TRIBUNALE ORDINARIO DI NAPOLI 
          (Sezione del Giudice per le Indagini Preliminari) 
 
 
                             Ufficio 26° 
 
 
              Questione di legittimita' costituzionale 
                (art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87) 
 
    Il Giudice per l'udienza preliminare, dott. Dario Gallo; 
    Letti gli atti del procedimento penale in epigrafe indicato,  nei
confronti di F.C., nato a  ...;  ivi  residente  alla  ...  domicilio
dichiarato dall'imputato ex art. 161 c.p.p. in data 7  luglio  2014),
difeso di fiducia dall'avvocato Marco Zeno del foro  di  Napoli,  con
studio in Napoli al corso IV Novembre n. 49; 
    Identificate le persone offese - costituitesi parti civili - in: 
      1) D. M. C. nato a ...; 
      2) B.R. nata a ... entrambi residenti in  ...  in  qualita'  di
genitori esercenti la potesta' genitoriale sulla minore D.M.F.,  nata
il..., rappresentati e difesi dall'avv. Maddalena Nappo con studio in
Terzigno (NA), via  Rossini  n.  31  presso  cui  sono  elettivamente
domiciliati; 
 
                              Osserva: 
 
    Con atto depositato in data 25 novembre 2014, il P.M. chiedeva il
rinvio a giudizio di F.C. per i reati di  divulgazione  di  materiale
pornografico  minorile  (art.  600-ter,  comma  3,  c.p.)  e  tentata
violenza privata (artt. 56-610 c.p.). 
    Con ordinanza resa all'udienza preliminare  del  3  giugno  2015,
questo giudice, ritenuto che i fatti  accertati  fossero  diversi  da
come contestati, attivava il «meccanismo correttivo» delineato  dalle
Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione nella sentenza del 20
dicembre  2007-1°  febbraio  2008,  n.  5307,  invitando  il  P.M.  a
modificare, nei confronti dello stesso imputato  e  per  il  medesimo
fatto storico, l'imputazione. 
    Il P.M., aderendo all'invito, contestava i reati di produzione di
materiale pornografico minorile (art. 600-ter, comma 1°, c.p.) e atti
persecutori (artt. 612 bis, commi 1, 2 e 3 c.p.). 
    La   difesa   dell'imputato,   all'odierna   udienza,   in    via
assolutamente preliminare, eccepiva la sopravvenuta  incompatibilita'
di  questo  giudice,  ai  sensi  dell'art.  34  c.p.p.,   a   seguito
dell'ordinanza resa  all'udienza  del  3  giugno  2015,  con  cui  si
invitava il P.M. a modificare l'imputazione. 
    Va sollevata, in  riferimento  agli  artt.  3,  24  e  111  della
Costituzione, la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
34,   comma   2,   c.p.p.,   nella   parte   in   cui   non   prevede
l'incompatibilita'  alla   funzione   di   trattazione   dell'udienza
preliminare per il giudice che, avendo  ravvisato,  nel  corso  della
stessa udienza preliminare, un fatto diverso  da  quello  contestato,
abbia invitato il  P.M.  a  procedere,  nei  confronti  dello  stesso
imputato  e  per   il   medesimo   fatto   storico,   alla   modifica
dell'imputazione ed il P.M. abbia a tanto aderito. 
    Sul piano procedurale, si rileva che il G.U.P. - laddove  ritenga
che il fatto sia diverso da quello contestato - puo' disporre ex art.
521, comma 2, c.p.p. la trasmissione degli atti al P.M.  perche'  «la
corrispondenza  dell'imputazione  a  quanto  emerge  dagli  atti   e'
un'esigenza presente  in  ogni  fase  processuale  e,  quindi,  anche
nell'udienza preliminare» (cfr. Cass.  sez.  V,  23  ottobre  2007-30
gennaio 2008, n. 4789; Corte Cost. n. 88/1994). 
    Tuttavia, tale potere di applicazione  analogica  dell'alt.  521,
comma 2, c.p.p. puo' essere esercitato  solo  seguendo  il  «percorso
virtuoso» suggerito  da  Cass.  Sezioni  Unite  penali,  20  dicembre
2007-1° febbraio 2008, n. 5307. 
    Pertanto il G.U.P.  non  puo',  ex  abrupto,  per  effetto  della
ritenuta diversita' del fatto, restituire gli atti al P.M.  ai  sensi
dell'art. 521, comma 2, c.p.p., senza prima attivare  il  «meccanismo
correttivo» individuato dalla predetta  pronuncia:  ed,  infatti,  il
provvedimento di immediata restituzione degli atti al  P.M.  ex  art.
521, comma 2, c.p.p, a seguito della modificazione della regiudicanda
prospettata nella richiesta di rinvio a giudizio, sarebbe affetto  da
abnonnita' (conf. Cass. sez. V, 10 luglio 2008 n. 31975). 
    Tanto premesso, la  Corte  costituzionale,  con  la  sentenza  n.
455/1994,  (1) ha rilevato che il  giudice,  quando  accerta  che  il
fatto e' diverso  da  come  descritto  nel  decreto  che  dispone  il
giudizio, compie una piena delibazione del merito della regiudicanda,
con la conseguenza che un dibattimento bis  riguardante  il  medesimo
fatto storico ed il medesimo imputato non puo' non essere  attribuito
alla cognizione di altro giudice, trattandosi della stessa  ratio  di
tutela della imparzialita' e serenita' di  giudizio  che  informa  la
regola posta dall'art. 34 c.p.p.,  affermativa  dell'incompatibilita'
del giudice che abbia pronunciato sentenza in un precedente grado  di
giudizio relativamente al medesimo procedimento. 
    Con la sentenza n. 224/2001,   (2) La  Corte -  a  seguito  delle
modifiche introdotte dalle leggi  16  dicembre  1999,  n.  479,  e  7
dicembre 2000, n. 397 - ha ricondotto l'udienza preliminare al novero
delle sedi  suscettibili  di  essere  pregiudicate  dalla  precedente
valutazione in ordine alla medesima regiudicanda. 
    L'orientamento ha trovato  conferma  nelle  successive  pronunce,
emesse con riguardo a casi di reiterazione della funzione di  giudice
dell'udienza preliminare, nelle  quali  la  locuzione  «giudizio»  e'
stata  intesa   come   comprensiva,   appunto,   anche   dell'udienza
preliminare (cfr. sentenza n. 335/2002 e  ordinanze  nn.  269/2003  e
20/2004). 
    Con  l'ordinanza   n.   269/2003,   la   Corte -   pronunciandosi
espressamente  per  l'ipotesi  di   ripetizione   della   trattazione
dell'udienza  preliminare  da  parte  dello  stesso  magistrato  che,
all'esito di una precedente udienza preliminare riguardante lo stesso
imputato ed il medesimo fatto storico, abbia disposto la restituzione
degli atti al pubblico ministero, avendo ravvisato un  fatto  diverso
da quello  formalmente  descritto  nell'imputazione  contestata -  ha
ritenuto  la  questione   manifestamente   infondata   perche'   gia'
rientrante, a seguito della sentenza n. 224/2001, nel raggio d'azione
dell'istituto dell'incompatibilita'. 
    Con  la  sentenza   n.   400/2008,   la   Corte   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2,  c.p.p.  nella
parte  in  cui  non  prevede  l'incompatibilita'   alla   trattazione
dell'udienza preliminare del giudice che  abbia  ordinato,  all'esito
del precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto storico  a
carico del medesimo imputato, la trasmissione degli atti al  P.M.,  a
norma dell'art. 521, comma 2, c.p.p., per la ritenuta diversita'  del
fatto. 
    Orbene,  nella  fattispecie  in  esame,  sul  piano  sostanziale,
ricorre la medesima situazione presa in considerazione dall'ordinanza
n.  269/2003,  solo  che,  non  potendo   il   giudice   dell'udienza
preliminare disporre l'immediata trasmissione degli atti al P.M.  per
la ritenuta diversita' del fatto, ma dovendo attivare  il  meccanismo
correttivo  delineato  dalle  Sezioni  Unite,  non   e'   applicabile
l'istituto  dell'incompatibilita',   nel   testo   risultante   dalla
pronuncia  della  Corte  costituzionale  n.  224/2001,  perche'  esso
presuppone la reiterazione,  all'esito  di  una  vicenda  regressiva,
della  funzione  in  capo   allo   stesso   giudice-persona   fisica,
nell'ambito dello stesso procedimento e in  relazione  alla  medesima
regiudicanda. 
    L'ipotesi de  qua  si  pone  al  di  fuori  della  portata  delle
decisioni nn. 224/2001 e 269/2003 perche' non si e' verificato  alcun
meccanismo regressivo e il giudice dell'udienza  preliminare  non  e'
chiamato  ad  un  nuovo  svolgimento  della  medesima  funzione   nei
confronti dello stesso imputato e per lo stesso fatto storico. 
    Tuttavia, anche in questo caso, vi e' una piena  delibazione  del
merito della regiudicanda  (l'imputato  e'  lo  stesso  ed  il  fatto
storico e' lo stesso) con l'ordinanza interlocutoria  emessa,  avente
un profilo contenutistico e fmalistico del  tutto  analogo  a  quello
dell'ordinanza contemplata dall'art. 521, comma 2, c.p.p. 
    Non e' possibile superare in via interpretativa il rilevato vizio
di legittimita' costituzionale perche' cio' equivarrebbe ad  ampliare
in via analogica il novero delle cause di incompatibilita'. 
    Per  costante  giurisprudenza   costituzionale,   «il   carattere
tassativo  delle  ipotesi  di   incompatibilita'   e'   di   ostacolo
all'estensione in via analogica delle disposizioni che le contemplano
a  casi  diversi  da  quelli  in  esse  considerati»  (cfr.  ord.  n.
224/2001). 
    Per far fronte alla denunciata situazione non appare utilizzabile
l'istituto dell'astensione perche', nel caso di  ritenuta  diversita'
del fatto, come peraltro riconosciuto dalla stessa Corte,  si  e'  di
fronte ad una ipotesi nella  quale,  gia'  sul  piano  astratto  e  a
prescindere dalla peculiarita' del caso  concreto,  vi  e'  la  seria
possibilita'  di  un  pregiudizio  derivante  dalla  decisione   gia'
assunta. 
    Mentre l'astensione e la ricusazione mirano  a  porre  rimedio  a
comportamenti  del  giudice,  anche  estranei   all'esercizio   della
funzione, che possono determinare un pregiudizio, da  apprezzarsi  in
concreto, per l'imparzialita' del giudice (e, di conseguenza, per  il
«giusto processo»), l'istituto  dell'incompatibilita',  al  di  fuori
della specifica ipotesi introdotta dalla sentenza n. 371/1996, mira a
garantire l'imparzialita' del giudice a fronte di atti  adottati  nel
medesimo procedimento, con riguardo allo stesso fatto storico  e  nei
confronti della medesima persona, e che determinano, gia'  sul  piano
astratto e a prescindere dalla peculiarita'  del  caso  concreto,  un
pregiudizio ed a cui occorre far fronte in via preventiva, attraverso
atti organizzativi dello  svolgimento  del  processo.  (3)  La  sopra
esposta  questione  di  legittimita'  costituzionale  e',  ai   sensi
dell'art. 23, comma 2, legge n. 87/1953, assolutamente rilevante  nel
procedimento  pendente  perche'  esso  non   puo'   essere   definito
indipendentemente dalla sua risoluzione, dovendo, allo stato,  questo
giudice  procedere   alla   celebrazione   dell'udienza   preliminare
sull'imputazione «suggerita», se non «imposta», al  P.M.,  nonostante
la sussistenza della situazione pregiudicante. 
    Ricorrono,  quindi,  nella  fattispecie  in  esame,  le  medesime
ragioni  di  incostituzionalita'   che   hanno   indotto   la   Corte
all'accoglimento  delle  altre  questioni  sollevate   con   riguardo
all'art. 34, comma 2, c.p.p. (cfr. sentenze nn. 445/1994, 224/2001  e
400/2008). 

(1) Dichiarativa  dell'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  34,
    comma   2,   c.p.p.,   nella   parte   in   cui    non    prevede
    l'incompatibilita' alla funzione  di  giudizio  del  giudice  che
    abbia, all'esito di un precedente  dibattimento,  riguardante  il
    medesimo fatto storico a carico del medesimo  imputato,  ordinato
    la trasmissione degli atti al P.M. a norma dell'art.  521,  comma
    2, c.p.p.;  

(2) Dichiarativa dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, co.
    1°, c.p.p., nella parte in  cui  non  prevede  l'incompatibilita'
    alla funzione di giudice dell'udienza preliminare del giudice che
    abbia  pronunciato  o  concorso  a  pronunciare   sentenza,   poi
    annullata, nei confronti del medesimo imputato e  per  lo  stesso
    fatto.  

(3) Cfr., da ultima, sent. n.  86/2013,  secondo  cui,  "fuori  dalla
    specifica ipotesi introdotta dalla sentenza di  questa  Corte  n.
    371 del 1996..., l'art. 34, comma 2, cod proc.  pen.  ,  come  in
    genere   l'istituto   dell'incompatibilita',   si   riferisce   a
    situazioni di pregiudizio per l'imparzialita' del giudice che  si
    verificano all'interno del medesimo procedimento (sentenze n. 283
    e n. 113 del 2000 e ordinanza  n.  490  del  2002)  e  concernono
    percio' la medesima regiudicanda (sentenza n. 186 del 1992)".