CORTE D'APPELLO DI FIRENZE Sezione seconda civile La Consigliera Carla Santese, designata ai sensi dell'art. 3 comma 4 legge n. 89/01, nel procedimento iscritto a ruolo il 31 gennaio 2014 al n. 51/2014 V.G. Promosso da Salsano Pietro, elettivamente domiciliato in Roma, viale Mazzini n. 114/b, presso lo studio degli Avv.ti Giovambattista Ferriolo, Ferdinando Emilio Abbate e Michele Dulvi Corcione, che lo rappresentano e difendono come da procura a margine del ricorso, Ricorrente Contro Ministero della Giustizia. Ha emesso la seguente ordinanza Rilevato che: la parte istante ha chiesto equa riparazione ex art. 2 della L. 24 marzo 2001 per violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali firmata il 4 novembre 1950, per non essere stato rispettato il termine ragionevole di cui all'art. 6 paragrafo 1 della Convenzione stessa; l'istanza di equa riparazione e' stata avanzata in relazione ad altro ricorso per equa riparazione proposto davanti alla Corte di Appello di Perugia con ricorso depositato in data 21.5.2010 (proc. n. 963/10 R.G.), definito da detta Corte con decreto n. 64/13, emesso in data 14.5.2012 e depositato in data 14.1.2013; avverso detto decreto non e' stato proposto ricorso per cassazione; a fondamento dell'istanza, il ricorrente ha dedotto l'irragionevole durata del giudizio di equa riparazione svoltosi presso la Corte di Appello di Perugia (due anni ed otto mesi), ritenendo che la durata "ragionevole" di un procedimento instaurato ai sensi della c.d. Legge Pinto non avrebbe dovuto, eccedere il termine di "due anni" per la durata complessiva nei due gradi presso la Corte di Appello e in Cassazione; il ricorrente, precisando che, nel caso in esame (procedimento che si era articolato in un solo grado di giudizio), poteva considerarsi "ragionevole" un lasso di tempo di circa 12 mesi, ha dedotto una protrazione "irragionevole" dello stesso pari a 20 mesi, chiedendo, di conseguenza, il pagamento a suo favore della somma di euro 1.830,00 (di cui € 1000,00 per il primo anno di irragionevole durata ed i 10/12 di € 1000,00 pari ad € 830,00 per gli ulteriori dieci mesi) ovvero altro importo maggiore o minore ritenuto di giustizia e liquidato in via equitativa a titolo di equa riparazione, nonche', in subordine, la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per contrasto dell'art. 2 comma 2-ter della Legge 89/2001 con Part. 117 Cost e con l'art. 6 par.1 CEDU nonche' con gli artt. 111 comma 2 , 3 comma 1 e 10 Cost , rilevando che l'art. 2, comma 2-ter, della citata legge n. 89 (introdotto dal D.L. 83/12 conv. in L. 134/12), considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo "non superiore a sei anni"; a quest'ultimo riguardo, il ricorrente, ritenendo che tale criterio si ponga in contrasto con la giurisprudenza della CEDU (in particolare richiamano CE.DI.SA. 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Italia 27.9.11) e della Corte di Cassazione, formatasi anteriormente all'entrata in vigore del D.L. 83/12 (che ha ravvisato in soli "due anni" il termine ragionevole per i procedimenti ex lege n. 89) e facendo riferimento anche al Trattato di Lisbona, ratificato in Italia con la L.130/2008 (implicante la recezione dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali nel diritto dell'Unione), ha sostenuto che tale interpretazione debba sopravvivere anche alla "novella" del 2012, in quanto ogni diversa interpretazione contrasterebbe con gli artt. 117 e 111 Cost. e con il principio del "giusto processo" ivi stabilito, per contrasto con l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali ed ha ricordato che questa stessa Corte, adita in analogo giudizio (sia pure in sede di opposizione, in cui si lamentava ugualmente la durata irragionevole di un precedente procedimento ex L.89/2001 e si deduceva del pari l'inapplicabilita' del termine di sei anni), aveva gia' sollevato questione di legittimita' costituzionale, evidenziando la possibilita' di sollevare la prospettata questione di costituzionalita' anche in sede monitoria (Ceste Cost 30.4.2008 n. 128); Atteso che: il comma 2-ter dell'art. 2 della legge n. 89/2001, stabilisce che " si considera comunque rispettato il termine ragionevole, se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni"; l'osservanza di tale termine sessennale rende, quindi, irrilevante il superamento dei tempi di ciascuna singola fase (di cui all'art. 2, comma 2-bis) e si applica ad ogni procedimento civile; Ritenuto che: risulta non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della normativa applicabile al caso di specie, perche' l'individuazione del principio costituzionale della "ragionevole durata" di cui all'art. 111 secondo comma Cost. deve essere correlata alla "natura" del procedimento e la sua durata " ragionevole" deve essere vagliata in ragione della sua maggiore o minore complessita'; in relazione ad un procedimento per equa riparazione, la previsione di una "ragionevole" durata di "sei anni" puo' risultare lesiva sia dell'art. 111 secondo comma Cost., che dell'art. 117 primo comma, per violazione degli obblighi internazionali derivanti all'Italia dall'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (V. sentenze Corte Cost. n. 348/2007 e 349/2007), che stabilisce l'analogo principio del "termine ragionevole", oltre che dell'art. 3 comma 1 Cost per uniforme trattamento di situazioni diverse. deve, infatti, tenersi presente che: a) il procedimento di cui alla L.89/2001 consta della mera produzione di atti processuali; b) non era e non e' previsto un doppio grado di merito; c) lo stesso ha la finalita' di indennizzare la violazione di un diritto fondamentale leso proprio dalla "irragionevole" durata; nell'ambito di una lettura sistematica dell'art. 2 e ponendo in correlazione il comma 2 ter (della cui legittimita' costituzionale si dubita) con il comma 2, deve osservarsi che tale precedente statuizione fa riferimento alla "complessita' del caso" (inesistente in queste ipotesi in cui il procedimento ha natura meramente "documentale") e che proprio il D.L. 83/12 conv. nella L. 134, ha fissato un termine estremamente contenuto (trenta giorni) per l'emissione del decreto nella fase "monitoria" (art. 3 e. 4 legge 89 come modificata), mantenendo il termine di quattro mesi per la eventuale fase di opposizione (art. 5-ter comma 5), con cio' palesando che di per se' la durata di un procedimento di cui alla c.d. Legge Pinto deve essere di assai breve durata; come, inoltre, ritenuto anche dalla precedente ordinanza di questa Corte, con cui e' stata sollevata l'analoga questione di legittimita' costituzionale, nemmeno potrebbe dirsi irrilevante un'insufficiente riparazione ai sensi della legge 89/01, ai tini della lesione dei diritti costituzionalmente garantiti sopra richiamati, solo perche' esiste la possibilita' di ottenere una "equa soddisfazione" dalla CEDU, ai sensi dell'art. 41 della Convenzione citata, anche oltre i rimedi apprestati dall'ordinamento interno, in quanto, da un lato, la mancata sanzione (anche se solo sul piano dell'ordinamento interno) del superamento della ragionevole durata di determinati procedimenti, una volta che sia invece previsto, in via generale, uno strumento volto ad indennizzare tale superamento, indebolisce la tutela del diritto -in relazione a quegli specifici procedimenti e, dall'altro, la necessita' di adire la CEDU rappresenta un onere ben maggiore di quello rappresentato dal ricorso al giudice nazionale, per cui la differente "tutela (conseguente all'incongrua equiparazione delle "durate ragionevoli" di procedimenti diversi nella loro natura) integrerebbe comunque una disparita' di trattamento irragionevole; a riprova della necessita' di un ricorso davanti al Giudice nazionale, si deve anche menzionare l'art. 13 della Convenzione citata " Diritto a un ricorso effettivo" che testualmente stabilisce che: "Ogni persona i cui diritti e le cui liberta' riconosciuti nella presente convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un'istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell 'esercizio delle loro funzioni ufficiali"; la questione si ritiene pertanto "rilevante", posto che, ove si dovesse ritenere conforme a Costituzione e, conseguentemente, applicare la normativa vigente, il ricorso dovrebbe essere immediatamente rigettato, stante la previsione di cui all'art. 2 comma 2-ter relativa al termine di "sei anni", mentre, se fosse accolta la questione di legittimita' costituzionale, l'invocato decreto ingiuntivo potrebbe essere concesso; la questione deve investire l'art. 2 comma 2-ter della legge n. 89, nella parte in cui si applica anche ai procedimenti previsti dalla stessa legge n. 89 e, dunque, riguardare il termine di " sei anni" complessivo del procedimento, ma va estesa anche ai termini di cui al comma 2-bis (tre anni per il primo grado, e un anno per il giudizio di legittimita': manca nella fattispecie un secondo grado di merito), che si renderebbero applicabili in mancanza del predetto termine complessivo; anche tali termini, che nel caso specifico sommano complessivamente a quattro anni, risulterebbero infatti notevolmente superiori al termine complessivo di due anni individuato dalla citata giurisprudenza come limite di ragionevole durata di un procedimento per equa riparazione.