ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorto  a
seguito dell'atto di citazione  della  Procura  regionale  presso  la
Corte dei conti-sezione giurisdizionale per l'Emilia-Romagna  dell'11
novembre 2016, n. 44598, Proc. V. 2014/00386/MI  G.  44598,  promosso
dalla  Regione  Emilia-Romagna  nei  confronti  del  Presidente   del
Consiglio dei ministri, della Procura regionale della Corte dei Conti
presso la sezione giurisdizionale per l'Emilia-Romagna e della  Corte
dei conti, sezione giurisdizionale per l'Emilia-Romagna, con  ricorso
notificato  l'8  febbraio  2017,  depositato  in  cancelleria  il  10
febbraio 2017, iscritto al n. 1 del registro conflitti tra enti  2017
e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  10,  prima
serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di intervento  della  Procura  regionale  presso  la
sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l'Emilia-Romagna; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  22  gennaio  2019  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso; 
    uditi gli avvocati Giandomenico Falcon,  Franco  Mastragostino  e
Andrea Manzi per la Regione Emilia-Romagna e il Procuratore regionale
Carlo Alberto Manfredi Selvaggi per la Procura  regionale  presso  la
sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per l'Emilia-Romagna. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  La  Regione  Emilia-Romagna,  con  ricorso  notificato   l'8
febbraio 2017 e depositato il 10 febbraio 2017, ha promosso conflitto
di attribuzione nei confronti dello Stato in  relazione  all'atto  di
citazione contrassegnato come Proc. V. 2014/00386/MI G. 44598  del  9
novembre 2016, con il quale la  Procura  regionale  della  Corte  dei
conti presso  la  sezione  giurisdizionale  per  l'Emilia-Romagna  ha
chiamato  a  rispondere  davanti  al  giudice  contabile  i  seguenti
consiglieri regionali o ex consiglieri regionali: Matteo Richetti (ex
Presidente  dell'Assemblea  legislativa),  Palma  Costi   (Presidente
dell'Assemblea legislativa), Enrico Aimi, Roberto Corradi,  Gabriella
Meo, Luca Bartolini, Mario Mazzotti, Sandro Mandini (tutti componenti
dell'Ufficio di Presidenza in carica tra maggio 2010 e gennaio 2015);
atto notificato ai  suddetti  convenuti  in  data  6  dicembre  2016,
unitamente al decreto di fissazione di udienza per il 31 maggio 2017. 
    Con il medesimo atto e per gli stessi fatti, la Procura regionale
ha citato in giudizio anche due dirigenti del Consiglio regionale. 
    La Procura regionale ha chiesto la condanna  dei  convenuti  alla
rifusione del  danno  erariale  per  responsabilita'  amministrativa;
danno derivante dall'aver provveduto, con varie delibere dell'Ufficio
di Presidenza del Consiglio, alla nomina di A. A. a Capo di Gabinetto
del Presidente dell'Assemblea legislativa regionale  in  assenza  del
presupposto di legge del possesso del titolo di studio della  laurea.
Allo stesso, in prosieguo  di  tempo,  l'Ufficio  di  Presidenza  del
Consiglio  regionale  aveva  attribuito  temporaneamente   anche   le
funzioni di direttore del  servizio  informazione  e  di  tecnico  di
garanzia in materia di partecipazione. 
    La Regione ricorrente ha evidenziato che  il  Capo  di  Gabinetto
ricopre un incarico dirigenziale di vertice ed e' pertanto chiamato a
svolgere i compiti  previsti  dall'art.  63  della  legge  statutaria
regionale   31   marzo   2005,   n.   13   (Statuto   della   Regione
Emilia-Romagna),  dagli  artt.  4  e  9  della  legge  della  Regione
Emilia-Romagna 26 novembre 2001, n. 43 (Testo  unico  in  materia  di
organizzazione e di rapporti di lavoro nella Regione Emilia-Romagna),
dalla  deliberazione  dell'Ufficio   di   Presidenza   dell'Assemblea
legislativa regionale n. 54 del 16 giugno 2010  (avente  per  oggetto
«Modifiche e integrazioni alla delibera n.  12  del  27  maggio  2010
recante: "Strutture speciali  dell'Assemblea  legislativa  regionale:
procedure di acquisizione del personale e limiti di spesa"»); compiti
riconducibili alle piu' elevate funzioni di supporto  dell'organo  di
indirizzo e controllo politico. 
    La Regione ricorrente, riferito l'esito infruttuoso del tentativo
di vedere accolte le proprie  ragioni  in  sede  di  controdeduzioni,
domanda a questa Corte di dichiarare «che non spetta allo Stato e per
esso alla Procura regionale  della  Corte  dei  conti  della  Regione
Emilia-Romagna, il potere di citare in giudizio i  consiglieri  o  ex
consiglieri regionali per il danno erariale  asseritamente  provocato
alla Regione dall'affidamento al signor A. A. - segnatamente mediante
le deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza n. 4 del 13 maggio  2010,
n. 97 del 22 giugno 2011, n. 20 del 13 febbraio 2013, n. 186  del  18
dicembre 2013, nonche' mediante il provvedimento/nota del  Presidente
dell'Assemblea  legislativa  n.  44725  del  12   novembre   2013   -
dell'incarico di Capo di Gabinetto  del  Presidente  della  Assemblea
legislativa della Regione e di altre  funzioni  connesse,  in  quanto
lesivo dell'autonomia del Consiglio regionale (Assemblea  legislativa
regionale) garantita dalla  Costituzione  e,  in  particolare,  delle
attribuzioni regionali in  materia  di  prerogative  dei  consiglieri
regionali  di  cui  all'art.  122,  quarto   comma,   Cost.,   e   di
autorganizzazione del Consiglio regionale di cui all'art. 122,  terzo
comma, Cost., e di cui agli articoli 33, 34,  35  e  63  della  legge
regionale   31   marzo   2005,   recante   "Statuto   della   Regione
Emilia-Romagna"» e «conseguentemente annullare  l'atto  di  citazione
contrassegnato come Proc. V. 2014/00386/MI G. 44598, con il quale  la
Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale  regionale  della
Corte dei conti dell'Emilia-Romagna ha esercitato tale potere avverso
i consiglieri regionali o ex consiglieri regionali citati». 
    Circa l'ammissibilita' del  conflitto,  la  Regione  richiama  la
giurisprudenza costituzionale secondo cui l'atto di citazione con  il
quale la procura presso la  Corte  dei  conti  chiama  i  consiglieri
regionali a rispondere per asserito danno erariale generato da voti o
delibere assunti  nell'esercizio  delle  loro  funzioni  puo'  essere
immediatamente lesivo della prerogativa di cui all'art.  122,  quarto
comma, Cost. (sentenze n. 235 del 2015, n. 392 del 1999 e n. 289  del
1997). 
    Nel merito, la ricorrente pone in  rilievo  che  le  delibere  in
questione,  in   quanto   finalizzate   a   costituire   la   propria
organizzazione interna fondamentale,  rientrano  tra  quelle  coperte
dall'immunita' consiliare e quindi il conferimento della funzione  di
Capo di Gabinetto del  Presidente,  rientrando  nell'ambito  di  tale
attivita', e' sottratta a responsabilita' erariale.  La  funzione  di
autorganizzazione interna  dei  Consigli  regionali  partecipa  delle
guarentigie apprestate dall'art. 122, quarto comma,  Cost.  a  tutela
dell'esercizio della funzione legislativa  e  di  indirizzo  politico
della Regione, restando esclusi  solo  «gli  atti  non  riconducibili
ragionevolmente all'autonomia ed alle esigenze ad essa sottese» (sono
richiamate le sentenze n. 392 del 1999 e n. 289 del 1997). 
    La ricorrente sottolinea in particolare che il Capo di  Gabinetto
e' una  figura  posta  al  vertice  della  struttura  amministrativa,
indispensabile  per  garantire  il  funzionamento   dell'Ufficio   di
Presidenza, organo indefettibile,  espressamente  previsto  dall'art.
122, terzo comma, Cost. 
    Aggiunge la Regione che la centralita' dell'Ufficio di Presidenza
nell'organizzazione  del  Consiglio  regionale  trova  riscontro,  in
armonia con la Costituzione, nel citato statuto reg.  Emilia-Romagna.
In particolare, la Regione richiama l'art. 35, comma 2, dello Statuto
che, nel  disciplinarne  le  funzioni,  stabilisce:  «[l]'Ufficio  di
Presidenza   dispone   di   servizi   generali   per   le   attivita'
dell'Assemblea; ha alle proprie  dipendenze  il  relativo  personale;
amministra i fondi relativi  al  bilancio  autonomo  dell'Assemblea».
Inoltre, l'art. 63 dello Statuto  «ne  conferma  il  regime  speciale
quanto  alla  provvista»,  disponendo  che  «[l]a   legge   regionale
disciplina il conferimento di incarichi a tempo  determinato  per  lo
svolgimento di funzioni e per l'adempimento di compiti speciali e  di
consulenza attinenti a: a) Gabinetto e Segreterie  particolari  degli
organi  della  Regione;  b)   articolazioni,   organi   e   strutture
dell'Assemblea previsti dallo Statuto di cui agli  articoli  33,  34,
36, 38 e 40». Ulteriore conferma si trarrebbe dall'art. 4 della legge
reg. Emilia-Romagna  n.  43  del  2001,  ai  sensi  del  quale  «[i]l
Gabinetto del Presidente del Consiglio e' preposto  allo  svolgimento
delle attivita' di supporto necessarie per l'esercizio delle funzioni
attribuite al Presidente del Consiglio dallo Statuto  e  dalle  altre
norme regionali». 
    Il Capo di Gabinetto  sarebbe,  dunque,  una  figura  chiamata  a
coadiuvare l'attivita' del Presidente  dell'Assemblea  legislativa  e
dell'Ufficio di Presidenza. Pertanto, la  scelta  del  soggetto  piu'
idoneo non potrebbe che  avere  carattere  fiduciario  e  restare  di
pertinenza esclusiva della Presidenza,  attenendo  alle  funzioni  di
autorganizzazione del Consiglio. 
    Quanto all'attribuzione ad A. A. delle funzioni di direttore  del
servizio  informazione  e  di  tecnico  di  garanzia  in  materia  di
partecipazione, la ricorrente pone in luce che, in entrambi  i  casi,
si e' trattato di compiti svolti temporaneamente (senza indennita') e
funzionalmente connessi alla carica  di  Capo  di  Gabinetto  da  lui
ricoperta. 
    2.-  Non  si  e'  costituito  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, al quale e' stato ritualmente notificato il ricorso. 
    3.- Con atto pervenuto l'8 marzo 2017 e' intervenuta  la  Procura
regionale della Corte dei conti presso la sezione giurisdizionale per
l'Emilia-Romagna,  domandando   il   rigetto   del   ricorso   e   la
dichiarazione  che  spetta  allo  Stato,  e  per  esso  alla  Procura
regionale della Corte dei conti per l'Emilia-Romagna,  il  potere  di
adottare l'atto di citazione. 
    La Procura osserva che il conferimento ad A. A.  degli  incarichi
sopra citati richiedeva il possesso del titolo di laurea, in  ragione
della normativa statale e regionale; in mancanza risulterebbe violato
il principio di separazione fra attivita'  di  indirizzo  politico  e
attivita' gestionale; ne' sarebbe stata rispettata la regola  secondo
cui il reclutamento del  personale  delle  pubbliche  amministrazioni
avviene mediante concorso pubblico. 
    La Procura  sottolinea  che  l'insindacabilita'  dei  consiglieri
regionali e' circoscritta alle  funzioni  legislative,  di  indirizzo
politico, di controllo  e  di  autorganizzazione  interna  e  non  si
estende ad altre e diverse funzioni di tipo amministrativo.  Inoltre,
queste garanzie relative alla funzione di autorganizzazione  previste
dall'art. 122, comma quarto, Cost. hanno una minore portata  rispetto
a quelle previste dall'art. 68 Cost. per i membri del Parlamento. 
    In particolare, la Procura ritiene che dall'esame della normativa
statale,  regionale  e  delle  delibere  adottate   dall'Ufficio   di
Presidenza  dell'Assemblea  legislativa,  emerge  la  necessita'  del
possesso del diploma di laurea per poter accedere alla  qualifica  di
dirigente e ricoprire l'incarico di Capo di Gabinetto. 
    4.- Con memoria  depositata  il  31  dicembre  2018,  la  Regione
Emilia-Romagna  ha   insistito   per   l'accoglimento   del   ricorso
sostenendo, in via preliminare, la carenza  di  legittimazione  della
Procura regionale della Corte dei conti a intervenire in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Emilia-Romagna ha  domandato  a  questa  Corte  di
«dichiarare che non  spetta  allo  Stato  e  per  esso  alla  Procura
regionale della Corte dei conti  presso  la  Sezione  giurisdizionale
dell'Emilia-Romagna il potere di citare in giudizio i  consiglieri  o
ex  consiglieri  regionali  per  il  danno   erariale   asseritamente
provocato  alla  Regione  dall'affidamento  al   signor   A.   A.   -
segnatamente mediante le deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza  n.
4 del 13 maggio 2010, n. 97 del 22 giugno 2011, n. 20 del 13 febbraio
2013,  n.  186  del   18   dicembre   2013,   nonche'   mediante   il
provvedimento/nota del Presidente dell'Assemblea legislativa n. 44725
del 12 novembre  2013  -  dell'incarico  di  Capo  di  Gabinetto  del
Presidente  dell'Assemblea  legislativa  della  Regione  e  di  altre
funzioni connesse; e conseguentemente annullare l'atto  di  citazione
contrassegnato come Proc. V. 2014/00386/MI G. 44598, con il quale  la
Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale  regionale  della
Corte dei conti dell'Emilia-Romagna ha esercitato tale potere avverso
i consiglieri regionali  o  ex  consiglieri  regionali  citati  nelle
premesse del presente atto». 
    Con l'atto emesso il 9 novembre 2016, la Procura regionale  della
Corte   dei   conti   presso   la   sezione    giurisdizionale    per
l'Emilia-Romagna (Proc.  V.  2014/00386/MI  G.  44598)  ha  citato  a
giudizio il Presidente e l'ex Presidente dell'Assemblea  legislativa,
nonche' i componenti dell'Ufficio di Presidenza in carica nel periodo
ricompreso fra  il  maggio  2010  e  il  gennaio  2015  (indicati  in
narrativa), per sentirli condannare alla rifusione del danno erariale
(quantificato  in  misura   pari   all'importo   delle   retribuzioni
corrisposte tra il 13 maggio 2010 e il  27  gennaio  2015)  derivante
dall'aver nominato A. A.,  privo  del  diploma  di  laurea,  Capo  di
Gabinetto  del  Presidente  dell'Assemblea   legislativa   regionale,
dall'aver stipulato in connessione con  tale  incarico  contratti  di
lavoro a tempo determinato e  dall'aver  attribuito  allo  stesso  le
funzioni di direttore del  servizio  informazione  e  di  tecnico  di
garanzia in materia di  partecipazione,  in  violazione  delle  norme
statali e regionali che prevedono,  quale  requisito  necessario  per
poter ricoprire questi incarichi, il possesso del suddetto titolo  di
studio. 
    La  Regione  ricorrente  assume  che   tale   atto   sia   lesivo
«dell'autonomia  del  consiglio  regionale   (Assemblea   legislativa
regionale) garantita dalla  Costituzione  e,  in  particolare,  delle
attribuzioni regionali in  materia  di  prerogative  dei  consiglieri
regionali  di  cui  all'art.  122,  quarto   comma,   Cost.,   e   di
auto-organizzazione del consiglio  regionale  di  cui  all'art.  122,
terzo comma, Cost., e di cui agli articoli 33,  34,  35  e  63  della
legge regionale 31  marzo  2005,  [n.  13],  recante  "Statuto  della
Regione Emilia-Romagna"». 
    L'iniziativa della Procura regionale della Corte  dei  conti  nel
sindacare la scelta del soggetto al quale sono stati attribuiti  tali
incarichi avrebbe realizzato - secondo la Regione  ricorrente  -  una
indebita interferenza  con  la  funzione  di  organizzazione  interna
dell'organo, rientrante tra le prerogative dei consiglieri regionali,
la cui insindacabilita' e'  tutelata  dall'art.  122,  quarto  comma,
della Costituzione. 
    2.- Preliminarmente, va ritenuta l'ammissibilita' dell'intervento
spiegato in giudizio dalla Procura regionale della Corte dei conti. 
    La difesa della Regione Emilia-Romagna, con la memoria depositata
il 31 dicembre 2018, ne ha sostenuto l'inammissibilita'  sul  rilievo
che, essendo  consentito  solo  un  intervento  da  amicus  curiae  o
comunque puramente adesivo, questo necessiterebbe, quale  presupposto
indefettibile, della previa costituzione in giudizio  del  Presidente
del Consiglio  dei  ministri,  la  quale,  nella  specie,  e'  invece
mancata. 
    Tale eccezione non e' fondata. 
    2.1.- L'art. 25, comma 2, delle Norme integrative per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale, approvato con deliberazione del  7
ottobre  2008  e  riproducendo  l'art.  27,  comma   2,   di   quelle
precedentemente approvate  con  deliberazione  del  10  giugno  2004,
espressamente prevede che il ricorso per conflitto  di  attribuzione,
proposto ai sensi dell'art. 39 della  legge  11  marzo  1953,  n.  87
(Norme  sulla  costituzione   e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale), debba essere notificato  anche  «all'organo  che  ha
emanato l'atto, quando si tratti di autorita' diverse  da  quelle  di
Governo e da quelle dipendenti dal Governo». 
    Non si tratta di semplice litis denuntiatio,  ma  dell'evocazione
in giudizio di un organo dello Stato dotato di autonomia,  in  quanto
non dipendente dal Governo, e di soggettivita', si'  da  legittimarlo
passivamente nel processo (sentenza n. 252 del 2013). 
    Tale organo puo'  intervenire  in  giudizio  per  contestare  che
l'atto emesso costituisca lesione o turbativa delle competenze  della
Regione ricorrente. Cio' puo'  fare  in  piena  autonomia  come  gia'
riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte nell'affermare,  in
particolare, che a  tali  organi  «e'  riconosciuta  la  facolta'  di
intervenire nel giudizio costituzionale al fine  di  fare  valere  le
ragioni della legittimita' dell'atto impugnato, da essi adottato,  in
via autonoma dal resistente Presidente del  Consiglio  dei  ministri»
(sentenza n. 252 del 2013). 
    La riconosciuta autonomia dell'organo  che  interviene  smentisce
l'interpretazione della difesa  della  Regione  secondo  cui  sarebbe
ammissibile  solo  un  intervento  adesivo,  che  presupporrebbe   la
costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio  dei  ministri.
Si ha invece che la mancata costituzione di quest'ultimo non preclude
l'intervento, in piena autonomia, dell'organo che ha emesso l'atto. 
    Peraltro,  nella  specie,  la  mera  mancata   costituzione   del
Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   non   puo'   significare
acquiescenza alle doglianze espresse dalla Regione ricorrente e  cio'
esonera  dall'esame  dell'ammissibilita',  o  no,  di  un  intervento
dell'organo, che ha emesso  l'atto,  la  quale  in  ipotesi  non  sia
adesiva, ma si ponga in opposizione alle conclusioni  rassegnate  dal
Governo. 
    2.2.-  Un  ulteriore  profilo  di  ammissibilita'   riguarda   la
possibilita' che l'intervento sia spiegato personalmente, senza alcun
patrocinio di avvocato  legittimato  alla  difesa  innanzi  a  questa
Corte, cosi' come e' avvenuto in questo giudizio. 
    La Procura contabile nell'atto di intervento evoca, a  tal  fine,
l'art. 37, ultimo comma, della legge  n.  87  del  1953,  secondo  il
quale, nei giudizi per conflitto di  attribuzione  tra  poteri  dello
Stato, gli organi interessati, «quando non compaiano  personalmente»,
possono  essere  difesi  e  rappresentati  da  liberi  professionisti
abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori; sicche'
possono  limitarsi  a  comparire  -  e  quindi  anche  costituirsi  -
personalmente. 
    In realta', pero', per i giudizi per  conflitto  di  attribuzione
fra Stato e Regioni l'art. 41 della legge n. 87 del 1953 prevede  che
si osservano, in quanto applicabili, alcune disposizioni  dettate  in
materia di conflitti tra poteri dello Stato - segnatamente gli  artt.
23, 25, 26 e 38 - ma non anche l'art. 37. 
    Trova, pertanto, applicazione il  canone  generale  dell'art.  20
della legge n. 87  del  1953,  che,  dopo  aver  prescritto  che  nei
procedimenti dinanzi alla Corte costituzionale la rappresentanza e la
difesa  delle  parti  puo'  essere  affidata  soltanto  ad   avvocati
abilitati al patrocinio  innanzi  alla  Corte  di  cassazione  (primo
comma), prevede che «[g]li organi dello Stato e delle  Regioni  hanno
diritto  di   intervenire   in   giudizio»,   (secondo   comma),   e'
rappresentato e difeso  dall'Avvocato  generale  dello  Stato  (terzo
comma). 
    Questa disposizione e' stata interpretata  da  questa  Corte  nel
senso che per gli organi dello Stato e  delle  Regioni  e'  possibile
anche la difesa personale.  Nella  sentenza  n.163  del  2005  si  e'
precisato «come il secondo comma dell'art. 20 della legge n.  87  del
1953 detti una previsione generale volta a regolare esclusivamente la
rappresentanza e difesa nel giudizio davanti alla  Corte,  stabilendo
che  -  a  differenza  di  quanto  e'  previsto   per   il   Governo,
rappresentato dall'Avvocato generale dello Stato (terzo comma), e per
le altre  parti,  le  cui  rappresentanza  e  difesa  possono  essere
affidate soltanto ad avvocati abilitati al  patrocinio  innanzi  alla
Corte di cassazione (primo comma) - per  gli  organi  dello  Stato  e
delle Regioni  non  e'  richiesta  una  difesa  professionale».  Tale
principio era gia' stato affermato dalla sentenza n. 350 del 1998. 
    L'intervento  nel  conflitto  tra  enti  spiegato   personalmente
proprio dalla Procura contabile e'  poi  stato  ammesso  anche  dalle
sentenze n. 252 del 2013 e n. 235 del 2015. 
    Cio' non esclude che nei giudizi per  conflitto  di  attribuzione
tra Stato e Regioni un organo dello Stato, dotato di autonomia, possa
essere difeso - oltre che dall'Avvocatura generale dello Stato  (come
nel giudizio di cui alla sentenza n. 2 del 2007) - anche da  avvocati
del libero foro (non diversamente che nei giudizi per  conflitto  tra
poteri dello Stato: sentenza n. 329 del 1999). 
    3.- Ancora, in  via  preliminare  va  precisato  che  -  come  ha
eccepito la Procura contabile nell'atto di costituzione, ma  come  in
vero ritiene anche la Regione ricorrente - il conflitto  promosso  da
quest'ultima riguarda il Presidente del Consiglio regionale e  alcuni
consiglieri, sia in carica che cessati dal mandato, ma  non  anche  i
due dirigenti pure destinatari dell'atto di citazione  della  Procura
contabile e dell'azione diretta  a  far  valere  la  loro  (asserita)
concorrente  responsabilita'  amministrativa  per   danno   erariale.
Sicche' e' priva di rilevanza l'argomentazione  svolta  nell'atto  di
intervento della Procura contabile che ha sostenuto l'estraneita' dei
predetti dirigenti all'immunita' di cui all'art. 122,  quarto  comma,
Cost., e alla  dedotta  non  sindacabilita'  dei  voti  espressi  dai
consiglieri regionali, di cui e' investita questa Corte. 
    La  ricaduta  della  decisione  del  presente   conflitto   sulla
situazione soggettiva dei dirigenti suddetti, ai quali non  e'  certo
riferibile   l'assunzione   delle   deliberazioni   dell'Ufficio   di
Presidenza del Consiglio regionale, ma solo la (doverosa)  esecuzione
delle stesse, sara' valutata  dal  giudice  chiamato  a  pronunciarsi
sulla pretesa azionata dalla Procura contabile. 
    Del resto, risulta chiaramente dalle stesse conclusioni dell'atto
introduttivo di  questo  giudizio  che  le  richieste  della  Regione
concernono solo i componenti dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio
regionale, compreso il suo Presidente, avvicendatisi nel tempo e  non
anche i due dirigenti. 
    4.-   Puo'   aggiungersi    -    ancora    sotto    il    profilo
dell'ammissibilita' del ricorso - che l'immunita' consiliare  di  cui
al quarto comma dell'art. 122 Cost. puo'  esser  fatta  valere  dalla
Regione  ricorrente  anche  con  riferimento  a  chi  non   e'   piu'
consigliere regionale o presidente  dell'Ufficio  di  Presidenza  del
Consiglio regionale, ma  tale  era  al  momento  dell'adozione  delle
delibere in questione, cosi' come questa Corte ha gia' ritenuto per i
membri del Parlamento con riferimento all'immunita'  parlamentare  di
cui all'art. 68, primo comma, Cost. (sentenza n. 252 del 1999). 
    Ne' vi e' dubbio che un conflitto di  attribuzione  possa  trarre
origine da un atto processuale di un giudizio, se e in  quanto,  come
nella specie,  si  deduca  che  possa  derivarne  un'invasione  della
competenza costituzionale garantita alla Regione,  come  ha  ritenuto
questa Corte fin dalla sentenza  n.  211  del  1972  con  riferimento
proprio al ricorso di una Regione avverso una  citazione  a  giudizio
del Procuratore generale della Corte dei conti. 
    5.- Nel merito il ricorso e' fondato. 
    6.- Il presente conflitto concerne alcune  delibere  dell'Ufficio
di Presidenza del Consiglio regionale, adottate nel  periodo  dal  13
maggio  2010  al  12  novembre  2013  e  distintamente  indicate   in
narrativa; delibere che hanno avuto ad oggetto il conferimento ad  A.
A. dell'incarico di Capo di Gabinetto del  Presidente  del  Consiglio
regionale, in ragione del quale e' stata corrisposta negli  anni  una
retribuzione  complessiva,  richiesta  in  ripetizione,  come   danno
erariale  (asseritamente)  subito  dalla  Regione,   ai   consiglieri
regionali, componenti di quell'ufficio, compreso il suo Presidente, i
quali hanno votato le  delibere  stesse.  Inoltre,  nel  corso  dello
svolgimento dell'incarico di Capo di Gabinetto, ad A. A.  sono  stati
assegnati  temporaneamente  anche  i   due   incarichi   dirigenziali
suddetti. 
    Vengono,  allora,  in  rilievo  le  prerogative  dell'Ufficio  di
Presidenza  del  Consiglio  regionale  unitamente  all'immunita'  dei
consiglieri regionali, quali costituzionalmente  garantite  dall'art.
122 Cost.;  parametro  puntualmente  richiamato  dalla  difesa  della
Regione ricorrente sia nel suo terzo comma, che prevede l'Ufficio  di
Presidenza per i lavori del Consiglio regionale, sia nel  suo  quarto
comma, che prescrive che i consiglieri regionali non  possono  essere
chiamati a  rispondere  delle  opinioni  espresse  e  dei  voti  dati
nell'esercizio delle loro funzioni. 
    Da una parte, l'Ufficio di  Presidenza  deve  poter  operare  per
assicurare  il  concreto   esercizio   delle   potesta'   legislative
attribuite alla Regione,  e,  quindi,  su  di  esso  si  proietta  la
garanzia  costituzionale   di   autonomia   alla   stessa   attivita'
legislativa della Regione (art. 122, terzo comma). D'altra  parte,  i
consiglieri regionali, in particolare quelli componenti tale ufficio,
compreso il suo Presidente, devono essere liberi  da  condizionamenti
nell'esprimere, in quella sede  come  anche,  piu'  in  generale,  in
quella consiliare, le loro opinioni e il loro voto (art. 122,  quarto
comma). 
    7.- Sotto il primo profilo, l'Ufficio di  Presidenza,  in  quanto
eletto in seno al Consiglio  regionale,  costituisce  una  formazione
ridotta del Consiglio stesso, composta esclusivamente da  consiglieri
regionali, quale struttura di  supporto  della  funzione  legislativa
attribuita al Consiglio dall'art. 121, secondo comma, Cost. A esso e'
coessenziale una concorrente potesta' regolatoria  avente  a  oggetto
innanzi tutto l'organizzazione di supporto dei lavori del  Consiglio,
la quale si esprime non gia' in delibere legislative, ma in  atti  di
«autorganizzazione»  nel  rispetto  dei  «principi  fondamentali   di
organizzazione e funzionamento» della Regione,  posti  dallo  Statuto
(art. 123, primo comma, Cost.). 
    Mentre per ciascuna camera  e'  previsto,  oltre  all'Ufficio  di
Presidenza  (art.  63,  primo  comma,   Cost.),   un   ampio   potere
regolamentare (art. 64, primo  comma,  Cost.),  che  radica  la  loro
autonomia  costituzionalmente  garantita,  invece  per   i   Consigli
regionali e i loro Uffici di Presidenza  la  simmetrica  potesta'  di
autorganizzazione dell'attivita' di  tali  assemblee  legislative  e'
presidiata  da  garanzia  costituzionale  solo  nel   suo   contenuto
essenziale, direttamente incidente in tale attivita', quale  riflesso
della potesta' normativa della Regione. 
    Distinti da questi  atti  di  autorganizzazione  dell'Ufficio  di
Presidenza del Consiglio vi puo'  essere,  come  talora  e'  previsto
dalla normativa regionale, una congerie di vari atti di esercizio  di
funzioni  amministrative  diverse  dalla   potesta'   normativa   del
Consiglio e comunque non strettamente coessenziali a quest'ultima. 
    Benche' le funzioni amministrative appartengano alla Giunta,  che
e' l'organo esecutivo della Regione, e  al  suo  Presidente,  che  e'
responsabile della  politica  della  Giunta  e  emana  i  regolamenti
regionali, non di meno lo statuto e la  normativa  regionale  possono
assegnare al Consiglio o al suo Ufficio di  Presidenza  anche  alcune
funzioni amministrative, nel rispetto della distinzione  di  ruoli  e
poteri tra gli organi della Regione (il Consiglio, la Giunta e il suo
Presidente). 
    Si ha, allora, che le delibere  dell'Ufficio  di  Presidenza  del
Consiglio, quando hanno  natura  di  atti  di  autorganizzazione  del
Consiglio,  direttamente  incidenti  sull'attivita'  legislativa   di
quest'ultimo,   sono   presidiati   dalla   garanzia   costituzionale
dell'autonomia della potesta' organizzativa di supporto all'attivita'
legislativa del Consiglio stesso. Quando,  invece,  hanno  natura  di
atti   amministrativi   estranei,   o   comunque   non   strettamente
coessenziali,  all'organizzazione  dell'attivita'   legislativa   del
Consiglio,   si   collocano    all'esterno    di    tale    autonomia
costituzionalmente garantita, pur costituendo legittimo esercizio  di
un potere. Tale e', in particolare,  l'attivita'  di  gestione  delle
risorse  finanziarie,  che   «resta   assoggettata   alla   ordinaria
giurisdizione  di  responsabilita'  civile,   penale   e   contabile»
(sentenze n. 235 del 2015 e  n.  292  del  2001;  inoltre,  Corte  di
cassazione, sezioni unite  civili,  sentenza  7  settembre  2018,  n.
21927). 
    8.- La previsione costituzionale dell'art. 122, terzo  comma,  si
salda a quella del successivo quarto comma sull'immunita' dei singoli
consiglieri regionali. 
    Le  delibere  dell'Ufficio  di  Presidenza  -  tipico   organismo
collegiale - sono formate  dalla  confluenza  di  voti  espressi  dai
consiglieri e dal Presidente, i quali non possono essere  chiamati  a
rispondere di tali voti. In  generale,  la  responsabilita'  (civile,
penale o amministrativa) di un componente di  un  collegio  consegue,
con nesso causale, all'apporto di quest'ultimo per aver assentito con
il suo voto alla volonta' del collegio, espressa in una delibera o in
una decisione. Nella fattispecie, il concorso delle singole immunita'
dei  consiglieri  regionali,  previste  a  presidio  delle   distinte
dichiarazioni di voto, rifluisce - nella misura in cui tale immunita'
sussiste (secondo la giurisprudenza di questa Corte di cui  si  viene
ora a dire) - in  preclusione  alla  cumulativa  perseguibilita'  dei
consiglieri regionali a causa della  predicata  illegittimita'  della
delibera stessa. 
    9.- Decisiva e' quindi la nozione di  atti  di  autorganizzazione
elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte. 
    Orbene, inizialmente questa Corte con la sentenza n. 81 del  1975
ha accolto una nozione ampia  dell'immunita'  consiliare  di  cui  al
quarto comma dell'art. 122 Cost. 
    In una vicenda in cui venivano in rilievo sia alcune delibere del
Consiglio regionale, sia una  delibera  della  Giunta,  la  Corte  ha
rispettivamente riconosciuto  in  un  caso  e  negato  nell'altro  la
garanzia dell'immunita' consiliare. Da una parte, ha affermato che la
«irresponsabilita' in esame comprende [...] certamente le opinioni ed
i  voti  manifestati  nell'esercizio  delle  funzioni  spettanti   al
Consiglio».  Ma   ha   precisato   che   l'«immunita'   copre   [...]
esclusivamente quelle attivita' che costituiscono esplicazione di una
funzione consiliare, per garantire [...] l'autonomia del  Consiglio»;
sicche'  le  delibere  della  Giunta  non  sono  coperte  da   questa
immunita'. Non rileva invece la «forma amministrativa» che connota le
deliberazioni consiliari, nel senso che cio' non esclude  l'immunita'
consiliare. 
    E' questo un criterio meramente formale di imputazione  dell'atto
al Consiglio regionale da cui discende in ogni caso - secondo  questo
arresto giurisprudenziale - l'immunita' per i consiglieri regionali a
prescindere dal contenuto delle delibere  consiliari.  Nella  specie,
l'immunita' e' stata riconosciuta - ed e' stato accolto il  conflitto
di  attribuzione  proposto  dalla  Regione   Abruzzo   in   relazione
all'azione   dell'autorita'   giudiziaria   per   far    valere    la
responsabilita' penale dei consiglieri - con riferimento  a  delibere
consiliari    che    in    realta'     non     sembra     attenessero
all'autorganizzazione del Consiglio (ma riguardavano il pagamento del
conto di un ristorante per i pasti  dei  consiglieri  e  il  concorso
finanziario della Regione all'onere assunto dai  consiglieri  per  la
stipula dell'assicurazione contro gli infortuni). 
    Questa nozione ampia di immunita' consiliare  e'  stata  dapprima
ridimensionata dalla sentenza n. 69 del 1985. Questa Corte ha infatti
precisato che  «[n]on  sono,  per  contro,  coperte  dalla  immunita'
eventuali altre  funzioni  amministrative,  attribuite  al  Consiglio
dalla normativa regionale, non essendo concepibile tra l'altro che il
limite della potesta' punitiva sia segnato, invece  che  dalla  legge
dello Stato da atti della Regione». Nella specie si  trattava  di  un
parere espresso da una commissione del Consiglio  regionale  e  della
conforme deliberazione del  Consiglio  regionale,  aventi  a  oggetto
l'ammissione al convenzionamento preventivo con enti mutualistici  di
un laboratorio privato di analisi.  Cio'  costituiva  -  ha  ritenuto
questa Corte - attivita'  amministrativa  che  non  poteva  rientrare
nella nozione di «autorganizzazione» e quindi e' stato  rigettato  il
ricorso per conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Abruzzo.
E' venuto cosi' emergendo che vi e', «accanto alla funzione primaria,
quella legislativa, ed alla  funzione  di  indirizzo  politico  e  di
controllo, la funzione di autoorganizzazione interna»  del  Consiglio
regionale, quale «nucleo essenziale comune  e  caratterizzante  delle
funzioni degli organi "rappresentativi"». 
    Cio' valeva  essenzialmente  per  le  delibere  non  legislative,
mentre per quelle legislative tornava a prevalere il criterio formale
dell'imputazione dell'atto. La sentenza n. 100 del 1986 ha,  infatti,
ritenuto insindacabili i consiglieri regionali che avevano deliberato
in sede legislativa (con legge della Regione Abruzzo 7 novembre 1973,
n.  41,  recante  «Nuove  norme  sulla  previdenza  e  sul  fondo  di
solidarieta' a favore dei  consiglieri  della  Regione  Abruzzo»)  di
stipulare una  polizza  assicurativa  a  favore  dei  componenti  del
Consiglio stesso, con riguardo  ai  rischi  di  morte  e  invalidita'
derivanti   da   infortuni   connessi   anche   con   cause   diverse
dall'esercizio della pubblica attivita' dei beneficiari, e di porre a
carico del bilancio regionale la maggior parte della relativa spesa. 
    Successivamente, le sentenze n. 392 del 1999 e n.  289  del  1997
sono tornate su questo criterio distintivo con riferimento a  ricorsi
per  conflitto  di  attribuzione,  promossi  dalle  due  Regione  per
contrastare proprio iniziative della procura contabile dirette a  far
valere  la  responsabilita'  amministrativa  per  danno  erariale  di
consiglieri regionali. 
    L'«autorganizzazione»  e'  stata  tenuta  distinta  dalle  «altre
funzioni» (sentenza n. 289 del 1997) di  amministrazione  attiva  del
Consiglio  regionale;   si   e'   puntualizzato   come   «il   nucleo
caratterizzante delle predette attribuzioni, quale definito dall'art.
121, secondo comma,  della  Costituzione,  ricomprenda  non  solo  le
funzioni legislative  e  regolamentari,  di  indirizzo  politico,  di
controllo e di autorganizzazione, ma anche quelle di  amministrazione
attiva, quando siano assegnate all'organo in via diretta ed immediata
dalle leggi dello Stato» (sentenza  n.  392  del  1999).  Entrambi  i
conflitti di attribuzione promossi dalle Regioni sono stati  accolti,
essendosi fatte rientrare nella nozione  di  «autorganizzazione»  due
delibere  degli  Uffici  di  Presidenza  di  Consigli  regionali  che
riguardavano  rispettivamente  l'acquisto  di  autovetture  e  alcune
missioni all'estero di consiglieri e funzionari regionali.  Pero'  la
sentenza n. 392 del 1999 precisa anche che  «non  si  tratta  di  una
immunita'  assoluta,  in  quanto  essa  non  copre   gli   atti   non
riconducibili, secondo ragionevolezza, all'autonomia ed alle esigenze
ad essa sottese» del Consiglio regionale. 
    A fronte di questa giurisprudenza il legislatore  costituzionale,
in occasione della  menzionata  riforma  del  1999,  pur  sostituendo
integralmente l'art. 122 Cost., ha  riprodotto  negli  stessi  esatti
termini l'immunita' consiliare di cui al quarto comma (art.  2  della
legge cost. n. 1 del 1999), mostrando di voler avallare - o  comunque
non negare - la distinzione che fino ad allora si era  profilata  tra
atti  di  «autorganizzazione»  e  atti  di  esercizio   di   funzioni
amministrative. Tale disposizione non ha subito modifiche neppure  in
occasione della riforma del 2001  (legge  costituzionale  18  ottobre
2001, n. 3, recante «Modifiche al titolo V della parte seconda  della
Costituzione»). 
    In seguito, questa Corte ha ribadito tale criterio distintivo  in
altro conflitto di attribuzione promosso  dalla  Regione  ancora  nei
confronti della Procura contabile  che  azionava  la  responsabilita'
amministrativa per  danno  erariale.  Pur  riconfermando  l'immunita'
consiliare sugli atti di autorganizzazione del Consiglio, la Corte ha
precisato  che  «[n]on  sono,  per  contro,  coperte   dall'immunita'
eventuali altre  funzioni  amministrative,  attribuite  al  Consiglio
dalla normativa regionale» (sentenza  n.  337  del  2009);  e,  nella
specie, a  esse  e'  stato  ricondotto  un  parere  espresso  da  una
commissione  legislativa  quanto  alla  convenzione  tra  la  Regione
Siciliana e la Croce  Rossa  Italiana  con  conseguente  rigetto  del
ricorso per conflitto di attribuzione. 
    10.- Si ha,  nel  complesso,  che  il  graduale  affinamento,  in
termini progressivamente piu' rigorosi,  della  nozione  di  atti  di
autorganizzazione, alla quale la richiamata giurisprudenza di  questa
Corte ha fatto ricorso per perimetrare l'immunita' consiliare di  cui
al quarto comma dell'art. 122 Cost. con riferimento alle delibere del
Consiglio  e  del  suo  Ufficio  di  Presidenza,  converge  verso  il
riconoscimento dell'autonomia guarentigiata  nel  terzo  comma  dello
stesso art. 122, come sopra si e' detto. 
    In sintesi, il consigliere regionale non puo' essere  chiamato  a
rispondere del  voto  dato  in  sede  di  Assemblea  legislativa  per
approvare un atto normativo, quale la legge regionale,  e  di  quello
espresso in sede di Ufficio di Presidenza  del  Consiglio  che  abbia
condotto all'adozione  di  un  delibera  di  quest'ultimo,  atto  non
normativo, che sia strettamente collegata alla sua  organizzazione  e
piu' in generale all'organizzazione del Consiglio  con  carattere  di
essenzialita'  e  diretta  incidenza,  tale  che,  in  sua  mancanza,
l'attivita' del Consiglio o del suo  Ufficio  di  Presidenza  sarebbe
menomata o ne sarebbe significativamente incisa. 
    11.-  Nella  specie,   le   delibere   in   questione,   adottate
dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio  regionale,  hanno  avuto  a
oggetto la nomina di A. A. a Capo di  Gabinetto  del  Presidente  del
Consiglio stesso, delibere di cui la Procura  regionale  della  Corte
dei conti assume l'illegittimita' perche' quest'ultimo era  privo  di
laurea e quindi inidoneo a  ricoprire  l'incarico  per  mancanza  del
prescritto titolo di studio. 
    Rileva a tal fine l'art. 63  dello  Statuto  reg.  Emilia-Romagna
che, tra gli incarichi speciali, prevede quello a  tempo  determinato
per lo  svolgimento  di  funzioni  e  per  l'adempimento  di  compiti
speciali e di consulenza attinenti al Gabinetto  degli  organi  della
Regione e quindi anche del Consiglio regionale e del suo Presidente. 
    L'art. 4 della legge reg. Emilia-Romagna n. 43 del  2001  prevede
specificamente il «Gabinetto del Presidente del Consiglio regionale»,
che ha come missione quella di svolgere ogni  attivita'  di  supporto
necessaria per l'esercizio delle funzioni  attribuite  al  Presidente
del Consiglio dallo statuto reg. Emilia-Romagna e dalle  altre  norme
regionali. In particolare, il Gabinetto, cui e' preposto il  Capo  di
Gabinetto, e' deputato «all'esercizio delle funzioni e attivita'  dei
consiglieri regionali, ai  rapporti  con  le  Assemblee  parlamentari
nazionali ed estere  ed  inoltre  alle  iniziative  di  comunicazione
istituzionale e di divulgazione legislativa». 
    L'Ufficio  di  Presidenza  dell'Assemblea  legislativa   ha   poi
emanato, in attuazione dell'art. 63 dello statuto reg. Emilia-Romagna
e della legge reg. Emilia-Romagna n. 43 del 2001, la delibera  n.  54
del 16 giugno 2010, avente per oggetto «Modifiche e integrazioni alla
delibera n. 12  del  27  maggio  2010  recante:  "Strutture  speciali
dell'Assemblea legislativa regionale: procedure di  acquisizione  del
personale e limiti di spesa"». 
    Decisiva e' la circostanza che  la  formazione  del  Gabinetto  e
segnatamente la nomina del Capo di  Gabinetto  incidono  direttamente
sull'attivita' normativa del Consiglio regionale. 
    Si tratta di una struttura centrale e strategica che, in  diretta
collaborazione con il Presidente del Consiglio regionale,  condiziona
il buon andamento dei lavori assembleari, sicche' puo' ben dirsi  che
l'atto di nomina del  Capo  di  Gabinetto  appartiene  agli  atti  di
autorganizzazione dell'Ufficio di Presidenza con incidenza diretta  e
significativamente  rilevante  -  e  anzi,  nella  specie,  con   una
connotazione di evidente essenzialita' -  nell'attivita'  legislativa
del Consiglio regionale. 
    12.- Non  rileva,  invece,  la  circostanza,  sulla  quale  molto
insiste  l'atto  di  citazione   della   Procura   contabile,   della
necessita', o no, della laurea per ricoprire l'incarico  di  Capo  di
Gabinetto. 
    Si tratta di un incarico altamente  fiduciario  che  si  basa  su
«valutazioni soggettive legate alla consonanza politica  e  personale
con  il  titolare  dell'organo  politico»  che  nomina  e  che  «puo'
avvenire, in base alla normativa  vigente,  intuitu  personae,  senza
predeterminazione di alcun rigido criterio che debba essere osservato
nell'adozione dell'atto di assegnazione  all'ufficio»  (ex  plurimis,
sentenza n. 304 del 2010; nello stesso senso,  sentenza  n.  269  del
2016). 
    In  ragione  della   specificita'   degli   uffici   di   diretta
collaborazione, questa Corte ha affermato (sentenze n. 53  del  2012,
n. 7 del 2011, n. 34 del 2010, n. 293 del 2009 e n. 104 del 2007) che
le Regioni possono dettare, in deroga ai criteri di selezione dettati
dall'art. 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche), dei propri, autonomi, criteri  selettivi,
che tengano conto della peculiarieta'  dell'incarico  in  conseguenza
del necessario rapporto fiduciario con  l'organo  politico.  Cio'  e'
tanto piu' vero per il Capo di Gabinetto che, collocato in  posizione
apicale, opera  in  diretta  collaborazione  con  il  Presidente  del
Consiglio regionale. 
    13.- In conclusione il ricorso va accolto e va quindi  dichiarato
che non spetta allo Stato, e per esso alla  Procura  regionale  della
Corte dei conti  per  la  Regione  Emilia-Romagna,  di  convenire  in
giudizio per responsabilita' amministrativa per danno  erariale,  con
l'atto di citazione indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio
regionale  dell'Emilia-Romagna  e  i   componenti   dell'Ufficio   di
Presidenza di detto Consiglio, in  carica  al  momento  dell'adozione
delle delibere indicate nel  suddetto  atto  di  citazione,  che,  di
conseguenza, va annullato in tale parte.