Ricorso proposto dalla Regione Calabria (P. IVA 02205340793),  in
persona del Presidente della Giunta  Regionale  dott.  Gerardo  Mario
Oliverio, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale  della
Calabria n. 8/2019 (doc. 1), rappresentato e difeso,  giusta  decreto
dirigenziale n. 664 del 24 gennaio 2019 (doc. 2) e procura  in  calce
al presente atto, tanto unitamente quanto  disgiuntamente,  dall'avv.
Giuseppe Naimo (C.F. NMAGPP65A05D976H)  dell'Avvocatura  regionale  e
dal prof. avv. Vincenzo (Enzo)  Cannizzaro,  (C.F.  CNNVCN59C30A843I)
del  Foro  di  Roma,  con  domicilio  eletto  presso  lo  studio   di
quest'ultimo  in   Roma,   Corso   d'Italia,   106   (per   eventuali
comunicazioni:  fax  06/44117817   posta   elettronica   certificata:
vincenzo.cannizzaro@legalmail.it) 
    contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso
la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei  Portoghesi,  n.  12
per   la   dichiarazione   di   illegittimita'   costituzionale   del
decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in legge 1° dicembre
2018, n. 132, pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  281  del  3
dicembre 2018, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione
internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonche' misure per
la funzionalita' del Ministero dell'interno e l'organizzazione  e  il
funzionamento  dell'Agenzia  nazionale  per  l'amministrazione  e  la
destinazione dei beni  sequestrati  e  confiscati  alla  criminalita'
organizzata», in particolare gli articoli 1, commi 1, 2, 3, 6, 7, 8 e
9, articoli 12 e 13, art. 21, primo comma, lettera a). 
 
                                Fatto 
 
    1. Il decreto-legge del 4 ottobre 2018, n.  113,  convertito  con
modificazioni con legge del 1°  dicembre  2018,  n.  132,  pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  281  del  3  dicembre  2018,  recante
«Disposizioni urgenti  in  materia  di  protezione  internazionale  e
immigrazione, sicurezza pubblica, nonche' misure per la funzionalita'
del Ministero dell'interno  e  l'organizzazione  e  il  funzionamento
dell'Agenzia nazionale per l'Amministrazione e  la  destinazione  dei
beni sequestrati e  confiscati  alla  criminalita'  organizzata»  (di
seguito, anche solo «Decreto sicurezza»), ha introdotto o modificato,
per quel che qui rileva, le seguenti disposizioni. 
    2. Il Decreto sicurezza nell'art. 1, rubricato  «Disposizioni  in
materia di permesso di soggiorno per motivi umanitari e disciplina di
casi speciali di permessi di soggiorno  temporanei  per  esigenze  di
carattere umanitario», commi 1, 2, 3, 6, 7, 8 e 9,  ha  soppresso  la
nozione di permesso di soggiorno per «motivi  umanitari»  prevedendo,
in suo luogo, una serie di ipotesi specifiche per la concessione  del
permesso di soggiorno a migranti non in possesso dei requisiti per il
riconoscimento dello status di  rifugiato  ovvero  per  il  godimento
della protezione sussidiaria. 
    3. La nozione di permesso di soggiorno per motivi  umanitari  era
regolata, prima del Decreto sicurezza,  dall'art.  5,  comma  6,  del
decreto legislativo del 25 luglio 1998, n.  286,  Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero (di seguito solo «TU Immigrazione»).
Tale norma prevedeva la possibilita'  di  concedere  il  permesso  di
soggiorno nel caso in cui ricorressero «seri motivi,  in  particolare
di carattere umanitario o risultanti  da  obblighi  costituzionali  o
internazionali dello Stato italiano». La nozione era dunque di  ampio
respiro, al  fine  di  consentire  l'asilo  a  soggetti  con  diverse
problematiche incidenti su diritti inviolabili della persona umana. 
    4. Per effetto del Decreto sicurezza, il  permesso  di  soggiorno
per motivi umanitari  puo'  essere  rilasciato  solo  in  casi  ormai
tipizzati,  c.d.  «casi  speciali».  I  motivi  che  giustificano  il
rilascio del permesso di soggiorno sono i seguenti: 
      motivi di  protezione  sociale,  consistenti  nell'esigenza  di
sottrarsi alla  violenza  e  ai  condizionamenti  dell'organizzazione
criminale,  di  cui  all'art.  18  del  TU   Immigrazione   (istituto
preesistente al Decreto sicurezza); 
      essere vittima di violenza domestica, di  cui  all'art.  18-bis
del TU Immigrazione (istituto preesistente al Decreto sicurezza); 
      versare «in condizioni  di  salute  di  particolare  gravita'»,
«tali da determinare  un  rilevante  pregiudizio  alla  salute  degli
stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza», ai
sensi dell'art. 19, comma  2,  lettera  d-bis,  del  TU  Immigrazione
(permesso di soggiorno per  cure  mediche,  istituto  introdotto  dal
Decreto sicurezza); 
      dover far ritorno in un Paese che versi in  una  situazione  di
contingente ed eccezionale  calamita',  tale  da  non  consentire  un
rientro  in  condizioni  di  sicurezza  (permesso  di  soggiorno  per
calamita', di cui  all'art.  20-bis  del  TU  Immigrazione,  istituto
introdotto dal Decreto sicurezza); 
      ipotesi di particolare sfruttamento  lavorativo,  nel  caso  lo
straniero che abbia presentato denuncia e  cooperi  nel  procedimento
penale instaurato nei confronti del datore di  lavoro,  (permesso  di
soggiorno per sfruttamento lavorativo,  di  cui  all'art.  22,  comma
12-quater del  TU  Immigrazione,  istituto  preesistente  al  Decreto
sicurezza); 
      ipotesi in cui lo straniero abbia compiuto atti di  particolare
valore civile (permesso di soggiorno per atti di  particolare  valore
civile,  di  cui  all'art.  42-bis,  del  TU  Immigrazione,  istituto
introdotto dal Decreto sicurezza). 
    5.  Tali  ipotesi  restringono  considerevolmente  il  campo   di
applicazione del c.d. permesso umanitario. 
    6. Gli articoli 12 e  13  del  Decreto  sicurezza  modificano  il
sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, mutando  il  titolo  di
accesso ai centri del sistema di protezione per richiedenti  asilo  e
rifugiati (c.d. «SPRAR»), ed eliminando, per i richiedenti asilo,  il
sistema di iscrizione all'anagrafe. 
    7. In  particolare,  il  decreto-legge  Sicurezza  ha  modificato
l'art. 1-sexies del decreto-legge del decreto-legge 30 dicembre 1989,
n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio  1990,
n. 39, regolante il «Sistema di  protezione  per  richiedenti  asilo,
rifugiati» (c.d. SPRAR)  che  e'  stato  modificato  in  «Sistema  di
protezione  per  titolari  di  protezione  internazionale  e   minori
stranieri non  accompagnati»  (c.d.  SIPROIMI),  escludendo  da  tale
sistema  i  richiedenti  protezione   internazionale   e   i   minori
accompagnati. 
    8. La nuova norma dispone (in neretto le modificazioni introdotte
con il Decreto sicurezza): 
      «Gli enti locali che prestano  servizi  di  accoglienza  per  i
titolari di protezione internazionale e per i  minori  stranieri  non
accompagnati, che beneficiano del  sostegno  finanziario  di  cui  al
comma 2, possono accogliere nell'ambito dei medesimi servizi anche  i
titolari dei permessi di soggiorno di cui agli articoli 19, comma  2,
lettera d-bis), 18, 18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater, e 42-bis del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, qualora  non  accedano  a
sistemi di protezione specificamente dedicati» (comma 1). 
      Al  fine  di  razionalizzare  e  ottimizzare  il   sistema   di
protezione dei soggetti di  cui  al  comma  1,  e  di  facilitare  il
coordinamento,  a  livello  nazionale,  dei  servizi  di  accoglienza
territoriali,   il    Ministero    dell'interno    attiva,    sentiti
l'Associazione nazionale dei comuni italiani  (ANCI)  e  l'ACNUR,  un
servizio   centrale   di   informazione,   promozione,    consulenza,
monitoraggio e supporto tecnico  agli  enti  locali  che  prestano  i
servizi di accoglienza di cui al comma 1.  Il  servizio  centrale  e'
affidato, con apposita convenzione, all'ANCI (comma 4). 
      Il  servizio  centrale  di  cui  al  comma  4  provvede  a:  a)
monitorare la presenza sul territorio dei soggetti di cui al comma 1.
(...)». 
    9. Detta norma esclude quindi la categoria dei richiedenti  asilo
e minori accompagnati dall'assistenza fornita dagli enti locali. 
    10. Sul punto, il Decreto sicurezza ha gia' trovato attuazione  a
mezzo: 
      del decreto del Ministero  dell'interno  del  22  gennaio  2019
(doc. 3), con cui sono stati  approvati  dei  progetti  per  i  nuovi
SIPROIMI (ex SPRAR); 
      del decreto del Ministero dell'interno del 20 novembre 2018 (1)
, con cui e' stato approvato lo  Schema  di  capitolato  di  gara  di
appalto, riguardante la fornitura di beni e servizi per la gestione e
il funzionamento dei centri  di  prima  accoglienza  (c.d.  «CARA»  e
«CAS»). 
    11. Ed ancora, per quel che qui interessa, l'art. 21, primo comma
lettera a) del Decreto sicurezza modifica  l'art.  9,  comma  3,  del
decreto-legge 20 febbraio 2017,  n.  14,  aggiungendo  fra  i  luoghi
rispetto ai quali si possano disporre provvedimenti di  stazionamento
e ordini di allontanamento, previsti da tale  disposizione,  anche  i
«presidi sanitari». 
    12. Orbene, il Decreto sicurezza, nelle norme su citate, comporta
sensibili condizionamenti sull'autonomia legislativa e amministrativa
regionale a causa dalle scelte imposte  dalle  nuove  norme  statali.
Ulteriori condizionamenti  sono  stati  prodotti,  e  si  produrranno
ulteriormente, attraverso la  normativa  di  attuazione  del  sistema
normativo adottato dal legislatore nazionale. 
    13. La Regione Calabria e' quindi indotta a chiedere  alla  Corte
costituzionale di voler dichiarare l'illegittimita',  in  parte  qua,
del decreto-legge n. 113/ 2018, per  violazione  della  Costituzione,
anche attraverso la violazione di obblighi internazionali ed europei,
nonche' del principio  di  leale  collaborazione,  per  i  motivi  di
diritto illustrati nei paragrafi seguenti. 
 
                               Diritto 
 
I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 6, 7,  8
e 9,  del  decreto-legge  4  ottobre  2018,  n.  113  per  violazione
dell'art. 117, commi 3 e 4, Cost.  di  per  se'  e  alla  luce  degli
articoli 2, 3, 10, comma 3, 31, 32, 34 e  35  Cost.,  dell'art.  117,
comma 1,  Cost.,  nonche'  per  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione espresso dagli articoli 5 e 120 Cost. 
    A.  La   soppressione   dell'istituto   dell'asilo   «umanitario»
stabilito dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 
    14. Come indicato nella narrativa in fatto, l'atto  impugnato  ha
abrogato  la  normativa  statale  che   istituiva   e   regolamentava
l'istituto comunemente indicato con il nome  di  «asilo  umanitario»,
istituito  e  regolamentato  dal  TU  Immigrazione.  In  particolare,
risultano abrogati gli articoli 4-bis, comma 2-bis, e art.  5,  comma
6, i quali prevedevano la concessione di permessi  di  soggiorno  per
«motivi umanitari». 
    15. Ne consegue che  il  Decreto  sicurezza  assicura  tutela  di
esigenze umanitarie nei confronti di cittadini di Paesi terzi che non
integrino  le  condizioni  per  il  riconoscimento  dello  status  di
rifugiato, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951, modificata
dal Protocollo di New York del 16 dicembre 1966 ratificata con  legge
25  ottobre  1977,  n.  881,  ne'  abbiano  titolo  alla   protezione
sussidiaria, istituita e  disciplinata  dalla  Direttiva  2011/95/UE,
solo in ipotesi specifiche e tassativamente determinate. 
    16. Nel loro insieme, tali ipotesi sono indicate come «speciali»,
sia quanto al titolo dei permessi di soggiorno adottati sulla base di
esse, sia quanto alla protezione ad  esse  riconnesse.  Esse  coprono
ipotesi che, per quanto rilevanti, non esauriscono certamente l'ampio
campo coperto dalla figura  dell'asilo  umanitario.  Ne',  alla  luce
della loro «specialita'», appare possibile  una  estensione  su  base
interpretativa o analogica. 
    B. L'incidenza di tale regime sulla  legislazione  della  Regione
Calabria 
    17. L'abolizione dell'istituto  della  protezione  umanitaria  da
parte dell'art.  1  del  Decreto  sicurezza  rende  inapplicabile  la
normativa  regionale  relativa   alla   accoglienza,   assistenza   o
integrazione,  nella  parte  in  cui  essa  designi  fra   i   propri
beneficiari soggetti gia' in possesso di tale status, ovvero  che  lo
avrebbero acquistato ai sensi della legislazione pre-vigente. 
    18. Una forma di interferenza diretta si  verifica  in  relazione
alle  disposizioni   legislative   le   quali   fanno   espressamente
riferimento ai titolari di misure di protezione umanitaria, quale, ad
esempio, l'art. 1 legge regionale 12 giugno 2009, n.  18  recante  la
disciplina su «Accoglienza dei richiedenti  Asilo,  dei  rifugiati  e
sviluppo sociale, economico  e  culturale  delle  Comunita'  locali».
Rispetto a tali disposizioni, l'art. 1 del Decreto  sicurezza  ha  un
effetto sostanzialmente abrogativo. 
    19. L'abolizione dell'istituto della protezione umanitaria altera
altresi' l'ambito soggettivo di applicazione  delle  disposizioni  di
legge  della  Regione   Calabria   le   quali   fondano   prestazioni
assistenziali o sociali in relazione al possesso di  un  permesso  di
soggiorno di una durata minima. Ad esempio,  la  legge  regionale  26
novembre 2003, n. 23, recante la «Realizzazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali nella Regione Calabria», si  applica,
a termini del suo art. 3, a cittadini di Paesi terzi, in possesso  di
un permesso di soggiorno della durata minima di un anno. Per  effetto
del Decreto sicurezza, alla scadenza del permesso  di  soggiorno  per
motivi umanitari, i titolari hanno cessato  o  cesseranno  di  essere
destinatari del sistema integrato stabilito da tale legge. 
    20.  L'abolizione  dell'istituto  della   protezione   umanitaria
altera,  infine,  anche   l'ambito   soggettivo   delle   prestazioni
assistenziali  della  Regione  fondate  sul  principio  del  servizio
universale, quali quelli previsti dalla legge regionale  12  novembre
2004, n. 28 «Garante per l'infanzia  e  l'adolescenza»,  dalla  legge
regionale 29 marzo 2013, n. 15 «Norme sui servizi  educativi  per  la
prima infanzia» e  dalla  legge  regionale  21  agosto  2007,  n.  20
«Disposizioni  per  la  promozione  ed  il  sostegno  dei  centri  di
antiviolenza e delle case di accoglienza per donne in difficolta'». 
    21. La scadenza del permesso di soggiorno per  motivi  umanitari,
infatti, ha l'effetto di privare il soggetto che ne era titolare  del
precedente status giuridico di rifugiato umanitario,  assoggettandolo
alle misure statali di controllo dell'immigrazione  irregolare,  come
ad  esempio  le  misure  di  trattenimento  in  centri  speciali   di
detenzione  amministrativa  non  immediatamente  compatibili  con   i
meccanismi di assistenza e sostegno previsti  dalle  leggi  regionali
citate. 
    22. Piu' in generale, l'abolizione dell'istituto della protezione
umanitaria, anche alla luce dell'imponente numero di persone  che  se
ne avvalevano alla data di entrata in vigore del Decreto sicurezza  e
che sono stati, o che saranno repentinamente privati di tale  status,
comporta  una  profonda  riconversione  di  tutti  gli  strumenti  di
accoglienza, assistenza e integrazione, imponendo un  ingente  sforzo
organizzativo sulle strutture regionali e degli enti locali. 
    23. La circostanza che tale privazione interessa un  alto  numero
di soggetti in  situazione  di  estrema  vulnerabilita',  rende  tale
riconversione estremamente urgente, al fine di attenuare  il  disagio
sociale che le cronache di questi giorni hanno registrato. 
    C. Illegittimita' costituzionale del  decreto-legge  n.  113/2008
per violazione dell'art. 117, commi  3  e  4,  Cost.,  congiuntamente
all'art. 10, comma 3, Cost., che stabilisce il diritto costituzionale
di asilo stabilito, nonche' con gli articoli 3, 31, 32, 34 e 35 della
Costituzione 
    24. L'abolizione ad  opera  dell'art.  1  del  Decreto  sicurezza
dell'istituto della protezione umanitaria comprime quindi l'ambito di
applicazione della legislazione  regionale  escludendo  da  essa  una
intera categoria di  persone  gia'  destinatarie  di  tali  forme  di
sostegno e assistenza  e  costringendo  le  Regioni  a  riorganizzare
l'intero sistema di accoglienza, integrazione e  assistenza,  oggetto
di competenza concorrente o residuale. 
    25. Tale interferenza concerne,  inoltre,  un  diritto  di  rango
costituzionale, quale l'art. 10,  comma  3,  Cost.  L'istituto  della
protezione umanitaria,  infatti,  ha  costituito,  nella  pre-vigente
legislazione,  l'obiettiva  attuazione  sul  piano  legislativo   del
diritto  costituzionale  di  asilo,  affiancandosi  alla   protezione
internazionale, che trova fonte nella Convenzione di Ginevra del 1951
relativa allo status di rifugiato, e alla protezione sussidiaria, che
trova fonte nella Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo  e  del
Consiglio, del 13 dicembre 2011 (v. per tutte, la recente senza della
Corte di Cassazione, Sez. I civile, del 23 febbraio 2018, n. 4455). 
    26. Tale nuovo  regime  ha  quindi  l'effetto  di  impedire  alla
Regione  di  assicurare  prestazioni  che  rientrano  nella   propria
competenza ratione materiae gia' disposte a favore di  individui  che
hanno un titolo costituzionale a riceverlo. In tal modo, esso  appare
in conflitto con l'art. 117, comma 3 e 4, congiuntamente all'art. 10,
comma 3, Cost., che ha stabilito un diritto costituzionale di asilo. 
    27. Come indicato  piu'  volte  dalla  Corte  costituzionale,  da
ultimo nella sentenza n. 251 del 2016: 
      «le Regioni possono evocare parametri di  legittimita'  diversi
da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo quando la
violazione denunciata sia potenzialmente  idonea  a  determinare  una
lesione delle attribuzioni  costituzionali  delle  Regioni  e  queste
abbiano  sufficientemente  motivato  in  ordine  ai  profili  di  una
possibile  ridondanza  della  predetta  violazione  sul  riparto   di
competenze, assolvendo all'onere di operare la necessaria indicazione
della specifica competenza regionale che  ne  risulterebbe  offesa  e
delle ragioni di tale lesione». 
    28. In termini analoghi, la Corte costituzionale ha indicato  che
l'invocazione di un parametro di costituzionalita' estraneo al Titolo
V della Costituzione e' nondimeno ammissibile in sede di giudizio  di
legittimita'  costituzionale  qualora  la  violazione  di   esso   si
ripercuota sulle attribuzioni costituzionali della Regione  (sentenza
n. 5 del 2018). 
    29. Or bene, la competenza regionale non e' violata solo  da  una
disposizione  statale  che  detti  regole  materiali  nella   materia
demandata alla competenza regionale, ma altresi' da una  disposizione
statale  che   interferisce   nell'ambito   di   applicazione   della
legislazione regionale, e, in particolare, allorche'  restringa  tale
ambito  in  maniera  da  imporre  alle  Regioni  di  non   assicurare
prestazioni che esse hanno un dovere costituzionale di prestare. 
    30. Come e' noto, l'art. 117, comma 2, Cost. assegna  allo  Stato
una competenza esclusiva in tema di asilo e di  condizione  giuridica
dello straniero e, quindi,  conferisce  a  tale  ente  il  potere  di
determinare l'ambito nel quale  le  Regioni  potranno  esercitare  le
proprie competenze concorrenti o residuali in tema  di  integrazione,
di accoglienza e di assistenza. 
    31. La competenza a regolamentare il  diritto  di  asilo  potra',
quindi,  legittimamente  interferire  nello  spazio   di   competenza
regionale.  Tale  competenza,  tuttavia,  e'  limitata  materialmente
dall'art. 10, comma 3, che determina  la  sfera  soggettiva  di  tale
diritto, e funzionalmente dall'art. 117, comma 3  e  4,  che  assegna
alle Regioni il compito di concretizzare tale diritto, garantendo  le
prestazioni necessarie a sancirne l'effettivita'. 
    32. La giurisprudenza costituzionale ha quindi delineato  l'alveo
entro il quale scorrono le due sfere di competenza. Da  un  lato  «la
potesta' legislativa (regionale)  non  puo'  riguardare  aspetti  che
attengono alle politiche di programmazione dei flussi di  ingresso  e
di soggiorno nel territorio nazionale». D'altro lato, «altri  ambiti,
come  il  diritto  allo  studio  o  all'assistenza  sociale,   (sono)
attribuiti alla competenza concorrente e residuale delle Regioni». 
    33. Si verifica, in questo campo, un intreccio di  competenze  le
quali, nel loro insieme,  devono  tendere  a  realizzare  il  diritto
costituzionale di asilo: «(e) cio', in quanto  l'intervento  pubblico
concernente gli  stranieri  non  puo'  limitarsi  al  mero  controllo
dell'ingresso e del soggiorno degli stessi sul territorio  nazionale,
ma deve necessariamente considerare altri  ambiti  -  dall'assistenza
sociale all'istruzione, dalla salute all'abitazione - che coinvolgono
molteplici competenze normative, alcune attribuite allo Stato,  altre
alle Regioni. Tanto piu' che lo straniero  e'  titolare  di  tutti  i
diritti fondamentali che la  Costituzione  riconosce  spettanti  alla
persona». 
    34. Ne consegue l'impossibilita' di  determinare  una  prevalenza
fra due sfere di competenza, parimenti  titolate  a  concorrere  alla
realizzazione dell'art. 10, comma 3, Cost. 
    35. In particolare, una regolamentazione  del  diritto  di  asilo
che, in luogo di definire ragionevolmente il perimetro entro il quale
le Regioni dovranno operare a favore dei titolari di tale diritto, lo
svuoti di contenuto, non violerebbe quindi solo l'art. 10,  comma  3,
Cost. Essa interferirebbe altresi',  in  maniera  illegittima,  sulle
competenze  in  tema  di  accoglienza,  integrazione  e   assistenza,
assegnate alle Regioni dall'art. 117, commi 3 e 4. 
    36. Cio' e' quel che accade nel caso  di  specie.  L'art.  1  del
Decreto  sicurezza  non  detta  espressamente  norme   in   tema   di
accoglienza.  In  una   concezione   meramente   formale.   Tuttavia,
l'abolizione del permesso  di  soggiorno  per  protezione  umanitaria
interferisce in  maniera  ancora  piu'  drastica  con  le  competenze
regionali, privando del tutto le Regioni del potere di esercitare  le
proprie competenze a favore dei  soggetti  titolari  del  diritto  di
asilo. 
    37. Tali interferenze, quindi,  producono  a  propria  volta  una
serie di violazioni del testo costituzionale. 
      a. Risulta violato in primo luogo, e per i motivi  gia'  detti,
l'art. 10, par. 3, della Costituzione, in quanto la normativa statale
impugnata vincola la Regione a tenere condotte incompatibili  con  la
protezione costituzionale del diritto di asilo. 
      b. Risulta violato l'art. 3 della  Costituzione  in  quanto,  e
paradossalmente, il Decreto sicurezza determina  una  discriminazione
fra i soggetti titolari della protezione internazionale e sussidiaria
e i soggetti titolari di protezione  costituzionale,  escludendo  dai
meccanismi  regionali  di  assistenza,  accoglienza  e   integrazione
proprio i titolari del diritto costituzionale di asilo, e  vincolando
la  Regione  a  svolgere  tale  discriminazione  sul  terreno   delle
prestazioni assistenziali; 
      c. Risultano violati altresi' gli articoli 31, 32, 34 e 35,  in
quanto il Decreto sicurezza impedisce alle  Regioni  di  fornire,  ai
soggetti titolari del diritto costituzionale di asilo, le prestazioni
assistenziali che costituiscono attuazione di tali disposizioni. 
    D. L'incompatibilita' del nuovo regime dell'asilo umanitario  con
l'art. 117, commi 3 e 4, interpretati alla luce dell'art. 117,  comma
1, Cost. 
    38. Per motivi analoghi, l'art. 1  del  Decreto  sicurezza  viola
l'art. 117, comma 1, Cost., che impone allo Stato e alle  Regioni  di
esercitare  la  funzione  legislativa  nel  rispetto  degli  obblighi
internazionali ed europei. In particolare, l'abolizione dell'istituto
della protezione umanitaria impone alle Regioni di non  applicare  la
propria normativa in tema assistenziale  a  favore  di  soggetti  che
possono ben essere gia' radicati nella societa' regionale o locale al
punto che un loro allontanamento violi il rispetto della vita privata
e familiare assicurato dall'art. 8 della Convenzione europea. 
    39. E' noto, infatti, come l'istituto dell'asilo umanitario abbia
incorporato altresi' orientamenti della giurisprudenza  interna  tesa
ad adeguare le rigidita' insite nel regime  giuridico  del  soggiorno
degli stranieri in Italia agli obblighi scaturenti dall'art. 8  della
Convenzione  europea,  ricostruiti  in  un  consolidato  orientamento
interpretativo della Corte europea dei diritti dell'uomo. 
    40. Tale orientamento, inaugurato in tempi  non  recenti  (v.  la
sentenza del 28 maggio 1985, n. 9214/80; 9473/81; 9474/81, Abdulaziz,
Cabales e Balkandali c. Regno Unito), si e' consolidato al  punto  da
codificare i criteri per verificare se un  cittadino  straniero,  pur
non in possesso di valido  titolo  di  ingresso  e  soggiorno,  abbia
nondimeno  un  radicamento  sociale  tale  che  la   sua   esclusione
violerebbe l'art. 8 della Convenzione (v. la sentenza resa  nel  caso
Boultif c. Svizzera, n. 54273/99, del 2 agosto 2001, e, ancor piu' di
recente, quella resa nel caso Üner c. Paesi Bassi, n. 46410/ 99,  del
18 ottobre 2016, decisa nella composizione a Sezioni Unite, e  quella
resa nel caso Saber e Boughassal c. Spagna, n. 76550/13  e  45938/14,
del 18 dicembre 2018). Tali criteri sono: 
      «the nature and seriousness of the  offence  committed  by  the
applicant; the length of the applicant's stay  in  the  country  from
which he or she is to be expelled; the time elapsed since the offence
was committed and the applicant's conduct  during  that  period;  the
nationalities of  the  various  persons  concerned;  the  applicant's
family situation, such as the  length  of  the  marriage,  and  other
factors expressing the  effectiveness  of  a  couple's  family  life;
whether the spouse knew about the offence at the time when he or  she
entered into a family relationship; whether there are children of the
marriage,  and  if  so,  their  age;  and  the  seriousness  of   the
difficulties which the spouse is likely to encounter in  the  country
to which the applicant is to be expelled». 
    41. Tali criteri, quindi, e non una predeterminata indicazione di
«casi speciali», devono essere applicati al fine di determinare se un
individuo,  gia'  destinatario  dei  meccanismi  di   accoglienza   e
integrazione previsti  dalla  legislazione  della  Regione  Calabria,
possa improvvisamente fuoriuscire dal  circuito  di  tali  meccanismi
senza che sia violato il diritto alla sua vita privata e familiare. 
    42. In altri termini, l'accertamento di escludere dal sistema  di
accoglienza, assistenza e integrazione un determinato soggetto  esige
un approccio individualizzato, che non prenda in considerazione  solo
le esigenze di sicurezza e ordine pubblico interno, ma l'esigenza  di
non pregiudicare in maniera sproporzionata il  diritto  convenzionale
al rispetto della vita privata e familiare e,  quindi,  il  grado  di
radicamento sociale nel territorio. 
    43. Or bene, il nuovo  regime  stabilito  dal  Decreto  impugnato
rappresenta proprio l'antitesi normativa di tale approccio. In  luogo
di  una  metodologia  individualizzata,  esso  stabilisce  un  regime
fondato su un divieto generalizzato  di  rilascio  o  di  rinnovo  di
permessi di soggiorno per motivi umanitari, prevedendo un  meccanismo
di   eccezione   fondato   su   ipotesi   altrettanto   tipizzate   e
particolarmente ristrette. 
    44. Ne consegue che l'abolizione dell'istituto  della  protezione
umanitaria impone  alla  Regione  Calabria  di  lasciare  inapplicate
disposizioni legislative in  materia  di  accoglienza,  assistenza  e
integrazione anche nei  confronti  di  soggetti  il  cui  radicamento
sociale nella regione  e'  tale  che  la  repentina  fuoriuscita  dal
sistema si concreta in una  violazione  della  loro  vita  privata  e
familiare. 
    45.  Tale  interferenza   nell'ambito   di   applicazione   della
legislazione regionale  e'  particolarmente  grave  qualora  essa  si
rifletta  nel  trattamento  di  minori  gia'  scolarizzati,  il   cui
radicamento  e'  strettamente  connesso  alla  frequenza  regolare  e
continuativa di  scuole  e  altri  centri  di  aggregazione  sociale,
nonche' di soggiornanti di lunga durata,  per  i  quale  la  societa'
italiana e locale rappresenta l'unica forma possibile di socialita'. 
    E. Illegittimita' costituzionale per  violazione  dell'art.  117,
commi  3  e  4,  interpretati  alla  luce  del  principio  di   leale
collaborazione fra Stato e Regioni 
    46. L'unilaterale riforma del diritto di asilo operata  dall'art.
1 del Decreto sicurezza viola il principio  costituzionale  di  leale
collaborazione che si impone in ambiti caratterizzati da un  concorso
di competenze inestricabilmente connesse,  assegnate  rispettivamente
allo Stato  e  alle  Regioni,  se  pur  nessuna  prevalente  rispetto
all'altra. 
    47. Tale principio, «che deve, in ogni caso, permeare  di  se'  i
rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie» (v. Corte  Cost.,
sentenza n. 50 del 2008), si impone sia nella dimensione del  diritto
secondario, ai sensi dell'art. 120 Cost., che  nella  sua  dimensione
primaria, ai sensi dell'art. 5 Cost. Come ha indicato recentemente la
Corte costituzionale, laddove il legislatore si accinga  a  riformare
istituti  che   incidono   su   competenze   statali   e   regionali,
inestricabilmente  connesse,  sorge  la  necessita'  del  ricorso  ai
meccanismi cooperativi (v. sentenza n. 251/ 2016). 
    48. Appare  davvero  difficile  negare,  anche  alla  luce  della
giurisprudenza costituzionale (v. la gia' citata sentenza n.  61  del
2011), che la riforma dell'asilo umanitario avrebbe dovuto chiamare a
contribuire, in pari misura, la sfera decisionale  statale  e  quella
regionale,  sia  nella  loro  dimensione   legislativa   che   quella
amministrativa. 
    49. Quanto alla sfera  legislativa,  l'intreccio  fra  competenze
statali in tema di flussi  di  immigrazione  e  regolamentazione  del
soggiorno,  da  un  lato,  e  le  competenze  regionali  in  tema  di
accoglienza, integrazione e assistenza, dall'altro, avrebbe richiesto
una attivazione degli strumenti cooperativi, gia'  nella  fase  della
formazione degli orientamenti politici, per lo meno nella forma della
consultazione. Cio' avrebbe consentito  alle  Regioni  di  portare  a
conoscenza  del  Governo  le  proprie  posizioni  in  tema  di  asilo
umanitario prima della sua adozione e della successiva conversione. 
    50. Ne' il Decreto sicurezza si e' avvalso  della  collaborazione
delle Regioni sul piano della normazione secondaria; al fine,  cioe',
di regolamentare le ricadute dell'abolizione dello  status  giuridico
dell'asilo umanitario nei confronti di migliaia  di  individui,  gia'
affidati alle competenze assistenziali delle Regioni. 
    51.  La  delicatezza  giuridica  della   materia   trattata,   le
prevedibili ricadute sociali del provvedimento  legislativo  statale,
il coinvolgimento di persone vulnerabili, avrebbero dovuto comportare
una regolamentazione transitoria di  carattere  integrato,  alla  cui
formazione avrebbero dovuto partecipare sia lo Stato che le  Regioni,
nelle  forme  specificate  per   tali   casi   dalla   giurisprudenza
costituzionale. 
II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, del  decreto-legge  4
ottobre  2018,  n.  113  per  violazione  dell'art.  117,  comma   1,
unitamente agli articoli 2, 3, 10 e 117, comma 1, Cost. 
    A. L'incompatibilita' del nuovo sistema di accoglienza  stabilito
dal decreto-legge 113/2018 con l'art. 117, commi 3 e 4, Cost. 
    52. Come anticipato, il Decreto sicurezza  ha  eliminato,  per  i
richiedenti asilo e i  minori  ad  essi  accompagnati,  l'accesso  al
«Sistema di protezione per  richiedenti  asilo,  rifugiati  e  minori
stranieri non accompagnati» (cd. SPRAR) che  oggi  e'  definito  come
«Sistema di protezione per titolari di  protezione  internazionale  e
per minori stranieri non accompagnati» (cd. SIPROIMI)». 
    53.  A  seguito  della  modificazione  dell'art.   1-sexies   del
decreto-legge n. 416/1989 e dell'art. 14 del Decreto  legislativo  n.
142/2015, i richiedenti asilo e i minori  ad  essi  accompagnati  che
entrano nel nostro Paese troveranno quindi accoglienza nei cd. Centri
di prima accoglienza di cui agli art. 9 (centri di prima accoglienza)
e 11 (misure straordinarie di accoglienza,  cd.  «CAS»)  del  decreto
legislativo n. 142/2015. 
    54. L'oggetto e le finalita' della riforma sono specificati dalla
circolare n. 83774 del 18 dicembre 2018 del Ministero  degli  interni
(doc. 4). 
      «... la nuova cornice delineata muove dall'esigenza di  segnare
una  netta  differenziazione  tra  gli  investimenti  in  termini  di
accoglienza e integrazione da destinare a  coloro  che  hanno  titolo
definitivo a permanere sul territorio nazionale rispetto  ai  servizi
di prima accoglienza e assistenza, da erogare a coloro  che  sono  in
temporanea attesa della definizione della loro posizione giuridica. 
      Pertanto, il sistema di accoglienza  per  richiedenti  asilo  e
rifugiati  (SPRAR)  assume  la  nuova  connotazione  di  Sistema   di
protezione per titolari di protezione  internazionale  e  per  minori
stranieri non accompagnati (SIPROIMI), nel quale  vengono  assicurate
le  iniziative  di  orientamento  e  quei  servizi  "integrati"   che
agevolano  l'inclusione  sociale  e  il  superamento  della  fase  di
assistenza, per conseguire una effettiva autonomia personale. Per  le
stesse finalita' di integrazione sociale, coloro che  hanno  ottenuto
il riconoscimento della  protezione  internazionale  potranno  essere
coinvolti nello svolgimento di attivita' di  utilita'  sociale  (art.
12). Di conseguenza,  ai  richiedenti  asilo  -  che,  peraltro,  non
saranno piu' iscritti nell'anagrafe dei residenti (art. 13) - vengono
dedicate le strutture di prima accoglienza (CARA e CAS),  all'interno
delle quali permangono, come nel passato, fino alla  definizione  del
loro status». 
    55. Il Decreto sicurezza opera, quindi, una profonda riforma  del
sistema  di  accoglienza,  assistenza  e  integrazione  dei  migranti
determinando direttamente  le  categorie  dei  beneficiari  dei  vari
livelli nei  quali  esso  si  articola.  Come  anche  chiarito  dalla
circolare, lo Stato si e' riservato la competenza ad operare altresi'
attraverso l'azione amministrativa. 
    56.   Ne   consegue   un   duplice   motivo   di   illegittimita'
costituzionale, in quanto l'invasione della sfera di competenza delle
Regioni  opera,  evidentemente  sia   a   livello   legislativo,   in
difformita' dall'art. 117, commi 3 e 4, sia a livello amministrativo,
in difformita' del disposto dell'art. 118 Cost. 
    57. Ne' la circostanza che il finanziamento di  tali  livelli  di
accoglienza sia prestato dallo Stato vale  a  dissipare  i  dubbi  di
illegittimita' costituzionale. Il finanziamento da parte dello  Stato
di attivita' che ricadono nella competenza  concorrente  o  residuale
dello  Stato  non  giustifica  il  potere  statale  di   determinarne
unilateralmente  l'utilizzo  (ex   multis,   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 50 del 2008). 
    58. Nel caso di specie, l'intervento finanziario non e'  disposto
al fine di programmare i flussi di ingresso degli stranieri. Ne' esso
e' esclusivamente connesso al soggiorno degli  stranieri,  dato  che,
per espressa ammissione della circolare del Ministero  degli  interni
menzionata sopra, esso e' diretto a promuovere «l'inclusione  sociale
e  il  superamento  della  fase  di  assistenza»,  tipiche  attivita'
rientranti nelle competenze residuali regionali. Ma anche qualora  le
attivita' del Fondo ricadessero in parte nella competenza  statale  e
in parte  in  quella  regionale,  le  regole  stabilite  dal  Decreto
sicurezza    in    materia    sarebbero     nondimeno     illegittime
costituzionalmente   in   violazione   del   principio    di    leale
collaborazione fra Stato e Regioni, del tutto mancata nella  adozione
dei provvedimenti de quibus. 
    59. La compressione delle competenze legislative e amministrative
delle Regioni ad opera dell'art. 12 del Decreto sicurezza e' vieppiu'
evidenziata dal nuovo schema di capitolato d'appalto per la  gestione
dei centri di accoglienza, approvato con Decreto del  Ministro  degli
interni n. 70,  del  20  novembre  2018,  il  quale  ha  radicalmente
riformato, e non certo in meglio, il sistema dei servizi da riservare
ai soggetti ospitati nei centri di prima accoglienza, fra i quali  vi
e' anche  l'intera  categoria  dei  soggetti  richiedenti  protezione
internazionale. 
    60. Ai fini  del  presente  motivo  di  ricordo,  e'  sufficiente
indicare come, attraverso  un  D.M.,  lo  Stato  disciplini  il  tema
dell'accoglienza e dell'integrazione in maniera cosi' dettagliata  da
non lasciare spazio alcuno alle competenze  regionali  o  degli  enti
locali, riducendo tutti i  servizi  alla  persona:  dal  supporto  ai
soggetti  piu'  vulnerabili  (soprattutto  casi  psichiatrici  e  con
problematiche psicologiche), al controllo e all'assistenza  sanitaria
e al presidio delle strutture. Il  capitolato  elimina  le  dotazioni
minime di  personale;  elimina  la  figura  dello  psicologo;  riduce
pesantemente  le  ore  minime  settimanali  dedicate   all'assistenza
sociale.  Vengono  infine  del   tutto   eliminate   le   misure   di
integrazione. 
    61. La tabella riprodotta di seguito,  relativa  alla  «dotazione
personale»  offre  una  illustrazione  quanto  mai   efficace   delle
differenze nei servizi imposti dal nuovo schema di  capitolato  (doc.
5) rispetto a quelli previsti da uno dei tanti  bandi  indetti  dagli
enti locali (2)  (doc. 6) prima dell'adozione  del  decreto-legge  n.
113/ 2018. 
 
          Tabella 1: Dotazioni minime di personale nei CAS 
 
    

=====================================================================
|            |                           |                          |
|            | Centri fino a 150 ospiti  | Centri fino a 300 ospiti |
|            |                           |                          |
+============+===========================+==========================+
|            |Nuovo        | Regime      | Nuovo       | Regime     |
|            |capitolato   |precedente   |capitolato   |precedente  |
+------------+-------------+-------------+-------------+------------+
|            |12 ore       |18 ore       |24 ore       |            |
|Medico      |settimanali  |settimanali  |settimanali  |24 ore su 24|
+------------+-------------+-------------+-------------+------------+
|            |0 ore        |27 ore       |6 ore        |            |
|Infermiere  |settimanali  |settimanali  |settimanali  |24 ore su 24|
+------------+-------------+-------------+-------------+------------+
|            |0 ore        |24 ore       |0 ore        |24 ore      |
|Psicologo   |settimanali  |settimanali  |settimanali  |settimanali |
+------------+-------------+-------------+-------------+------------+
|Assistente  |8 ore        |24 ore       |20 ore       |36 ore      |
|sociale     |settimanali  |settimanali  |settimanali  |settimanali |
+------------+-------------+-------------+-------------+------------+
|Mediatore   |12 ore       |54 ore       |24 ore       |54 ore      |
|culturale   |settimanali  |settimanali  |settimanali  |settimanali |
+------------+-------------+-------------+-------------+------------+

    
    62. Si puo' notare, accanto all'eliminazione della  figura  dello
«psicologo»,  l'esiguo  numero  di  ore   di   presenza   settimanale
dell'assistente assistente sociale e mediatore  culturale,  l'assenza
della figura dell'infermiere nei centri fino a 150 ospiti (nel regime
antecedente era presente 27h) e il ridotto  numero  di  ore  di  tale
figura nei  centri  fino  300  ospiti  (nel  regime  antecedente  era
presente 24h su 24). Anche la presenza del medico risulta  totalmente
inadeguata (nei centri fino a 300 ospiti, da 24h su 24,  si  passa  a
sole 24  settimanali).  E'  evidente,  peraltro,  che  l'unica  ratio
sottesa  a  tali  drastiche  riduzioni  sia  unicamente  quella   del
risparmio della spesa. 
    63. Or bene, un tale sistema appare frontalmente in conflitto con
le regole costituzionali che assegnano alle  Regioni  competenze  nel
campo  dell'accoglienza,  dell'assistenza  e  dell'integrazione   dei
richiedenti asilo.  La  giurisprudenza  costituzionale  ha  da  tempo
chiarito, ad esempio nella sentenza n. 61 del 2011, che l'accoglienza
di richiedenti asilo non incide nel campo delle competenze  esclusive
statali in quanto non interferisce con le regole statali in  tema  di
ingresso   e   soggiorno,   ma   pertiene    «all'ambito    materiale
dell'assistenza e dei  servizi  sociali,  spettante  alla  competenza
legislativa residuale della Regione». 
    64. Ma, in qualsiasi caso, pur se tale normativa  potesse  essere
ascritta al novero delle competenze concorrenti dello Stato,  sarebbe
ben difficile ipotizzare che regole sul numero di ore prestate da  un
medico o da un infermiere in una struttura  di  accoglienza,  possano
venir considerate  come  principi  fondamentali  dettati  in  materia
attraverso la legge dello Stato. 
    65. Infine,  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  12  del
Decreto sicurezza non emerge solo attraverso  l'invocazione  astratta
del parametro dato dalla norma attributiva di competenze. Essa emerge
altresi'  attraverso  la  constatazione  di  una  invasione  concreta
nell'esercizio di tali competenze da parte della Regione  ricorrente.
Come gia' piu' volte notato, la legislazione della  Regione  Calabria
include provvedimenti specificamente tesi a determinare  lo  standard
di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale  per  rinvio
agli standards internazionali ed europei, sia  in  via  generale  che
specificamente   in    riferimento    ai    richiedenti    protezione
internazionale. 
    66. Rispetto a questi ultimi, la legge regionale 12 giugno  2009,
n.  18  sull'Accoglienza  dei  richiedenti  Asilo,  dei  rifugiati  e
sviluppo sociale,  economico  e  culturale  delle  Comunita'  locali,
prevede che il livello di accoglienza  sia  conforme  agli  standards
internazionali ed europei (art. 1), prevedendo altresi'  un  Comitato
dei Baranti dei richiedenti asilo e dei rifugiati che tra le funzioni
ha quella di vigilare  sull'applicazione,  di  tali  standards  (art.
1-bis). 
    67. Or bene, anche al di la'  della  astratta  rivendicazione  di
competenza, la violazione diretta di  tali  standards  internazionali
costituisce un  ulteriore  motivo  di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 12 del Decreto sicurezza. 
    B. Illegittimita' costituzionale per  violazione  dell'art.  117,
commi 3 e 4, in combinazione con l'art. 117, comma 1, e gli art. 3  e
11 Cost. 
    68.  La  modifica  unilaterale  del   sistema   di   accoglienza,
assistenza e integrazione  dei  migranti  da  parte  dello  Stato  e'
all'origine di ulteriori profili di illegittimita' costituzionale che
derivano  dalla  combinazione   delle   regole   costituzionali   che
stabiliscono il rilievo  costituzionale  dell'esigenza  di  osservare
obblighi in tema di asilo e immigrazione, vale a dire,  gli  articoli
11 e 117, comma 1, Cost. 
    69. Si e' gia' richiamata  sopra  la  consolidata  giurisprudenza
costituzionale, la quale indica l'ammissibilita' dell'invocazione  di
un  parametro  di  costituzionalita'  estraneo  al  Titolo  V   della
Costituzione qualora  la  violazione  di  esso  si  ripercuota  sulle
attribuzioni costituzionali della Regione. 
    70. Or bene, qualora il nuovo regime di accoglienza, imposto  dal
Decreto sicurezza, violasse gli standards internazionali  ed  europei
in materia di accoglienza, assistenza e integrazione, tale violazione
imporrebbe alle  Regioni  di  esercitare  le  proprie  competenze  in
difformita' rispetto alle  regole  costituzionali  che  ne  impongono
l'osservanza; e cioe',  all'art.  117,  comma  1,  Cost,  per  quanto
riguarda gli standards internazionali, l'art. 11  Cost.,  per  quanto
riguarda gli standards fissati dalla normativa europea. 
    71. Cio' e' proprio quello che si verifica nel caso di specie. 
    72. Innanzi  tutto,  l'art.  12  del  decreto  sicurezza  riserva
espressamente il sistema di accoglienza c.d.  SPRAR  ai  titolari  di
protezione  internazionale,  escludendone  invece  coloro  che  hanno
bensi' avanzato richiesta di protezione internazionale, per  i  quali
il procedimento di riconoscimento sia ancora in corso. Difatti,  come
detto, l'acronimo SPRAR (Sistema di protezione di richiedenti asilo e
rifugiati) e' stato mutato in SIPROIMI  (Sistema  di  protezione  per
titolari di protezione internazionale  e  per  minori  stranieri  non
accompagnati). 
    73. Tale differenza di trattamento contrasta con  la  Convenzione
di Ginevra del 1951, come modificata dal Protocollo di New  York  del
1967. 
    74. Come e' noto, infatti,  la  Convenzione  non  conosce  alcuna
differenza fra rifugiati e richiedenti asilo. Al contrario, ai  sensi
della Convenzione, la nozione di rifugiato e' unica  ed  e'  definita
all'art. 1.A. per  ricorso  all'unico,  noto,  criterio  del  fondato
timore di persecuzione personale  per  motivi  di  razza,  religione,
cittadinanza, opinioni politiche o appartenenza ad un gruppo sociale.
Ne consegue che un soggetto acquista obiettivamente  tale  status  in
ragione della propria situazione personale, e non gia' in virtu'.  di
un riconoscimento da parte di uno Stato. 
    75. Questa circostanza, pacifica nel diritto  internazionale,  si
traduce, in diritto interno nella qualificazione  del  riconoscimento
dello status di rifugiato come avente natura meramente  dichiarativa.
Tale natura e' stata accertata,  fra  l'altro,  nella  nota  sentenza
della Corte di Cassazione, nella sua composizione a Sezioni  Unite  7
dicembre 1999, n. 907. Vi si legge: 
      «La qualifica di rifugiato politico ai sensi della  convenzione
di Ginevra del 28 luglio 1951  costituisce,  come  quella  di  avente
diritto all'asilo (dalla quale si distingue  perche'  richiede  quale
fattore determinante un fondato timore di essere perseguitato,  cioe'
un requisito non richiesto dall'art. 10, comma 3, cost.), una  figura
giuridica riconducibile alla categoria degli "status" e  dei  diritti
soggettivi, con la conseguenza che tutti i provvedimenti assunti  dai
competenti organi in materia hanno natura  meramente  dichiarativa  e
non costitutiva ...» 
    76. Or bene, dato che il riconoscimento dello status di rifugiato
ha  natura  meramente  dichiarativa,   tale   status   si   incardina
nell'individuo che lo richiede gia' al momento  della  richiesta.  Ne
consegue che l'imposizione a carico  delle  Regioni  di  limitare  la
fornitura di prestazioni assistenziali solo  alle  misure  «di  prima
accoglienza», come postulato  dalla  circolare  del  Ministero  degli
Interni richiamata sopra, produce una  irragionevole  discriminazione
fra soggetti in possesso del medesimo status. 
    77.  Tale  discriminazione  e',  peraltro,  proprio   uno   degli
obiettivi del Decreto sicurezza, la cui disciplina,  dichiaratamente,
e' «finalizzata ... ad introdurre misure di  contrasto  al  possibile
ricorso strumentale alla domanda di  protezione  internazionale»  (v.
frase di apertura della Relazione illustrativa del governo). 
    78. Emerge, da tale frase, che l'esclusione dei  richiedenti  dai
sistemi avanzati di accoglienza e' dovuta  alla  presunzione  che  la
richiesta di protezione internazionale sia infondata. Ma non e' certo
questo il modo di affrontare un problema che rileva della tutela  dei
diritti fondamentali. 
    79. In presenza di una tendenza a formulare richiesta di asilo da
migranti non in possesso  dei  requisiti,  lo  Stato  avrebbe  dovuto
accelerare al massimo le procedure di riconoscimento. Cosi'  facendo,
esso avrebbe esercitato la propria competenza esclusiva in materia di
asilo senza interferire nelle competenze regionali, oltre che rendere
piu' efficiente il  sistema  di  accoglienza  e  assicurare  certezza
giuridica. 
    80. Il Decreto sicurezza  percorre  proprio  la  strada  opposta:
quella di differenziare i meccanismi di accoglienza, e di  assimilare
i richiedenti asilo ai migranti irregolari, privi dei  requisiti  per
il riconoscimento. In tal modo, il Decreto interferisce  pesantemente
sia con le competenze delle Regioni sia con i  diritti  derivanti  ai
richiedenti dalle Convenzioni internazionali. 
    81. Ne' si tratta di una questione meramente teorica, dato che la
procedura  per  il  riconoscimento   del   titolo   alla   protezione
internazionale ha una durata media di  due  anni.  Per  tutto  questo
periodo, i soggetti ai  quali  tale  status  sara'  riconosciuto  non
avranno potuto attingere alle prestazioni  assistenziali  alle  quali
essi hanno diritto. 
    82. Anche al di la' di  tale  profilo  discriminatorio,  le  c.d.
misure di prima accoglienza  violano  anche  da  un  punto  di  vista
sostanziale gli standards di accoglienza dei soggetti che  richiedono
protezione internazionale dettati sia dalla  Convenzione  di  Ginevra
del 1951, che dalla Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 26 giugno 2013 recante norme  relative  all'accoglienza
dei richiedenti  protezione.  Tale  Direttiva  appare  specificamente
dedicata, come emerge dal suo titolo, a dettare standards  minimi  in
tema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. 
    83. A fini esemplificativi,  conviene  limitare  l'esposizione  a
taluni degli obblighi formulati da tale Direttiva,  piu'  dettagliato
rispetto alla Convenzione di Ginevra. 
      a. Il principio generale espresso dall'art. 21 della  Direttiva
2013/33, e svolto dall'art. 22, impone di effettuare una  valutazione
personalizzata  delle   esigenze   di   accoglienza   delle   persone
vulnerabili, vale a dire, «i minori, i  minori  non  accompagnati,  i
disabili, gli anziani, le donne in stato di  gravidanza,  i  genitori
singoli con figli minori, le vittime della tratta degli esseri umani,
le persone affette da gravi malattie  o  da  disturbi  mentali  e  le
persone che hanno subito torture,  stupri  o  altre  forme  gravi  di
violenza  psicologica,  fisica  o  sessuale,  quali  le  vittime   di
mutilazioni genitali femminili». Tale principio, per definizione, non
e'  rispettato  da  un  meccanismo  che  determina  il   livello   di
accoglienza solo  in  virtu'  della  distinzione  fra  richiedenti  e
titolari di protezione. Valga, come  mero  esempio,  l'esclusione  di
assistenza psicologica (prevista per zero ore settimanali)  nei  CAS,
disposta dal Capitolato di appalto approvato con decreto ministeriale
del 20 novembre 2018, ovvero  l'esclusione  della  accoglienza  nelle
strutture SPRAR. 
      b. L'art. 23 della Direttiva 2013/33 sul trattamento  riservato
ai minori impone «l'accesso ai servizi di riabilitazione per i minori
che  abbiano   subito   qualsiasi   forma   di   abuso,   negligenza,
sfruttamento, tortura, trattamento crudele, disumano o  degradante  o
che abbiano sofferto gli effetti di un conflitto armato e  assicurano
che  siano  predisposte,  ove  necessario,  appropriate   misure   di
assistenza psichica e una consulenza qualificata». Tale assistenza e'
stata  espressamente  esclusa  nell'ambito  delle  misure  di   prima
accoglienza,  ai  sensi  del   capitolato   approvato   con   decreto
ministeriale del 20 novembre 2018. 
      c. L'art. 25 della Direttiva 2013/33, relativo  all'accoglienza
di vittime di tortura e violenza impone  che  le  persone  che  hanno
subito torture, stupri o altri gravi atti  di  violenza  ricevano  il
necessario trattamento  per  il  danno  provocato  da  tali  atti,  e
accedano in particolare ad assistenza o cure mediche  e  psicologiche
appropriate. Anche in questo caso, tale forma mirata di assistenza e'
stata  espressamente  esclusa  nell'ambito  delle  misure  di   prima
accoglienza,  ai  sensi  del   capitolato   approvato   con   decreto
ministeriale del 20 novembre 2018. 
      d. Piu'  in  generale,  lo  standard  di  accoglienza  previsto
dall'intervento statale, viola il principio di  dignita'  che  ispira
l'esecuzione di tutte le  regole  minime  formulate  dalla  Direttiva
2013/33/UE, espressa nei considerando 18 e 35, nonche' le varie norme
che si richiamino a tale principio,  contenute  nel  Titolo  I  della
Carta dei diritti fondamentali. E' difficile pensare che la  presenza
di un medico per dodici ore  settimanali  in  un  centro  che  ospiti
centocinquanta  richiedenti  asilo  e,  quindi,  ciascuno   di   essi
potenzialmente vulnerabile, assicuri il livello  minimo  di  dignita'
previsto dalla Direttiva. 
    84. Le norme della Direttiva menzionate nel paragrafo  precedente
sono precise quanto al loro contenuto, imponendo  una  armonizzazione
minima dei sistemi nazionali  di  accoglienza.  Come  ribadito  dalla
Corte di giustizia nella sentenza 27 febbraio 2014, causa C-79/13  n.
79, Federaal agentschap voor de opvang van asielzoekers contro Selver
Saciri e altri, «... per quanto concerne il periodo durante il  quale
le condizioni materiali di accoglienza devono essere riconosciute  ai
richiedenti asilo, tale periodo comincia nel momento  in  cui  questi
richiedenti presentano la loro domanda di asilo». 
    85. Attraverso l'imposizione di propri standards  di  accoglienza
dei richiedenti asilo, dell'art. 12 del Decreto sicurezza  e  le  sue
norme di attuazione impongono  quindi  alle  Regioni  di  discostarsi
dagli standards minimi internazionali ed europei i quali,  a  propria
volta, assicurano un trattamento conforme ai principi di dignita', un
livello elevato di protezione, differenziato rispetto  alle  esigenze
particolari di ciascun richiedente asilo, in particolare per i minori
e le persone vulnerabili. 
    C. L'incidenza di tale regime sulla  legislazione  della  Regione
Calabria 
    86. Ne' l'incidenza delle norme del Decreto sicurezza si verifica
solo sulla competenza astratta delle  Regioni.  Essa,  piuttosto,  si
verifica altresi' rispetto all'esercizio di tale competenza,  vale  a
dire alle leggi regionali le quali, oltre alla normativa in  tema  di
accoglienza  gia'  richiamata,  determinano  specifici  standards  di
tutela  dei  minori  e  delle  donne,  in  relazione  agli  standards
internazionali ed europei. 
    87. Con legge regionale 12  novembre  2004,  n.  28,  la  Regione
Calabria ha istituito il «Garante per l'infanzia e  l'adolescenza  al
fine di assicurare la piena attuazione nel territorio  regionale  dei
diritti e degli interessi sia individuali che collettivi, dei minori,
anche ai sensi di quanto previsto dalla legge 27 maggio 1991, n. 176:
«Ratifica ed esecuzione della Convenzione sui diritti del  fanciullo,
fatta a New York il 20 novembre 1989»  ed  a  quanto  previsto  dalla
Carta europea dei diritti del fanciullo adottata a Strasburgo  il  25
gennaio 1996, ratificata in Italia con la legge  20  marzo  2003,  n.
77». L'art. 1 stabilisce, inoltre, che «la Regione difende i  diritti
dei bambini di ogni colore, religione, cultura ed etnia, al  fine  di
contribuire a promuovere il diritto ad una  famiglia,  all'istruzione
ed all'assistenza sanitaria a tutti i bambini». 
    88.  Con  legge  regionale  21  agosto  2007,  n.   20,   recante
«Disposizioni  per  la  promozione  ed  il  sostegno  dei  centri  di
antiviolenza e delle case di accoglienza per donne  in  difficolta'»,
la  Regione,  in  attuazione  della  Dichiarazione  e  del  Programma
d'azione della IV Conferenza mondiale sulle donne di  Pechino,  cosi'
come esplicitata nella direttiva del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri del 27 marzo 1997, pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  n.
116 del 21 maggio 1997, riconosce, all'art. 1, che ogni tipo  e  ogni
grado di violenza sessuale, psicologica, fisica ed  economica  contro
le donne costituisce un attacco all'inviolabilita'  della  persona  e
alla sua liberta', secondo i principi sanciti  dalla  Costituzione  e
dalle vigenti leggi. 
    89. Alle donne che incontrano l'ostacolo  della  violenza,  nelle
sue diverse forme, e' assicurato dalla Regione il diritto delle donne
« ...siano esse cittadine italiane o straniere...», eventualmente con
i propri figli, ad un sostegno temporaneo al fine di ripristinare  la
propria inviolabilita' e di riconquistare la  propria  liberta',  nel
pieno rispetto della riservatezza e dell'anonimato. (articoli 1 e 2). 
III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13 del  decreto-legge  4
ottobre 2018 n. 113 per violazione dell'art. 117,  comma  1,  nonche'
gli articoli 2, 3 e 10 Cost. 
    90. Come indicato nella narrazione in fatto, il Decreto sicurezza
ha modificato gli articoli 4  e  5  del  decreto-legge  n.  142/2015,
privando del diritto all'iscrizione  anagrafica  i  soli  richiedenti
protezione internazionale. Ancorche'  l'anagrafe  rientri,  ai  sensi
dell'art. 117, comma 1, Cost. fra le materie demandate alla esclusiva
competenza dello Stato,  l'esercizio  di  tale  competenza  ben  puo'
interferire con  la  sfera  di  competenze  concorrenti  o  residuali
assegnate alle Regioni,  nonche'  con  le  competenze  amministrative
degli enti locali. 
    91. Come noto,  l'iscrizione  anagrafica  e'  necessaria  per  il
rilascio del certificato di residenza, che  viene  rilasciato  se  si
comprova  la  «dimora  abituale»  del  richiedente  nel   Comune   di
riferimento e del  documento  d'identita'.  Tali  documenti  sono  il
presupposto per il godimento di alcuni diritti, come ad  esempio,  in
virtu' della normativa regionale, l'accesso all'edilizia pubblica, la
concessione di eventuali sussidi o agevolazioni. 
    92. Vero e' che l'art.  5,  comma  3,  del  Decreto  indica,  con
formula non priva di ambiguita', che «L'accesso ai  servizi  previsti
dal presente decreto e a quelli comunque erogati  sul  territorio  ai
sensi delle norme  vigenti  e'  assicurato  nel  luogo  di  domicilio
individuato ai sensi dei commi 1 e 2». Tale  disposizione,  tuttavia,
si riferisce ai «servizi ... erogati sul territorio».  Essa,  quindi,
non copre la gamma di diritti previsti nell'ordinamento  italiano,  i
quali si incardinano in un individuo in relazione al  possesso  della
residenza anagrafica. Data la diversita' concettuale  e  pratica  fra
«diritti» e «servizi», appare inverosimile poter interpretare  l'art.
5, par.  3,  in  maniera  da  estendere  ad  una  nozione  il  regime
espressamente previsto per l'altra. 
    93. D'altronde  la  stessa  relazione  illustrativa  del  governo
sembra escludere tale possibilita'. Da un lato, essa indica i servizi
erogabili attraverso il domicilio: «iscrizione al servizio sanitario,
accesso  al  lavoro,  iscrizione  scolastica  dei  figli,  misure  di
accoglienza».  Non  vi  e'  cenno  alcuno  a  diritti  connessi  alla
residenza, l'esclusione dei  quali,  piuttosto,  sembrerebbe  proprio
voluta dal legislatore. Inoltre,  la  relazione  sottolinea  come  la
misura  tenda  a  sottolineare  la  precarieta'  della  presenza  nel
territorio dello Stato  del  richiedente  protezione  internazionale:
«l'esclusione  dall'iscrizione  anagrafica  si  giustifica   per   la
precarieta'  del  permesso  per  richiesta  asilo  e  risponde   alla
necessita' di definire preventivamente la  condizione  giuridica  del
richiedente». 
    94. Proprio la volonta'  di  sottolineare  la  precarieta'  della
situazione  del  richiedente  asilo,  tuttavia,  e'   contraddittoria
rispetto alla natura dichiarativa del riconoscimento dello status  di
titolare di protezione umanitaria  (v.  Corte  Cass.,  Sez.  Un.,  n.
907/1999 cit.). L'esclusione  dalla  iscrizione  anagrafica,  quindi,
priva  il  soggetto  titolare  di  protezione  internazionale   della
possibilita' di vedersi riconosciuti ab  initio  i  diritti  connessi
alla residenza. 
    95. Ai fini del presente ricorso, rilevano, evidentemente, solo i
casi di privazione di diritti connessi alla residenza  che  rientrano
nell'ambito  delle  competenze  regionali  in  tema  di  accoglienza,
assistenza e integrazione. Per tale motivo, non rileva,  ad  esempio,
una evidente  limitazione  al  diritto  del  titolare  di  protezione
internazionale  di   computare   il   periodo   necessario   per   il
riconoscimento di tale status al fine  di  ottenere  la  cittadinanza
italiana. 
    96. Rileva, invece, il diritto all'abitazione, alla realizzazione
del quale le Regioni concorrono nell'ambito delle proprie competenze.
Dispone, ad esempio, la legge regionale  25  novembre  1996,  n.  32,
recante «Disciplina per l'assegnazione e la determinazione dei canoni
di locazione degli alloggi di edilizia  residenziale  pubblica»,  che
l'accesso all'edilizia residenziale pubblica e' legata allo status di
residente. 
    97. Ai sensi dell'art.  10  della  legge,  fra  i  requisiti  per
conseguire l'assegnazione di un  alloggio  di  edilizia  residenziale
pubblica vi e', alla lettera b), la residenza  anagrafica  da  almeno
sei mesi ... nel Comune o in  uno  dei  Comuni  compresi  nell'ambito
territoriale cui si riferisce il bando di concorso». 
    98. A tal fine, rileva altresi' il diritto  ad  ottenere  tariffe
agevolate per l'accesso a servizi  regionali.  Dispone,  ad  esempio,
l'art. 7 della legge regionale 31 dicembre 2015, n. 35 «Norme  per  i
servizi di trasporto pubblico locale», che il diritto ad usufruire  a
tariffe  agevolate  sui  servizi  di  trasporto  pubblico  locale  e'
riservato ai residenti in Calabria. 
    99. L'impossibilita' della Regione di assicurare tali diritti  ai
richiedenti asilo, in virtu' di una norma statale tesa a sottolineare
la precarieta' del loro soggiorno nel territorio  italiano,  comprime
quindi  indebitamente  l'autonomia  costituzionale  delle  Regioni  e
vincola  tale  ente  a  violare  gli  standards   internazionali   di
trattamento dei rifugiati. In particolare, le norme  di  legge  della
Regione Calabria su menzionate costituiscono obiettiva attuazione del
principio, gia' piu' volte richiamato,  di  non  discriminazione  fra
rifugiati e  richiedenti  asilo,  che  emerge  dalla  Convenzione  di
Ginevra, nonche' l'art. 21 della Convenzione stessa, che assicura  ai
rifugiati  legalmente  presenti  sul  territorio   dello   Stato   un
trattamento non  meno  favorevole  ad  altri  stranieri  nell'accesso
all'abitazione. 
    100. L'illegittima  contrazione  delle  competenze  regionali  si
accentua altresi' alla luce della giurisprudenza  costituzionale,  la
quale indica  l'irragionevolezza  di  disposizioni  che  limitano  la
platea  dei  beneficiari  di  un  diritto  in  ragione  di   elementi
irrazionali o arbitrari. La  Corte  costituzionale,  ad  esempio,  ha
qualificato   come    «manifestamente    irragionevole    subordinare
l'attribuzione di una prestazione assistenziale quale l'indennita' di
accompagnamento - i cui presupposti sono, come si e' detto, la totale
disabilita'  al  lavoro,  nonche'  l'incapacita'  alla  deambulazione
autonoma o al compimento da soli degli atti quotidiani della  vita  -
al possesso di  un  titolo  di  legittimazione  alla  permanenza  del
soggiorno in Italia che richiede per il suo rilascio, tra l'altro, la
titolarita' di un reddito» (v. sentenza n. 306 del 2008). 
    101. Or bene, sulla base di un ragionamento logico  analogo,  non
puo' non risultare manifestamente irragionevole una legge dello Stato
che  imponga  alle  Regioni,  al  solo  fine  di  affermare  la  loro
precarieta'  della  presenta  nel  territorio  italiano,  di   negare
l'accesso  all'edilizia  agevolata,  ovvero  al  sistema  di  tariffe
agevolate nell'ambito del trasporto  pubblico  locale  a  richiedenti
protezione  internazionale  la  cui  presenza   nel   territorio   si
protrarra' per anni in attesa che venga loro riconosciuto  lo  status
di rifugiato. 
    102. Ne consegue che l'art. 13  del  decreto-legge  n.  113/2018,
viola l'art. 117, commi 3 e 4, congiuntamente all'art. 117, comma  1,
nonche' agli articoli 2, 3, 10, comma 3, e 11 Cost., nella  parte  in
cui interferisce con le competenze regionali in tema  di  prestazioni
di diritti connessi alla residenza a favore di richiedenti protezione
internazionale. 
IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 21, comma 1, lettera  a),
del decreto-legge 4 ottobre 2018, n.  113  per  violazione  dell'art.
117, comma 3 Cost. 
    103. L'art.  21  del  Decreto  sicurezza,  rubricato  «Estensione
dell'ambito di applicazione del divieto di accesso in specifiche aree
urbane»,  amplia  il  potere  degli  organi  di  polizia  urbana   di
individuare, per mezzo di regolamenti, le aree urbane nelle quali  e'
possibile applicare misure straordinarie ai  sensi  dell'art.  9  del
decreto-legge  del  20  febbraio  2017,   n.   14,   convertito   con
modificazioni  dalla  legge  del  18  aprile  2017,  n.  48,  recante
«Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle citta'». 
    104. Conviene ricordare come, ai sensi dell'art. 9, comma 1,  del
decreto-legge  n.  14/2017,  e'  possibile  applicare  una   sanzione
amministrativa pecuniaria, e disporre l'allontanamento a chiunque, in
violazione di divieti di stazionamento o di  occupazione,  «ponga  in
essere condotte che impediscono l'accessibilita' e la  fruizione»  di
aree   interne   di   infrastrutture   considerate   essenziali    al
perseguimento  dell'interesse  pubblico,  come  quelle   ferroviarie,
aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico.  Il  comma  2  della
medesima  norma  estende  inoltre  la   facolta'   di   emettere   il
provvedimento di allontanamento anche nei confronti di  chi  commette
violazioni penali e amministrative (ubriachezza in  luoghi  pubblici,
atti contrari alla pubblica decenza, esercizio  del  commercio  sulle
aree pubbliche senza la prescritta  autorizzazione,  esercizio  senza
autorizzazione delle attivita' di parcheggiatore o guardiamacchine). 
    105.  I  poteri  di  cui  ai  predetti  commi  dell'art.  9   del
decreto-legge n. 14/2017 possono  essere  esercitati,  ai  sensi  del
comma 3, su  alcune  aree  urbane,  individuate  dai  regolamenti  di
polizia urbana all'interno di un elenco predisposto  dalla  norma  di
legge (scuole, plessi scolastici e siti universitari, musei,  aree  e
parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e  luoghi
della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici,
ovvero le aree adibite a verde pubblico). 
    106. Ai  fini  dell'irrogazione  delle  sanzioni  amministrative,
l'art. 9, comma 4, del decreto-legge n. 14/2017 prevede la competenza
del sindaco del comune nel cui territorio  sono  state  accertate  le
violazioni dei divieti di stazionamento o di occupazione  di  cui  al
comma 1. 
    107. Ai sensi dell'art. 10, comma 1, del decreto-legge n. 14/2017
sono invece gli organi accertatoci, di cui all'art.  13  della  legge
del 24 novembre 1981, n. 689, a disporre per iscritto gli  ordini  di
allontanamento  di  cui  all'art.  9,  trasmessi  poi   al   questore
competente per territorio. 
    108. I commi 2 e 3 dell'art. 10 prevedono poi che,  nei  casi  di
reiterazione delle condotte di cui  all'art.  9,  commi  1  e  2,  il
questore possa  inoltre  disporre  un  provvedimento  di  divieto  di
accesso alle aree individuate ai sensi dell'art. 9,  per  un  periodo
che puo' arrivare anche fino a due anni. 
    109. Or bene,  l'art.  21,  comma  1,  lettera  a),  del  Decreto
sicurezza amplia tale elenco, inserendovi anche i «presidi sanitari»,
estendendo    l'applicabilita'    delle    misure    di     sicurezza
dell'allontanamento dai luoghi, da parte degli organi di accertamento
locali, e conseguentemente  del  divieto  di  accesso  da  parte  del
questore competente (il c.d. Daspo urbano). 
    110. L'art. 21, comma  1,  lettera  a),  del  Decreto  sicurezza,
dunque, incide  indebitamente  sulla  competenza  regionale  relativa
all'organizzazione dei servizi sanitari. Attraverso  l'individuazione
di presidi sanitari come aree  urbane  in  relazione  alle  quali  e'
possibile l'applicazione delle misure straordinarie di cui all'art. 9
del decreto-legge n. 14/2017, gli organi della polizia  locale  hanno
il potere di disporre  l'allontanamento,  e  determinare  l'eventuale
conseguente divieto di accesso disposto dal questore, da  aree  nelle
quali la Regione realizza  l'interesse  pubblico  alla  tutela  della
salute. 
    111. Ai sensi dell'art. 117, cometa 3,  la  tutela  della  salute
costituisce materia di legislazione concorrente tra  lo  Stato  e  le
Regioni. Tale competenza deve essere  esercitata  dalle  Regioni  nel
rispetto della normativa costituzionale. L'art. 34 della Costituzione
individua   la   salute   non   solo   come   diritto    fondamentale
dell'individuo, ma come  interesse  della  collettivita',  prevedendo
cure gratuite per gli indigenti. 
    112. Attraverso l'inclusione dei presidi sanitari nei regolamenti
di  polizia  locale,  le  amministrazioni  locali  potranno  disporre
l'allontanamento di alcuni soggetti bisognosi di cure mediche da tali
aree. Inoltre, la reiterazione di  condotte  di  violazione  di  tali
ordini di allontanamento potra' condurre all'emanazione di divieti di
accesso agli ospedali da parte del questore. 
    113.  L'art.  21  del  Decreto  sicurezza  opera,   quindi,   una
inammissibile interferenza negli spazi  di  autonomia  legislativa  e
amministrativa della Regione, impedendo, di fatto, a taluni soggetti,
l'accesso ad un  presidio  sanitario  regionale,  ovvero  addirittura
precludendone l'accesso per un periodo che puo'  durare  fino  a  due
anni. 
    114.  Non  vi  sono,  pero',  motivi  ragionevoli   che   possano
precludere ad un individuo bisognoso di cure mediche di  accedere  al
luogo istituzionalmente preposto  alla  loro  prestazione.  Eventuali
ragioni  di  ordine   pubblico   ben   potranno   essere   perseguite
coniugandole con l'imperativo costituzionale di provvedere alle  cure
mediche, in particolare in condizioni di estremo bisogno. 
    115.  Ne'  il  Decreto  sicurezza  ha  attivato   gli   strumenti
cooperativi necessari per concordare, insieme alle Regioni, modalita'
di accesso delle persone  colpite  dal  c.d.  Daspo  compatibili  con
l'esigenza di assicurare ordine e decoro alle strutture sanitarie. 
    116. Ne consegue che l'art. 21 del Decreto sicurezza comporta una
inammissibile interferenza nell'ambito di  competenze  regionali,  in
violazione dell'art. 117, commi 3 e 4,  congiuntamente  all'art.  34,
Cost, nonche' al  principio  di  leale  collaborazione  fra  Stato  e
Regioni. 
    117. In altre parole, il divieto di accesso ai  servizi  sanitari
diviene una pena accessoria alla commissione di  alcuni  reati  o  di
alcuni illeciti amministrativi. 

(1) Pubblicato    sul    sito     del     Ministero     dell'interno:
    http://www.interno.gov.it/it/amministrazione-trasparente/bandi-ga
    ra-e-contratti/schema-capitolato-gara-appalto-fornitura-beni-e-se
    rvizi-relativo-alla-gestione-e-funzionatnento-dei-centri-prima-ac
    coglienza. 

(2) Reperibile                       sul                        sito:
    http://www.prefettura.it/roma/contenuti/Gara_n._6923570_bando_acc
    oglienza_stranieri_periodo_presunto_01_01_2018_31_12_2019-6711715
    .htm.