andrea della Valle n. 6; 
 
                               Contro 
 
    Photos  II  S.r.l.,  in  persona   del   legale   rappresentante,
rappresentata e difesa dagli avvocati Maria  Alessandra  Sandulli  ed
Emilio Paolo Sandulli, con domicilio eletto presso  lo  studio  della
prima in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 349; 
 
                          Nei confronti di 
 
    Ministero dello sviluppo  economico,  Ministero  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare,  in  persona  dei  rispettivi
Ministri pro tempore,  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  in
persona del Presidente del Consiglio  pro  tempore,  rappresentati  e
difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso  i  cui
uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati; 
    Conferenza Unificata Stato Citta' e Autonomie Locali, in  persona
del legale rappresentate; 
 
                           Per la riforma 
 
    quanto al ricorso n. 6379 del 2013: 
    della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del  Lazio,
Roma, Sezione III-ter n. 682 del 2013; 
    quanto al ricorso n. 6388 del 2013: 
    della sentenza del Tribunale amministrativo regionale, del Lazio,
Roma, Sezione III-ter n. 4587 del 2013; 
    quanto al ricorso n. 6391 del 2013: 
    della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del  Lazio,
Roma, Sezione III-ter n. 679 del 2013; 
    quanto al ricorso n. 6392 del 2013: 
      della  sentenza  del  Tribunale  amministrativo  regionale  del
Lazio, Roma, Sezione III-ter n. 6579 del 2013; 
    quanto al ricorso n. 6393 del 2013: 
    della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del  Lazio,
Roma, Sezione III-ter n. 6576 del 2013; 
    quanto al ricorso n. 6396 del 2013: 
    della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del  Lazio,
Roma, Sezione III-ter n. 681 del 2013; 
    Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 aprile 2014 il  Cons.
Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l'avvocato dello Stato Tidore,
nonche' gli avvocati Crisci, Sandulli, Segato e Palombi, 
    1. - Le questioni  poste  all'esame  della  Sezione  attengono  a
vicende relative a procedimenti di concessione di incentivi economici
nel  settore  degli  impianti  di  produzione  di  energia  elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili. 
    Si procedera' ad illustrare, nei termini essenziali,  le  singole
fattispecie che sono state oggetto di sei autonomi ricorsi  di  primo
grado cui sono seguiti i presenti ricorsi in appello. 
    2. - Le societa' Photos II S.r.l., Girasole II S.r.l. e Soleil II
S.r.l.,   proprietarie   di   impianti   fotovoltaici,   sono   state
destinatarie, rispettivamente, dei provvedimenti 9 febbraio, prot. n.
P20110004495, 1° aprile 2011, prot. n. O20110015399, 1° aprile  2011,
prot. n. P20110015402, con i quali il Gestore dei servizi  energetici
(d'ora innanzi solo  GSE),  a  seguito  di  attivita'  di  controllo,
mediante sopralluogo presso i predetti impianti, ha rilevato che  gli
stessi non erano stati completati entro il  31  dicembre  2010  e  ha
disposto  la  decadenza  dal   diritto   a   percepire   le   tariffe
incentivanti. 
    Le societa' hanno impugnato, innanzi al Tribunale  amministrativo
regionale per  il  Lazio,  i  predetti  provvedimenti,  con  autonomi
ricorsi numeri 3543, 5024 e 5025 del 2011, nella  parte  in  cui  non
specificavano che l'effetto di decadenza si riferisse  esclusivamente
alla tariffa prevista per l'anno 2010  dal  decreto  ministeriale  19
febbraio 2007. 
    Il GSE, nel corso del giudizio, ha adottato, rispettivamente:  i)
i provvedimenti, in data 14 novembre 2011, con i quali ha comunicato,
ai sensi dell'art. 43 del decreto legislativo 3  marzo  2011,  n.  28
(Attuazione della  direttiva  2009/28/CE  sulla  promozione  dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva
abrogazione delle direttive 2001/77/CE e  2003/30/CE)  alle  societa'
l'esclusione delle stesse dagli incentivi per la durata di dieci anni
a decorrere, rispettivamente, dal 1° aprile, 9  febbraio,  1°  aprile
2011; ii) i provvedimenti, in data 17 maggio 2012, con i quali il GSE
ha disposto, a seguito dei provvedimenti  interdittivi,  l'esclusione
dalla  concessione  di  qualunque  forma  di   incentivazione.   Tali
provvedimenti sono stati impugnati con ricorsi per motivi aggiunti. 
    2.1. - La societa' Helios 1 S.r.l., proprietaria anch'essa di due
autonomi   impianti   fotovoltaici,   e'   stata   destinataria   dei
provvedimenti 30 novembre 2011, prot. n. P20110087570, e  2  dicembre
2011, prot. n. P20110087966, con i quali il GSE, accertato il mancato
completamento dell'impianto entro il 31 dicembre 2010, ha  dichiarato
la decadenza dal diritto alle tariffe  incentivanti  per  i  suddetti
impianti. 
    Il  GSE,  con  due  provvedimenti  20  giugno  2012,   prot.   n.
P20120108033 e n. P20120108033, ha disposto, a seguito  dei  predetti
accertamenti, l'esclusione dalla concessione di incentivi  per  dieci
anni a decorrere dal 9 febbraio 2011. 
    Tali provvedimenti sono stati impugnati, con autonomi ricorsi  n.
6392 e 6393 del 2013, innanzi al Tribunale  amministrativo  regionale
del Lazio. 
    2.2. - La societa' MMP Power S.r.l., proprietaria di un  impianto
fotovoltaico, e' stata destinataria  del  provvedimento  21  febbraio
2012, prot. n. 20120034729, con il quale il GSE, accertato il mancato
completamento dell'impianto entro il 31 dicembre 2010, ha  comunicato
alla  predetta  societa'  il  rigetto  dell'istanza   di   incentivi,
l'esclusione dalla concessione degli incentivi relativi  all'impianto
suddetto, nonche' la estensione della esclusione decennale. 
    Tale provvedimento e' stato impugnato, con ricorso  n.  1482  del
2012, innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. 
    2.3. - Tutte le ricorrenti, sopra indicate, pur  non  contestando
l'accertata mancata conclusione dei lavori entro il 31 dicembre 2010,
hanno dedotto l'illegittimita' della sanzione interdittiva  decennale
in ragione della violazione: degli articoli 1, 3 e 7 della  legge  n.
241 del 1990; dell'art. 43 del decreto legislativo n.  28  del  2011;
del principio di legalita' e di tassativita' delle sanzioni, anche in
riferimento agli articoli 3, 11, 23, 25, 41, 97, 117, comma 1, Cost.;
dell'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo  -  CEDU;
degli artt. 16 e 49 della Carta di Nizza; dell'art.  6  del  Trattato
sul funzionamento dell'Unione  europea;  nonche'  eccesso  di  potere
sotto diversi aspetti. In via subordinata, nel caso in cui si dovesse
ritenere che l'art. 43 del decreto legislativo n. 28 del 2011 sarebbe
sufficiente a legittimare l'adozione del provvedimento sanzionatorio,
e' stato eccepito  il  contrasto  della  predetta  normativa  con  il
diritto europeo, nonche' con gli articoli 3, 10, 23, 25, 41, 42, 97 e
117, primo comma, della Costituzione. 
    2.4. - Il Tribunale  amministrativo,  con  sentenze  21  febbraio
2013, n. 681, 8 maggio 2013, n. 4587 e 21 gennaio 2013,  n.  679,  ha
ritenuto  non  fondati  i  ricorsi  di  primo  grado,  in  quanto   i
provvedimenti   impugnati   non   prevedevano   anche   la   sanzione
interdittiva decennale senza che fosse  necessario  alcun  aggiuntivo
onere motivazionale. 
    Con le stesse sentenze, unicamente alle sentenze 3  luglio  2013,
n, 6576 e 6579, 21 gennaio 2013, n. 682, il Tar ha accolto i  ricorsi
nella  parte  in  cui  contestavano  l'irrogazione   della   sanzione
interdittiva decennale. 
    In particolare, si e' affermato che la procedura  di  concessione
dei benefici e' composta di due fasi autonome: la prima relativa alla
comunicazione di fine lavori entro il 30 dicembre  2010  (antecedente
all'entrata in vigore dell'art. 43 del decreto legislativo n. 28  del
2011); la seconda relativa  alla  richiesta  di  incentivi  che  deve
essere effettuata nel termine  di  sessanta  giorni  dall'entrata  in
esercizio dell'impianto che, a sua volta, deve avvenire entro  il  30
giugno 2011  (successiva  all'entrata  in  vigore  dell'art.  43  del
decreto legislativo n. 28 del 2011). Questa ricostruzione, si afferma
nelle   sentenze,   e'   imposta   dall'esigenza   di   fornire   una
interpreazione  della  norma,   costituzionalmente   orientata,   che
impedisca di attribuirle una valenza retroattiva. 
    Nella fattispecie in esame, sottolinea il primo giudice,  essendo
mancata la  seconda  fase,  non  si  sarebbe  perfezionato  il  fatto
illecito, con la conseguenza che l'amministrazione non avrebbe potuto
irrogare la predetta sanzione interdittiva. 
    2.5. - Il GSE ha proposto appello avverso le  predette  sentenze,
rilevando che il potere esercitato e' finalizzato a sanzionare la non
veritiera comunicazione relativa alla fine dei  lavori  che  contiene
anche la richiesta  di  incentivi.  Ne  consegue  che  l'interdizione
decennale e' stata legittimamente disposta. 
    Si sono costituite nei predetti giudizi  le  societa',  chiedendo
che venga: 
      i) dichiarato infondato  l'appello;  ii)  in  via  subordinata,
disapplicato l'art. 43 per contrasto con il diritto europeo;  iii) in
via ulteriormente subordinata, sollevata  questione  di  legittimita'
costituzionale per contrasto del predetto articolo con  gli  articoli
3, 10, 23, 25, 41, 42, 97 e 117, primo comma, Cost. 
    3. - Le cause in esame, stante  la  loro  connessione  oggettiva,
possono essere riunite per essere decise con un'unica pronuncia. 
    4. - In via  preliminare  e'  necessario  ricostruire  il  quadro
normativo rilevante. 
    L'art. 7  del  decreto  legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387
(Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato interno dell'elettricita') ha  demandato  al  Ministro  delle
attivita' produttive, di concerto con  il  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio, d'intesa con la Conferenza unificata, di
adottare decreti  volti  a  definire,  tra  l'altro,  i  criteri  per
l'incentivazione  della  produzione  di  energia  elettrica  mediante
conversione fotovoltaica dalla fonte solare. In  particolare,  devono
essere stabilite le  modalita'  per  la  determinazione  dell'entita'
dell'incentivazione, costituita da una specifica tariffa, di  importo
decrescente e di durata tale da garantire una equa remunerazione  dei
costi di investimento e di esercizio. 
    In attuazione di quanto  disposto  dalla  riportata  disposizione
sono stati  adottati  i  decreti  ministeriali  28  luglio  2006,  19
febbraio 2007, 6 agosto 2010 e 5 maggio 2011 (che  hanno  introdotto,
rispettivamente, i cosiddetti primo, secondo, terzo  e  quarto  conto
energia). 
    In particolare, gli articoli 5 e 6 del  decreto  ministeriale  19
febbraio 2007 hanno previsto che  i  soggetti  che  hanno  realizzato
impianti fotovoltaici, entrati in  esercizio  entro  il  31  dicembre
2008, hanno diritto a  una  tariffa  incentivante  avente  un  valore
parametrato alla potenza nominale  e  alla  tipologia  dell'impianto.
Detti soggetti, a questo fine, devono inoltrare al «gestore di  rete»
il progetto preliminare dell'impianto, chiedere la  connessione  alla
rete ed «entro sessanta giorni dalla data  di  entrata  in  esercizio
dell'impianto» fare pervenire «al soggetto attuatore»  la  «richiesta
di concessione della  pertinente  tariffa  incentivante».  L'art.  11
dello stesso decreto  prevede  che  l'eventuale  falsa  dichiarazione
comporta  la  decadenza  dal  diritto   alla   tariffa   «sull'intera
produzione e per l'intero periodo di diritto alla stessa tariffa». 
    L'art. 2-sexies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n.  3  (Misure
urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento  di  energia
elettrica nelle isole maggiori), inserito dalla legge di' conversione
22 marzo 2010, n. 41, in  vigore  dal  19  agosto  2010,  modificando
parzialmente le  modalita'  procedimentali,  ha  disposto,  al  primo
comma, che le tariffe incentivanti di cui al decreto ministeriale  19
febbraio 2007 «sono riconosciute a tutti i soggetti che, nel rispetto
di quanto previsto dall'articolo 5 del medesimo decreto ministeriale,
abbiano  concluso,  entro  il  31  dicembre   2010,   l'installazione
dell'impianto fotovoltaico,  abbiano  comunicato  all'amministrazione
competente al rilascio dell'autorizzazione, al gestore di rete  e  al
Gestore dei servizi elettrici-GSE S.p.a., entro la medesima data,  la
fine lavori ed entrino in esercizio entro il 30  giugno  2011»  (tale
comma e' stato cosi' sostituito dall'art.  1-septies,  comma  1,  del
decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 13 agosto 2010, n. 129, che  ha  sostituito  l'originario
comma 1 con gli attuali commi 1 e 1-bis). 
    Il  comma  1-bis  dello  stesso  articolo,  aggiunto  dal  citato
articolo 1-septies, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010,  ha  stabilito
che  «da  comunicazione  di  cui  al  comma  1  e'  accompagnata   da
asseverazione, redatta da tecnico abilitato, di effettiva conclusione
dei lavori di cui al  comma  1  e  di  esecuzione  degli  stessi  nel
rispetto delle pertinenti normative. Il gestore  di  rete  e  il  GSE
S.p.a.,  ciascuno  nell'ambito  delle  proprie  competenze,   possono
effettuare controlli a campione per la verifica  delle  comunicazioni
di cui al presente comma, ferma restando la medesima facolta' per  le
amministrazioni competenti al rilascio dell'autorizzazione». 
    Il GSE, al fine di chiarire le modalita' di  presentazione  delle
domande, ha dettato le linee guida relative alla «procedura operativa
per la gestione delle comunicazioni  al  GSE  di  fine  lavori  degli
impianti fotovoltaici». 
    In particolare, le linee guida distinguono due fasi. 
    Nella prima fase, relativa all'«inserimento  richiesta  incentivi
al GSE», il soggetto responsabile deve allegare, tra l'altro: i)  «la
richiesta di accesso ai benefici previsti dalla legge n. 129  del  13
agosto 2010» (recte: art. 1-septies, comma 1,  del  decreto-legge  n.
105 del 2010, che ha modificato l'art. 2-sexies del decreto-legge  n.
3  del  2010);  ii)  «l'asseverazione,  redatta  e  sottoscritta   in
originale da un  tecnico  abilitato,  di  effettiva  conclusione  dei
lavori»; iii) «la copia della richiesta di connessione  elettrica  al
gestore di rete territorialmente competente». 
    Nella seconda  fase,  relativa  al  «completamento  richiesta  di
incentivi al GSE», il  «soggetto  responsabile  potra'  inviare,  nel
rispetto della tempistica dei sessanta giorni dalla data  di  entrata
in esercizio, la richiesta di incentivo secondo  regole  del  decreto
ministeriale 19 febbraio 2007». 
    La legge 4 giugno 2010, n. 96 (Disposizioni per l'adempimento  di
obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle   Comunita'
europee - Legge comunitaria 2009) ha: i) con gli artt. 2 e 3 delegato
il Governo ad introdurre una disciplina sanzionatoria «di  violazione
di disposizioni comunitarie»; ii) con l'art. 17 stabilito principi  e
criteri direttivi per  l'attuazione,  tra  l'altro,  della  direttiva
2009/28/CE. 
    Il decreto legislativo n. 28 del  2011  ha  attuato  la  predetta
delega, definendo «gli strumenti, i meccanismi, gli  incentivi  e  il
quadro istituzionale,  finanziario  e  giuridico,  necessari  per  il
raggiungimento degli obiettivi fino  al  2020  in  materia  di  quota
complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale  lordo
di energia e di quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti». 
    Il Titolo V del predetto decreto ha previsto, tra  l'altro,  agli
articoli 23  e  seguenti,  i  nuovi  «Regimi  di  sostegno»,  per  la
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In particolare,
l'art. 24 ha disposto che la produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili  entrate  in  esercizio  dopo  il  31  dicembre  2012  e'
incentivata sulla base di nuovi criteri specificamente previsti. 
    Il Titolo V, Capo II, dello stesso decreto ha previsto il sistema
di «Controlli e sanzioni», stabilendo, all'articolo 42, comma 1, che: 
    l'erogazione di incentivi nel settore  elettrico  e  termico,  di
competenza del GSE, e' subordinata alla verifica dei dati forniti dai
soggetti responsabili che presentano istanza; 
    la verifica, che puo' essere affidata anche agli enti controllati
dal GSE, e' effettuata attraverso il controllo  della  documentazione
trasmessa, nonche' con controlli a campione sugli impianti; 
    i controlli sugli impianti, per i quali i soggetti  preposti  dal
GSE rivestono la qualifica di pubblico ufficiale, sono  svolti  anche
senza preavviso  ed  hanno  ad  oggetto  la  documentazione  relativa
all'impianto, la sua configurazione impiantistica e le  modalita'  di
connessione alla rete elettrica. 
    L'art. 42, comma 2, ha disposto che, «restano ferme le competenze
in tema di  controlli  e  verifiche  spettanti  alle  amministrazioni
statali, regionali, agli enti locali nonche' ai gestori di rete». 
    L'art. 42, comma  3,  ha  previsto  che,  «nel  caso  in  cui  le
violazioni riscontrate nell'ambito dei controlli di cui ai commi 1  e
2 siano rilevanti ai fini dell'erogazione  degli  incentivi,  il  GSE
dispone il rigetto dell'istanza ovvero la decadenza dagli  incentivi,
nonche'  il  recupero  delle  somme   gia'   erogate,   e   trasmette
all'Autorita'   l'esito    degli    accertamenti    effettuati    per
l'applicazione delle  sanzioni  di  cui  all'articolo  2,  comma  20,
lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481». 
    Sul punto, deve aggiungersi che l'art. 23, comma 3, ha  previsto,
pur nell'ambito del diverso  Titolo  V,  che  non  hanno  diritto  «a
percepire gli  incentivi  per  la  produzione  di  energia  da  fonti
rinnovabili, da qualsiasi fonte normativa previsti, i soggetti per  i
quali le autorita' e gli enti competenti abbiano  accertato  che,  in
relazione alla richiesta di qualifica degli impianti o di  erogazione
degli incentivi, hanno fornito dati o documenti non veritieri, ovvero
hanno reso  dichiarazioni  false  o  mendaci».  La  stessa  norma  ha
aggiunto che, «fermo restando il recupero delle  somme  indebitamente
percepite, la condizione ostativa alla percezione degli incentivi  ha
durata di dieci anni dalla data dell'accertamento e si  applica  alla
persona fisica o giuridica che ha presentato la  richiesta»,  nonche'
ai  soggetti,  specificamente  indicati,  che  rivestono   ruoli   di
responsabilita' nell'ambito della societa'. 
    L'art. 43 dello stesso decreto, che rileva  in  questa  sede,  ha
stabilito, con norma applicabile al vecchio regime, che: «Fatte salve
le norme  penali,  qualora  sia  stato  accertato  che  i  lavori  di
installazione dell'impianto  fotovoltaico  non  sono  stati  conclusi
entro il 31 dicembre 2010, a seguito dell'esame  della  richiesta  di
incentivazione ai  sensi  del  comma  1  dell'articolo  2-sexies  del
decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3 (...), il GSE  rigetta  l'istanza
di incentivo e dispone contestualmente l'esclusione  dagli  incentivi
degli impianti che utilizzano  anche  in  altri  siti  le  componenti
dell'impianto non ammesso all'incentivazione». La medesima  norma  ha
previsto  che,  «con  lo  stesso  provvedimento,   iI   GSE   dispone
l'esclusione dalla concessione di  incentivi  per  la  produzione  di
energia elettrica di sua competenza, per un  periodo  di  dieci  anni
dalla data dell'accertamento, della persona fisica o giuridica che ha
presentato  la  richiesta»,   nonche'   dei   soggetti   responsabili
specificamente indicati. Il secondo  comma  ha  disposto  che  «fatte
salve piu' gravi ipotesi di reato, il proprietario  dell'impianto  di
produzione e il soggetto  responsabile  dell'impianto  che  con  dolo
impiegano pannelli fotovoltaici le  cui  matricole  sono  alterate  o
contraffatte sono puniti con la reclusione da due a tre  anni  e  con
l'esclusione da qualsiasi incentivazione, sovvenzione o  agevolazione
pubblica per le fonti rinnovabili». 
    5. - Chiarito cio', ai fini della risoluzione della  controversia
in  esame  e'  pregiudiziale  sollevare  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 43 del decreto legislativo n. 28 del 2011. 
    6. - Il giudizio di rilevanza impone di interpretare la  suddetta
disposizione anche al fine di valutare la  possibilita'  di  fornirne
una interpretazione di essa costituzionalmente orientata (da  ultimo,
Corte cost. n. 21 e n. 10 del 2013). 
    Il Tribunale amministrativo regionale, con le sentenze oggetto di
impugnazione, ha ritenuto che tale disposizione debba  essere  intesa
nel senso che la stessa contempli un fatto illecito che si perfeziona
all'esito del completamento di due fasi  temporalmente  separate:  la
prima,  costituita  dalla  comunicazione   di   fine   lavori,   deve
concludersi entro il 31 dicembre 2010; la  seconda  fase,  successiva
all'entrata in esercizio che deve avvenire entro il 30  giugno  2011,
costituita dalla richiesta di incentivi da presentare al GSE entro il
successivo termine di  sessanta  giorni.  Si  sarebbe,  pertanto,  in
presenza di un fatto illecito a formazione progressiva. 
    Questa  Sezione  ritiene,  invece,  che  il  fatto  illecito   si
perfeziona  in  un  unico  contesto  temporale  nel  momento  in  cui
l'impresa presenta la comunicazione  di  fine  lavori  (incompleta  o
falsa) unitamente alla richiesta di incentivi. 
    Tale esito interpretativo e' l'unico possibile  per  le  seguenti
ragioni. 
    In primo luogo, dall'esame complessivo della normativa  rilevante
e, in particolare, dalle linee guida predisposte dal GSE, risulta che
sussistono  due  richieste  di  incentivi:  la  prima  da  presentare
unitamente  alla  comunicazione  di  fine  lavori;  la   seconda   da
presentare successivamente all'entrata in esercizio dell'impianto. 
    L'art. 43, codificando tale prassi operativa, prevede che debbano
essere  presenti,  per  il  perfezionamento  del  fatto  illecito,  i
requisiti costituiti dalla  comunicazione  di  fine  lavori  e  dalla
richiesta di incentivi. Tale richiesta, genericamente  indicata,  e',
anche in ragione di quanto si dira' oltre,  quella  che  deve  essere
presentata, entro il 31 dicembre 2010, unitamente alla  comunicazione
fine lavori. Nelle fattispecie oggetto del presente giudizio  risulta
dagli  atti  che  le  societa'  appellanti   hanno   depositato   nel
procedimento, unitamente all'attestazione di fine  lavori,  anche  la
suddetta richiesta nel termine sopra indicato. 
    In secondo luogo, il significato assegnato alla  disposizione  e'
l'unico coerente con il potere di controllo dell'amministrazione.  Il
legislatore, infatti, ha previsto che  tale  potere  e'  esercitabile
alla scadenza del predetto  termine  del  31  dicembre  2010.  Se  il
perfezionamento del fatto illecito fosse ricollegabile alla richiesta
di  incentivi  successiva  all'entrata  in  esercizio   dell'impianto
sarebbe stato questo il momento che  avrebbe  consentito  l'esercizio
della funzione di verifica da parte del GSE. La stretta  correlazione
tra fatto illecito, potere di controllo e potere interdittivo induce,
pertanto,  a   ritenere   che   il   comportamento   che   giustifica
l'applicazione della misura in esame sia posto  in  essere  entro  il
suddetto termine del 31 dicembre 2010. Si tenga conto,  inoltre,  che
l'esito negativo dei controlli per l'impresa determina  di  fatto  un
arresto   del   procedimento   con   conseguente   normale    mancata
presentazione   della   seconda   richiesta.    Ne    consegue    che
l'interpretazione  seguita  dal  Tar  condurrebbe  di  fatto  ad  una
sostanziale inapplicabilita' della norma. 
    Infine, il sistema a regime, contemplato dal  riportato  art.  23
del  decreto  legislativo  n.  28  del  2011,  prevede,  quale  unico
presupposto per l'applicazione della suddetta misura, l'avere fornito
ai soggetti competenti dati o documenti non veritieri,  ovvero  avere
reso dichiarazioni false. Non sarebbe, pertanto, conforme  al  canone
della ragionevolezza diversificare  i  requisiti  a  seconda  che  il
rimedio trovi applicazione a fattispecie soggette  alla  pregressa  o
alla nuova forma di regolazione. 
    L'interpretazione fornita, che conduce, per le  ragioni  indicate
nel successivo punto, a ritenere la norma contraria  a  Costituzione,
non e' superabile attraverso la ricerca  di  un  diverso  significato
conforme a Costituzione. La  scissione  temporale  del  comportamento
sanzionato  porta,   infatti,   ad   esiti   anch'essi   contrari   a
Costituzione. Se, infatti, si  ritiene  che  il  completamento  della
fattispecie illecita si  realizza  nel  momento  della  presentazione
della  seconda  richiesta  di  incentivi  successiva  all'entrata  in
esercizio dell'impianto si verrebbe a determinare  una  irragionevole
discriminazione, consentita dalla norma, tra  operatori  economici  a
seconda che la funzione di controllo sia esercitata prima o  dopo  la
scadenza  del  predetto  termine.  Solo  nel  primo  caso,   infatti,
l'impresa sarebbe indotta a non  presentare  l'istanza  proprio  allo
scopo  di  non  subire  il  divieto  decennale  di  percezione  degli
incentivi. 
    Alla  luce  di  quanto  sin   qui   esposto,   l'amministrazione,
contrariamente da quanto affermato dal Tar,  ha  fatto  una  corretta
applicazione  alla   fattispecie   concreta   di   quanto   stabilito
dall'articolo  43,  inibendo,   sostanzialmente,   per   un   periodo
decennale,  l'attivita'  ai  soggetti  che  avevano  presentato   una
incompleta o falsa  comunicazione  di  fine  lavori  con  contestuale
richiesta di incentivi. 
    L'appello dovrebbe, pertanto, trovare  accoglimento  qualora  non
venga   dichiarata   costituzionalmente   illegittima   la   predetta
disposizione. 
    In definitiva, il Collegio ritiene che  non  sia  possibile  dare
alla norma in esame una interpretazione costituzionale e che  l'unica
interpretazione  possibile,  rendendo  tale  norma  applicabile  alle
fattispecie oggetto del presente giudizio, assegna rilevanza, ai fini
della risoluzione della  presente  controversia,  alla  questione  di
costituzionalita'. 
    7. - Il giudizio di non manifesta infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale risulta dal ritenuto contrasto  dell'art.
43 del decreto legislativo n. 28 del 2011 con  gli  articoli  3,  25,
secondo comma, 76 e 117, primo comma, della Costituzione. 
    7.1. - In via preliminare, deve accertarsi se il rimedio in esame
possa essere inquadrato nell'ambito della categoria dei provvedimenti
sanzionatori, individuandone natura, tipologia ed effetti. 
    Le   sanzioni,   irrogate    dalla    pubblica    amministrazione
nell'esercizio di funzioni amministrative, rappresentano la  reazione
dell'ordinamento alla violazione di un precetto. 
    La dottrina, valorizzando il  profilo  funzionale,  distingue  le
sanzioni in senso lato e le sanzioni in senso stretto: le prime hanno
una finalita' ripristinatoria, in forma specifica o per  equivalente,
dell'interesse pubblico  leso  dal  comportamento  antigiuridico;  le
seconde hanno una finalita' afflittiva, essendo indirizzate a  punire
il responsabile dell'illecito allo scopo di assicurare  obiettivi  di
prevenzione generale e speciale. 
    Le  principali  tipologie  di  sanzioni  in  senso  stretto  sono
pecuniarie, quando consistono nel pagamento di una somma  di  denaro,
ovvero interdittive, quando  impediscono  l'esercizio  di  diritti  o
facolta' da parte del soggetto inadempiente. 
    La disciplina generale delle sanzioni pecuniarie, modellata  alla
luce dei principi di matrice penalistica, e' contenuta nella legge 24
novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale). 
    La disciplina delle altre sanzioni  e'  contenuta  nelle  singole
discipline di settore, cui si applicano, ove compatibili, i  principi
generali sanciti dalla predetta legge. 
    Il decreto legislativo n. 28 del 2001 ha previsto  uno  specifico
sistema sanzionatorio nel settore delle fonti di energia rinnovabili. 
    L'art. 43 dello stesso decreto contempla una sanzione afflittiva,
non pecuniaria, di tipo interdittivo, con effetti retroattivi. 
    La natura afflittiva  e'  conseguenza  del  fatto  che  l'effetto
di ripristinazione dell'interesse pubblico  leso  e'  assicurato  dal
divieto di concessione di incentivi in relazione a  quello  specifico
impianto cui si riferisce la comunicazione di  fine  lavori,  nonche'
agli  impianti  che  utilizzano   in   altri   siti   le   componenti
dell'impianto  non  ammesso  all'incentivazione.   L'estensione   del
divieto anche in relazione ad incentivi previsti da fonti regolatrici
diverse per una durata di dieci anni  non  puo'  che  perseguire  uno
scopo di punizione del soggetto che  ha  violato  il  precetto  (cfr.
Cons. Stato, sez. VI, 16 gennaio 2014, n. 148). 
    L'appartenenza  al  tipo   di   sanzioni   interdittive   risulta
chiaramente  dalla  descrizione  normativa  della   fattispecie:   il
rimedio, infatti, vietando la concessione di benefici  economici  per
un periodo di dieci anni, si risolve in  un  sostanziale  impedimento
allo svolgimento dell'attivita' di impresa. 
    La produzione  retroattiva  degli  effetti  e'  desumibile  dalla
circostanza che la sanzione  e'  applicabile  per  illeciti  commessi
prima della sua entrata in vigore, in quanto, come  sottolineato,  la
disciplina di legge vigente al momento della  avvenuta  comunicazione
di fine di lavori e  richiesta  di  incentivi  non  contemplava  tale
misura. Gli operatori economici del settore non  sapevano,  pertanto,
che   l'eventuale   accertata   incompletezza   o   falsita'    della
comunicazione di fine lavori avrebbe  determinato  l'applicazione  di
una sanzione consistente nel divieto di concessione di incentivi  per
un  cosi'  lungo  periodo  temporale.  La  norma,  pertanto,   incide
negativamente sulle prevedibilita'  delle  conseguenze  derivanti  da
azioni o omissioni di coloro che esercitano  liberamente  la  propria
iniziativa economica. 
    7.2. - L'art. 76 Cost. prevede che la  delega  al  Governo  della
funzione legislativa non puo' avvenire «se non con determinazione dei
principi e criteri direttivi e soltanto per un tempo limitato  e  per
oggetto definiti». 
    La giurisprudenza costituzionale e' costante nel ritenere che  il
sindacato di legittimita' costituzionale sulla delega legislativa  si
esplichi attraverso un  confronto  tra  gli  esiti  di  due  processi
ermeneutici  paralleli.  Il  primo  riguarda  le   disposizioni   che
determinano l'oggetto, i principi  e  i  criteri  direttivi  indicati
dalla legge di delegazione, tenuto conto del  contesto  normativo  in
cui si collocano e si individuano le ragioni e le finalita' relative.
Il  secondo  riguarda  le  disposizioni  stabilite  dal   legislatore
delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi
e i criteri direttivi della delega (da ultimo,  sentenza  n.  50  del
2014). 
    Nella fattispecie in esame la legge n. 96 del 2010 ha, agli artt.
2 e 3, delegato il Governo ad adottare disposizioni recanti  sanzioni
penali o amministrative per violazione di  obblighi  contenuti  nella
normativa europea da attuare. In  particolare,  l'art.  2,  comma  1,
lettera c), prevede,  quali  principi  e  criteri  direttivi  per  le
sanzioni  amministrative,  che  esse:  i)   devono   consistere   nel
«pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e  non  superiore  a
150.000  euro»;  ii)  nell'ambito  di  detti  limiti  devono   essere
determinate  nella  loro  entita'  «tenendo   conto   della   diversa
potenzialita' lesiva dell'interesse protetto che ciascuna  infrazione
presenta in astratto, di specifiche qualita' personali del colpevole,
comprese quelle che  impongono  particolari  doveri  di  prevenzione,
controllo  o  vigilanza,  nonche'  del  vantaggio  patrimoniale   che
l'infrazione puo' recare al colpevole ovvero alla persona o  all'ente
nel cui interesse egli agisce». 
    L'art. 43 del decreto legislativo n. 23 del 2011, nella parte  in
cui ha introdotto una sanzione interdittiva e non  pecuniaria  senza,
peraltro,  graduarne  l'applicazione  nel  rispetto  delle  modalita'
predeterminate dalla suddetta legge, ha disciplinato un oggetto privo
di copertura da parte  della  legge  di  delegazione  e  comunque  in
contrasto con i principi e criteri stabiliti dalla legge delega,  con
conseguente violazione dell'art. 76 Cost. 
    7.3. - L'art. 25, secondo comma, Cost. dispone che «nessuno  puo'
essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in  vigore
prima del fatto commesso». 
    La Corte costituzionale ha piu'  volte  affermato,  su  un  piano
generale, che la legge puo' introdurre norme che modifichino in senso
sfavorevole  per  gli  interessati  la  disciplina   di   determinati
rapporti, anche quando l'oggetto di questi sia costituito da  diritti
soggettivi perfetti, purche' tali disposizioni non trasmodino  in  un
regolamento  irrazionale,  frustrando,  con  riguardo  a   situazioni
sostanziali  fondate   su   leggi   precedenti,   l'affidamento   dei
cittadini nella «certezza dell'ordinamento giuridico», da  intendersi
quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (sentenze  n.  69
del 2014, n. 310 e n. 83 del 2013, n. 166 del 2012, n. 202 del  2010,
n. 206 del 2009). 
    Sul piano specifico delle sanzioni, la  Corte  costituzionale  ha
ritenuto che  l'art.  25,  secondo  comma,  Cost.  ponga  un  divieto
assoluto di retroattivita' nella materia penale (da  ultimo  sentenza
n. 5 del 2014). La stessa Corte costituzionale, con  la  sentenza  n.
196 del 2010, ha innovativamente ritenuto  che  il  citato  art.  25,
secondo comma,  in  ragione  dell'ampiezza  della  sua  formulazione,
ricompre  nel  suo  ambito  di   applicazione   anche   le   sanzioni
amministrative,   con   la   conseguenza   che    «ogni    intervento
sanzionatorio, il quale non  abbia  prevalentemente  la  funzione  di
prevenzione criminale (...) e' applicabile soltanto se la  legge  che
lo prevede risulti gia' vigente  al  momento  della  commissione  del
fatto sanzionato» (si vedano anche sentenze n. 447 del 1988 e  n.  78
del 1967, che hanno ritenuto le sanzioni amministrative  soggette  al
rispetto del principio di tassativita'). 
    In questa prospettiva l'art. 1 della legge  n.  689  del  1981  -
nella parte in cui dispone che «nessuno puo'  essere  assoggettato  a
sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia  entrata
in vigore prima della commissione  della  violazione»  -  costituisce
espressione di regole costituzionali. 
    In definitiva, per le sanzioni amministrative di tipo  afflittivo
opera il principio di legalita' nella connotazione che  esso  ha  nel
settore penale, con conseguente necessita' di rispettare  i  principi
di riserva di legge, tassativita' e irretroattivita'. 
    L'art. 43 del decreto legislativo n. 28 del 2011, prevedendo  una
misure afflittiva finalizzata a  sanzionare  comportamenti  posti  in
essere prima della entrata in vigore del  decreto  stesso,  si  pone,
pertanto, in contrasto con l'art. 25, secondo comma, Cost. 
    7.4. L'art. 117, primo comma, Cost., stabilisce che  la  potesta'
legislativa deve essere esercitata dallo Stato e  dalle  Regioni  nel
rispetto «degli obblighi internazionali». 
    La giurisprudenza costituzionale ritiene  che  la  CEDU  contenga
norme  interposte,  oggetto  di  bilanciamento,   nel   giudizio   di
costituzionalita' al fine di assicurare la integrazione delle  tutele
(da ultimo, sentenza n. 264 del 2012). 
    L'art. 6 della CEDU  stabilisce  quali  sono  le  condizioni  che
devono essere rispettate perche' si abbia un «equo processo». 
    L'art. 7 della stessa CEDU prevede che «non puo' essere  inflitta
una pena piu' grave di quella che sarebbe stata applicata al tempo in
cui il reato e' stato consumato». 
    La Corte di Strasburgo ha elaborato propri e autonomi criteri  al
fine di stabilire la natura penale o meno  di  un  illecito  e  della
relativa sanzione. 
    In particolare, sono stati individuati tre  criteri,  costituiti:
i)  dalla  qualificazione   giuridica   dell'illecito   nel   diritto
nazionale, con la puntualizzazione che la stessa  non  e'  vincolante
quando si accerta la valenza «intrinsecamente penale»  della  misura;
ii) dalla natura dell'illecito, desunta dall'ambito  di  applicazione
della norma che lo prevede e dallo scopo perseguito; iii)  dal  grado
di severita' della sanzione (sentenze 4 marzo 2014, r.  n.  18640/10,
resa nella causa Grande Stevens e altri c. Italia; 10 febbraio  2009,
ric. n. 1439/03, resa nella causa Zolotoukhine c. Russia; si v. anche
Corte di giustizia UE, grande sezione, 5 giugno 2012, n.  489,  nella
causa C-489/10). 
    L'assegnazione alla «materia  penale»  di  un  significato  ampio
conduce a ritenere che anche il potere  amministrativo  sanzionatorio
deve  essere  esercitato  nel  rispetto,  non  solo  delle   garanzie
dell'equo processo, ma anche dai principi sanciti dal citato art. 7. 
    L'art. 43 del decreto legislativo n. 28 del 2011, nella parte  in
cui introduce una sanzione affluiva con effetti retroattivi, si pone,
pertanto, in contrasto non soltanto con  l'art.  25,  secondo  comma,
Cost,   ma   anche   con   la   suddetta   norma   convenzionale   e,
conseguentemente, con l'art. 117, primo Cost. 
    7.5. - L'art. 3 della Cost., nell'applicazione  che  di  esso  ha
fatto la giurisprudenza costituzionale, pone il vincolo del  rispetto
del principio di ragionevolezza nell'esercizio della discrezionalita'
legislativa. 
    Nello specifico settore delle sanzioni amministrative deve essere
osservato, nella fase applicativa, il principio di  proporzionalita',
il quale impone che la misura sia idonea, necessaria e  proporzionata
in senso stretto rispetto allo scopo perseguito. 
    Il rispetto di tale principio, nelle sue declinazioni, impone, in
concreto, l'attribuzione all'autorita' amministrativa  di  un  potere
discrezionale in grado di individualizzare  la  sanzione  modulandone
l'entita' alla luce della  tipologia  e  gravita'  della  violazione,
nonche' della intensita'  dell'elemento  soggettivo  (si  veda  Corte
cost. n. 299 del 1992, con  riferimento  all'entita'  delle  sanzioni
penali; si veda anche art. 11  della  legge  n.  689  del  1981,  con
riferimento all'esigenza di una  commisurazione  discrezionale  della
sanzione amministrativa pecuniaria). 
    La proiezione di  tale  principio  a  livello  costituzionale  ne
comporta  la  sua  collocazione  nell'ambito   della   regola   della
ragionevolezza. Non e', infatti, conforme a tale  regola  una  misura
sanzionatoria che, risolvendosi in una applicazione generalizzata non
aderente alla specificita'  delle  singole  condotte,  determina  una
ingiustificata discriminazione tra operatori economici. 
    L'art. 43 del decreto legislativo n. 28 del 2011, contemplando un
sistema sanzionatorio rigido applicabile indistintamente a  tutte  le
fattispecie senza che  l'autorita'  amministrativa  competente  possa
modulare l'irrogazione della sanzione a seconda della  valenza  degli
elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie  stessa,  si  pone,
pertanto, in contrasto con l'indicato parametro costituzionale. 
    7.6. - L'art. 117, primo comma, Cost., stabilisce che la potesta'
legislativa deve  essere  esercitata  dallo  Stato  e  dalle  Regioni
nel rispetto «dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario». 
    La  Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea  ritiene  che   le
autorita' preposte all'irrogazione  delle  sanzioni,  in  materie  di
rilevanza europea, quale  quella  in  esame,  debbano  rispettare  il
principio di proporzionalita' (si veda Corte di giustizia UE, sez. I,
9 febbraio 2012, n. 210, in causa C-210/10; cfr. anche Corte cost. n.
313 del 1990). 
    L'art. 43 del decreto legislativo n. 23 del 2011, non assicurando
il rispetto del principio di proporzionalita', si pone, pertanto,  in
contrasto anche con il parametro costituzionale sopra indicato. 
    8. - Il giudizio di rilevanza e  di  non  manifesta  infondatezza
della  questione  di  costituzionale   dell'art.   43   del   decreto
legislativo n.  23  del  2011  impone  la  sospensione  del  presente
giudizio   in   attesa   della   definizione    del    giudizio    di
costituzionalita'.