TRIBUNALE DI CALTANISSETTA 
           Sezione del giudice per le indagini preliminari 
 
    Il  giudice  dell'esecuzione,  dott.ssa  Valentina  A.M.   Balbo,
esaminata l'istanza depositata in cancelleria il 19 giugno  2019  con
la quale R F , nato a    il    , in atto detenuto in espiazione pena,
ha  chiesto  in  via  principale  la   sospensione   dell'ordine   di
carcerazione  emesso  dalla  Procura  della  Repubblica   presso   il
Tribunale di Caltanissetta notificato il 7 giugno  2019  ed,  in  via
gradata, di investire la  Corte  costituzionale  dello  scrutinio  di
legittimita' dell'art. 6, comma primo della legge n. 3/2019,  laddove
nell'ampliare il novero dei reati c.d.  «ostativi»  di  cui  all'art.
4-bis dell'Ordinamento Penitenziario, non ha previsto una  disciplina
transitoria tesa ad escludere dall'incidenza  della  stessa  legge  i
fatti commessi fino al 31 gennaio 2019; 
    esaminati gli atti e sciogliendo la riserva  formulata  all'esito
dell'udienza camerale del 9 luglio 2019; 
 
                               Osserva 
 
    A R F e' stata applicata ex articoli 444 e successivo  codice  di
procedura penale con sentenza n. 22 del 12 febbraio 2019,  definitiva
il 28 maggio 2019, emessa dal giudice  per  le  indagini  preliminari
presso il Tribunale di Caltanissetta, la pena di anni tre, mesi tre e
giorni dieci di reclusione per  diversi  fatti  reato  avvinti  dalla
continuazione tra cui anche una violazione dell'art. 319 c.p., ovvero
il delitto di corruzione per un atto contrario ai doveri di  ufficio,
commesso tra il 16 maggio 2017 ed il 31 maggio 2017. 
    L'art. 6, comma primo, lettera b) della legge 9 gennaio  2019  n.
3, entrata in vigore il 31 gennaio 2019 ha  modificato  l'art.  4-bis
della legge 26 luglio 1975  n.  354,  inserendo  i  reati  contro  la
pubblica amministrazione e quindi anche il reato di corruzione per il
quale al R   e' stata applicata la prefata pena - tra  i  c.d.  reati
ostatavi che non consentono una sospensione  della  esecuzione  della
pena ex art. 656, comma 5 codice di procedura penale  in  virtu'  del
successivo comma nove, lettera a) della stessa norma. 
    Deve pure dirsi che  a  seguito  dell'intervento  legislativo  di
ampliamento  del  novero  dei   reati   ostativi   alla   sospensione
dell'esecuzione della pena per l'attivazione delle misure alternative
alla detenzione, la Procura  della  Repubblica  di  Caltanissetta  ha
emesso nei confronti del R   un ordine di carcerazione notificato  il
7 giugno 2019 per l'espiazione della pena di anni  tre,  mesi  tre  e
giorni dieci applicata con la sentenza n. 22/2019 emessa dal  giudice
per le indagini preliminari presso il Tribunale di  Caltanissetta  il
12 febbraio 2019 definitiva il 28 maggio 2019. 
    Si ritiene che l'istanza diretta  al  giudice  dell'esecuzione  e
proposta in via principale non possa trovare accoglimento. 
    Sostiene  l'istante  che  l'ordine  di  carcerazione  emesso  dal
pubblico ministero sarebbe illegittimo  in  quanto  emesso  senza  la
sospensione  prevista  dal  quinto  comma  dell'art.  656  codice  di
procedura penale  non  potendosi  applicare  al  caso  di  specie  il
disposto del novellato art. 4-bis della  legge  354/1975  considerato
che l'inclusione, tra gli altri, del reato di cui all'art. 319 codice
penale per il quale gli e' stata applicata la pena  gia'  definitiva,
sarebbe avvenuta in un momento successivo alla commissione dei  fatti
e sinanco al momento in cui fu raggiunto l'accordo  con  il  pubblico
ministero per l'applicazione della pena stessa. 
    Ha altresi' dedotto che, in tal guisa, l'ordine  di  carcerazione
emesso si e' risolto in un aggravamento del trattamento sanzionatorio
sostanziale e ha  richiamato,  a  sostegno  della  propria  tesi,  il
provvedimento reso in analoga fattispecie del giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Como reso l'8 marzo  2019  che  ha
ritenuto come l'entrata  in  vigore  della  legge  3/2019  non  possa
impedire la sospensione  della  carcerazione  disposta  in  forza  di
titolo esecutivo sorto per condanne relative a fatti pregressi al  31
gennaio 2019. 
    Questo  giudice   non   ritiene   tuttavia   condivisibile   tale
prospettazione difensiva. 
    Non si ignora invero il precedente del G.I.P. presso il Tribunale
di Como che ha fondato il provvedimento di sospensione dell'ordine di
carcerazione emesso al pubblico ministero per reato ostativo divenuto
tale - a seguito della emanazione ed entrata in  vigore  della  legge
3/2019 - dopo la sua commissione; neppure e' revocabile in dubbio che
tale orientamento giurisprudenziale ed  anche  la  difesa  dell'Amico
abbiano ricercato un fondamento alla sospensione detta nel  principio
sovranazionale  di  cui  all'art.  7  Convenzione  europea   per   la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali  e
nel  principio  di  cui  all'art.  25  Cost.   e   in   una   lettura
sostanzialistica delle modalita' di esecuzione della sanzione o della
misura imposta. 
    In definitiva dalla natura processuale o sostanziale della  norma
in  esame -  e  segnatamente  dal  complesso  dei  principi  espressi
dall'art. 656 c.p.p e dalle norme alle  quali  ivi  si  rinvia  -  ne
discende l'operativita' o meno del principio tempus regit actum o del
principio del favor rei. 
    Orbene applicando il primo dei due principi  le  norme  dell'art.
4-bis legge 354/1975 come modificate dalla legge 3/2019 si dovrebbero
applicare - come difatti e' avvenuto  nel  caso  di  specie  -  senza
eccezioni non  appena  entrate  in  vigore;  mentre  in  ossequio  al
principio del favor rei dovrebbe applicarsi la disciplina in  materia
di accesso alle misure alternative vigente al momento  del  fatto  e'
giammai quella sopravvenuta. 
    Tanto premesso, si  ritiene  di  aderire  a  quel  consolidato  e
granitico  principio  giurisprudenziale  ex  quo   «le   disposizioni
concernenti l'esecuzione delle pene detentive e le misure alternative
alla  detenzione,  non  riguardando  l'accertamento   del   reato   e
l'irrogazione della pena, ma soltanto le  modalita'  esecutive  della
stessa, non hanno carattere di norme penali sostanziali e,  pertanto,
(in assenza di una specifica disciplina transitoria), soggiacciono al
principio "tempus regit actum" e non alle regole dettate  in  materia
di successione di norme penali nel tempo» (v. Cassazione  Pen.,  Sez.
1, Sentenza n. 11580 del 5 febbraio 2013 Cc. - dep. 12 marzo  2013  -
Rv. 255310-01- in archivio C.E.D.) 
    Deve anche sottolinearsi come nel precedente qui citato la  Corte
di Cassazione ha affermato  il  principio  della  natura  processuale
delle norme disciplinanti  le  modalita'  di  esecuzione  della  pena
proprio con riferimento ad una precedente  modifica  dell'art.  4-bis
della  legge  n.  354  del  1975,  relativa  alla  previsione   della
concedibilita' dei permessi premio ai  detenuti  per  il  delitto  di
sequestro  di  persona  a  scopo  di  estorsione  solo  in  caso   di
collaborazione con la giustizia. 
    L'inapplicabilita' del principio dell'art. 2 e dell'art. 25 Cost.
al caso di specie e l'assenza di una disciplina  transitoria  dettata
contestualmente alla rimodulazione nel  2019  dell'art.  4-bis  della
legge 26 luglio 1975 n. 354, comportano il rigetto del  primo  motivo
di  doglianza  teso  ad  ottenere  un  provvedimento  di  sospensione
dell'ordine di esecuzione della pena emesso nei confronti di  Rotondo
Flavio. 
    Si condividono invece  i  dubbi  di  legittimita'  costituzionale
prospettati dall'istante, considerando non affetta  da  manifesta  in
fondatezza la questione di illegittimita' costituzionale dell'art.  6
comma primo,  lettera  B)  della  legge  9  gennaio  2019  n.  3,  in
riferimento all'art. 117 Costituzione, cosi' come integrato dall'art.
7 CEDU, cio' in quanto avendo l'art. 6 prefato ampliato il novero dei
reati ostativi di cui all'art. 4-bis legge  354/1975  includendovi  i
reati contro la pubblica amministrazione non ha  previsto  un  regime
intertemporale. 
    Invero ritenuta la natura processuale  dell'intervento  normativo
come si e' gia' detto, cio' comporta una retroattivita' della stessa,
a causa della  mancata  previsione  di  un  regime  transitorio,  con
conseguente applicabilita' immediata del nuovo  intervento  normativo
anche ai fatti commessi prima delle entrata in vigore della legge  n.
3/2019 ovvero prima del 31 gennaio 2019. 
    Simile ricaduta appare in contrasto  con  quella  interpretazione
che la Corte europea dei diritti  dell'uomo  ha  piu'  volte  sposato
riguardo a normative implicanti modifiche delle  modalita'  esecutive
della pena. 
    La Corte EDU, infatti, ha avuto modo di affermare con riferimento
al beneficio penitenziario  tipico  dell'ordinamento  spagnolo  della
"redencion de penas por Trabajo" - ovvero di una riduzione della pena
da scontare  in  considerazione  di  giorni  di  lavoro  intramurario
espletati - che non puo' essere  inflitta  una  pena  piu'  grave  di
quella applicabile al momento in cui il reato e' stato  commesso  (V.
Corte europea dei diritti dell'uomo del 21 dicembre 2013 in caso  Del
Rio Prada contro Spagna). 
    Peraltro  anche  la  Corte  di   Cassazione   aderendo   a   tale
impostazione, con recentissimo arresto, ha  affermato  che  «l'omessa
previsione di una disciplina transitoria circa l'applicabilita' della
disposizione  (come  novellata)  possa  suscitare  fondati  dubbi  di
incostituzionalita' in relazione ai riverberi processuali sull'ordine
di esecuzione, in quanto non  piu'  suscettibile  di  sospensione  in
forza della previsione dell'art. 656  comma  9  codice  di  procedura
penale. Va  difatti  considerato  come,  secondo  il  disposto  della
lettera a del comma 9 dell'art. 656, la  sospensione  dell'ordine  di
esecuzione della sentenza di  condanna  ad  una  pena  detentiva  non
superiore   a   4   anni   (giusta   anche   la    declaratoria    di
incostituzionalita' con sentenza della Corte Costituzionale  2  marzo
2018 numero 41) per il termine di trenta giorni alfine di  consentire
al condannato in stato di liberta' di avanzare istanza di concessione
di una delle misure alternative previste dalla legge n 354 del  1975,
sospensione prevista dal comma 5 dello  stesso  articolo,  non  possa
essere disposta nei confronti dei condannati per i delitti di cui  al
citato art. 4-bis. Orbene, avuto riguardo al diritto vivente quale si
connota   la   luce   del   diritto   positivo   e   della    lettura
giurisprudenziale e fino ad ora consolidata a seguito della decisione
delle  Sezioni  Unite   del   2006,   le   disposizioni   concernenti
l'esecuzione delle  pene  detentive  e  le  misure  alternative  alla
detenzione, non riguardando l'accertamento del reato e  l'irrogazione
della pena ma soltanto  le  modalita'  esecutive  della  stessa  sono
considerate norme penali processuali e non  sostanziali.  E  pertanto
ritenute soggette in assenza di una specifica disciplina  transitoria
al principio tempus regit actum e non alle regole dettate in  materia
di successione di norme penali nel tempo dall'art. 2 codice penale  e
dall'art. 25 della Costituzione - sezioni unite numero 24561  del  30
maggio 2006 - in applicazione di tale interpretazione con riferimento
al reato ascritto, al ricorrente non sarebbe piu' possibile  disporre
la sospensione dell'esecuzione sensi del combinato disposto dell'art.
656 comma 9  codice  di  procedura  penale  in  base  all'art.  4-bis
ordinamento penitenziario come novellato nel  gennaio  2019.  D'altra
parte  non  e'  revocabile  in  dubbio   che   nella   piu'   recente
giurisprudenza della Corte europea per i diritti  dell'uomo  ai  fini
del  riconoscimento  delle  garanzie  convenzionali  i  concetti   di
illecito  penale  e  di  pena  abbiano   assunto   una   connotazione
antiformalista e sostanzialista privilegiando si' alla qualificazione
formale data dall'ordinamento, all'etichetta assegnata la valutazione
in ordine al tipo, alla durata, agli effetti, nonche' alle  modalita'
di esecuzione della sanzione della misura imposta.  Significativa  in
tal senso e' la pronuncia resa nel caso del Rio Prada  contro  Spagna
del 21 ottobre 2013 la' dove la Grande Camera della Corte europea dei
diritti dell'uomo nel ravvisare  una  violazione  dell'art.  7  della
convenzione   ha   riconosciuto   rilevanza   anche   al    mutamento
giurisprudenziale in tema di un istituto riportabile alla liberazione
anticipata previsto dal nostro ordinamento in quanto suscettibile  di
comportare effetti peggiorativi giungendo dunque ad affermare che  il
rispetto del principio. D'altronde in precedenza il legislatore aveva
adottato  disposizioni  transitorie  finalizzate   a   Temperare   il
principio di immediata applicazione delle modifiche  dell'art.  4-bis
ordinamento penitenziario, quali quelle contenute nell'art. 4 del  DL
13 maggio 1991 numero 152 e nell'art. 4 comma  1  legge  23  dicembre
2002 n. 279 che inseriva i reati di cui agli articoli 600,  601,  602
Codice Penale nell'art. 4-bis citato, limitandone l'applicabilita' ai
soli reali  commessi  successivamente  all'entrata  in  vigore  della
legge». 
    Cio' posto si ravvisa un dubbio di costituzionalita' della  nuova
normativa introdotta nel gennaio 2019. 
    Peraltro  nel  caso  trattato  dalla  Corte  di   Cassazione   la
questione, pur ritenuta non manifestamente infondata,  non  e'  stata
sollevata dinanzi al giudice delle Leggi per irrilevanza, perche'  la
Corte di Cassazione non ha competenze di giudice  dell'esecuzione  ai
sensi dell'art. 665 c.p.p. 
    La medesima questione di  legittimita'  costituzionale  ai  sensi
dell'art. 23, comma secondo, legge n. 87/1953 ha rilevanza  nel  caso
in esame, in quanto  se  la  legge  n.  3/2019  avesse  previsto  una
disciplina transitoria tesa a limitare la sua  applicazione  ai  soli
fatti commessi  successivamente  alla  sua  entrata  in  vigore -  31
gennaio 2019 - ,  il  ricorso  dell'A  avrebbe  trovato  accoglimento
avendo lo stesso commesso la violazione dell'art. 319 c.p., ovvero il
delitto di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, tra
il 16 maggio 2017 ed il 31 maggio 2017 e l'ordine di esecuzione della
pena sarebbe stato sospeso.