ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi  1
e 1-bis, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies, del decreto-legge  24
gennaio 2015, n. 4 (Misure urgenti  in  materia  di  esenzione  IMU),
convertito, con modificazioni, dalla legge  24  marzo  2015,  n.  34,
promosso dalla Regione autonoma Sardegna con  ricorso  notificato  il
22-27 maggio 2015, depositato in cancelleria  il  28  maggio  2015  e
iscritto al n.  56  del  registro  ricorsi  2015  e  nei  giudizi  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettere  a)  e  b),
del  medesimo  d.l.  n.  4   del   2015,   promossi   dal   Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda,  con  quattro
ordinanze del 16 dicembre 2015, iscritte rispettivamente ai nn.  141,
142, 143 e  157  del  registro  ordinanze  2016  e  pubblicate  nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn.  34  e  37,  prima  serie
speciale, dell'anno 2016. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri, dei Comuni di Perugia e di Narni, del Comune di Regalbuto e
altri, dei Comuni di Castroreale e  di  Centuripe,  e  della  Regione
autonoma Sardegna, nonche' l'atto di intervento  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  21  novembre  2017  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi gli  avvocati  Massimo  Luciani  per  la  Regione  autonoma
Sardegna, Antonio Bartolini per i Comuni di  Perugia  e  di  Narni  e
l'avvocato dello  Stato  Gianni  De  Bellis  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 22 maggio 2015  e
depositato  il  28  maggio  2015  la  Regione  autonoma  Sardegna  ha
impugnato l'art. 1, commi 1, 1-bis,  3,  4,  5,  7,  8,  9,  9-bis  e
9-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4 (Misure  urgenti
in materia di esenzione IMU) - convertito, con  modificazioni,  dalla
legge 24 marzo 2015, n. 34 - in riferimento agli artt. 3, 7, 8, 10  e
56 della  legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  3  (Statuto
speciale per la Sardegna), in relazione agli artt. 51 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  19  giugno  1979,  n.  348  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla
legge 22 luglio 1975, n.  382  e  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), e 1  del  decreto  legislativo  6
febbraio 2004, n. 70 (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  speciale
della  regione  Sardegna  concernenti  il  conferimento  di  funzioni
amministrative alla Regione in materia di  agricoltura),  nonche'  in
riferimento  agli  artt.  3,  53,  81,  97,  117,  118  e  119  della
Costituzione  e  ai   principi   di   leale   collaborazione   e   di
sussidiarieta'. 
    La normativa censurata - recante la  disciplina  delle  esenzioni
dall'imposta municipale propria (IMU) prevista per i terreni agricoli
e ritenuta penalizzante, dal momento che gran parte della  superficie
agricola sarda ricadrebbe nel territorio di Comuni esclusi dal regime
agevolativo in considerazione - e' stata abrogata dall'art. 1,  comma
13, lettera c),  della  legge  28  dicembre  2015,  n.  208,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2016)», a decorrere dal 2016. 
    1.1.- Il primo nucleo di censure riguarda i commi 1,  1-bis  e  3
dell'art. 1 del citato decreto-legge. 
    In  particolare,  il  menzionato  comma  1  prevede   l'esenzione
dall'IMU per i terreni agricoli, nonche' per quelli non coltivati: a)
ubicati nei Comuni classificati totalmente montani di cui  all'elenco
predisposto dall'Istituto nazionale di  statistica  (ISTAT)  (lettera
a); b) ubicati nelle isole minori di cui all'allegato A  della  legge
28 dicembre 2001, n. 448, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002)»,
(lettera a-bis); c)  ubicati  nei  Comuni  classificati  parzialmente
montani nello stesso elenco  dell'ISTAT,  posseduti  e  condotti  dai
coltivatori diretti e dagli imprenditori  agricoli  professionali  di
cui all'art. 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99,  recante
«Disposizioni  in  materia  di  soggetti  e   attivita',   integrita'
aziendale e semplificazione amministrativa in  agricoltura,  a  norma
dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della legge  7
marzo 2003, n. 38», iscritti nella previdenza agricola (lettera b). 
    Il successivo  comma  1-bis  del  medesimo  art.  1  prevede  una
detrazione di 200 euro - fino alla concorrenza del  suo  ammontare  -
dall'IMU dovuta per i terreni ubicati nei Comuni di cui  all'allegato
0A del decreto-legge, posseduti e condotti dai coltivatori diretti  e
dagli imprenditori agricoli professionali poc'anzi menzionati. 
    Infine, il comma 3 dello stesso articolo prevede  l'applicazione,
tra l'altro, del comma 1 all'anno d'imposta 2014. 
    Tanto premesso, la ricorrente censura anzitutto l'art.  1,  comma
1, del d.l.  n.  4  del  2015  in  quanto,  al  fine  di  perimetrare
l'esenzione dall'IMU, avrebbe rinviato all'elenco dei Comuni italiani
redatto dall'ISTAT ai sensi dell'art. 1 della legge 25  luglio  1952,
n. 991 (Provvedimenti in favore dei territori  montani),  mentre,  in
virtu' dell'art. 51 del d.P.R.  n.  348  del  1979,  tale  competenza
spetterebbe alla Regione, con conseguente usurpazione della stessa da
parte dello Stato.  Essa,  peraltro,  sarebbe  intimamente  connessa,
oltre che, in generale,  alla  competenza  legislativa  regionale  in
materia di ordinamento degli enti locali e  di  finanza  pubblica,  a
quella in materia di «agricoltura e foreste» di cui all'art. 3, comma
1, lettera  d),  dello  statuto  speciale,  comprensiva  anche  dello
«sviluppo rurale» ai sensi dell'art. 1 del d.lgs. n. 70 del 2004.  La
disposizione censurata, pertanto,  contrasterebbe  anche  con  questi
ultimi due parametri, nonche' con l'art. 56 dello  statuto  speciale,
avendo  inteso  derogarvi  senza  rispettare  la  procedura  all'uopo
prevista.  Inoltre,  la  norma,  legificando   l'elenco   predisposto
dall'ISTAT, non  avrebbe  lasciato  alla  Regione  alcuno  spazio  di
disciplina di un tipico tributo locale, con cio' violando l'art. 117,
terzo  comma,   Cost.,   che   contempla   la   materia   concorrente
«coordinamento della finanza pubblica e del sistema  tributario».  In
tal modo, infine, risulterebbe  lesa  l'autonomia  finanziaria  della
Regione, garantita dagli  artt.  7  e  8  dello  statuto  speciale  e
dall'art. 119 Cost. 
    In  secondo  luogo,  la  ricorrente  denuncia  l'irragionevolezza
dell'art. 1, comma 1, del d.l. n. 4 del 2015. Cio' in quanto l'elenco
dell'ISTAT richiamato dalla disposizione sarebbe stato redatto  sulla
base di criteri - quelli dettati dall'art. 1, comma 1, della legge n.
991 del 1952, secondo  cui  «sono  considerati  territori  montani  i
Comuni  censuari  situati  per  almeno  l'80  per  cento  della  loro
superficie al di sopra di 600 metri di  altitudine  sul  livello  del
mare e quelli nei  quali  il  dislivello  tra  la  quota  altimetrica
inferiore e la superiore del territorio comunale non e' minore di 600
metri, sempre che il reddito imponibile medio  per  ettaro,  censito,
risultante dalla somma del reddito dominicale e del reddito  agrario,
determinati a norma del regio decreto-legge 4 aprile  1939,  n.  589,
convertito nella  legge  29  giugno  1939,  n.  976,  maggiorati  del
coefficiente 12 ai sensi del decreto legislativo 12 maggio  1947,  n.
356, non superi le lire 2400» - previsti da  una  normativa  abrogata
dall'art. 29, comma 7, lettera a), della legge 8 giugno 1990, n.  142
(Ordinamento delle autonomie locali). Quest'ultimo ha anche soppresso
le  Commissioni  censuarie  deputate  all'aggiornamento  dell'elenco,
divenuto anacronistico in quanto compilato in base a dati  (non  solo
geografici ma anche reddituali) non piu' rivalutati se non a  seguito
delle classificazioni periodicamente trasmesse all'ISTAT  dall'Unione
nazionale comuni comunita'  enti  montani  (UNCEM)  e,  nei  casi  di
variazioni amministrative, sulla base del criterio  della  prevalenza
territoriale,   mai   previsto   dal   legislatore.   Tali    rilievi
integrerebbero una violazione dei principi di ragionevolezza (art.  3
Cost.) e di buon andamento della pubblica  amministrazione  (art.  97
Cost.). 
    Ad avviso  della  Regione,  inoltre,  l'esenzione,  frutto  delle
previsioni normative  alla  stregua  delle  quali  e'  stato  redatto
l'elenco dell'ISTAT, determinerebbe la violazione degli artt. 3 e  53
Cost. Cio' in quanto, correlandosi a criteri economico-reddituali non
piu' applicabili a  seguito  della  soppressione  della  funzione  di
aggiornamento, risulterebbe svincolata da ogni  considerazione  circa
la  capacita'  reddituale  del  terreno  agricolo;  al  contempo,  il
criterio  geomorfologico  non  sarebbe  idoneo   a   supportare   una
valutazione della capacita' contributiva derivante  dalla  proprieta'
fondiaria. Ne conseguirebbe una grave e ingiustificata disparita'  di
trattamento tra  territori  contigui  e  affini  per  caratteristiche
morfologiche ed economiche.  Tali  rilevi,  unitamente  alla  mancata
considerazione che il territorio sardo avrebbe  patito  nel  novembre
del 2013 una violenta alluvione con gravi  danni  alle  produzioni  e
alle aziende ubicate in circa cento Comuni e che un area di circa 250
chilometri quadrati del  territorio  regionale  ospiterebbe  numerosi
poligoni  militari,  comproverebbero  la  violazione  dei  menzionati
parametri, minando la coerenza interna della  struttura  dell'imposta
con il suo presupposto economico e rendendo arbitraria l'imposizione. 
    La Regione estende le descritte censure al successivo comma 3 del
medesimo art. 1, stante il richiamo ivi contenuto al comma 1. 
    La ricorrente impugna altresi' l'art. 1, comma 1-bis, del d.l. n.
4 del 2015 in  riferimento  all'art.  97  Cost.,  in  quanto  non  si
evincerebbe su quali basi sia  stato  compilato  l'Allegato,  cui  la
norma rinvia, contenente l'elencazione  dei  Comuni  che  beneficiano
della detrazione ivi prevista. La disposizione,  inoltre,  violerebbe
le  competenze  della  Regione  in  materia  di  agricoltura   e   di
coordinamento  del  sistema  tributario,  nonche'  la  sua  autonomia
economico-finanziaria,  in  quanto  spetterebbe  alla  ricorrente  il
potere di adottare il citato elenco. 
    Inoltre, ad avviso della ricorrente, l'art. 1, commi 1,  1-bis  e
3, del d.l.  n.  4  del  2015  violerebbe  l'art.  10  dello  statuto
speciale, secondo cui «La Regione, al fine di  favorire  lo  sviluppo
economico dell'Isola e nel rispetto della normativa comunitaria,  con
riferimento ai tributi erariali per i quali lo Stato  ne  prevede  la
possibilita',  puo',  ferma  restando  la  copertura  del  fabbisogno
standard  per  il  finanziamento   dei   livelli   essenziali   delle
prestazioni  concernenti  i  diritti  civili   e   sociali   di   cui
all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della  Costituzione:  a)
prevedere  agevolazioni  fiscali,  esenzioni,  detrazioni  d'imposta,
deduzioni dalla base imponibile e concedere, con oneri a  carico  del
bilancio regionale, contributi  da  utilizzare  in  compensazione  ai
sensi della  legislazione  statale;  b)  modificare  le  aliquote  in
aumento entro i  valori  di  imposizione  stabiliti  dalla  normativa
statale o in diminuzione  fino  ad  azzerarle».  In  particolare,  la
potesta'   regionale   di   modulazione   dell'imposizione    fiscale
postulerebbe che quest'ultima non sia di per se' iniqua,  arbitraria,
discriminatoria e sganciata dalla capacita'  contributiva,  nel  qual
caso l'intervento regionale non potrebbe rimediare a tali profili  di
illegittimita',  dovendo  essere   funzionale   allo   sviluppo   del
territorio sardo. Inoltre, poiche' tale intervento dovrebbe  avvenire
attingendo al bilancio della Regioni, le  disposizioni  censurate  ne
lederebbero l'autonomia finanziaria, in violazione degli artt. 7 e  8
dello statuto speciale. 
    Infine, in via subordinata, secondo la ricorrente l'art. 1, comma
1, del d.l. n. 4 del 2015, non prevedendo che la  determinazione  dei
Comuni montani avvenga previa intesa con le  Regioni,  violerebbe  il
principio di leale collaborazione  di  cui  all'art.  117  Cost.,  in
quanto sottrarrebbe  a  un  procedimento  cooperativo  l'adozione  di
provvedimenti coinvolgenti l'esercizio di competenze  regionali,  con
conseguente violazione  dell'art.  3  dello  statuto  speciale  della
Sardegna in materia di ordinamento degli enti  locali  e  di  finanza
locale e del principio  di  sussidiarieta'  ricondotto  all'art.  119
Cost. 
    1.2.- Un secondo nucleo di censure riguarda l'art. 1, commi 3,  4
e 5, del d.l. n. 4 del 2015, che disciplinano il  pagamento  dell'IMU
agricola relativa all'anno d'imposta 2014. 
    In particolare, il menzionato comma 5 prevede che  il  versamento
dell'imposta dovuta per l'anno 2014 - determinata  alla  stregua  del
regime agevolativo di cui ai commi precedenti - avvenga entro  il  10
febbraio 2015, senza applicazione di interessi e sanzioni nel caso di
ritardo contenuto entro il 31 marzo 2015. 
    Secondo la ricorrente, i tempi  ristretti  previsti  dalla  norma
avrebbero impedito alla Regione e agli enti locali - a cui l'art. 13,
comma 6, del decreto-legge 6  dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  22  dicembre
2011, n. 214, consente di modificare  l'aliquota  del  tributo  -  di
compiere  l'iter  legislativo   o   procedimentale   necessario   per
esercitare i propri poteri di  intervento  sull'imposta,  considerato
altresi' il termine di sessanta giorni che l'art. 3, comma  2,  della
legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto  dei
diritti  del  contribuente),  prescrive  debba  essere  assegnato  al
contribuente  per  il  pagamento.  Ne  conseguirebbe  la   violazione
dell'art. 10 dello statuto speciale della Sardegna,  attributivo  del
potere regionale  di  modulare  l'imposizione,  e,  conseguentemente,
dell'autonomia economico-finanziaria della Regione,  ai  sensi  degli
artt. 7 e 8 dello statuto speciale e 117  e  119  Cost.  Inoltre,  il
breve lasso temporale avrebbe impedito alla  ricorrente  di  adottare
disposizioni  legislative  di  indirizzo  ai  Comuni  per   le   loro
determinazioni - in violazione della competenza regionale di cui agli
artt. 3, comma 1, lettera b), e 10 dello statuto speciale in  materia
di ordinamento degli enti locali e di  finanza  locale  (si  cita  la
sentenza  n.  275  del  2007)  -  e  agli  enti  locali  di  incidere
sull'aliquota, con ulteriore violazione della competenza regionale in
materia di finanza locale e di ordinamento degli enti locali, nonche'
dell'autonomia finanziaria di questi ultimi,  garantita  dagli  artt.
118 e 119 Cost. 
    1.3.- Un terzo gruppo di censure riguarda l'art. 1, commi  7,  8,
9, 9-bis e 9-quinquies, del d.l. n. 4 del 2015, che  disciplinano  le
variazioni compensative derivanti dall'attuazione del  nuovo  sistema
di esenzione. 
    In particolare, l'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015 prevede che, «[a]
decorrere dall'anno  2015,  le  variazioni  compensative  di  risorse
conseguenti dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2,
sono operate, nelle misure  riportate  nell'allegato  A  al  presente
provvedimento, per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle
Regioni Siciliana e Sardegna, nell'ambito del fondo  di  solidarieta'
comunale  e  con  la  procedura  prevista  dai  commi   128   e   129
dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n.  228  [...]»  (comma
7); che «[p]er l'anno 2014, le variazioni compensative di risorse nei
confronti dei comuni conseguenti dall'attuazione  delle  disposizioni
di cui  ai  commi  3  e  4,  sono  confermate  nella  misura  di  cui
all'allegato B al  presente  provvedimento»  (comma  8)  e  che  «[i]
rimborsi  ai  comuni  sono  indicati  nell'allegato  C  al   presente
provvedimento e tali comuni sono autorizzati, sulla base del medesimo
allegato, a rettificare  gli  accertamenti,  a  titolo  di  fondo  di
solidarieta' comunale e di gettito IMU, del bilancio 2014» (comma 9). 
    Ai sensi dell'art. 1, comma 9-bis, del d.l. n. 4 del 2015,  «[a]l
fine di assicurare ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della
Regione siciliana e della  regione  Sardegna  il  ristoro  del  minor
gettito dell'IMU, derivante dall'applicazione  del  comma  1-bis,  e'
attribuito ai medesimi comuni un contributo pari a 15,35  milioni  di
euro a decorrere dall'anno 2015. Tale contributo e' ripartito  tra  i
comuni  interessati,  con  decreto  del  Ministero  dell'interno,  di
concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, secondo  una
metodologia adottata sentita la Conferenza Stato-citta'  e  autonomie
locali [...]», mentre il successivo comma 9-quinquies stabilisce che,
«[a]l  fine  di  assicurare  la  piu'  precisa   ripartizione   delle
variazioni compensative di risorse di cui agli allegati A, B e  C  al
presente  decreto,  fermo  restando  l'ammontare  complessivo   delle
suddette variazioni, pari, complessivamente,  a  230.691.885,33  euro
per l'anno 2014 e a 268.652.847,44 euro dall'anno 2015, il  Ministero
dell'economia  e  delle  finanze,  sulla  base  di  una   metodologia
condivisa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani  (ANCI)  e
adottata sentita  la  Conferenza  Stato-citta'  e  autonomie  locali,
provvede, entro il 30 settembre 2015, alla verifica del  gettito  per
l'anno  2014,  derivante  dalle  disposizioni  di  cui  al   presente
articolo, sulla base anche dell'andamento del gettito effettivo.  Con
decreto del Ministero dell'interno,  di  concerto  con  il  Ministero
dell'economia e delle  finanze,  si  provvede  alle  modifiche  delle
variazioni compensative spettanti a ciascun comune  delle  regioni  a
statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione  Sardegna,
sulla base dell'esito delle verifiche di cui al periodo precedente». 
    Ad  avviso  della  ricorrente,  il  regime   compensativo   cosi'
concepito,  da  realizzarsi  attraverso  il  Fondo  di   solidarieta'
comunale, sarebbe  fondato  su  stime  aleatorie  e  imprecise,  come
evincibile dalla prevista possibilita' di revisione,  senza  peraltro
consentire la correzione dell'ammontare complessivo delle variazioni,
irrigidito negli importi normativamente indicati. Ne  deriverebbe  la
violazione del principio di veridicita' dei bilanci  e  di  copertura
delle  spese  di  cui  all'art.   81   Cost.   e,   di   conseguenza,
dell'autonomia finanziaria dei Comuni (art. 119 Cost.),  destinati  a
sopportare gli effetti della mancanza di risorse causata dalle  norme
censurate.  Inoltre,  stante  la  stretta  connessione  tra   finanza
regionale e locale, risulterebbero violati gli artt. 3, 7 e  8  dello
statuto speciale e 117 Cost., parametri che riconoscono la competenza
regionale in materia di ordinamento degli enti locali  e  di  finanza
locale. 
    Infine,  secondo  la  ricorrente,  l'art.  1,   commi   9-bis   e
9-quinquies,  del  d.l.  n.  4  del   2015,   non   contemplando   il
coinvolgimento della Regione nel procedimento cooperativo previsto ma
solo delle  autonomie  locali,  peraltro  con  le  forme  dell'intesa
"debole", lederebbe il  principio  di  leale  collaborazione  di  cui
all'art.  117  Cost.  in  un  ambito  rientrante   nelle   competenze
regionali, con  conseguente  violazione  dell'art.  3  dello  statuto
speciale della Sardegna in materia di ordinamento degli enti locali e
di finanza  locale  e  del  principio  di  sussidiarieta'  ricondotto
all'art. 119 Cost. 
    2.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'infondatezza delle questioni proposte. 
    Anzitutto, le norme censurate sarebbero espressive di principi di
coordinamento  della  finanza   pubblica,   che   legittimamente   il
legislatore statale potrebbe imporre anche  alle  autonomie  speciali
nell'esercizio  della  propria  competenza  in  materia  di   sistema
tributario dello  Stato,  ai  sensi  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost.  D'altra  parte,  l'individuazione  degli  immobili
agricoli esenti non avrebbe potuto che  essere  uniforme  sull'intero
territorio nazionale. Peraltro, rilevando  solo  sul  piano  fiscale,
essa non  inciderebbe  sulle  competenze  vantate  dalla  Regione  in
materia di agricoltura e di classificazione  dei  territori  montani.
Inoltre,  il  legislatore  statale  sarebbe  pienamente  legittimato,
nell'esercizio della  propria  competenza  esclusiva,  a  variare  la
disciplina dei tributi erariali, quale sarebbe l'IMU, senza per  cio'
stesso ledere la sfera di autonomia regionale o il principio di leale
collaborazione. Da tanto deriverebbe l'infondatezza delle censure  di
violazione della competenza  concorrente  della  Regione  in  materia
tributaria e della sua autonomia finanziaria. Parimenti destituito di
fondamento sarebbe il dedotto contrasto con l'art. 10  dello  statuto
speciale, atteso che la manovrabilita' ivi prevista sarebbe  limitata
«ai  tributi  erariali  per  i  quali  lo   Stato   ne   prevede   la
possibilita'». Quanto alla dedotta violazione del principio di  leale
collaborazione a opera dell'art. 1, commi 9-bis  e  9-quinquies,  del
d.l. n. 4 del 2015, esso sarebbe suscettibile di deroga da parte  del
legislatore  statale  e,  comunque,  nella  fattispecie  risulterebbe
adeguatamente salvaguardato dalla previsione del coinvolgimento degli
enti locali, anche alla luce della mancanza di  competenza  regionale
in materia di tributi locali. 
    3.- Con memoria illustrativa depositata il  31  ottobre  2017  la
Regione ha replicato alle difese svolte dal Presidente del  Consiglio
dei ministri, ulteriormente argomentando in  ordine  alla  fondatezza
delle censure formulate. 
    4.- Con ordinanza iscritta al reg.  ord.  n.  141  del  2016,  il
Tribunale  amministrativo  regionale  (TAR)  per  il  Lazio,  sezione
seconda, ha sollevato, in riferimento all'art. 23 Cost., questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del d.l. n.  4  del
2015 «nella parte in cui, alle lett. a)  e  b),  prevede  l'esenzione
dall'IMU agricola per  i  terreni  ubicati  nei  comuni  classificati
totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti
e  condotti  da  coltivatori  diretti  e  da  imprenditori   agricoli
professionali)   nell'elenco   dei   comuni   italiani    predisposto
dall'Istat». 
    Il rimettente, dopo aver  riferito  di  essere  stato  adito  dai
Comuni di Perugia e di Narni in sede di  impugnazione,  tra  l'altro,
dell'elenco dell'ISTAT richiamato dall'art. 1, comma 1, del d.l. n. 4
del 2015 e dei conseguenti atti di rideterminazione delle  risorse  a
valere  sul  Fondo  di  solidarieta'   comunale,   ritiene   che   la
disposizione non sia rispettosa del principio di riserva di legge  di
cui all'art. 23 Cost., al quale sarebbero assoggettate anche le norme
di agevolazione fiscale. 
    In particolare, l'art. 1, comma  1,  del  d.l.  n.  4  del  2015,
prevedendo che l'esenzione dall'IMU  di  cui  all'art.  7,  comma  1,
lettera  h),  del  decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  504
(Riordino  della   finanza   degli   enti   territoriali,   a   norma
dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), si applichi  ai
terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, ubicati nei  Comuni
classificati  totalmente  montani  o  parzialmente   montani   -   in
quest'ultimo caso se posseduti e condotti dai coltivatori  diretti  e
dagli imprenditori agricoli  professionali  di  cui  all'art.  1  del
d.lgs.  n.  99  del  2004,  iscritti  nella  previdenza  agricola   -
nell'elenco predisposto dall'ISTAT, rimetterebbe a detto Istituto - o
a chi per esso - la  determinazione  dei  presupposti  di  fatto  per
l'applicazione del regime agevolativo. Cio', tuttavia, senza  vincolo
legislativo alla discrezionalita' amministrativa, atteso che l'art. 1
della legge n. 991 del  1952,  che  originariamente  disciplinava  la
formazione dell'elenco, e' stato  abrogato  dall'art.  29,  comma  7,
lettera a), della legge n. 142 del 1990, con la  conseguenza  che  il
successivo mantenimento della classificazione sarebbe avvenuto  sulla
base  di  parametri  non  piu'  determinati  legislativamente  bensi'
assolutamente discrezionali. Ne deriverebbe la  violazione  dell'art.
23 Cost., mentre il rimettente considera manifestamente  infondati  i
vizi  di  legittimita'  costituzionale  della   norma   dedotti   dai
ricorrenti in riferimento agli artt. 3, 81 e 119 Cost. 
    In  punto  di  ammissibilita',   il   TAR   ravvisa   l'interesse
all'impugnazione non nell'intento di non subire i tagli a valere  sul
Fondo di  solidarieta'  comunale  correlati  al  regime  agevolativo,
quanto   nel   mantenimento   dello   status   quo   ante    alterato
dall'inclusione dei Comuni ricorrenti nel giudizio a quo  tra  quelli
parzialmente montani a opera dell'elenco dell'ISTAT, con  conseguente
assoggettamento  alla  decurtazione  a  valere  sul  predetto  Fondo.
Inoltre, la questione sarebbe rilevante  in  quanto  la  legittimita'
dell'impugnato elenco e degli atti  conseguenti  di  rideterminazione
delle risorse stanziate a valere sul Fondo di  solidarieta'  comunale
dipenderebbe   dalla   soluzione   della   sollevata   questione   di
legittimita' costituzionale. 
    5.- Con atto depositato il 13 settembre 2016  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione di legittimita'  costituzionale  sollevata  sia  dichiarata
inammissibile o, comunque, manifestamente infondata. 
    L'interveniente  sostiene  che  la  norma  censurata  si  sarebbe
limitata a rinviare a un elenco preesistente, onde  l'erroneita'  del
presupposto interpretativo da cui muove  l'ordinanza  di  rimessione,
atteso che il legislatore  non  avrebbe  attribuito  all'ISTAT  alcun
potere discrezionale in merito, limitandosi a recepire  l'elencazione
- peraltro, tendenzialmente immutabile, in  quanto  fondata  su  dati
fisici - quale presupposto per l'esenzione dall'IMU.  Ne  deriverebbe
l'inammissibilita'  della  questione  o,   comunque,   la   manifesta
infondatezza  della  stessa,  poiche',  attraverso   il   rinvio   al
preesistente provvedimento di contenuto tecnico, la  norma  di  legge
avrebbe esattamente individuato i presupposti applicativi del  regime
agevolativo. 
    6.- Con atto depositato il 13 settembre 2016 si sono costituiti i
Comuni di Perugia e di Narni, parti nel giudizio a quo, i quali, dopo
aver evidenziato come la loro collocazione nell'elenco dell'ISTAT tra
i Comuni parzialmente montani li abbia assoggettati  a  riduzioni  di
risorse a valere sul Fondo di solidarieta'  comunale  non  compensati
dal  maggior  gettito  tributario  atteso,  svolgono   argomentazioni
adesive alla prospettazione del rimettente, evidenziando che le norme
censurate hanno trovato applicazione negli anni 2014 e 2015 prima  di
essere abrogate e sostituite dall'art. 1, comma 13,  della  legge  n.
208 del 2015. 
    Con memoria illustrativa depositata il 31 ottobre 2017  i  citati
Comuni  hanno  ulteriormente  argomentato  la  loro   adesione   alla
prospettazione del rimettente, replicando altresi' alle difese svolte
dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    7.- Con ordinanza iscritta al reg. ord. n. 142 del  2016,  sempre
il TAR per il Lazio, sezione seconda, ha  sollevato,  in  riferimento
all'art. 23 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art.
1, comma 1, del d.l. n. 4 del 2015 «nella parte in cui, alle lett. a)
e b), prevede l'esenzione dall'IMU agricola per i terreni ubicati nei
comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal
caso,  ove  posseduti  e  condotti  da  coltivatori  diretti   e   da
imprenditori agricoli professionali) nell'elenco dei comuni  italiani
predisposto dall'Istat». 
    Il rimettente riferisce di  essere  stato  adito  dai  Comuni  di
Regalbuto,  Belpasso,  Santa  Maria  di  Licodia,  Niscemi,   Modica,
Sortino, Santa  Venerina,  Aci  Sant'Antonio,  Graniti,  Catenanuova,
Gaggi e Pietraperzia in sede di impugnazione  dell'elenco  dell'ISTAT
richiamato dall'art. 1, comma 1, del d.l.  n.  4  del  2015  e  delle
tabelle a quest'ultimo allegate sub A  e  B  e  di  aver  pronunciato
sentenza non definitiva,  riconoscendo  l'impugnabilita'  dell'elenco
dell'ISTAT, stante anche la natura non recettizia del rinvio  a  esso
operato dall'art. 1, comma 1, del d.l. n. 4 del  2015,  e  disponendo
incombenti istruttori, volti, tra l'altro,  ad  accertare  i  criteri
della classificazione rifluita  nell'elenco,  al  cui  esito  sarebbe
risultato come la sua formazione a opera della Commissione  censuaria
centrale sia stata sostanzialmente  legislativamente  vincolata  solo
fino all'abrogazione dell'art. 1 della legge n. 991 del 1952. 
    In considerazione di cio', il  rimettente  solleva  la  descritta
questione  di  legittimita'  costituzionale,  sostenendone   la   non
manifesta infondatezza con  argomenti  coincidenti  con  quelli  gia'
esposti nell'ordinanza iscritta al reg. ord. n. 141  del  2016  e  la
rilevanza in ragione del fatto che l'illegittimita'  dell'elenco,  e,
conseguentemente, delle tabelle riportanti le variazioni compensative
a  valere  sul  Fondo   di   solidarieta'   comunale,   discenderebbe
inevitabilmente  dalla  soluzione  della  questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata. 
    8.- Con atto depositato il 13 settembre 2016  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione di  legittimita'  costituzionale  proposta  sia  dichiarata
inammissibile  o,  comunque,  manifestamente  infondata  e  adducendo
argomenti coincidenti  con  quelli  svolti  in  ordine  all'ordinanza
iscritta al reg. ord. n. 141 del 2016. 
    9.- Con atto depositato il 13 settembre 2016 si sono costituiti i
Comuni di  Regalbuto,  Belpasso,  Santa  Maria  di  Licodia,  Modica,
Sortino, Santa Venerina, Aci  Sant'Antonio,  Graniti,  Catenanuova  e
Gaggi, parti nel giudizio a quo, i quali, dopo aver  evidenziato  che
la loro collocazione nell'elenco dell'ISTAT tra  i  Comuni  non  piu'
esenti dall'imposizione, come in precedenza,  li  ha  assoggettati  a
riduzioni di risorse a valere sul  Fondo  di  solidarieta'  comunale,
svolgono argomentazioni adesive alla prospettazione  del  rimettente,
evidenziando che le norme censurate hanno trovato applicazione  negli
anni 2014 e 2015 prima di essere abrogate e sostituite  dall'art.  1,
comma 13, della legge n. 208 del 2015. 
    Con memoria illustrativa depositata il 30 ottobre 2017  i  citati
Comuni  hanno  ulteriormente  argomentato  la  loro   adesione   alla
prospettazione del rimettente, replicando altresi' alle difese svolte
dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    10.- Con ordinanza iscritta al reg. ord. n. 143 del 2016,  sempre
il TAR per il Lazio, sezione seconda, ha  sollevato,  in  riferimento
all'art. 23 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art.
1, comma 1, del d.l. n. 4 del 2015 «nella parte in cui, alle lett. a)
e b), prevede l'esenzione dall'IMU agricola per i terreni ubicati nei
comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal
caso,  ove  posseduti  e  condotti  da  coltivatori  diretti   e   da
imprenditori agricoli professionali) nell'elenco dei comuni  italiani
predisposto dall'Istat». 
    Il rimettente, riferendo di essere  stato  adito  dai  Comuni  di
Castroreale,  Rodi'  Milici  e  Centuripe  in  sede  di  impugnazione
dell'elenco dell'ISTAT richiamato dall'art. 1, comma 1, del d.l. n. 4
del 2015 e delle tabelle a quest'ultimo allegate sub A e  B,  solleva
la descritta questione di legittimita'  costituzionale,  sostenendone
la  rilevanza  e  la  non  manifesta   infondatezza   con   argomenti
coincidenti con quelli gia' esposti nelle ordinanze iscritte al  reg.
ord. n. 141 e n. 142 del 2016. 
    11.- Con atto depositato il 13 settembre 2016 e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione di legittimita'  costituzionale  sollevata  sia  dichiarata
inammissibile  o,  comunque,  manifestamente  infondata  e  adducendo
argomenti coincidenti con quelli  svolti  in  ordine  alle  ordinanze
iscritte al reg. ord. n. 141 e n. 142 del 2016. 
    12.- Con atto depositato il 13 settembre 2016 si sono  costituiti
i Comuni di Castroreale e di Centuripe, parti  nel  giudizio  a  quo,
svolgendo argomentazioni adesive alla prospettazione  del  rimettente
coincidenti con quelle contenute  nell'atto  di  intervento  relativo
all'ordinanza iscritta al reg. ord. n. 142 del 2016. 
    Il 30 ottobre 2017 i citati Comuni hanno depositato  una  memoria
illustrativa del medesimo tenore  di  quella  depositata  dai  Comuni
intervenuti nel giudizio introdotto dall'ordinanza iscritta  al  reg.
ord. n. 142 del 2016. 
    13.- Con ordinanza iscritta al reg. ord. n. 157 del 2016,  sempre
il TAR per il Lazio, sezione seconda, ha  sollevato,  in  riferimento
all'art. 23 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art.
1, comma 1, del d.l. n. 4 del 2015 «nella parte in cui, alle lett. a)
e b), prevede l'esenzione dall'IMU agricola per i terreni ubicati nei
comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal
caso,  ove  posseduti  e  condotti  da  coltivatori  diretti   e   da
imprenditori agricoli professionali) nell'elenco dei comuni  italiani
predisposto dall'Istat». 
    Il rimettente riferisce di  essere  stato  adito  dai  Comuni  di
Moricone, Sezze, Bagnoregio, Ischia  di  Castro,  Genazzano,  Rignano
Flaminio, Magliano Romano,  Torrice,  Carbognano,  Sgurgola,  Arpino,
Rocca Priora, Cori, Bassano Romano, Lariano, Fondi, Paliano,  Aquino,
Piedimonte San Germano, Montelibretti, Capranica, San Lorenzo  Nuovo,
Tessennano,  Tuscania,  Gavignano,  Anguillara  Sabazia,  Casalvieri,
Nazzano, Rocca di Papa, San  Vito  Romano,  Posta  Fibreno,  Morlupo,
Castelliri, Olevano Romano, Priverno e Castelnuovo  Cilento,  nonche'
dall'Anci Lazio,  in  sede  di  impugnazione  dell'elenco  dell'ISTAT
richiamato dall'art. 1, comma 1, del d.l.  n.  4  del  2015  e  delle
tabelle a quest'ultimo allegate sub A  e  B  e  di  aver  pronunciato
sentenza non definitiva, tra  l'altro  riconoscendo  l'impugnabilita'
dell'elenco, stante anche la natura non recettizia del rinvio a  esso
operato dall'art. 1, comma 1, del d.l. n. 4 del  2015,  e  disponendo
incombenti istruttori volti, tra  l'altro,  ad  accertare  i  criteri
della classificazione rifluita nell'elenco dell'ISTAT, al  cui  esito
sarebbe risultato come la sua formazione a  opera  della  Commissione
censuaria  centrale  sia   stata   sostanzialmente   legislativamente
vincolata solo fino all'abrogazione dell'art. 1 della  legge  n.  991
del 1952. 
    In considerazione di cio', il  rimettente  solleva  la  descritta
questione di legittimita' costituzionale, sostenendone la rilevanza e
la non manifesta infondatezza con argomenti  coincidenti  con  quelli
gia' esposti nelle ordinanze iscritte al reg. ord. n. 141, n.  142  e
n. 143 del 2016. 
    14.- Con atto depositato il 27 settembre 2016 e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione di legittimita'  costituzionale  sollevata  sia  dichiarata
inammissibile  o,  comunque,  manifestamente  infondata  e  adducendo
argomenti coincidenti con quelli  svolti  in  ordine  alle  ordinanze
iscritte al reg. ord. n. 141, n. 142 e n. 143 del 2016. 
    15.- Con atto depositato il 4 ottobre 2016 si  e'  costituita  la
Regione autonoma  Sardegna,  parte  nel  giudizio  a  quo,  svolgendo
argomentazioni adesive alla prospettazione del rimettente. 
    Con memoria illustrativa depositata il 31 ottobre 2017 la Regione
ha ulteriormente argomentato la propria adesione alla  prospettazione
del rimettente, replicando altresi' alle difese svolte dal Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso  indicato  in  epigrafe  la  Regione  autonoma
Sardegna ha impugnato l'art. 1, commi 1, 1-bis, 3, 4,  5,  7,  8,  9,
9-bis e 9-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4  (Misure
urgenti in materia di esenzione IMU), convertito, con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, in riferimento agli artt. 3, 7,  8,
10 e 56 della legge costituzionale 26 febbraio 1948,  n.  3  (Statuto
speciale per la Sardegna), in relazione agli artt. 51 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  19  giugno  1979,  n.  348  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla
legge 22 luglio 1975, n.  382  e  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), e 1  del  decreto  legislativo  6
febbraio 2004, n. 70 (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  speciale
della  regione  Sardegna  concernenti  il  conferimento  di  funzioni
amministrative alla Regione in materia di  agricoltura),  nonche'  in
riferimento  agli  artt.  3,  53,  81,  97,  117,  118  e  119  della
Costituzione  e  ai   principi   di   leale   collaborazione   e   di
sussidiarieta'. 
    Con  quattro  ordinanze  dal  medesimo  contenuto,  indicate   in
epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale (TAR) per  il  Lazio,
sezione seconda, ha sollevato,  in  riferimento  all'art.  23  Cost.,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  1,  del
d.l. n. 4 del 2015 «nella parte in cui, alle lett. a) e  b),  prevede
l'esenzione dall'IMU  agricola  per  i  terreni  ubicati  nei  comuni
classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal  caso,
ove posseduti e condotti da coltivatori  diretti  e  da  imprenditori
agricoli professionali) nell'elenco dei comuni  italiani  predisposto
dall'Istat». 
    2.-  In  considerazione  della  parziale  identita'  delle  norme
denunciate e delle censure proposte, i giudizi devono essere  riuniti
per essere trattati congiuntamente e decisi con un'unica pronuncia. 
    Deve inoltre essere dichiarata ammissibile  la  costituzione  dei
Comuni  di  Perugia,  Narni,  Regalbuto,  Belpasso,  Santa  Maria  di
Licodia, Modica, Sortino, Santa Venerina, Aci Sant'Antonio,  Graniti,
Catenanuova, Gaggi, Castroreale, Centuripe e della  Regione  autonoma
Sardegna, parti costituite nei giudizi a quibus. 
    3.- Prima di esaminare le questioni sottoposte allo scrutinio  di
questa Corte, occorre illustrare la manovra realizzata attraverso  la
normativa denunciata e l'evoluzione  del  contesto  in  cui  essa  si
inserisce, anche  per  comprendere  l'interesse  che  ha  indotto  la
Regione autonoma Sardegna e i Comuni ricorrenti nei giudizi a  quibus
alle rispettive impugnazioni. 
    L'art. 7,  comma  1,  lettera  h),  del  decreto  legislativo  30
dicembre  1992,  n.  504   (Riordino   della   finanza   degli   enti
territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n.
421), in materia di Imposta  comunale  sugli  immobili  (ICI),  aveva
previsto l'esenzione  per  «i  terreni  agricoli  ricadenti  in  aree
montane o di collina delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge
27 dicembre 1977, n. 984». Per individuare i terreni esenti si faceva
riferimento  all'ubicazione  nel  territorio  dei   Comuni   di   cui
all'elenco allegato alla circolare  del  Ministero  delle  finanze  -
Dipartimento entrate fiscalita' locale - Servizio  I  del  14  giugno
1993, n. 9. 
    Detta esenzione, estesa all'Imposta municipale  propria  (IMU)  -
sostitutiva dell'ICI - dall'art. 9, comma 8, del decreto  legislativo
14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo  Fiscale
Municipale), e' stata mantenuta  dall'art.  13  del  decreto-legge  6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,  n.  214,  il  quale  ha
statuito  al  comma  13  che   «[r]estano   ferme   le   disposizioni
dell'articolo 9» del d.lgs. n. 23 del 2011. 
    Successivamente, l'art. 4, comma 5-bis, del decreto-legge 2 marzo
2012, n. 16  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  semplificazioni
tributarie, di efficientamento e  potenziamento  delle  procedure  di
accertamento), convertito, con modificazioni, dalla legge  26  aprile
2012, n. 44, ha previsto che - con apposito  decreto  ministeriale  -
potessero essere individuati i Comuni nei  quali  si  sarebbe  dovuta
applicare la citata esenzione  dall'IMU  sulla  base  dell'altitudine
riportata nell'elenco dei Comuni italiani  predisposto  dall'Istituto
nazionale di statistica (ISTAT), nonche', eventualmente, anche  sulla
base della redditivita' dei terreni. 
    L'art. 22, comma 2, del  decreto-legge  24  aprile  2014,  n.  66
(Misure urgenti  per  la  competitivita'  e  la  giustizia  sociale),
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89,  ha
sostituito l'art. 4, comma 5-bis, del d.l. n. 16 del 2012, demandando
a un decreto del Ministro dell'economia e finanze,  a  decorrere  dal
periodo d'imposta 2014, l'individuazione dei Comuni in cui  applicare
l'esenzione  dall'IMU  sulla  base   del   criterio   dell'altitudine
riportata  nell'elenco  dell'ISTAT,  altresi'  diversificando  tra  i
terreni posseduti da  coltivatori  diretti  e  imprenditori  agricoli
professionali, iscritti alla previdenza agricola,  e  gli  altri.  Il
medesimo  comma  2  ha  anche  disposto  che  dal   complesso   delle
disposizioni sopra descritte  dovesse  derivare  un  maggior  gettito
complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro, da  recuperare
alle casse dell'erario a opera del medesimo decreto. Il  decreto  del
Ministero dell'economia e delle finanze del 28 novembre 2014, recante
«Esenzione dall'IMU,  prevista  per  i  terreni  agricoli,  ai  sensi
dell'articolo 7, comma 1, lettera  h),  del  decreto  legislativo  30
dicembre 1992, n. 504», ha dato attuazione alle norme illustrate. 
    L'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015, oggetto delle  odierne  censure,
modifica nuovamente il regime di esenzione  dall'IMU  per  i  terreni
agricoli montani e parzialmente montani, disponendo, a decorrere  dal
2015 (comma 1) e per il 2014 (comma 3),  l'esenzione  per  i  terreni
agricoli, nonche'  per  quelli  non  coltivati,  ubicati  nei  Comuni
classificati totalmente  montani  nell'elenco  dell'ISTAT  (comma  1,
lettera a), nelle isole minori (comma 1, lettera a-bis) e nei  Comuni
classificati parzialmente montani nello stesso elenco dell'ISTAT, ove
posseduti e condotti dai coltivatori  diretti  e  dagli  imprenditori
agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola (comma  1,
lettera b). 
    Seppure in misura minore rispetto alla  normativa  immediatamente
precedente, il comma 1 riduce la platea dei Comuni esenti rispetto al
novero originario, determinando cosi' la  produzione  di  un  maggior
gettito tributario, che viene compensato dalle variazioni operate dai
successivi commi da 7 a 9  e  acquisito  dallo  Stato  in  base  agli
importi determinati, per ciascun Comune, negli  allegati  A,  B  e  C
(questi ultimi due per l'anno 2014).  Il  comma  7,  in  particolare,
prevede  che,  a  decorrere  dal  2015,  le  variazioni  compensative
avvengano a valere  sulla  ripartizione  del  Fondo  di  solidarieta'
comunale,  istituito  nello  stato  di   previsione   del   Ministero
dell'interno dall'art. 1, comma  380,  lettera  b),  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'
2013)», e destinato a essere ripartito tra i Comuni medesimi (secondo
la disciplina dettata dall'art. 1, commi  da  380-ter  a  380-novies,
della legge n. 228 del 2012). In tal modo,  la  norma  assicura  che,
anche a regime, della manovra benefici l'erario, il  quale  trattiene
le somme non trasferite dal Fondo di solidarieta' comunale agli  enti
locali, mentre questi ultimi, nelle intenzioni del  legislatore,  non
subirebbero  alcuna  riduzione  di   risorse,   godendo   in   misura
equivalente  del  maggior  gettito  diretto  dell'IMU,  frutto  della
riduzione delle esenzioni. 
    Peraltro, nella consapevolezza della possibilita' di  scostamenti
tra maggior gettito tributario  e  riduzione  dei  trasferimenti,  il
successivo  comma  9-quinquies  prevede,  secondo  «una   metodologia
condivisa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani  (ANCI)  e
adottata sentita la Conferenza Stato-citta' e autonomie  locali»,  la
«verifica del gettito per l'anno 2014, derivante  dalle  disposizioni
di cui al presente articolo,  sulla  base  anche  dell'andamento  del
gettito  effettivo»,  alla  stregua  della  quale   provvedere   alle
modifiche delle variazioni compensative spettanti a ciascun Comune in
base agli allegati A, B e C. Tale  aggiornamento  e'  successivamente
avvenuto ad opera dell'art. 8, comma 10, del decreto-legge 19  giugno
2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia  di  enti  territoriali.
Disposizioni  per  garantire  la  continuita'  dei   dispositivi   di
sicurezza e di  controllo  del  territorio.  Razionalizzazione  delle
spese del Servizio sanitario nazionale nonche' norme  in  materia  di
rifiuti e di emissioni industriali), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, che ha previsto per l'anno 2015 un
contributo di 57,5 milioni di euro da ripartire tra i Comuni «tenendo
conto della verifica del gettito  per  l'anno  2014  derivante  dalle
disposizioni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015,
n. 4». 
    A decorrere dal 2016, l'art. 1, comma 13, lettera c), della legge
28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2016)», ha abrogato l'art. 1, commi da 1 a 9-bis, del d.l. n.  4  del
2015,  con  la  conseguenza  che  il  descritto  regime  ha   trovato
applicazione solo negli anni 2014 e 2015. 
    4.- Tanto premesso e passando all'esame del ricorso della Regione
autonoma Sardegna, il primo nucleo  di  censure  riguarda  l'art.  1,
commi 1, 1-bis e 3, del d.l. n. 4 del 2015. 
    Del comma 1 si e' gia' detto; il successivo comma  1-bis  prevede
una detrazione di 200 euro - fino alla concorrenza del suo  ammontare
-  dall'IMU  dovuta  per  i  terreni  ubicati  nei  Comuni   di   cui
all'allegato  0A  del  decreto-legge,  posseduti   e   condotti   dai
coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli  professionali;  il
comma 3 dello stesso articolo  prevede  l'applicazione  del  comma  1
anche all'anno d'imposta 2014. 
    Secondo la ricorrente, i commi 1, 1-bis e 3 contrasterebbero:  a)
con gli artt. 3, lettera d), dello statuto speciale  della  Sardegna,
51 del d.P.R. n. 348 del 1979 e 1 del d.lgs.  n.  70  del  2004,  che
attribuirebbero alla Regione la competenza esclusiva  in  materia  di
«agricoltura e foreste», comprensiva anche dello «sviluppo rurale»  e
della classificazione dei territori montani; b) con  gli  artt.  117,
terzo comma, e 119 Cost., nonche' 7 e 8 dello  statuto  speciale,  in
quanto  non  avrebbero  lasciato  alle  Regione  alcuno   spazio   di
disciplina di un tipico tributo locale,  con  cio'  ledendo  altresi'
l'autonomia finanziaria regionale; c) con gli artt. 7, 8 e  10  dello
statuto speciale, da un lato, in quanto la  potesta'  di  modulazione
dell'imposizione fiscale attribuita da  quest'ultimo  parametro  alla
ricorrente postulerebbe che l'imposizione stessa non sia di  per  se'
illegittima,  e,  dall'altro,  in  quanto  tale  intervento  dovrebbe
avvenire  attingendo  al  bilancio  della  Regione,  conseguentemente
ledendone l'autonomia finanziaria. 
    Ad avviso della Regione, inoltre, i commi 1 e 3 contrasterebbero:
a) con l'art. 56 dello statuto, avendo inteso derogare alla normativa
di attuazione statutaria in materia di agricoltura  senza  rispettare
la procedura all'uopo prevista; b) con gli artt. 3 (sotto il  profilo
della ragionevolezza e dell'uguaglianza), 53 (sotto il profilo  della
capacita' contributiva) e 97 (sotto il  profilo  del  buon  andamento
dell'amministrazione)  Cost.,  in   quanto   il   richiamato   elenco
dell'ISTAT sarebbe stato redatto sulla base di  criteri  previsti  da
una normativa abrogata da oltre  venti  anni,  unitamente  all'organo
preposto all'aggiornamento, e sarebbe divenuto anacronistico  perche'
compilato secondo dati (non solo geomorfologici ma anche  reddituali)
non piu' rivalutati e, nei casi di variazioni  amministrative,  sulla
base del criterio della prevalenza  territoriale,  mai  previsto  dal
legislatore;  cio'  a  discapito  del  territorio  sardo,  altrimenti
svantaggiato. 
    In via subordinata, secondo la ricorrente l'art. 1, comma 1,  del
d.l. n. 4 del 2015 violerebbe i principi di leale collaborazione e di
sussidiarieta',  in  quanto  avrebbe  sottratto  a  un   procedimento
cooperativo l'adozione di provvedimenti coinvolgenti  l'esercizio  di
competenze regionali in materia di ordinamento degli enti locali e di
finanza locale. 
    Infine, l'art. 1, comma 1-bis, del d.l. n. 4 del 2015  violerebbe
l'art. 97 Cost., in quanto non si evincerebbe su quali basi sia stato
compilato l'allegato 0A del decreto. 
    4.1.- Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
commi 1, 1-bis e 3, del d.l n. 4 del 2015, in riferimento agli  artt.
3, lettera d) - in relazione agli artt. 51 del d.P.R. n. 348 del 1979
e 1 del d.lgs. n. 70 del 2004 - 7, 8  e  10  dello  statuto  speciale
della Sardegna, nonche' in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e
119 Cost., non sono fondate. Parimenti non fondate  sono  le  censure
mosse ai citati commi 1 e 3 in riferimento all'art. 56 dello  statuto
speciale della Sardegna. 
    Come questa Corte ha recentemente affermato,  «l'IMU,  in  quanto
istituita e  disciplinata  con  legge  dello  Stato,  e'  un  tributo
erariale (sentenza n. 123 del 2010; nello stesso senso,  sentenze  n.
40 del 2016, n. 121 del 2013 e n. 97 del 2013), seppur "derivato"  in
ragione della devoluzione del gettito (sentenza n. 121 del 2013).  La
sua disciplina ricade dunque "nella materia  'ordinamento  tributario
dello Stato', che  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.
riserva alla competenza legislativa statale"  (sentenza  n.  121  del
2013; nello stesso senso sentenze n. 26 del 2014 e n. 97  del  2013)»
(sentenza n. 280 del 2016), anche per quanto attiene  alla  normativa
di dettaglio (sentenza n. 121 del 2013). Cio' vale  altresi'  per  il
relativo regime agevolativo, che  costituisce  un'integrazione  della
disciplina del tributo (sentenze n. 30 del 2012 e n. 123 del 2010). 
    Ne consegue che  la  normativa  censurata  non  interviene  negli
ambiti di competenza spettanti  alla  Regione  autonoma  Sardegna  in
virtu' dello statuto di autonomia e  della  normativa  di  attuazione
invocata. 
    Il mancato contrasto con  quest'ultima  esclude  altresi'  quello
degli impugnati commi 1 e 3 con  l'art.  56  dello  statuto  speciale
della Sardegna  in  ragione  del  mancato  rispetto  della  procedura
necessaria a derogarvi. 
    La ricorrente lamenta anche  la  violazione  dell'art.  10  dello
statuto speciale, secondo cui «[l]a Regione, al fine di  favorire  lo
sviluppo  economico  dell'Isola  e  nel  rispetto   della   normativa
comunitaria, con riferimento ai tributi erariali per i quali lo Stato
ne prevede la possibilita', puo', ferma  restando  la  copertura  del
fabbisogno standard per il finanziamento dei livelli essenziali delle
prestazioni  concernenti  i  diritti  civili   e   sociali   di   cui
all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della  Costituzione:  a)
prevedere  agevolazioni  fiscali,  esenzioni,  detrazioni  d'imposta,
deduzioni dalla base imponibile e concedere, con oneri a  carico  del
bilancio regionale, contributi  da  utilizzare  in  compensazione  ai
sensi della  legislazione  statale;  b)  modificare  le  aliquote  in
aumento entro i  valori  di  imposizione  stabiliti  dalla  normativa
statale o in diminuzione fino ad azzerarle». 
    Con  riferimento  ad  analoghe  previsioni  statutarie  speciali,
questa Corte ha chiarito che la locuzione «relativamente  ai  tributi
erariali per  i  quali  lo  Stato  ne  prevede  la  possibilita'»  si
riferisce al caso in cui  il  gettito  del  tributo  sia  interamente
devoluto all'ente autonomo (sentenze n. 2 del 2012, n. 323 del 2011 e
n.  357  del  2010).  Per   la   Regione   autonoma   Sardegna   tale
interpretazione trova conferma nell'art. 14,  comma  1,  del  decreto
legislativo 9 giugno 2016, n. 114 (Norme di attuazione  dell'articolo
8 dello Statuto speciale della  Regione  autonoma  della  Sardegna  -
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in  materia  di  entrate
erariali regionali) - applicabile a decorrere dal 1° gennaio  2010  -
secondo cui «[n]el rispetto delle  norme  dell'Unione  europea  sugli
aiuti di Stato, la  Regione  Sardegna,  con  riferimento  ai  tributi
erariali il cui gettito sia ad  essa  interamente  devoluto,  ove  la
legge statale consenta una qualsiasi manovra su  aliquote,  esenzioni
di pagamento, detrazioni d'imposta, agevolazioni  o  deduzioni  dalla
base imponibile, puo' in ogni caso compiere  una  qualsiasi  di  tali
manovre, purche' non venga superato il livello massimo di imposizione
stabilito dalla normativa statale» (sulla  funzione  esegetica  delle
norme di attuazione statuaria, sentenza n. 51 del 2006). 
    Poiche' il  gettito  dell'IMU  non  e'  attribuito  alla  Regione
autonoma Sardegna, non sussiste  il  presupposto  della  potesta'  di
modulazione  dell'imposizione  rivendicata  dalla  ricorrente,   ne',
evidentemente, il conseguente  riverbero  sull'autonomia  finanziaria
regionale. Ne discende la non fondatezza delle questioni promosse  in
riferimento all'art. 10 dello statuto speciale e, sotto un  ulteriore
profilo, agli artt. 7 e 8 dello statuto speciale medesimo. 
    4.2.- La Regione autonoma Sardegna censura l'art. 1, commi 1 e 3,
del d.l. n. 4 del 2015 anche in riferimento agli artt.  3,  53  e  97
Cost. 
    L'evocazione  di  parametri  estranei  a  quelli  afferenti  alla
competenza regionale e' ammissibile quando esiste - come nel caso  in
esame - la connessione tra la disciplina del regime  agevolativo  del
tributo e l'effetto che essa produce sulle relazioni finanziarie  tra
Stato e Comuni, la lesione delle cui  prerogative  costituzionali  la
Regione e' legittimata a denunciare (ex plurimis, sentenza n. 205 del
2016). 
    Tanto premesso, le descritte questioni non sono fondate. 
    Questa Corte ha costantemente  affermato  che  la  disciplina  di
agevolazioni  fiscali  o  benefici  tributari  di  qualsiasi   specie
costituisce esercizio  di  un  potere  ampiamente  discrezionale  del
legislatore (ordinanza n. 46 del 2009), «censurabile solo per la  sua
eventuale palese arbitrarieta' o irrazionalita'» (ex multis, sentenza
n. 177 del 2017), «a maggior ragione quando, come  nella  specie,  la
questione di costituzionalita'  sia  diretta  a  limitare  e  non  ad
ampliare l'ambito del beneficio e risulti, quindi, sollevata in malam
partem» (sentenza n. 346 del 2003). 
    Nella fattispecie, non ricorre nessuna di tali ipotesi. 
    Nell'identificare l'ambito territoriale  delle  agevolazioni,  il
legislatore, utilizzando  l'elenco  dell'ISTAT,  ha  fatto  propri  i
criteri originariamente previsti dalla legge 25 luglio 1952,  n.  991
(Provvedimenti in favore dei territori montani). 
    Il criterio primario utilizzato e' quello altimetrico  (l'80  per
cento della superficie del territorio comunale situata al di sopra di
seicento metri di altitudine); tuttavia, esso non e' adottato in  via
esclusiva, accompagnandosi a parametri di natura diversa,  quali:  a)
ai sensi dell'art. 1, primo comma, della legge n. 991  del  1952,  il
reddito imponibile medio per ettaro, censito, risultante dalla  somma
del  reddito  dominicale  e  del  reddito  agrario,  maggiorati   del
coefficiente di rivalutazione 12 ai sensi del decreto legislativo  12
maggio 1947, n. 356 (Rivalutazione degli estimi catastali dei terreni
e del reddito agrario), non superiore a lire 2400  (unitamente  a  un
dislivello tra la quota altimetrica inferiore e quella superiore  del
territorio comunale non minore di 600 metri); b) ai  sensi  dell'art.
1, terzo comma, della legge n.  991  del  1952,  le  pari  condizioni
economico-agrarie in cui versano i Comuni, o le porzioni  di  Comune,
anche non limitrofi a quelli montani  (con  particolare  riguardo  ai
Comuni  gia'  classificati  tali  nel  catasto  agrario  e  a  quelli
riconosciuti, per il loro intero territorio, danneggiati  per  eventi
bellici). 
    In tal modo, la "montanita'"  non  viene  correlata  a  esclusivi
requisiti orografici di altitudine ma  anche  a  connotati  di  bassa
redditivita' (sentenza n. 370 del 1985), sfuggendo cosi' alla censura
di irragionevolezza sul punto e di contrarieta' al principio di  buon
andamento (sentenze n. 11 del 2007, n. 254 del  1989  e  n.  370  del
1985). 
    L'intervento normativo  non  travalica  dunque  la  soglia  della
palese  irragionevolezza  neppure  in  relazione  alla  vetusta'  dei
criteri e al fatto che la legge che li ha previsti sia stata abrogata
dall'art. 29, comma 7, lettera a), della legge 8 giugno 1990, n.  142
(Ordinamento delle autonomie locali). 
    Anzitutto, detti criteri risultano ancorati a un elemento stabile
quale l'altimetria, tendenzialmente  immutabile.  In  secondo  luogo,
l'assunto della Regione circa l'inesattezza dei dati di riferimento -
sul  presupposto  della  mancata   rappresentativita'   della   reale
redditivita' dei terreni da parte dell'elencazione -  e',  oltre  che
scarsamente argomentato, del tutto indimostrato.  Inoltre,  esso  non
tiene conto della prescrizione che la Commissione censuaria centrale,
preposta alla tenuta dell'elenco dei Comuni montani,  provvedesse  al
suo aggiornamento (ai sensi dell'art. 1, secondo comma,  della  legge
n. 991 del 1952), emendandolo delle eventuali difformita'  palesatesi
nel corso del quarantennio di vigenza prima dell'abrogazione. Infine,
l'impiego in epoca successiva, nei casi di variazioni  amministrative
(fusioni,  soppressioni  etc.),   del   criterio   della   prevalenza
territoriale non e'  assolutamente  illogico,  non  rileva  sotto  il
profilo  della  ragionevolezza   quanto   alla   mancata   previsione
legislativa e, comunque  -  secondo  le  precisazioni  fornite  dallo
stesso Istituto di statistica  nel  corso  dell'audizione  presso  la
Commissione  finanze  del  Senato  l'11  febbraio  2015  in  sede  di
conversione del d.l. n. 4  del  2015  -  incide  sull'elencazione  in
maniera marginale, trattandosi di pochi casi rispetto al  numero  dei
Comuni totalmente o parzialmente esenti. 
    Infine, il rilievo che  il  descritto  regime  agevolativo  trovi
fondamento nell'art. 44, secondo comma, Cost. giustifica  la  diversa
disciplina rispetto ad altre aree eventualmente svantaggiate. 
    4.3.- La questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 1, del d.l. n. 4 del 2015, in riferimento ai principi di  leale
collaborazione e di sussidiarieta', non e' fondata. 
    Va ribadito che la disciplina dell'IMU,  comprensiva  del  regime
agevolativo,  rientra  nella  competenza  esclusiva  del  legislatore
statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    Questa Corte ha ripetutamente e costantemente escluso, anche  con
specifico riferimento al tributo erariale in considerazione, che  «le
procedure di  leale  collaborazione  fra  Stato  e  Regioni  "trovino
applicazione nell'attivita' legislativa esclusiva  dello  Stato,  per
cui non vi e'  concorso  di  competenze  diversamente  allocate,  ne'
ricorrono i presupposti per la chiamata in  sussidiarieta'  (sentenze
n. 121 e n. 8 del 2013, n. 207 del 2011); e  che  l'esclusione  della
rilevanza di tali procedure,  che  e'  formulata  in  riferimento  al
procedimento legislativo ordinario, 'vale a maggior ragione  per  una
fonte come il decreto-legge, la cui adozione e' subordinata, in forza
del secondo comma dell'art. 77 Cost., alla mera  occorrenza  di  casi
straordinari di necessita' e d'urgenza' (sentenze n. 79 del 2011 e n.
298 del 2009)" (sentenze n. 26 del 2014 e n. 97 del 2013)»  (sentenza
n. 280 del 2016). 
    4.4.- La questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 1-bis, del d.l n. 4 del 2015, in riferimento all'art. 97 Cost.,
e'  inammissibile,  poiche'  la   ricorrente   non   offre   adeguata
motivazione a supporto dell'asserita illegittimita',  limitandosi  ad
affermare: «[s]u quali basi sia stato compilato  detto  Allegato  0A,
dalla lettura della legge non si evince». 
    5.- Un secondo  nucleo  delle  censure  formulate  dalla  Regione
autonoma Sardegna riguarda l'art. 1, commi 3, 4 e 5, del  d.l.  n.  4
del 2015, che disciplinano il pagamento  dell'IMU  agricola  relativa
all'anno d'imposta 2014. 
    E' utile ricordare che il comma 3 estende i criteri di  esenzione
di cui ai commi 1 e 2 anche a detta annualita'. Per  essa,  tuttavia,
l'IMU non e' comunque dovuta se i terreni che risultano imponibili ai
sensi del nuovo regime erano, invece, esenti in virtu' del  pregresso
(comma 4); il comma 5 dispone la proroga  al  10  febbraio  2015  del
termine per il versamento  da  parte  dei  contribuenti  dell'imposta
dovuta per il 2014 secondo i criteri fissati nei commi precedenti. 
    La ricorrente lamenta la ristretta  tempistica  prevista  per  il
pagamento, in violazione: a) degli artt. 7, 8 e 10  (sotto  un  primo
profilo) dello statuto speciale e 117 e 119 (sotto un primo  profilo)
Cost., in quanto il termine ravvicinato non avrebbe  consentito  alla
Regione di modulare l'imposizione  e,  conseguentemente,  ne  avrebbe
pregiudicato l'autonomia economico-finanziaria;  b)  degli  artt.  3,
lettera b), e 10 (sotto un secondo profilo) dello  statuto  speciale,
in quanto detto termine avrebbe altresi'  impedito  alla  Regione  di
adottare disposizioni legislative di indirizzo ai Comuni per le  loro
determinazioni,  in  contrasto  con  il  potere  di  incidere   sulla
modulazione  dell'imposizione  e  in  violazione   delle   competenze
regionali in materia di ordinamento degli enti locali  e  di  finanza
locale; c) degli artt. 3, lettera b), dello statuto speciale e 118  e
119 (sotto un secondo profilo) Cost., in quanto la tempistica avrebbe
impedito anche  agli  enti  locali  di  incidere  sull'aliquota  come
previsto dall'art. 13, comma  6,  del  d.l.  n.  201  del  2011,  con
ulteriore violazione della competenza regionale in materia di finanza
locale e di ordinamento degli  enti  locali,  nonche'  dell'autonomia
finanziaria di questi ultimi. 
    5.1.- Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
commi 3, 4 e 5, del d.l. n. 4 del 2015, in riferimento agli artt.  7,
8 e 10 (sotto il primo profilo) dello statuto speciale e  117  e  119
(sotto il primo profilo) Cost., non sono fondate. 
    Come sopra  evidenziato,  poiche'  il  gettito  dell'IMU  non  e'
attribuito alla Regione autonoma Sardegna, non risulta  integrato  il
presupposto della potesta' di modulazione  dell'imposizione  previsto
dall'art.  10   dello   statuto   speciale   della   Sardegna,   onde
l'inconfigurabilita' della relativa violazione e del  preteso  vulnus
all'autonomia finanziaria regionale. 
    5.2.- Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
commi 3, 4 e 5, del d.l. n. 4 del 2015, in riferimento agli artt.  3,
lettera b), e 10 (sotto il secondo profilo) dello statuto speciale  e
118 e 119 (sotto il secondo profilo) Cost., sono inammissibili. 
    Occorre preliminarmente ricordare che l'art. 1, commi 1 e 2,  del
d.l.  n.  4  del  2015  disciplina  l'esenzione  dall'IMU   agricola,
ampliando, rispetto al regime immediatamente  precedente,  la  platea
dei Comuni interessati dall'esenzione. 
    I commi ora in esame estendono la citata normativa anche  all'IMU
dovuta per il  2014,  con  la  precisazione,  pero',  che,  ove  cio'
determinasse  il  venir  meno  della  precedente   esenzione,   l'IMU
continuerebbe a non essere dovuta. 
    Tanto premesso, il ricorso non chiarisce le ragioni per cui  tali
novita' - che attengono prettamente al profilo dell'agevolazione - in
correlazione  alla  data  del  10  febbraio  2015,  prevista  per  il
pagamento  di  quanto  determinato   alla   luce   della   disciplina
dell'esenzione, frustrerebbero l'esercizio di poteri della Regione  e
dei  Comuni  che  non   riguarderebbero   detta   esenzione   ma   la
modulabilita' dell'aliquota di un'imposta non dovuta,  cosi'  ledendo
le attribuzioni asseritamente presidiate dai parametri evocati. 
    La motivazione delle censure risulta pertanto  inadeguata  e,  in
quanto tale, determina l'inammissibilita' delle questioni proposte. 
    6.- Un terzo gruppo di censure formulate dalla  Regione  autonoma
Sardegna riguarda l'art. 1, commi 7, 8, 9, 9-bis e  9-quinquies,  del
d.l. n. 4 del  2015,  che  disciplinano  le  variazioni  compensative
derivanti dall'attuazione del nuovo sistema di esenzione. 
    A decorrere  dal  2015  le  variazioni  compensative  di  risorse
conseguenti all'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1  e  2
vengono operate a valere sul Fondo  di  solidarieta'  comunale  nella
misura riportata nell'allegato A del d.l.  n.  4  del  2015,  con  la
procedura prevista dall'art. 1, commi 128 e 129, della legge  n.  228
del 2012 (comma 7); per l'anno 2014, le  variazioni  compensative  di
risorse nei confronti dei  Comuni  conseguenti  all'attuazione  delle
disposizioni di cui ai commi 3 e 4  avvengono  nella  misura  di  cui
all'allegato B del decreto (comma 8);  essendo  gia'  intervenute  le
regolazioni  contabili  con  i  Comuni,  secondo  la  disciplina  del
precedente regime, la diversa stima di gettito comporta, per il 2014,
un rimborso in  favore  dei  Comuni,  secondo  gli  importi  indicati
nell'allegato C del decreto (comma 9). 
    Ai sensi dell'art. 1, comma 9-bis, del d.l.  n.  4  del  2015,  a
ristoro del minor gettito dell'IMU  derivante  dal  precedente  comma
1-bis, e' attribuito, tra gli altri, ai Comuni  sardi  un  contributo
complessivamente pari a 15,35 milioni di euro a  decorrere  dall'anno
2015, ripartito con decreto del Ministero dell'interno,  di  concerto
con  il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,   secondo   una
metodologia adottata «sentita» la Conferenza Stato-citta' e autonomie
locali. Il successivo comma 9-quinquies stabilisce che: a) al fine di
assicurare la piu' precisa ripartizione delle variazioni compensative
di risorse, fermo restando  l'ammontare  complessivo  delle  suddette
variazioni, pari, complessivamente, a 230.691.885,33 euro per  l'anno
2014  e  a  268.652.847,44  euro   dall'anno   2015,   il   Ministero
dell'economia  e  delle  finanze,  sulla  base  di  una   metodologia
condivisa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani  (ANCI)  e
adottata sentita  la  Conferenza  Stato-citta'  e  autonomie  locali,
provvede, entro il 30 settembre 2015, alla verifica del  gettito  per
l'anno 2014; b) con decreto del Ministero dell'interno,  di  concerto
con il Ministero dell'economia e  delle  finanze,  si  provvede  alle
modifiche delle variazioni compensative spettanti a  ciascun  Comune,
anche della Regione autonoma Sardegna, sulla  base  dell'esito  delle
verifiche di cui al periodo precedente. 
    Ad avviso della ricorrente, il  regime  cosi'  concepito  -  che,
compensando il maggior gettito dell'IMU  con  le  risorse  altrimenti
recuperate allo Stato  dai  Comuni,  anche  a  valere  sul  Fondo  di
solidarieta'  comunale,  sostituirebbe  entrate  certe  con   entrate
incerte - sarebbe fondato  su  stime  aleatorie  e  imprecise,  senza
peraltro consentire la correzione  dell'ammontare  complessivo  delle
variazioni, irrigidito  negli  importi  normativamente  indicati.  Ne
deriverebbe la  violazione:  a)  del  principio  di  veridicita'  dei
bilanci e di copertura delle spese (art. 81 Cost.) e, di conseguenza,
dell'autonomia finanziaria dei Comuni (art. 119 Cost.),  destinati  a
sopportare gli effetti della mancanza di risorse causata dalle  norme
censurate; b) degli artt. 3, 7 e  8  dello  statuto  speciale  e  117
Cost., parametri attributivi della competenza regionale in materia di
ordinamento degli enti  locali  e  di  finanza  locale,  quest'ultima
strettamente connessa a quella regionale;  c)  degli  artt.  3  dello
statuto speciale della Sardegna e 117 e 119 Cost., in quanto,  in  un
ambito coinvolgente l'esercizio di competenze regionali in materia di
ordinamento degli enti locali e di finanza locale, i  commi  9-bis  e
9-quinquies non rispetterebbero i principi di leale collaborazione  e
di sussidiarieta' attraverso  il  coinvolgimento  della  Regione  nel
procedimento previsto, essendo prescritto solo quello delle autonomie
locali attraverso le forme dell'intesa "debole". 
    6.1.- Va anzitutto ribadita la  legittimazione  della  Regione  a
denunciare la lesione delle  prerogative  costituzionali  degli  enti
locali (ex plurimis, sentenza n. 205 del 2016). 
    A differenza delle questioni sollevate  in  via  incidentale  dal
TAR, che attengono alla disciplina del tributo, la Regione lamenta il
preteso pregiudizio arrecato al sistema di finanziamento  degli  enti
locali. Nella regolamentazione  dei  trasferimenti  dovuti  a  questi
ultimi  -  significativamente  tali  provvidenze  finanziarie   hanno
assunto la  denominazione  di  Fondo  di  solidarieta'  -  convergono
variegati coefficienti quantitativi sul cui peso incidono,  non  solo
l'entita' positiva o negativa del regime delle agevolazioni, ma anche
i coefficienti correttivi di natura solidaristica che  riguardano  le
zone fiscalmente piu' povere quali generalmente i territori montani. 
    6.2.-  Alla  luce  di  tali   precisazioni,   le   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1,  commi  7,  8,  9,  9-bis  e
9-quinquies, del d.l. n. 4 del 2015, in riferimento agli artt.  81  e
119 Cost., non sono fondate per le ragioni appresso indicate. 
    La ricorrente muove dal presupposto che le entrate  rappresentate
dal maggior gettito frutto del regime  di  esenzione  non  presentino
quel grado di certezza sufficiente a  garantire  la  copertura  delle
spese previste e precedentemente coperte con un'entrata  diversa,  in
particolare costituita dalla ripartizione del Fondo  di  solidarieta'
comunale. 
    In linea astratta tale assunto non e' implausibile,  dal  momento
che viene abbandonato un sistema di  esenzione  collaudato  in  tempi
recenti a favore di un altro - frutto di criteri risalenti e adottati
per altre finalita'  -  che  potrebbe  indurre  rilevanti  divari  in
territori caratterizzati da una strutturale carenza di risorse.  Cio'
soprattutto con riguardo a enti  locali  di  piccole  dimensioni  nei
quali anche riduzioni di  entrate  marginali  in  termini  di  valore
assoluto possono precludere  lo  svolgimento  o  il  mantenimento  di
servizi essenziali. 
    Tuttavia, per quanto di seguito specificato, il legislatore si e'
dato carico dei  potenziali  squilibri  che  potrebbero  verificarsi,
ponendovi  rimedio  sia  nello  stabilire  la  temporaneita'   e   la
sperimentalita'  delle  disposizioni  impugnate,  sia   predisponendo
meccanismi correttivi degli eventuali scompensi. 
    Al riguardo va qui ribadito - in conformita' alla  giurisprudenza
di questa Corte  -  che  l'autonomia  finanziaria  costituzionalmente
garantita alle autonomie  territoriali  non  comporta,  a  favore  di
queste ultime, una rigida garanzia "quantitativa", cioe' la  garanzia
della disponibilita' di entrate tributarie  non  inferiori  a  quelle
ottenute in passato: onde nel caso di modifica  della  disciplina  di
tributi il cui gettito e' devoluto  agli  enti  territoriali  possono
aversi, senza violazione costituzionale, anche riduzioni  di  risorse
purche' non tali da rendere impossibile  lo  svolgimento  delle  loro
funzioni (ex plurimis, sentenze n. 241 del 2012 e n. 138 del 1999). 
    Tuttavia, la riduzione deve essere  accompagnata  dalla  garanzia
del coinvolgimento degli enti territoriali (ex plurimis, sentenza  n.
129 del 2016) nella fase di definizione degli  obiettivi  di  finanza
pubblica e della loro quantificazione. Inoltre, l'eventuale riduzione
non puo'  essere  tale  da  rendere  impossibile  o  da  pregiudicare
gravemente lo svolgimento delle  funzioni  degli  enti  in  questione
(sentenze n. 10 del 2016, n. 188 del 2015 e n. 241  del  2012).  Tale
rischio di insostenibilita' si  accentua  notevolmente  con  riguardo
alle piccole comunita' montane ove la marginalita'  del  turismo  non
riesce a compensare la penuria strutturale delle risorse finanziarie. 
    Sotto tale profilo non si puo'  negare  che  la  norma  impugnata
sostituisce un meccanismo di esenzioni gia'  sperimentato  in  questo
ambito, con un sistema nuovo, bisognoso di verifiche di impatto in un
ambito particolarmente delicato quale quello dei  territori  e  delle
popolazioni della montagna. 
    La tutela di tali situazioni trova, tra l'altro, garanzia diretta
nell'art. 44, secondo comma, Cost.  in  tema  di  salvaguardia  e  di
valorizzazione dei territori montani. 
    Tale tutela inerisce, da un lato,  alle  caratteristiche  fisiche
dell'ambiente  montano  e  ai  fattori  antropici,  che  a  esso   si
associano, quali le limitate dimensioni delle  comunita'  locali,  la
dispersione territoriale  e  l'isolamento;  dall'altro,  all'esigenza
fondamentale  del  mantenimento  della  vitalita'  socioeconomica   e
ambientale di tali zone. La permanenza della popolazione  sulle  aree
di  altura  risponde  infatti  a  un'imprescindibile  necessita'   di
presidio del territorio, alla cura del patrimonio idrogeologico e  al
contrasto - anche attraverso puntuali  manutenzioni  -  dei  processi
erosivi e alluvionali. 
    Emblematica in tal senso e' la  formulazione  dell'art.  1  della
legge 31  gennaio  1994,  n.  97  (Nuove  disposizioni  per  le  zone
montane), secondo cui le zone montane  sono  ritenute  di  preminente
interesse  nazionale  sotto  il  profilo   territoriale,   economico,
sociale, culturale e delle tradizioni locali. 
    Anche  in  ambito  europeo  sono  prese  in  considerazione  come
territori  meritevoli  di  tutela  le   zone   montane,   in   quanto
caratterizzate da una  notevole  limitazione  delle  possibilita'  di
utilizzazione della terra e da un consistente aumento del  costo  del
lavoro, dovuti all'esistenza di condizioni climatiche molto difficili
a causa dell'altitudine e dell'esistenza,  nella  maggior  parte  del
territorio, di forti pendii: in tal senso l'art. 32  del  regolamento
del 17 dicembre  2013,  n.  1305/2013/CE,  recante  «Regolamento  del
parlamento europeo e del consiglio sul sostegno allo sviluppo  rurale
da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)  e
che abroga il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio». 
    Se l'impatto della novella fiscale  puo'  incidere  su  relazioni
finanziarie di particolare rilevanza in termini economici e  fiscali,
la configurazione astratta delle censure  regionali  urta,  tuttavia,
con il combinato delle norme impugnate e di quelle  intervenute  fino
al definitivo abbandono del regime in esame. Tale  complesso  tessuto
normativo prevede, infatti, una serie di misure di rimodulazione  dei
rapporti debitori e  creditori  tra  Stato  ed  enti  locali  che  si
ispirano  proprio  alla   finalita'   di   riequilibrare   specifiche
situazioni in cui il nuovo ordito normativo possa produrre  rilevanti
pregiudizi. Dette misure non erano presenti in altre fattispecie  per
le  quali  questa  Corte   ha   ritenuto   sussistente   la   lesione
dell'autonomia finanziaria dell'ente territoriale (sentenze n. 188  e
n. 129 del 2016). 
    Cosi' il comma 9-quinquies prevede che «[a]l fine  di  assicurare
la piu' precisa ripartizione delle variazioni compensative di risorse
di cui agli allegati A, B e C al  presente  decreto,  fermo  restando
l'ammontare   complessivo   delle    suddette    variazioni,    pari,
complessivamente,  a  230.691.885,33  euro  per  l'anno  2014   e   a
268.652.847,44 euro dall'anno  2015,  il  Ministero  dell'economia  e
delle  finanze,  sulla  base  di  una   metodologia   condivisa   con
l'Associazione  nazionale  dei  comuni  italiani  (ANCI)  e  adottata
sentita la Conferenza  Stato-citta'  e  autonomie  locali,  provvede,
entro il 30 giugno 2015, alla verifica del gettito per  l'anno  2014,
derivante dalle disposizioni di cui al presente articolo, sulla  base
anche dell'andamento del gettito effettivo. Con decreto del Ministero
dell'interno, di concerto con  il  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, si provvede alle  modifiche  delle  variazioni  compensative
spettanti a ciascun comune [...] della regione Sardegna,  sulla  base
dell'esito delle verifiche di cui al periodo precedente». In tal modo
e' stata creata una stanza di  compensazione  per  le  variazioni  di
maggiore entita' unitamente a un  meccanismo  di  predisposizione  di
criteri   obiettivi   sulla   base   dei   quali   effettuare   dette
compensazioni. Inoltre, l'art. 8, comma 10, del d.l. n. 78  del  2015
ha previsto per l'anno 2015 un contributo di 57,5 milioni di euro  da
ripartire tra i Comuni «tenendo conto della verifica del gettito  per
l'anno 2014 derivante dalle disposizioni di cui  all'articolo  1  del
decreto-legge 24 gennaio 2015,  n.  4»,  in  tal  modo  mitigando  la
denunciata  rigidita'  della  precedente  previsione   dell'ammontare
complessivo delle variazioni compensative del maggior gettito IMU  da
ripartire tra i Comuni. 
    Peraltro,  nel  caso  in  cui  anche  i  criteri  determinati  in
contraddittorio con l'ANCI e la Conferenza Stato-citta'  e  autonomie
locali non fossero ritenuti esaustivi per la tutela e la salvaguardia
di specifici territori montani, non si creerebbero zone d'ombra nella
tutela degli enti locali poiche' ben potrebbero i Comuni  interessati
attivare il controllo giurisdizionale, sia nel caso che detti criteri
siano adottati con norme di rango primario, sia  nel  caso  che  cio'
avvenga attraverso atti amministrativi. In  tali  ipotesi,  tuttavia,
l'eventuale illegittimita' di tali  riparti  non  sarebbe  imputabile
alle norme oggi impugnate, come in astratto configurate, bensi' a una
deficitaria attuazione delle stesse. 
    In  proposito  e'  utile  sottolineare  come  la   giurisprudenza
costituzionale sia ferma  nel  precisare  che  grava  sul  ricorrente
l'onere   probatorio   di   dimostrare   l'irreparabile   pregiudizio
lamentato, quando lo stesso non sia direttamente evincibile dal testo
normativo impugnato (ex plurimis, sentenze n. 127 del  2016,  n.  239
del 2015, n. 26 e n. 23 del 2014).  Sotto  tale  aspetto  il  ricorso
della Regione autonoma Sardegna appare carente, poiche' essa  non  ha
fornito la dimostrazione che la dedotta riduzione  di  gettito  rende
impossibile  lo  svolgimento  delle  funzioni  da  parte  dei  Comuni
interessati. 
    Quanto in precedenza argomentato induce a qualificare  il  regime
delle agevolazioni in esame come transitorio, sperimentale e,  quanto
ai  profili  attuativi,  suscettibile  di  correzione  attraverso  le
modalita' precedentemente  illustrate.  Proprio  in  virtu'  di  tali
caratteri  esso  supera  lo   scrutinio   di   costituzionalita'   in
riferimento agli artt. 81 e 119 Cost. 
    6.3.- Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
commi 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies,  del  d.l.  n.  4  del  2015,  in
riferimento agli artt. 3, 7 e 8 dello statuto speciale e  117  Cost.,
non sono fondate. 
    Secondo la ricorrente,  stante  lo  stretto  legame  tra  finanza
regionale e locale, il  regime  compensativo  connesso  a  quello  di
esenzione  comprometterebbe  anche  l'autonomia   finanziaria   della
Regione e la sua competenza in  materia  di  ordinamento  degli  enti
locali e di finanza locale. 
    Alla stregua delle ragioni  precedentemente  illustrate,  per  le
quali non si riscontra una lesione dell'autonomia finanziaria locale,
non e' ravvisabile nemmeno una violazione di quella regionale. 
    A  cio'  si  aggiunga  che,  nella  fattispecie,  si  tratta   di
trasferimenti  o  contributi  a  carico  del  bilancio  dello  Stato,
nell'ambito delle  relazioni  finanziarie  che  intercorrono  tra  lo
stesso e i Comuni,  e  che,  diversamente  dalle  autonomie  speciali
continentali,  la   Regione   autonoma   Sardegna   non   somministra
"trasferimenti istituzionali" agli enti locali (sentenza n.  188  del
2016). Di qui l'infondatezza della questione anche con riguardo  alle
competenze regionali in materia di finanza locale. 
    6.4.- Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
commi 9-bis e 9-quinquies, del d.l. n. 4  del  2015,  in  riferimento
agli artt. 3 dello statuto speciale e  117  e  119  Cost.,  non  sono
fondate. 
    Secondo la ricorrente, l'art. 1, commi 9-bis e  9-quinquies,  del
d.l. n. 4 del 2015, non contemplando il coinvolgimento della  Regione
rispettivamente  nel  procedimento  per   ripartire   il   contributo
attribuito  a  compensazione  del  minor  gettito   derivante   dalla
detrazione di cui al comma  1-bis  e  in  quello  per  modificare  le
variazioni   compensative   all'esito   delle   verifiche   previste,
violerebbe il principio di leale collaborazione di cui  all'art.  117
Cost. in un ambito coinvolgente l'esercizio di competenze  regionali,
con conseguente violazione dell'art. 3 dello statuto  speciale  della
Sardegna in materia di ordinamento degli enti  locali  e  di  finanza
locale e del principio  di  sussidiarieta'  ricondotto  all'art.  119
Cost. 
    La censura muove dal presupposto  che  la  fattispecie  normativa
integri un'ipotesi di chiamata in sussidiarieta', in  relazione  alla
quale, peraltro, la  Regione,  lamentando  di  non  essere  coinvolta
nell'esercizio delle funzioni  in  materia  finanziaria,  non  invoca
un'addizione per ovviare all'illegittimita' lamentata,  vale  a  dire
l'introduzione dell'intesa, ma l'ablazione della norma - alla stregua
del petitum formulato nelle conclusioni - sebbene  cio'  finisca  per
determinare un aggravio dei vulnera denunciati in ricorso,  impedendo
attribuzione e ripartizione del contributo di  cui  al  comma  9-bis,
nonche' l'aggiornamento delle variazioni  compensative  previsto  dal
comma 9-quinquies. 
    La  ricorrente  non  tiene  conto  del  fatto  che  le  relazioni
finanziarie che vengono in rilievo nella fattispecie non  afferiscono
a "trasferimenti istituzionali" ai  Comuni  da  parte  della  Regione
autonoma Sardegna - atteso che essa, come in precedenza  evidenziato,
non li somministra - ma a contributi (comma 9-bis) e a  trasferimenti
o assegnazioni finanziarie a carico del bilancio dello  Stato  (comma
9-quinquies), che esulano dalla competenza regionale  in  materia  di
ordinamento e  di  finanza  degli  enti  locali.  Nella  fattispecie,
dunque,  non  si  ravvisano  i  presupposti  per   la   chiamata   in
sussidiarieta', la quale implica,  appunto,  la  sussistenza  di  una
competenza regionale (ex plurimis, sentenza n. 170 del 2017). 
    7.- Le ordinanze del TAR per il Lazio censurano l'art.  1,  comma
1, lettere a) e b), del d.l. n. 4 del 2015, in quanto, prevedendo che
l'esenzione dall'IMU si  applichi  ai  terreni  agricoli,  nonche'  a
quelli non coltivati, ubicati nei Comuni  classificati  totalmente  o
parzialmente montani - in quest'ultimo caso se posseduti  e  condotti
dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli  professionali,
iscritti  nella  previdenza  agricola   -   nell'elenco   predisposto
dall'ISTAT, rimetterebbe  a  detto  Istituto  la  determinazione  dei
presupposti di fatto per l'applicazione del regime agevolativo.  Cio'
senza   porre   un   vincolo   legislativo   alla    discrezionalita'
amministrativa, in quanto l'art. 1 della legge n. 991 del  1952,  che
originariamente disciplinava la formazione dell'elenco - poi recepito
dall'ISTAT - e' stato abrogato dall'art. 29,  comma  7,  lettera  a),
della legge n. 142 del 1990, con la  conseguenza  che  il  successivo
mantenimento della classificazione sarebbe  avvenuto  sulla  base  di
parametri non piu' legislativamente determinati.  Ne  deriverebbe  la
violazione dell'art. 23 Cost. 
    7.1.- Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 1, lettere a) e b), del  d.l.  n.  4  del  2015,  sollevate  in
riferimento all'art. 23 Cost., non sono fondate. 
    Questa Corte ha gia' avuto modo  di  affermare  che  «non  vi  e'
dubbio che le norme di agevolazione tributaria siano anch'esse,  come
le norme impositive, sottoposte alla riserva relativa di legge di cui
all'art. 23 Cost., perche' realizzano un'integrazione degli  elementi
essenziali del tributo (sentenza n. 123 del 2010). Ne consegue che  i
profili  fondamentali  della  disciplina  agevolativa  devono  essere
regolati direttamente dalla  fonte  legislativa».  Quest'ultima  «non
deve  limitarsi  a  fissare  i  tetti  massimi   dell'importo   delle
agevolazioni accordate, ma deve determinare in modo sufficiente anche
le  fattispecie  di   agevolazione,   individuandone   gli   elementi
fondamentali,  quali  i  presupposti  soggettivi  e   oggettivi   per
usufruire del beneficio» (sentenza n. 60 del 2011). 
    Sebbene, dunque, anche la previsione dei presupposti soggettivi e
oggettivi dell'agevolazione debba avvenire  per  legge  e  non  possa
essere rimessa alla mera discrezionalita' dell'amministrazione,  cio'
non conduce a ravvisare la violazione del  principio  di  riserva  di
legge nella fattispecie in esame. 
    La  norma  censurata  -  come  risulta  dai  chiarimenti  forniti
dall'ISTAT in audizione durante  la  conversione  del  decreto-legge,
riscontrati dal rimettente in sede di istruttoria (ordinanze iscritte
al reg. ord. n. 142 e n. 157 del 2016), e come desumibile da  analogo
richiamo a opera di leggi anteriori (art. 1, comma  380,  lettera  f,
della legge n. 228 del 2012) - utilizza un elenco  preesistente,  non
piu' aggiornato dal 2009, i cui dati (quanto a "montanita'")  l'ISTAT
ha raccolto e  diffuso  per  finalita'  informative  e  ai  quali  il
legislatore ha attinto. 
    La disposizione, dunque, non attribuisce ne' all'Istituto ne'  ad
altra amministrazione il compito  di  stabilire  quali  Comuni  siano
totalmente o parzialmente montani e, di  conseguenza,  quali  terreni
siano esenti dall'IMU; non reca una norma "in bianco" che si limiti a
prevedere il potere  in  capo  all'amministrazione,  cosi'  priva  di
vincoli nella  possibilita'  di  incidere  sulla  sfera  generale  di
liberta' dei cittadini. 
    Con il  rinvio  rivolto  a  un'elencazione  gia'  predisposta  il
legislatore  ha  condiviso  le  scelte  ivi  cristallizzate  a   fini
differenti, adottando quella valutazione in funzione agevolativa fino
alla sopravvenuta abrogazione della norma che vi provvede. 
    Attraverso il rinvio, dunque,  l'individuazione  dei  presupposti
soggettivi e  oggettivi  dell'esenzione  e'  tutt'altro  che  rimessa
all'amministrazione, alla quale, viceversa,  non  viene  riconosciuto
alcun margine di discrezionalita',  nemmeno  quella  condizionata  da
criteri direttivi e linee generali  di  disciplina  che,  secondo  la
giurisprudenza di questa Corte (di recente, sentenze n. 174 e  n.  69
del 2017), la rendono compatibile con la riserva relativa. La scelta,
infatti, e' stata operata integralmente dal decreto-legge. 
    Le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
lettere a) e b), del d.l. n. 4 del 2015, in riferimento  all'art.  23
Cost., sono pertanto non fondate.