ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  6  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214,
promosso dalla  Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la
Regione  Puglia,  giudice  unico  delle  pensioni,  nel  procedimento
instaurato da R.A. C. nei  confronti  dell'Istituto  nazionale  della
previdenza  sociale  (INPS),  con  ordinanza  del  31  gennaio  2017,
iscritta al n. 92 del registro  ordinanze  2017  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  26,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 10 gennaio  2018  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 31 gennaio 2017,  iscritta  al  n.  92  del
registro ordinanze 2017, la Corte dei conti, sezione  giurisdizionale
per la Regione Puglia, giudice unico delle pensioni, ha sollevato, in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 6 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201
(Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il  consolidamento
dei conti pubblici), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  22
dicembre 2011, n. 214. 
    1.1.- Il  giudice  rimettente  espone  di  dover  decidere  sulla
domanda di pensione privilegiata ordinaria, proposta da un  dirigente
medico e rigettata in  sede  amministrativa  dall'Istituto  nazionale
della previdenza sociale (INPS), sul presupposto  che  la  cessazione
dal servizio fosse intervenuta il 1° ottobre 2012, in data successiva
all'abrogazione dell'istituto disposta dalla disciplina censurata. 
    Il giudice a quo esclude  che  il  ricorrente  possa  beneficiare
della disciplina previgente,  che  continua  a  trovare  applicazione
soltanto  «nei  confronti  del  personale  appartenente  ai  comparti
sicurezza, difesa, vigili  del  fuoco  e  soccorso  pubblico»  e  «ai
procedimenti in corso alla data di entrata  in  vigore  del  presente
decreto, nonche' ai procedimenti per i quali, alla predetta data, non
sia ancora scaduto il termine di presentazione della domanda, nonche'
ai procedimenti instaurabili d'ufficio per eventi occorsi prima della
predetta data». 
    1.2.-  Sulla  base  di  tali  premesse,  il  rimettente   ritiene
rilevante, e non superabile con una «interpretazione adeguatrice», la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6 del d.l. n.  201
del 2011, che abroga anche per il ricorrente nel giudizio  principale
l'istituto della pensione privilegiata ordinaria. 
    1.3.- Il giudice a quo assume che tale disciplina  contrasti  con
l'art. 3 Cost. sotto un duplice profilo. 
    La  disposizione  censurata,  nel   salvaguardare   la   pensione
privilegiata ordinaria per i soli appartenenti ai comparti sicurezza,
difesa,  vigili  del  fuoco  e  soccorso   pubblico,   determinerebbe
un'irragionevole disparita' di trattamento  per  la  generalita'  dei
dipendenti pubblici che, pur «in presenza della  stessa  infermita'»,
non possono piu' accedere a tale beneficio. 
    Per altro verso, l'art. 6 del d.l. n. 201 del 2011 si porrebbe in
contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  perche'  lesivo  dei  principi  di
ragionevolezza   e   proporzionalita'.   La   disciplina   censurata,
«sostanzialmente priva di una stima dei  risparmi  di  spesa  indotti
dalla abrogazione dell'istituto della pensione privilegiata ordinaria
per una parte di dipendenti pubblici (e  non  per  la  generalita')»,
sacrificherebbe irragionevolmente i diritti dei  dipendenti  pubblici
esclusi da tale beneficio. 
    2.- Nel giudizio, con memoria del 18 luglio 2017, e'  intervenuto
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato,  e  ha  chiesto  di  dichiarare
inammissibile e in subordine infondata la questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    Quanto  alla  paventata  disparita'  di  trattamento,  la  difesa
dell'interveniente esclude l'omogeneita'  delle  situazioni  poste  a
raffronto. La scelta di salvaguardare la  pensione  privilegiata  per
gli appartenenti ai comparti sicurezza, difesa, vigili  del  fuoco  e
soccorso pubblico sarebbe sorretta da una giustificazione  oggettiva,
legata alla «diversita' dei rischi  immanenti  all'attivita'  propria
dei singoli comparti» e al fatto che tali categorie, al contrario del
personale civile pubblico, siano escluse  «dalla  tutela  INAIL»  (si
richiamano  i  chiarimenti  forniti   dall'Istituto   nazionale   per
l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro - INAIL - nella  nota
del 13 febbraio 2012). 
    Peraltro, il ricorrente, gia' titolare di pensione di inabilita',
non avrebbe potuto conseguire l'ulteriore  beneficio  della  pensione
privilegiata ordinaria, in ragione del «divieto di cumulo di benefici
erogati da Pubbliche  Amministrazioni  in  caso  di  medesimo  evento
invalidante»: il ricorrente, pertanto, avrebbe dovuto rinunciare alla
pensione di inabilita' e optare per il  trattamento  privilegiato  in
esame.   L'omessa   considerazione   di   tale   profilo,    connesso
all'interesse  ad  agire,  potrebbe  «eventualmente  ricadere   sulla
rilevanza della questione». 
    Quanto alla mancata stima dei risparmi,  la  difesa  dello  Stato
richiama le considerazioni svolte nella sentenza n. 124 del 2017  con
riguardo alla disciplina  del  limite  alle  retribuzioni  pubbliche,
racchiusa nello stesso d.l. n. 201 del 2011. Dalla  mancanza  di  una
quantificazione precisa dei risparmi attesi non si potrebbe  evincere
l'irragionevolezza  della   disciplina   censurata,   allorche'   una
credibile valutazione preventiva  sia  preclusa  dalla  molteplicita'
delle variabili in gioco. 
    Nel caso di specie, la «stratificazione normativa» di  precedenti
misure restrittive in tema di  pensioni  privilegiate  (art.  70  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante  «Disposizioni  urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita',  la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria»,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto  2008,  n.  133),
l'articolata disciplina transitoria prevista dalla  norma  censurata,
la necessita' di considerare l'applicazione del generale regime INAIL
imporrebbero «una valutazione ex post dei risparmi di spesa». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte dei conti, sezione giurisdizionale  per  la  Regione
Puglia, giudice  unico  delle  pensioni,  dubita  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 6 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201
(Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il  consolidamento
dei conti pubblici), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  22
dicembre 2011, n. 214. 
    La  disposizione  censurata  abroga  l'istituto  della   pensione
privilegiata per la generalita' dei dipendenti  pubblici  e  conserva
tale beneficio soltanto agli  appartenenti  «al  comparto  sicurezza,
difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico». 
    Il rimettente denuncia il contrasto della disciplina in esame con
l'art. 3 della Costituzione sotto un duplice profilo. 
    L'assetto delineato  dal  legislatore  determinerebbe,  in  primo
luogo, una irragionevole disparita'  di  trattamento  a  danno  della
generalita'  dei  dipendenti  pubblici.   Situazioni   obiettivamente
omogenee sarebbero assoggettate, senza alcuna giustificazione, a  una
disciplina differenziata: pur «in presenza della stessa  infermita'»,
la generalita' dei dipendenti pubblici non  potrebbe  beneficiare  di
quella pensione privilegiata ordinaria che e' attribuita, per contro,
agli appartenenti «al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco  e
soccorso pubblico». 
    Inoltre,  la  disposizione  censurata   contrasterebbe   con   il
principio di ragionevolezza e di proporzionalita', in  quanto,  senza
neppure richiamare le «contingenti situazioni  finanziarie»  e  senza
illustrare   i   risparmi   di   spesa   derivanti   dall'abrogazione
dell'istituto della pensione privilegiata, sacrificherebbe in maniera
arbitraria  i  diritti  dei  dipendenti  pubblici  esclusi  da   tale
beneficio. 
    2.-   L'Avvocatura   generale    dello    Stato    ha    eccepito
l'inammissibilita' delle questioni, per difetto di  rilevanza,  e  ha
argomentato, a tale riguardo, che la parte ricorrente nel giudizio  a
quo non potrebbe conseguire la  pensione  privilegiata,  senza  prima
rinunciare  alla  pensione  di  inabilita'  che  gia'  le  e'   stata
attribuita. Difetterebbe, pertanto, l'interesse ad agire. 
    L'eccezione deve essere disattesa. 
    Questa Corte ha chiarito che «la  rilevanza  di  una  determinata
questione va valutata, non gia' in relazione agli ipotetici  vantaggi
di cui potrebbero beneficiare le parti in causa,  ma,  piuttosto,  in
relazione alla semplice applicabilita' nel giudizio a quo della legge
di cui si contesta la legittimita'  costituzionale  e,  quindi,  alla
influenza che sotto tale profilo  il  giudizio  di  costituzionalita'
puo' esercitare su quello dal quale proviene la questione»  (sentenza
n. 344 del 1990, punto 2. del Considerato in diritto). 
    Con argomentazione non implausibile, il rimettente osserva che la
disciplina denunciata impedisce in radice l'accoglimento del  ricorso
e,  in  questa  prospettiva,  si  coglie  la   necessita'   di   fare
applicazione della norma censurata, con la conseguente rilevanza  del
dubbio di costituzionalita' prospettato. 
    3.- Le questioni non sono fondate. 
    3.1.- La disposizione censurata ha eliminato per  la  generalita'
dei dipendenti pubblici la pensione privilegiata,  oggi  riconosciuta
soltanto al personale appartenente  ai  comparti  sicurezza,  difesa,
vigili del fuoco e soccorso  pubblico.  A  dire  del  rimettente,  il
trattamento  deteriore  riservato  alla  generalita'  dei  dipendenti
pubblici sarebbe privo di ogni giustificazione:  «in  presenza  della
stessa  infermita'»,  arbitrariamente  diversa  sarebbe   la   tutela
accordata dalla legge. 
    La censura di disparita' di trattamento non e' fondata. 
    La pensione privilegiata, che si  atteggia  come  «una  sorta  di
"riparazione"» per il danno alla persona  riconducibile  al  servizio
prestato (sentenze n. 241 del 2016, punto  6.1.  del  Considerato  in
diritto, e n. 43 del 2015, punto 4. del Considerato in  diritto),  e'
«un istituto previdenziale che attribuisce un trattamento speciale di
quiescenza e percio' presuppone la cessazione del rapporto d'impiego»
(sentenza n. 428 del 1993, punto 2. del Considerato in diritto). 
    L'art. 6 del d.l. n. 201 del 2011 ha accentuato  i  caratteri  di
specialita' di tale trattamento di quiescenza, delimitando la  platea
dei beneficiari rispetto alla formulazione originaria, che  includeva
i dipendenti statali e i militari (articoli da 64 a  67  del  decreto
del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973,  n.  1092,  recante
«Approvazione  del  testo  unico  delle  norme  sul  trattamento   di
quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato»). 
    La disciplina della pensione privilegiata, contraddistinta da una
spiccata specialita' sul versante oggettivo e  soggettivo,  non  puo'
assurgere a tertium comparationis, idoneo a giustificare l'estensione
della normativa derogatoria a tutti i dipendenti pubblici. 
    Il regime  speciale  apprestato  dal  legislatore  rispecchia  la
peculiarita' dei comparti  difesa,  sicurezza,  vigili  del  fuoco  e
soccorso    pubblico,     individuati     secondo     caratteristiche
ragionevolmente omogenee, e  si  raccorda,  per  un  verso,  al  piu'
elevato livello di rischio ordinariamente connesso al servizio svolto
nei comparti indicati e,  per  altro  verso,  alla  mancanza  di  una
specifica tutela assicurativa contro gli infortuni per le  infermita'
contratte dai dipendenti di tali settori. 
    Le situazioni poste a raffronto non si prestano, pertanto, a  una
valutazione comparativa, che imponga  l'estensione  della  disciplina
derogatoria a tutti i dipendenti pubblici. 
    3.2.- Il rimettente ravvisa un ulteriore profilo di contrasto con
l'art. 3 Cost.  nell'irragionevolezza  della  disciplina,  introdotta
senza una stima analitica dei risparmi attesi. 
    Neppure tali censure sono fondate. 
    3.2.1.- Alla carente illustrazione delle esigenze  finanziarie  e
dei  risparmi  questa  Corte  conferisce  il  rilievo  di  un  indice
sintomatico dell'irragionevolezza del bilanciamento di volta in volta
attuato dal legislatore (sentenza n.  70  del  2015,  punto  10.  del
Considerato in diritto). La valenza significativa  di  tale  dato  si
inquadra, tuttavia, nell'ambito di uno scrutinio piu' ampio,  diretto
a ponderare  ogni  elemento  rivelatore  dell'arbitrarieta'  e  della
sproporzione del sacrificio  imposto  agli  interessi  costituzionali
rilevanti. 
    Nel sindacato demandato a questa Corte rivestono rilievo cruciale
l'arco temporale delle misure  restrittive,  l'incidenza  sul  nucleo
essenziale  dei  diritti  coinvolti,  la   portata   generale   degli
interventi, la  pluralita'  di  variabili  e  la  complessita'  delle
implicazioni, che possono anche  precludere  una  stima  ponderata  e
credibile dei risparmi (sentenza n. 124  del  2017,  punto  8.4.  del
Considerato in diritto). 
    3.2.2.- Nel caso di specie, il legislatore  persegue  l'obiettivo
tendenziale di attribuire all'Istituto nazionale per  l'assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)  la  gestione  della  materia
degli  infortuni  e  delle  malattie  professionali  dei   dipendenti
pubblici,  con  la  particolare  eccezione  dei  comparti  sicurezza,
difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico  (Corte  di  cassazione,
sezione lavoro, sentenza 23 luglio 2013, n. 17895). 
    L'applicazione del nuovo regime  e'  stata  scandita  secondo  un
percorso graduale, volto a salvaguardare le aspettative meritevoli di
tutela. 
    La relazione tecnica, allegata al disegno di legge di conversione
del  d.l.  n.  201  del  2011  (A.C.   4829),   prefigura   «economie
quantificabili solo a consuntivo»  e  puntualizza  che  «l'esclusione
esplicita di alcune categorie  di  personale  nonche'  la  necessaria
gradualita' delle modalita'  di  applicazione,  determina  nel  primo
triennio effetti non puntualmente quantificabili tenuto conto, anche,
dei tempi di liquidazione dei benefici previsti». 
    Il legislatore, con apprezzamento che si sottrae alle censure del
rimettente, ha indicato in  maniera  puntuale  gli  ostacoli  che  si
frappongono a  una  plausibile  previsione  dei  risparmi  e  rendono
ineludibile una valutazione «a consuntivo». 
    L'eliminazione della pensione privilegiata,  attuata  nell'ambito
di un graduale disegno di armonizzazione,  non  contrasta,  pertanto,
sotto il profilo dedotto dal rimettente, con il  generale  canone  di
ragionevolezza,  che  si  configura  come  «principio  di   sistema»,
chiamato  a  orientare  le  scelte   del   legislatore   in   materia
previdenziale (sentenza n. 250 del 2017, punto 6.5.1. del Considerato
in diritto).