Ricorso ex art. 127 Costituzione del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale
dello   Stato   c.f.   80224030587,    fax    06/96514000    e    PEC
roma@mailcert.avvocaturastato.it,  presso  i  cui  uffici   ex   lege
domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    nei confronti della Regione Veneto,  in  persona  del  presidente
della  giunta  regionale  pro  tempore  per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 1, lettere b) e
c), della legge regionale 8 febbraio 2019, n. 6, recante «Modifiche e
integrazioni  alla  legge   regionale   20   gennaio   2000,   n.   2
"Addestramento e allenamento dei falchi per  l'esercizio  venatorio",
pubblicata nel B.U. dell'8 febbraio 2019, n. 14, giusta delibera  del
Consiglio dei ministri in data 4 aprile 2019. 
    Con la legge regionale n. 6 dell'8 febbraio 2019, che  consta  di
sei articoli, la Regione Veneto ha emanato  norme  che  modificano  e
integrano  la  legge  regionale  20  gennaio  2000,  n.   2   recante
«Addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio venatorio». 
    In particolare l'art. 1, comma 1, alla lettera b), sostituisce il
comma 3 dell'art. 3 della legge  regionale  20  gennaio  2000,  n.  2
rubricato «Modalita'  ed  effetti  dell'iscrizione  al  Registro  dei
falconieri»; e, alla lettera c), modifica  il  comma  3  dell'art.  3
della legge citata inserendovi i commi 3-bis e 3-ter. 
    Le  norme  citate,  nel  dettare  disposizioni  in   materia   di
addestramento e allenamento dei  falchi  per  l'esercizio  venatorio,
presentano profili di illegittimita' costituzionale  e,  violando  le
norme statali interposte, si pongono in  contrasto  con  l'art.  117,
comma 2, lettera s), della Costituzione, che riserva  allo  Stato  la
competenza legislativa in materia di ambiente. 
    E', pertanto, avviso del Governo che, con le norme denunciate  in
epigrafe, la Regione Veneto abbia ecceduto dalla  propria  competenza
in violazione norma costituzionale come si confida di  dimostrare  in
appresso con l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. L'art. 1, comma 1, lettera b), della legge regionale n.  6  dell'8
febbraio  2019  viola  l'art.  117,  comma  2,  lettera   s),   della
Costituzione in relazione agli  articoli  13  e  18  della  legge  11
febbraio 1992, n. 157, recante le  «Norme  per  la  protezione  della
fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio». 
    La normativa in materia di addestramento e allenamento dei falchi
per l'esercizio venatorio  interferisce  con  la  materia  prevalente
della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema che, come noto,  rientra
in ambiti di competenza esclusiva statale  ai  sensi  dell'art.  117,
comma 2, lettera s), della Costituzione per effetto  della  normativa
interposta  di  fonte  primaria  costituita  dalla  legge  quadro  11
febbraio 1992, n. 157, concernente «Norme  per  la  protezione  della
fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio». 
    L'art. 1, comma 1, lettera b),  citato  sostituisce  il  comma  3
dell'art. 3 della legge regionale 20 gennaio 2000, n.  2,  prevedendo
che «3. Con l'iscrizione al registro di cui al comma 2  dell'art.  2,
il falconiere viene altresi' autorizzato dalla Regione ad  addestrare
ed allenare i falchi durante l'intero periodo dell'anno, con  divieto
di cattura di fauna selvatica limitatamente ai periodi e laddove  non
e' previsto l'abbattimento, nelle zone di cui all'art.  18,  comma  1
della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50, nonche'  a  partecipare
alle gare o alle prove cinofile  di  cui  al  comma  3  del  medesimo
articolo.». 
    Nella precedente formulazione  il  comma  3  dell'art.  3  citato
consentiva ai falconieri, previa  autorizzazione,  l'addestramento  e
allenamento dei falchi in tutti i periodi dell'anno  «...con  divieto
di predazione di fauna selvatica limitatamente ai periodi  di  caccia
chiusa». 
    Va osservato, peraltro, che la sentenza n.  468/1999,  emessa  in
relazione al  ricorso  proposto  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri avverso la predetta normativa (poi  modificata  dalla  norma
impugnata con il presente ricorso),  ha  dichiarato  non  fondata  la
questione  proprio  con  riferimento  al  «divieto   di   predazione»
espressamente previsto dall'art. 3 citato, ritenendolo  il  punto  di
equilibrio del sistema  con  riferimento  alla  normativa  nazionale,
«poiche' vieta in termini assoluti ogni attivita' di addestramento  o
di allenamento implicante predazione» (punto 3.  del  Considerato  in
diritto). 
    La norma impugnata, nel disporre  senza  limiti  temporali  e  in
tutto il territorio regionale, l'addestramento e il volo  del  falco,
senza contestualmente prevedere il «divieto di predazione», non offre
adeguate garanzie di rispetto della normativa nazionale  quanto  alle
specie cacciabili e ai relativi periodi  di  caccia,  non  risultando
possibile distinguere agevolmente tra attivita' di mero addestramento
ed esercizio dell'attivita' venatoria in senso stretto. 
    Si ricorda, infatti, che l'art.  13,  comma  2,  della  legge  n.
157/1992 citata annovera tra i mezzi consentiti di prelievo venatorio
oltre alle armi, fucile ed arco, anche il falco. 
    Puo' ritenersi un dato acquisito dalla comune  esperienza  che  i
rapaci utilizzati anche in addestramento e allenamento conservano gli
istinti predatori, con conseguenti potenziali  ricadute  sulla  fauna
selvatica, in special modo nei delicati  periodi  di  riproduzione  e
dipendenza, ove risulta maggiore la vulnerabilita' dei giovani appena
involati. 
    La norma regionale, pertanto, consentendo l'elusione  dei  limiti
temporali entro i quali e' consentita  la  caccia,  viola  l'art.  18
della legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157  citata,  che  indica  le
specie cacciabili e i relativi periodi entro i  quali  e'  consentita
l'attivita' venatoria. 
    Poiche' le norme statali sopra citate sono poste a  tutela  della
fauna selvatica e, dunque, a tutela dell'ambiente, il  contrasto  con
le medesime si traduce senz'altro in una  violazione  dell'art.  117,
comma  2,  lettera  s),  della  Costituzione  nella  materia   tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema. 
    La giurisprudenza costituzionale e' costante  nell'affermare  che
la  materia   «tutela   dell'ambiente»   rientra   nella   competenza
legislativa esclusiva dello Stato, appunto, ai sensi  dell'art.  117,
comma 2, lettera s), della Costituzione e  inerisce  a  un  interesse
pubblico di valore costituzionale primario ed assoluto. 
    Si tratta di una «materia trasversale», titolo che  legittima  lo
Stato   ad   adottare   disposizioni   a   tutela   di   un    valore
costituzionalmente protetto,  anche  in  «campi  di  esperienza»,  le
cosiddette «materie» in senso  proprio,  attribuiti  alla  competenza
legislativa regionale. 
    Ne deriva che le disposizioni  legislative  statali  adottate  in
tale ambito fungono da limite alla disciplina che le regioni, anche a
statuto speciale e le province autonome, dettano nei settori di  loro
competenza,  essendo  ad  esse  consentito  soltanto,  eventualmente,
incrementare  i  livelli  della  tutela  ambientale,  senza,   pero',
compromettere  il  punto  di  equilibrio  tra  esigenze  contrapposte
espressamente individuato dalla norma statale (ex multis sentenza  n.
197 del 2014, punto 3.2. del Considerato in diritto). 
    La norma impugnata, pertanto, viola l'art. 117, comma 2,  lettera
s), della Costituzione, in  relazione  ai  citati  parametri  statali
interposti. 
2. L'art. 1, comma 1, lettera c), della legge regionale n.  6  dell'8
febbraio  2019  viola  l'art.  117,  comma  2,  lettera   s),   della
Costituzione in  relazione  all'art  19,  comma  2,  della  legge  11
febbraio 1992, n. 157, recante le  «Norme  per  la  protezione  della
fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio». 
    L'art. 1, comma 1, lettera c), citato introduce i commi  3-bis  e
3-ter dopo il comma 3 dell'art.  della  legge  regionale  20  gennaio
2000, n. 2, disponendo che «3-bis. La Regione autorizza l'istituzione
di apposite zone con periodi per l'addestramento e l'allenamento  dei
falchi accompagnati anche dai cani, con l'abbattimento della fauna di
allevamento appartenente a specie cacciabili. 
    3-ter. La Regione  per  le  finalita'  di  cui  all'art.  1  puo'
avvalersi dei falconieri registrati ai sensi dell'art. 2 in  possesso
dei requisiti specifici a svolgere attivita': 
        a) di controllo di  cui  all'art.  17  comma  2  della  legge
regionale 9 dicembre 1993, n. 50, di altri piani di  controllo  o  di
dissuasione di specie invasive; 
        b)  di  riabilitazione  dei  rapaci  in  difficolta'  di  cui
all'art. 5 della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50». 
    La  norma  consente,  pertanto,  alla  Regione   di   autorizzare
l'istituzione di apposite zone  con  periodi  per  l'addestramento  e
l'allenamento  dei  falchi,  accompagnati   anche   dai   cani,   con
l'abbattimento  di  fauna  di  allevamento  appartenente   a   specie
cacciabili. 
    Inoltre, la Regione potra' avvalersi dei falconieri  in  possesso
di requisiti specifici per  svolgere  attivita'  di  controllo  o  di
dissuasione di specie invasive, nonche' attivita'  di  riabilitazione
dei rapaci in difficolta'. 
    Tale previsione viola l'art. 19, comma 2, della legge n. 157  del
1992 citata, rubricato «Controllo della fauna  selvatica»,  che,  pur
attribuendo alle regioni il controllo delle specie di fauna selvatica
anche nelle zone vietate alla caccia, tuttavia, individua i  soggetti
autorizzati  all'esecuzione  di  piani  di   abbattimento   con   una
elencazione tassativa, in cui non sono inclusi i cacciatori,  e  tali
sono anche i falconieri, che non siano proprietari o  conduttori  dei
fondi interessati dai piani medesimi. 
    L'elenco  dei  soggetti  abilitati  al  controllo   della   fauna
selvatica ha carattere «tassativo e vincolante» per  le  regioni,  in
quanto espressione della competenza  esclusiva  dello  Stato  per  la
tutela  dell'ambiente  e   dell'ecosistema,   cosi'   che   una   sua
integrazione da parte della legge regionale riduce il livello  minimo
e uniforme  di  tutela  dell'ambiente.  E'  principio  affermato  che
«L'elenco contenuto nella norma statale, con riferimento alle persone
abilitate all'attivita' in questione dei "piani di abbattimento della
fauna selvatica" e' tassativo (sentenza n. 139/2017) e  che  una  sua
integrazione da parte della legge regionale riduce il livello  minimo
e  uniforme  della  tutela  dell'ambiente  (sentenze  n.  139/2017  e
sentenza n. 174 del 2017 e n. 107  del  2014;  ordinanza  n.  44/13.»
(sentenza n. 217/2018 punto 3. del Considerato in diritto). 
    La  disciplina  introdotta  dalla  norma   impugnata   determina,
pertanto, una riduzione del  livello  minimo  e  uniforme  di  tutela
dell'ambiente prescritto dal legislatore statale nell'esercizio della
sua competenza esclusiva e,  quindi,  una  lesione  di  quest'ultima,
violando il riparto di attribuzioni e competenze tra Stato e  regioni
come disposto dall'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.