Ricorso  della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri   (c.f.
80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente  in
carica, rappresentata e difesa per mandato  ex  lege  dall'Avvocatura
generale dello Stato (c.f.  80224030587),  presso  i  cui  uffici  ha
domicilio in Roma, via  dei  Portoghesi  12  (fax  0696514000  -  PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), ricorrente; 
    Contro Regione Basilicata, in persona del presidente della giunta
regionale attualmente in carica, resistente; 
    per l'impugnazione  e  la  dichiarazione  di  incostituzionalita'
degli articoli 7, comma 1, e 11 della legge regionale  n.  2  del  13
marzo 2019 recante «Legge di stabilita'  regionale  2019»  pubblicata
sul BUR n. 12 del 14 marzo 2019. 
    Il Consiglio regionale della Basilicata ha approvato in  data  13
marzo 2019 la legge n.  2  («Legge  di  stabilita'  regionale  2019»)
contenente 23 articoli. 
    Le disposizioni di questa legge  riguardano  svariati  ambiti  di
intervento; per citarne alcuni: dalla materia  finanziaria  a  quella
delle  risorse  idriche,  dalla   disciplina   delle   funzioni   non
fondamentali  delle   province   ai   consorzi   industriali,   dalla
soppressione dell'Autorita' di bacino della Basilicata ai  contributi
straordinari ad alcuni comuni. 
    Sennonche', ad avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri
questa legge in due  sue  norme  lede  i  criteri  di  riparto  della
potesta' legislativa tra Stato e regioni, ed invade  la  sfera  della
competenza statale e, per altro verso,  contrasta  con  la  normativa
comunitaria. 
    Per questo motivo la Presidenza deve impugnare la legge regionale
in epigrafe menzionata, affidandosi ai seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma  1,  della  legge
regionale Basilicata 13 marzo 2019, n. 2,  per  violazione  dell'art.
117, comma 2, lettera s) della Costituzione. 
    La norma di cui in rubrica dispone il  riconoscimento  in  favore
dei comuni macrofornitori di risorse idriche, come individuati da  un
delibera della  giunta  regionale  del  2015,  di  un  contributo  di
compensazione ambientale pari ad euro 0,22 per  ogni  metro  cubo  di
acqua immessa in rete eccedente il fabbisogno comunale. 
    Il beneficio  e'  dalla  legge  erogato  al  dichiarato  fine  di
assicurare il mantenimento delle condizioni ambientali delle fonti di
approvvigionamento idrico da acquifero, di continuare ad incrementare
le politiche tese  allo  sviluppo  sostenibile  e  di  consentire  il
completamento delle opere relative alle reti di distribuzione. 
    La Presidenza del Consiglio  osserva  che  la  previsione  di  un
contributo di compensazione ambientale destinato ai comuni  affinche'
svolgano  attivita'  dirette   al   mantenimento   delle   condizioni
ambientali delle fonti  di  approvvigionamento  idrico  e'  in  linea
astratta  perfettamente  ammissibile  in  quanto   rientrante   nelle
politiche di sviluppo sostenibile. 
    Si tratterebbe in sostanza,  ancorche'  poco  definita  nei  suoi
contorni e nelle sue modalita', di una misura di tutela della risorsa
idrica, che non confligge con lo spirito e le previsioni del  decreto
ministeriale  n.  39/2015  (Regolamento  recante   criteri   per   la
definizione del costo ambientale e del costo della risorsa per i vari
settori di impiego dell'acqua). 
    E' invece assai dubbia l'ammissibilita' la parte della  norma  in
questione,  laddove  prevede  che  il  contributo  di   compensazione
ambientale sia destinato al completamento delle  opere  afferenti  le
reti di distribuzione. 
    Le reti di distribuzione infatti, quando  riguardano  l'acqua  ad
uso potabile, sono elementi del Servizio idrico integrato (SII). 
    In base alla normativa statale vigente, gli interventi  attinenti
al Servizio idrico integrato sono realizzati dal gestore  affidatario
del servizio e non gia'  dai  comuni,  e  i  relativi  costi  trovano
(devono trovare)  copertura  nella  tariffa,  secondo  la  disciplina
dettata dall'art. 154 del decreto legislativo  n.  152/2006  e  dalla
regolazione di settore emanata dall'ARERE. 
    Sebbene sia in linea teorica ammissibile  il  concorso  di  fondi
pubblici, che unitamente alla tariffa possono  finanziare  interventi
infrastrutturali nel settore idrico, con la norma in  discussione  la
Regione Basilicata effettua un'attribuzione impropria del  contributo
di compensazione ambientale,  erogandolo  ai  comuni  invece  che  al
gestore unico del servizio, che nel caso di  specie  e'  l'Acquedotto
Lucano nell'ambito dell'ATO regionale. 
    L'illegittima attribuzione ai  comuni  di  funzioni  relative  al
Servizio idrico integrato che la norma dispone non considera  che  la
normativa statale  vigente  ha  privato  i  singoli  comuni  di  ogni
competenza  in  quella  materia,  competenza  che  invece   oggi   e'
esclusivamente spettante agli enti di Governo d'ambito,  cui  pure  i
comuni partecipano (art. 147 decreto legislativo n. 152/2006). 
    E se la competenza in  materia  spetta  esclusivamente  a  quegli
enti, e' ad essi che incombono l'organizzazione e  la  pianificazione
degli interventi nel settore idrico,  ivi  compresa  naturalmente  la
loro realizzazione. 
    Ma la scelta legislativa compiuta dalla  Regione  Basilicata  con
questa norma, oltre  ai  profili  di  illegittimo  contrasto  con  il
sistema statale, presenta anche  il  non  trascurabile  inconveniente
della duplicazione dei costi, in quanto  essi  ricadrebbero  sia  sul
contributo sia sulla tariffa. 
    Poiche'   per   costante   giurisprudenza    costituzionale    le
disposizioni in materia di tutela delle acque contenute  nella  parte
III del decreto legislativo n. 152/2006 attengono alla materia  della
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema (Corte cost. n. 229/2017), che
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della  Costituzione
spetta alla competenza legislativa esclusiva dello  Stato,  la  legge
regionale che qui si censura si pone in contrasto con l'appena citato
parametro costituzionale, dettando una disciplina diversa  da  quella
che lo Stato ha dettato per il settore. 
    Si tratta come noto di una disciplina che,  anche  in  attuazione
degli obblighi comunitari, spetta allo  Stato  perche'  deve  trovare
uniforme attuazione su tutto il  territorio  nazionale,  e  non  puo'
quindi soffrire limiti, eccezioni o differenziazioni a seconda  delle
diverse parti del territorio stesso, per effetto di norme che singole
regioni ritengano di emanare 
    Ne deriva la sua necessaria declaratoria di illegittimita' per la
violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 11 della  legge  regionale
Basilicata 13 marzo 2019, n. 2 per violazione dell'art. 117, comma 1,
della Costituzione. 
    La  norma,  intitolata  «Disposizioni  in  materia  di   consorzi
industriali», stanzia una  somma  a  valere  sugli  stanziamenti  del
bilancio triennale finalizzata a  garantire  il  conseguimento  degli
obiettivi del piano di risanamento dei consorzi industriali approvato
dalla giunta regionale nell'anno 2018,  e  prevede  le  modalita'  di
erogazione di quelle somme in favore del Consorzio  per  lo  sviluppo
industriale della Provincia di Potenza. 
    Sennonche', quel consorzio - ai sensi dell'art. 36 della legge  5
ottobre 1981, n. 317 e dell'art. 10 della legge regionale 5  febbraio
2010, n. 18  -  e'  ente  pubblico  economico,  soggetto  quindi  che
esercita attivita' imprenditoriale. 
    In tale veste giuridica, la dazione di denaro pubblico  destinata
a risanare la situazione economica finanziaria dell'ente si configura
necessariamente come aiuto di Stato. 
    E d'altra parte, la stessa Regione Basilicata, nella sua legge n.
18/2010 (recante «Misure finalizzate al riassetto ed  al  risanamento
dei consorzi per lo sviluppo industriale») espressamente riconduce le
erogazioni in questione alla materia degli aiuti di Stato. 
    Ne deriva che gli aiuti di cui alla norma  qui  censurata  devono
necessariamente essere compatibili con la disciplina comunitaria,  ed
in particolare  con  le  regole  imposte  dalla  comunicazione  della
Commissione  sugli  «Orientamenti  sugli  aiuti  di  Stato   per   il
salvataggio e la  ristrutturazione  di  imprese  non  finanziarie  in
difficolta'» (2014/C 249/01): i contributi da concedere devono essere
notificati alla Commissione europea per la preventiva  autorizzazione
sulla base della positiva verifica dei  presupposti  stabiliti  dalla
stessa Comunicazione,  e  comunque  la  norma  che  li  prevede  deve
contenere la clausola della c.d. «stand still». 
    Inoltre,  di  norma  gli  aiuti   per   il   salvataggio   e   la
ristrutturazione possono essere concessi solo una volta nel decennio. 
    Considerato quindi che la disposizione della legge  regionale  in
esame non rispetta le condizioni di compatibilita' con  l'ordinamento
comunitario, si manifesta il vizio di  illegittimita'  costituzionale
per la violazione dell'art. 117, comma 1, della Costituzione.