ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  25-septies
del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119  (Disposizioni  urgenti  in
materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni,  nella
legge 17 dicembre 2018, n. 136, promosso  dalla  Regione  Molise  con
ricorso notificato il 15-20 febbraio 2019, depositato in  cancelleria
il 25 febbraio 2019, iscritto al n. 31 del registro  ricorsi  2019  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  10,  prima
serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  22  ottobre  2019  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato Massimo Luciani per  la  Regione  Molise  e  gli
avvocati  dello  Stato  Leonello  Mariani  e  Diana  Ranucci  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notifica il  15  febbraio  2019  e
depositato il 25 febbraio 2019, la Regione Molise ha impugnato in via
principale l'art. 25-septies del decreto-legge 23  ottobre  2018,  n.
119  (Disposizioni  urgenti  in  materia  fiscale   e   finanziaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2018, n. 136. 
    La norma impugnata - rammenta la ricorrente -  ha  disposto,  nei
commi 1 e 2, la incompatibilita' del conferimento e del  mantenimento
dell'incarico di commissario ad acta per l'attuazione  del  piano  di
rientro   del   disavanzo   sanitario   delle    Regioni,    rispetto
all'espletamento  di  incarichi  istituzionali  presso   la   Regione
soggetta a commissariamento, stabilendo, al tempo stesso, i requisiti
professionali di  cui  deve  godere  la  persona  da  nominare  quale
commissario. Il comma 3 dello stesso articolo  censurato  ha,  a  sua
volta, sancito l'applicabilita' di tale incompatibilita'  anche  agli
incarichi in corso alla data di entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione; con la conseguenza che l'attuazione di  tale  previsione
comportera' la decadenza dall'incarico commissariale  dei  Presidenti
di Regione a far data dalla nomina dei nuovi commissari ad acta. 
    Dopo aver svolto una diffusa premessa  intesa  a  ricostruire  la
evoluzione della normativa succedutasi in materia di commissariamenti
delle  Regioni  in  piano  di  rientro  dal  disavanzo  nel   settore
sanitario, la ricorrente sottolinea come per le Regioni commissariate
ai sensi dell'art. 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007,  n.
159 (Interventi urgenti  in  materia  economico-finanziaria,  per  lo
sviluppo e l'equita' sociale), convertito, con  modificazioni,  nella
legge 29 novembre 2007, n. 222, quali - da oltre  un  decennio  -  la
Regione Molise, vigeva, prima della novella oggetto  di  censura,  un
regime  per  il  quale:  1)  il  Consiglio  dei   ministri   nominava
commissario ad acta il Presidente della Regione; 2) solo in  caso  di
dimissioni  o  di  impedimento  del  Presidente  della  Regione,   il
Consiglio dei ministri poteva nominare un commissario  ad  acta  fino
all'insediamento del nuovo Presidente della Regione o alla cessazione
della causa di impedimento. 
    La norma impugnata avrebbe dunque prodotto per la Regione  Molise
i seguenti effetti: 1) viene  reintrodotta  la  incompatibilita'  tra
affidamento dell'incarico di commissario ad acta rispetto a qualsiasi
incarico istituzionale regionale, anche per le Regioni  commissariate
ai sensi dell'art. 4, comma 2, del d.l. n. 159  del  2007;  2)  viene
introdotto il principio vincolante secondo il  quale  il  commissario
deve possedere gli specifici requisiti previsti  dal  comma  2  dello
stesso art. 25-septies; 3) viene abrogato l'art. 84-bis  dell'art.  2
della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (Legge
finanziaria 2010)», dal quale emergeva la ordinaria  coincidenza  tra
la  persona  del  commissario   e   il   Presidente   della   Regione
commissariata. Inoltre,  il  comma  3  della  disposizione  impugnata
dispone retroattivamente la operativita' della nuova disciplina della
incompatibilita', anche per gli incarichi commissariali in  atto;  ed
e' stabilito, infine, che «il Consiglio dei ministri  provvede  entro
novanta giorni [...] alla nomina di un commissario ad acta  per  ogni
regione in cui si sia determinata l'incompatibilita' del commissario,
il quale  resta  comunque  in  carica  fino  alla  nomina  del  nuovo
commissario ad acta». 
    1.1.- Dopo aver sottolineato  che  la  disciplina  dei  piani  di
rientro dai disavanzi in materia sanitaria si iscrive in  un  duplice
ambito di competenza concorrente, rappresentato  dalla  tutela  della
salute, da un lato,  e  dal  coordinamento  della  finanza  pubblica,
dall'altro, la Regione ricorrente lamenta la violazione dell'art.  77
della Costituzione in riferimento  alle  attribuzioni  costituzionali
riconosciute alla Regione nelle materie della «tutela della salute» e
del «coordinamento della finanza pubblica», ai sensi degli artt. 117,
terzo comma, e 118 Cost., nonche'  la  violazione  del  principio  di
leale collaborazione. 
    A proposito della violazione dell'art. 77  Cost.,  la  ricorrente
sottolinea la  relativa  ridondanza  in  termini  di  violazione  del
riparto delle competenze tra Stato e Regione  Molise.  Attraverso  la
norma impugnata, infatti, lo Stato non  soltanto  avrebbe  utilizzato
uno strumento  improprio,  privo  dei  requisiti  costituzionali,  ma
avrebbe vincolato la ricorrente senza  il  rispetto  delle  procedure
collaborative,  da  osservare  anche  nell'esercizio  della  funzione
legislativa (viene citata la sentenza  n.  251  del  2016  di  questa
Corte). 
    Si  osserva,  al  riguardo,   che   la   norma   impugnata   (che
precedentemente il Governo aveva invano tentato di inserire, anche in
altri decreti d'urgenza) violerebbe l'art. 77 Cost. a causa della sua
evidente estraneita' rispetto alla materia disciplinata  dalle  altre
disposizioni del decreto-legge in cui e' stata inserita  in  sede  di
conversione. Quanto ai  contenuti,  si  osserva,  basta  esaminare  i
titoli di cui si componeva il testo del  decreto  presentato  per  la
conversione al Senato.  Quanto  alle  finalita',  si  rileva  che  le
ragioni di straordinaria necessita' ed urgenza sono state  ricondotte
alla  previsione  di  «misure  per  esigenze  fiscali  e  finanziarie
indifferibili»; sicche', sarebbe arduo  affermare  che  la  normativa
censurata   rispondesse   realmente   ad   esigenze    "fiscali"    o
"finanziarie", per di piu' indifferibili. 
    Si segnala, anzi, la incongruenza  di  un  decreto-legge  teso  a
fronteggiare esigenze fiscali e finanziarie, il  quale  determini  un
aumento,  a  regime,  della  spesa   pubblica,   che   discende   dal
conferimento dell'incarico di commissario ad un soggetto terzo. 
    La norma impugnata, non avrebbe, dunque, nulla a che  vedere  con
l'oggetto e le finalita'  del  provvedimento  d'urgenza,  tanto  che,
presente nel testo originario, era stata addirittura stralciata prima
della emanazione del decreto. 
    1.2.- Viene poi denunciata violazione degli artt. 3 e  97  Cost.,
nonche' violazione del principio  di  leale  collaborazione  a  norma
degli artt. 117 e 118 Cost. e degli artt. 117, terzo comma, 118 e 120
Cost. 
    Sarebbero in particolare violati i  principi  di  ragionevolezza,
buon  andamento   della   pubblica   amministrazione   e   di   leale
collaborazione tra Stato e Regioni. Tenuto conto della  funzione  dei
piani di rientro e del necessario  confronto  istituzionale,  diviene
ragionevole soltanto un  intervento  che  soddisfi  queste  esigenze,
pena,  altrimenti,  la  determinazione  di  effetti  distorsivi   che
comprometterebbero il buon andamento della azione amministrativa.  La
norma impugnata, invece,  avrebbe  generato  conseguenze  addirittura
dannose,   introducendo   una   preclusione   assoluta,   applicabile
retroattivamente anche per quelle Regioni il cui commissariamento  e'
gia' in atto e che viene ad  essere  intaccato  dall'innesto  di  una
figura  di  commissario  completamente  slegata   dalla   istituzione
regionale. 
    La  disposizione  impugnata  si   fonderebbe,   dunque,   su   un
pregiudizio  negativo  in  ordine  alla  idoneita'  e  capacita'  dei
soggetti provenienti dalla amministrazione regionale allo svolgimento
dell'incarico  commissariale,  operando  attraverso  una  presunzione
assoluta che viola i principi di ragionevolezza e buon andamento,  in
quanto determina: a)  uno  iato  fra  la  struttura  commissariale  e
l'apparato regionale;  b)  comprime,  senza  ragione,  le  competenze
amministrative della Regione in materia di tutela della salute  e  di
coordinamento della finanza pubblica, in violazione del principio  di
ragionevolezza e degli artt.  117,  terzo  comma,  e  118  Cost.;  c)
sopprime, senza ragione, un fruttuoso  meccanismo  di  collaborazione
fra Stato e Regioni, in violazione del principio  di  ragionevolezza,
degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., nonche' del  principio  di
leale collaborazione di cui all'art. 117 Cost. 
    1.3.-  Viene  poi  posta  in  evidenza  la  circostanza  che   la
giurisprudenza costituzionale ha  in  piu'  occasioni  censurato  gli
automatismi legislativi; sicche' la norma impugnata si  presenterebbe
in contrasto con l'art. 3 Cost. anche sotto il profilo  della  totale
assenza di  margine  di  apprezzamento  del  caso  concreto.  Il  che
inevitabilmente   ridonda    sulle    competenze    regionali,    sia
amministrative sia legislative, in materia di tutela della  salute  e
coordinamento della finanza pubblica. 
    1.4.- Si prospetta, inoltre,  la  violazione  dell'art.  3  Cost.
sotto  il   profilo   del   mancato   rispetto   del   principio   di
proporzionalita'. La norma censurata non rispetterebbe, infatti, tale
importante canone di apprezzamento, in quanto essa non e'  certamente
quella  meno  pregiudizievole  per  le  attribuzioni   costituzionali
regionali e perche' impone un onere sproporzionato rispetto  al  fine
da perseguire, dal momento che non prende in alcuna considerazione le
situazioni specifiche, prescindendo,  quindi,  dalla  bonta'  o  meno
della esperienza commissariale in corso. 
    1.5.- Viene poi denunciata, sotto altro  profilo,  la  violazione
del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost.,  di  buon  andamento
della pubblica amministrazione, di cui all'art. 97 Cost., nonche'  di
leale collaborazione e di sussidiarieta',  di  cui  agli  artt.  117,
terzo comma, 118 e 120 Cost. 
    La  norma  censurata  non  rispetterebbe,  infatti,  i  paradigmi
declinati  dalla  giurisprudenza  di  questa   Corte   in   tema   di
sussidiarieta'. Non sussisterebbe,  in  particolare,  il  presupposto
della inerzia regionale tale da legittimare  l'intervento  normativo,
ne' si sarebbe realizzata alcuna fase di  confronto  con  la  Regione
interessata. Non sarebbe stato neppure  rispettato  il  principio  di
sussidiarieta', in quanto e' stata adottata una soluzione  opposta  a
quella  di  privilegiare  la  prossimita'  del  commissario  rispetto
all'istituto regionale. Il tutto, in assenza di  ragioni  particolari
atte a giustificare tale scelta, con i  naturali  riverberi  negativi
sulle attribuzioni regionali,  con  specifico  riferimento  a  quelle
relative alla tutela della salute. 
    L'esautoramento  regionale  sarebbe  poi  avvenuto,  in   spregio
all'art.  120  Cost.,  senza  rispetto   del   principio   di   leale
collaborazione, con violazione, per di piu', del principio  di  buona
amministrazione ex art. 97 Cost. 
    1.6.- Si prospetta, inoltre, in relazione agli  oneri  aggiuntivi
che scaturiscono per la Regione dalla novella,  la  violazione  degli
artt. 81 e 97 Cost., in riferimento agli artt. 117,  terzo  comma,  e
118  Cost.,  nonche'   in   riferimento   al   principio   di   leale
collaborazione. 
    La nuova nomina del commissario, infatti, trattandosi di  persona
terza  rispetto   all'amministrazione   e   dunque   da   retribuire,
comportera', per la Regione, nuovi oneri finanziari.  Il  che  genera
perplessita' per il fatto che tali nuovi oneri possano essere imposti
proprio ad una Regione obbligata ad adempiere  al  piano  di  rientro
delle spese  sanitarie.  La  esigenza  di  contenimento  della  spesa
pubblica, imposta dall'art. 81 Cost., risulterebbe pertanto frustrata
dalla  norma  censurata,  senza  che  risulti  alcuna   ragione   per
abbandonare il precedente e piu' economico modello,  con  correlativa
violazione anche dell'art. 97 Cost. Il tutto, in assenza di qualsiasi
concertazione. 
    1.7.- Con specifico riferimento  alla  disposizione  dettata  dal
comma 3  dell'art.  25-septies  impugnato,  si  lamenta,  infine,  la
violazione  del  principio  di  affidamento,  quale  enunciato  dalla
giurisprudenza  costituzionale,  stante  la  portata  sostanzialmente
retroattiva della norma. 
    La cessazione automatica del mandato commissariale  in  corso,  a
prescindere da qualsiasi valutazione di  opportunita',  equivarrebbe,
inoltre, ad un intervento sostitutivo nei confronti della Regione del
tutto discrezionale, in violazione del  principio  di  ragionevolezza
(art. 3 Cost.), di quello di buona amministrazione (art.  97  Cost.),
degli artt. 117, terzo comma, 118 e 120  Cost.  e  del  principio  di
leale collaborazione. 
    2.- Nel giudizio promosso dalla Regione Molise il Presidente  del
Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dalla  Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  depositato  memoria   di   costituzione,
chiedendo dichiararsi inammissibili o infondate le questioni proposte
nel ricorso. 
    2.1.- Il ricorso sarebbe anzitutto inammissibile per  difetto  di
interesse. L'art. 25-septies del  d.l.  n.  119  del  2018,  infatti,
intervenendo sull'art. 1, comma 569, della legge 23 dicembre 2014, n.
190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2015)»  e  sull'art.  1,
comma 395,  della  legge  11  dicembre  2016,  n.  232  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2017  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2017-2019), ha riaffermato  il  principio
della incompatibilita'  dell'incarico  di  commissario  ad  acta  con
incarichi istituzionali presso la Regione  commissariata;  principio,
questo, che era stato derogato dal combinato disposto dei commi 395 e
396  dell'art.  1  della  legge  n.  232  del  2016  per  le  Regioni
commissariate ai sensi dell'art. 4, comma 2,  del  d.l.  n.  159  del
2007. 
    La disposizione impugnata, peraltro, avendo regolato ex  novo  la
intera materia, in quanto prevede nuovi requisiti del commissario  ad
acta, avrebbe determinato  l'abrogazione  implicita  della  normativa
precedente.  Pertanto  -  deduce  la  Avvocatura   -   la   eventuale
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  di  tale  normativa
determinerebbe la reviviscenza di quella precedente, la quale ultima,
«stabilendo (gia') la non  cumulabilita'  nello  stesso  soggetto  di
entrambi  gli  incarichi  dei  quali  si  discute»,  impedirebbe   la
concentrazione  di  incarichi  cui  mira  il  ricorso:  da  cio',  la
inammissibilita' dello stesso per difetto di interesse. 
    Non varrebbe neppure l'argomento  secondo  il  quale  la  Regione
Molise commissariata ai sensi dell'art. 4, comma 2, del d.l.  n.  159
del 2007, che all'epoca era l'unica fonte che  prevedeva  l'esercizio
del  potere  statale  sostitutivo,  si  vedrebbe  assoggettata   alla
operativita' della disposizione censurata (che proprio  alle  Regioni
commissariate ai sensi dell'art. 4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007
fa riferimento), dal momento che  quel  commissariamento  si  sarebbe
«successivamente "inalveato"  nell'ambito  della  disciplina  di  cui
all'art. 2, commi 83 e ss., della l. n.191/2009». 
    Si osserva, a tale riguardo, che  la  Regione  Molise  siglo'  un
accordo avente ad oggetto un piano di rientro per le spese  sanitarie
ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2005)», che prevedeva  interventi  per
il triennio  2007-2009  destinati  al  risanamento  finanziario.  Non
essendo stati conseguiti gli obiettivi fissati, la Regione  e'  stata
diffidata in base alla procedura fissata dall'art. 4,  comma  1,  del
d.l. n. 159 del 2007, nel frattempo entrato in vigore,  ed  e'  stato
quindi nominato commissario ad acta,  in  data  24  luglio  2009,  il
Presidente  pro  tempore  della  Regione,  ancorche'   la   normativa
dell'epoca non imponesse tale scelta da parte del Governo. 
    Successivamente, il  7  giugno  2012,  constatato  il  perdurante
disavanzo strutturale, e dopo aver proceduto alla diffida secondo  la
procedura prevista dall'art. 2, comma 84,  della  legge  n.  191  del
2009, il Consiglio dei ministri nomino' un  dirigente  del  Ministero
della salute quale commissario ad acta «per l'adozione e l'attuazione
degli obiettivi prioritari del Piano  di  rientro  e  dei  successivi
Programmi operativi, non compiutamente realizzati dal Presidente  pro
tempore in funzione di Commissario ad acta». Gia' allora, dunque,  il
commissariamento della  Regione  Molise  si  «inalveava»  nell'ambito
della disciplina di cui all'art. 2, commi 83 e seguenti, della  legge
n. 191 del 2009, cosicche', a norma del comma 84,  il  Consiglio  dei
ministri aveva potuto procedere alla nomina di un commissario ad acta
diverso dal Presidente della Regione inadempiente. 
    Il 21 marzo 2013, il Consiglio dei  ministri,  preso  atto  degli
esiti  delle   elezioni   amministrative   regionali,   nomino',   in
sostituzione  del  precedente,  commissario  ad  acta  il   neoeletto
Presidente  della  Regione.  Pure  in  questo   caso   -   sottolinea
l'Avvocatura - il commissariamento era stato disposto  in  base  alla
legge n. 191 del 2009, che,  peraltro,  aveva  subito  nel  frattempo
significative modifiche. In particolare, in base  a  quanto  disposto
dall'art. 2, comma 6, lettera a), del decreto-legge 10 ottobre  2012,
n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di  finanza  e  funzionamento
degli enti territoriali, nonche'  ulteriori  disposizioni  in  favore
delle  zone   terremotate   nel   maggio   2012),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, veniva  novellato
il secondo periodo del comma 83 dell'art. 2 della legge  n.  191  del
2009, nel senso che veniva consentita la nomina, quale commissario ad
acta, del Presidente della Regione o «di un altro soggetto».  In  tal
modo, la  scelta  del  commissario  diveniva  discrezionale,  potendo
questa cadere sul Presidente della Regione o su altro soggetto. 
    Da ultimo - conclude l'Avvocatura - con delibera del  7  dicembre
2018, il Governo ha novamente nominato commissario ad acta un tecnico
esterno all'amministrazione regionale. 
    2.2.- Alla stregua della normativa succedutasi nel  tempo  e  del
tenore delle varie delibere di nomina, emerge che il commissariamento
della Regione Molise, originariamente  disposto  in  base  all'allora
vigente art. 4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007, e' successivamente
"transitato" nell'ambito applicativo dell'art. 2 della legge  n.  191
del 2009. 
    Pertanto, alla data di entrata in vigore dell'art. 1, comma  395,
della  legge  n.  232  del  2016  -  che  ha  sottratto  le   Regioni
commissariate dalla incompatibilita' sancita dall'art. 1, comma  569,
della legge n. 190 del 2014 -  la  Regione  Molise  doveva  ritenersi
ormai commissariata ai sensi dell'art. 2 della legge n. 191 del 2009,
con la conseguente applicabilita' della  incompatibilita'  introdotta
dalla legge n. 190 del 2014. La eventuale  incostituzionalita'  della
norma  impugnata,  pertanto,  comporterebbe  la  reviviscenza   della
incompatibilita' sancita dall'art. 1, comma 569, della legge  n.  190
del 2014, in riferimento agli incarichi  commissariali  conferiti  ai
sensi dell'art. 2, commi 73, 83 e 84 della legge  n.  191  del  2009,
impedendo  il  cumulo  per  la  Regione   Molise   dell'incarico   di
commissario con  quello  di  Presidente  della  Regione.  Da  qui  la
inammissibilita' del ricorso per difetto di interesse. 
    2.3.- Vi sarebbe, poi, un ulteriore profilo  di  inammissibilita'
delle questioni proposte. L'art. 25-septies del d.l. n. 119 del  2018
ha anche introdotto una serie di requisiti per accedere  alla  nomina
di commissario ad acta: e per questa parte, la  norma  non  e'  stata
impugnata. Pertanto, la incostituzionalita' non  potrebbe  travolgere
la disposizione in questione, la cui  perdurante  vigenza  sul  punto
imporrebbe di conferire  l'incarico  ad  un  tecnico,  precludendone,
comunque sia, l'attribuzione ad un "politico". 
    2.4.-  Scendendo  al  merito  dei  singoli  motivi  di   ricorso,
l'Avvocatura generale dello Stato eccepisce la inammissibilita' della
prima censura, concernente la  prospettata  violazione  dell'art.  77
Cost.,  che  la  ricorrente  deduce  in  quanto,  essendo  stata   la
disposizione  oggetto  di  impugnativa  inserita   dalla   legge   di
conversione, mancherebbe il necessario nesso di correlazione  tra  la
norma introdotta dalla legge di  conversione  ed  il  decreto  legge;
vizio, quello prospettato,  che  ridonderebbe,  comprimendole,  sulle
prerogative costituzionali della Regione  nelle  materie  concorrenti
della tutela della salute e del coordinamento della finanza pubblica. 
    Ad  avviso  della  Avvocatura,  infatti,   la   censura   sarebbe
inammissibile per mancanza di lesione di attribuzioni  regionali,  in
quanto altro  e'  la  disciplina  dei  piani  di  rientro,  altro  la
disciplina  del  commissariamento,  che  e'  espressione  del  potere
sostitutivo dello Stato ai sensi dell'art. 120 Cost. ed e' oggetto di
competenza statale esclusiva. Anche se si tratta  di  discipline  fra
loro correlate, le  stesse  andrebbero  tenute  distinte,  in  quanto
riferite a fasi diverse della procedura  finalizzata  al  risanamento
dei servizi sanitari: per la prima, attinente ai  piani  di  rientro,
trova applicazione il principio cooperativo e di condivisione; per la
seconda,  riguardate  il  commissariamento,   oggetto   della   norma
censurata,  la  competenza  legislativa  e'  di  esclusiva  spettanza
statale. 
    La  censura  sarebbe  comunque  infondata.  La  norma  impugnata,
infatti, opera all'interno di una tematica riconducibile alla finanza
pubblica, essendo l'andamento della sanita' regionale una  componente
importante  dell'assetto  economico  nazionale,  al  punto   che   la
disposizione in questione e' intervenuta su norme  contenute  in  due
distinte leggi finanziarie. Circostanze tanto piu'  significative  in
rapporto  al  tema  di  commissariamenti,   i   quali   presuppongono
situazioni di grave squilibrio finanziario che comportano  interventi
immediati a tutela della economia nazionale ed a garanzia dei livelli
essenziali delle prestazioni sanitarie. 
    2.5.- Il secondo e terzo motivo di ricorso vengono  reputati  fra
loro connessi, riguardando, l'uno, la  violazione  del  principio  di
leale collaborazione in quanto la norma censurata coinvolge la tutela
della salute e il coordinamento della finanza  pubblica,  oggetto  di
potesta'   legislativa   concorrente;   e,   l'altro,   la   asserita
inosservanza dei limiti al potere sostitutivo statale. 
    Entrambe le censure sono, ad avviso della Avvocatura,  infondate,
in  quanto  la  norma  impugnata  costituisce  esercizio  del  potere
sostitutivo di cui all'art. 120, secondo comma, Cost.,  di  esclusiva
pertinenza statale, essendo volto al fine di  salvaguardare  l'unita'
economica  dello  Stato  ed  assicurare  il  rispetto   dei   livelli
essenziali  delle  prestazioni  sanitarie,  mediante  la  nomina   di
commissari ad  acta  per  la  realizzazione  dei  piani  di  rientro.
L'identica base costituzionale e normativa attribuisce allo Stato  il
potere di stabilire quali incarichi siano  incompatibili  con  quello
commissariale e l'ambito temporale delle incompatibilita', e, dunque,
anche in riferimento agli incarichi in corso. 
    Trattandosi di materia estranea  alla  competenza  regionale,  si
rivela infondata la censura che pretenderebbe coinvolgere la  Regione
attraverso lo strumento della intesa. Si richiama, a  tale  riguardo,
quanto piu' volte affermato da questa Corte a proposito del fatto che
l'attivita'  del  commissario  deve  essere  posta   al   riparo   da
interferenze legislative o amministrative da parte  della  Regione  e
viene a tal proposito rievocata la sentenza n. 278 del 2014,  di  cui
si citano ampi stralci. 
    E' ben vero  -  osserva  l'Avvocatura  -  che  il  secondo  comma
dell'art. 120 Cost. puntualizza che la legge assicura  che  i  poteri
sostitutivi  vengano  esercitati  nel  rispetto   dei   principi   di
sussidiarieta'  e  leale  collaborazione;  tuttavia  cio'   riguarda,
appunto, la fase del procedimento che conduce al commissariamento, ma
non la fissazione dei requisiti del commissario  o  le  modalita'  di
svolgimento del relativo mandato. 
    Nella sentenza n. 43 del 2004, questa Corte ha infatti  affermato
che  l'art.  120  Cost.  intende  assicurare  la  previsione  di  «un
procedimento nel quale l'ente sostituito sia comunque messo in  grado
di evitare la sostituzione attraverso l'autonomo  adempimento,  e  di
interloquire nello stesso procedimento». 
    Ed infatti, la normativa di settore  -  segnatamente,  l'art.  1,
commi 174 e 180, della legge n. 311 del 2004; l'art. 4, comma 2,  del
d.l. n. 159 del 2007, e l'art. 2, commi 79, 83 e 84  della  legge  n.
191 del 2009 - prevede un ampio coinvolgimento regionale,  attraverso
una diffida all'attuazione del piano di rientro e la previsione di un
accordo  con  lo  Stato  che  individui  gli  interventi   necessari.
Procedimento, questo, che si ripete anche nelle  ipotesi  in  cui,  a
seguito di monitoraggio del piano di  rientro,  si  registrino  degli
inadempimenti, giacche', anche in tal caso, non si procede subito  al
commissariamento, ma occorre prima  novamente  diffidare  la  Regione
perche' adotti gli atti  necessari  per  garantire  il  conseguimento
degli obiettivi fissati nel piano. 
    La concertazione, dunque, e' ampiamente assicurata e le doglianze
connesse alla  violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  buon
andamento della  azione  amministrativa  risulterebbero  estranee  al
contesto normativo. 
    L'unico limite che incontra il potere statale esclusivo e',  come
gia' detto, assicurare il rispetto dei principi di  sussidiarieta'  e
leale   collaborazione   nella   fase   prodromica   e    preordinata
all'esercizio del potere sostitutivo: cosa che il quadro normativo di
riferimento indubbiamente garantisce, dal momento che alla  fase  del
commissariamento si addiviene solo come extrema ratio,  in  una  fase
patologica derivante dalla inerzia regionale. 
    2.6.- Peraltro, soggiunge l'Avvocatura, anche  a  voler  ritenere
che  la  norma  impugnata  sia  riconducibile  pure  alle  materie  a
legislazione  concorrente   della   tutela   della   salute   e   del
coordinamento  della  finanza  pubblica,   le   doglianze   sarebbero
ugualmente infondate. Come infatti da ultimo ribadito da questa Corte
nella sentenza n. 199 del 2018, l'autonomia  legislativa  concorrente
regionale puo'  subire  limitazioni  alla  luce  degli  obiettivi  di
finanza pubblica e della esigenza di contenimento della spesa. 
    Pertanto, quando la Regione ricorrente sostiene che la nomina  di
un   commissario   ad    acta    estraneo    all'assetto    regionale
rappresenterebbe una anomalia «fonte di impasse  nella  gestione  del
servizio sanitario regionale»,  trascura  di  considerare  che,  come
reiteratamente  affermato  dalla  giurisprudenza  costituzionale,  lo
stesso deve essere tenuto  «al  riparo  da  ogni  interferenza  degli
organi regionali»: evenienza, questa, che  non  si  vede  come  possa
essere   meglio   assicurata,   se   non   proprio   attraverso   una
incompatibilita'   tra   l'incarico   commissariale   e   quello   di
amministratore regionale. 
    Affermato il principio, soggiunge l'Avvocatura, esso non puo' che
avere valenza generale, operando sia per  i  commissariamenti  futuri
sia per quelli in corso, senza che vi sia possibilita',  come  deduce
la Regione ricorrente, di stabilire regimi differenziati  seconda  la
"imputabilita'" del disavanzo alla amministrazione in  carica  o  no,
dal momento che la norma deve  avere  una  portata  unica  a  livello
nazionale. 
    D'altra parte, la norma non ha un significato "sanzionatorio", ma
svolge una funzione preventiva, giacche' mira - come si e' detto -  a
porre il commissario al riparo da interferenze dagli organi regionali
mediante la "separazione fisica" dell'incarico di commissario,  cosi'
da evitare qualsiasi rischio connesso alla commistione di ruoli. 
    Del resto, osserva ancora l'Avvocatura, l'opportunita', anche nei
confronti della  Regione  ricorrente,  di  una  separazione  fra  gli
incarichi,  emergerebbe  dai  risultati  negativi   della   pregressa
gestione  da  parte  del  Presidente  della  Giunta  regionale,  come
trasparirebbe dal verbale della riunione congiunta del Tavolo tecnico
per la verifica degli adempimenti regionali e del Comitato permanente
per la verifica dei livelli essenziali di  assistenza  della  Regione
Molise tenutasi il 20 novembre 2018, tanto che gli organismi preposti
alle   verifiche   periodiche   hanno   richiesto   alla    struttura
commissariale un nuovo programma operativo per il triennio 2019-2021. 
    2.7.- Infondato sarebbe anche il quarto motivo  di  ricorso,  nel
quale si deduce la violazione di vari parametri di costituzionalita',
in quanto la scelta  di  nominare  un  commissario  ad  acta  esterno
comporterebbe un  nuovo  ed  irrazionale  onere  finanziario  per  la
Regione. 
    Osserva infatti  l'Avvocatura  che,  anche  a  voler  prescindere
dall'ammontare irrisorio di tali nuovi oneri rispetto ad un disavanzo
di oltre 26 milioni di euro, si ribadisce che la  possibilita'  della
nomina di un commissario esterno  era  gia'  da  tempo  espressamente
prevista sul piano normativo, sicche' il legislatore ha evidentemente
ritenuto  giustificata  e  compatibile  tale  possibilita'   con   le
situazioni di disavanzo regionali.  Ragionare  diversamente,  d'altra
parte, significherebbe «escludere, in ogni occasione, la nomina - pur
da tempo esplicitamente consentita, ed ora anche imposta dalla  legge
- di un commissario ad acta esterno». 
    2.8.-  Con  il  quinto  motivo  di  ricorso,  circoscritto   alla
previsione  che  rende  operativa  la   incompatibilita'   anche   in
riferimento agli  incarichi  in  corso,  la  pretesa  violazione  del
principio  di  affidamento  sarebbe  inammissibile  per  difetto   di
interesse, perche' nessun  titolare  di  incarichi  regionali  svolge
attualmente la funzione di commissario, essendo stato nominato - come
si  e'  detto  -   il   7   dicembre   2018   un   soggetto   esterno
all'amministrazione regionale. 
    La censura sarebbe, comunque sia, infondata, in  quanto  il  dato
normativo  e   le   vicende   riguardanti   la   Regione   ricorrente
escluderebbero  la  possibilita'  che  si  sia  formato  un   qualche
affidamento in materia di nomina dei commissari ad acta. L'art. 4 del
d.l. n. 159 del 2007,  infatti,  non  prevedeva  nulla  al  riguardo,
consentendo di nominare un soggetto tanto interno quanto esterno alla
amministrazione regionale. L'art. 2, commi 79 e seguenti, della legge
n. 191 del 2009, se nel  testo  originario  prevedeva  la  necessaria
coincidenza tra l'incarico di  commissario  e  quello  di  Presidente
della Regione, per effetto delle modifiche apportate dal d.l. n.  174
del 2012 e dalla relativa legge di conversione n. 213  del  2012,  ha
novamente  consentito  che  la  nomina  del  commissario  riguardasse
indifferentemente il Presidente della Regione o altro soggetto.  Tale
alternativita' e' poi venuta meno a decorrere dal 1° gennaio 2015 per
effetto della incompatibilita' sancita dai commi 569 e 570  dell'art.
1 della legge n. 190 del 2014; incompatibilita', poi, soppressa,  per
le sole Regioni commissariate, ai sensi dell'art.  4,  comma  2,  del
d.l. n. 159 del 2007, dai commi 395 e 396 dell'art. 1 della legge  n.
232 del 2016. 
    Dunque - osserva l'Avvocatura - nessun affidamento poteva  essere
riposto dalla Regione Molise sul quadro normativo  previgente,  posto
che,  sin  dal  2012,  l'incarico  di   commissario   poteva   essere
indifferentemente  affidato  al  Presidente  della  Regione  o  altro
titolare di incarico regionale, ovvero ad un soggetto  estraneo  alla
amministrazione regionale. 
    Il che, fra l'altro,  dimostrerebbe  che  dal  2012  la  gestione
commissariale non poteva piu' avere - come deduce la ricorrente - una
struttura duale (commissario politico e sub commissario tecnico),  in
quanto essa era unificata e indifferentemente  attribuibile  o  a  un
politico  o  ad  un  tecnico,  per  giungere,  nel   2015,   ad   una
incompatibilita', poi asseverata dalla norma oggetto di censura. 
    La vicenda concreta della Regione Molise, d'altra parte,  che  ha
visto un'alternanza di commissari tra  Presidenti  della  Regione  ed
esterni, confermerebbe l'impossibilita' di ritenere maturato, in capo
alla Regione stessa, un qualche affidamento sul punto. 
    3.- La Regione Molise ha depositato, il 12 giugno  2019,  memoria
con la quale ha  insistito  nelle  conclusioni  gia'  rassegnate  nel
ricorso. A proposito della  ricostruzione  offerta  dalla  Avvocatura
generale dello Stato a sostegno della dedotta carenza  di  interesse,
si osserva come la tesi - ancorche' suggestiva - secondo la quale dal
momento in cui e' stato nominato commissario il dott. Filippo  Basso,
dirigente del Ministero della  salute,  il  commissariamento  sarebbe
confluito nella disciplina dettata dall'art. 2, commi 83 e  seguenti,
della legge n. 191 del 2009, non coglierebbe nel segno. 
    Infatti, secondo quanto ha previsto il comma 88 dell'art. 2 della
legge 191 del 2009, per le Regioni gia' commissariate al 31  dicembre
2009   restava   fermo   il   previgente   assetto   della   gestione
commissariale, applicandosi, al tempo stesso, i  commi  da  80  a  86
dell'art. 2 della stessa legge n. 191 del 2009. 
    D'altra parte,  nella  stessa  delibera  di  nomina  si  richiama
espressamente, fra l'altro, l'art. 4, commi 1 e 2, del  d.l.  n.  159
del 2007 e, tra i compiti specificamente  demandati  al  dott.  Basso
figura proprio «l'adozione di eventuali necessari  provvedimenti  per
l'attuazione di quanto previsto dal sopracitato art. 4, comma 2,  del
D.L. n. 159/2007». 
    Il richiamo al citato art. 4, commi 1 e 2,  permane  anche  nella
successiva delibera del 21 marzo 2013, con la quale il Consiglio  dei
ministri ha nominato commissario ad acta il Presidente della  Regione
Molise, dott. Paolo Di Laura Frattura: anzi, in detta delibera -  che
l'Avvocatura asserisce essere stata adottata ai  sensi  dell'art.  2,
comma 83, della legge n. 191 del 2009 - la  norma  in  questione  non
sarebbe stata neppure menzionata. 
    Del pari non condiviso e' l'assunto secondo il quale la nomina  -
tenuto conto delle modifiche introdotte dal d.l. n. 174  del  2012  -
potendo  riguardare  sia  il  Presidente  della  Regione  sia   altro
soggetto,  sarebbe  stata  conferita  al   primo   per   una   scelta
discrezionale del Governo.  Si  osserva,  infatti,  che  la  delibera
espressamente  riferisce  «di  dover  procedere»  alla   nomina   del
Presidente della Regione, dal momento che il d.l.  n.  174  del  2012
aveva introdotto nella legge n. 191 del 2009 il comma 84-bis,  che  -
nel testo  vigente  alla  data  di  adozione  di  quella  delibera  -
stabiliva che «in caso di dimissioni o di impedimento del  presidente
della regione il Consiglio dei  ministri  nomina  un  commissario  ad
acta, al quale spettano i poteri indicati nel terzo e quarto  periodo
del comma 83 fino all'insediamento del nuovo presidente della regione
o alla cessazione della causa di impedimento. Il  presente  comma  si
applica anche ai commissariamenti disposti ai sensi dell'articolo  4,
comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007,  n.  222,  e  successive
modificazioni». 
    Tale disposizione, dunque, non lasciava alcuna  discrezionalita',
obbligando il Governo a nominare commissario il neoeletto  Presidente
della Regione. 
    Non vi sarebbe dunque  stata  alcuna  "inalveazione",  quanto  al
succedersi delle nomine, nella disciplina di cui alla  legge  n.  191
del 2009, la quale si e' aggiunta, senza abrogarla,  alla  disciplina
di cui  all'art.  4  del  d.l.  n.  159  del  2007,  che  continua  a
rappresentare la disciplina base del commissariamento della  Regione,
come e' dimostrato dal fatto che  essa  costituisce  la  prima  delle
fonti normative citate anche nell'ultima delibera  di  nomina  del  7
dicembre 2018. 
    Il tutto, a testimonianza,  non  solo  della  ammissibilita'  del
ricorso, ma  anche  della  fondatezza  della  censura  relativa  alla
violazione del principio di affidamento. 
    3.1.- Si contesta anche l'assunto dell'Avvocatura generale  dello
Stato secondo il quale la mancata  impugnativa  dell'art.  25-septies
del d.l. n. 119 del 2018,  nella  parte  in  cui  si  stabiliscono  i
requisiti  professionali  del  commissario,  imporrebbe  comunque  di
nominare un tecnico anziche'  un  "politico":  la  Regione,  infatti,
avrebbe impugnato l'articolo nella sua interezza; per altro verso, e'
ovvio che la  contestazione  concernente  la  nomina  di  un  tecnico
assorbe il profilo relativo ai requisiti di professionalita'. 
    3.2.- Infondato viene ritenuto anche l'assunto secondo  il  quale
la  Regione  non  sarebbe  legittimata  a  dolersi  della  violazione
dell'art. 77 Cost., in quanto nella specie  la  disciplina  censurata
sarebbe espressione del potere sostitutivo che spetta  soltanto  allo
Stato. Si osserva,  infatti,  in  via  generale,  che  la  competenza
statale esclusiva non esclude affatto  che  il  suo  esercizio  possa
determinare  interferenze  rispetto  ad  attribuzioni  costituzionali
regionali, cosi' come la legislazione regionale puo'  incidere  sulle
competenze commissariali, come e' dimostrato dalle varie  pronunce  -
adottate proprio in forza dell'art. 120 Cost. - che hanno  dichiarato
incostituzionali leggi regionali che  interferivano  con  l'esercizio
delle attribuzioni commissariali. 
    E' dunque censurabile  da  parte  della  Regione  -  sostiene  la
ricorrente - una norma che si deduca essere  adottata  in  violazione
dell'art. 77 Cost.,  proprio  per  la  "ridondanza"  che  la  materia
presenta rispetto alle competenze  regionali,  come  richiesto  dalla
giurisprudenza costituzionale. 
    Si ribadisce, poi, la fondatezza della questione,  non  apparendo
corretti i rilievi svolti al riguardo dall'Avvocatura generale  dello
Stato. Sarebbe irrilevante, infatti, la circostanza  che  la  materia
dei commissariamenti sia stata  fra  l'altro  disciplinata  in  leggi
finanziarie e riguardi il coordinamento della  finanza  pubblica,  in
quanto, ove il rilievo fosse corretto, il  decreto  fiscale  potrebbe
«legittimamente ospitare -  specie  se,  come  nel  caso  di  specie,
aggiunte in blocco in sede di conversione - norme  concernenti  tutte
le questioni e le materie possibili e immaginabili,  purche'  abbiano
un  qualche  collegamento  con  la  finanza   pubblica   (istruzione,
giustizia, previdenza, difesa, etc.)». 
    3.3.- A proposito del secondo e terzo motivo di ricorso -  con  i
quali si deduceva, sotto diversi profili, la violazione  degli  artt.
3, 97, 117, terzo comma, 118 e 120 Cost. - si contesta la tesi  della
Avvocatura  secondo  la  quale  la   materia   dei   commissariamenti
riguarderebbe il potere  sostitutivo  che  appartiene  esclusivamente
allo Stato, in quanto la stessa coinvolgerebbe i piani di rientro che
- come affermato da questa Corte - riguardano un  duplice  ambito  di
potesta' legislativa  concorrente,  individuato  nella  tutela  della
salute e nel coordinamento della finanza pubblica. 
    Sul potere sostitutivo, peraltro, e' lo stesso art. 120 Cost.  ad
evocare il principio di sussidiarieta'  e  la  leale  collaborazione:
sicche', circoscrivere tali principi alla sola  fase  antecedente  al
commissariamento equivarrebbe a travisare il dettato  costituzionale,
in quanto detti principi  non  riguardano  solo  l'an,  ma  anche  il
quomodo del commissariamento, consentendo alla Regione di esporre  le
ragioni per le quali sia preferibile mantenere in capo al titolare di
un incarico regionale il ruolo di commissario ad acta,  e  rispettare
cosi' la sussidiarieta' attraverso il coordinamento operativo con  la
istituzione regionale. 
    Quanto ai profili di  irragionevolezza  ed  antieconomicita',  si
osserva come le censure si incentrino sulla aprioristica scelta di un
commissario esterno alla Regione, senza consentire a quest'ultima  di
suggerire soluzioni alternative. 
    Si insiste, poi, sulla censura di  violazione  del  principio  di
affidamento, in quanto la tesi della Avvocatura, secondo la quale  la
censura stessa sarebbe priva di interesse, attestata dalla nomina  di
un soggetto esterno alla Regione, si rivela fallace, essendo stata la
nomina in questione impugnata sia davanti al tribunale amministrativo
regionale competente sia attraverso il conflitto proposto alla  Corte
costituzionale e iscritto al n. 2 del 2019 del registro conflitti tra
enti. 
    3.4.- Quanto al  merito,  si  richiamano  le  varie  vicende  del
commissariamento  regionale,  dalle  quali  emergerebbe  che  per  le
Regioni commissariate ai sensi dell'art. 4, comma 2, del d.l. n.  159
del 2007, come la Regione Molise, all'epoca  dei  vari  provvedimenti
non risultava vigente una normativa di incompatibilita' tra la carica
di commissario ad acta ed eventuali incarichi regionali. 
    Irrilevanti sarebbero, infine, i rilievi svolti dalla  Avvocatura
generale dello Stato in merito  alle  difficolta'  finanziarie  della
sanita' molisana,  trattandosi  di  situazione  che  prescinde  dalla
identita' del commissario nominato. 
    4.- A seguito del rinvio della  udienza,  la  Regione  Molise  ha
depositato  il  1°  ottobre  2019  ulteriore  memoria,  ribadendo  la
fondatezza tanto del ricorso n. 31 del 2019 quanto  del  ricorso  per
conflitto fra enti n. 2 del 2019, sottolineando come la  sentenza  di
questa Corte n. 200 del 2019, con  la  quale  e'  stato  respinto  il
ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Calabria
nei confronti dello Stato, in riferimento alla delibera di nomina del
commissario e del  sub-commissario  per  l'attuazione  del  piano  di
rientro  dai  disavanzi  del  servizio  sanitario,  conforterebbe  la
fondatezza dei ricorsi della stessa Regione Molise. 
    Da un lato, infatti, le censure proposte dalla  Regione  Calabria
si fondavano su  circostanze  diverse  e  peculiari;  dall'altro,  le
situazioni di criticita' riscontrate nella gestione commissariale  di
quella Regione non  sarebbero  ravvisabili  nel  caso  della  Regione
Molise. Dalla riunione congiunta del Tavolo tecnico per  la  verifica
degli adempimenti regionali emergerebbe, infatti, che per il  2017  -
sotto la gestione commissariale del  Presidente  della  Regione  -  i
livelli  essenziali  di  assistenza  (d'ora  in  avanti:  LEA)  hanno
superato la soglia di sufficienza, mentre al contrario,  dal  verbale
della riunione del 24  luglio  2019,  i  dati  acquisiti  del  tavolo
tecnico dimostrano che la gestione affidata a soggetto estraneo  alla
amministrazione   regionale   «presenta    persistenti    criticita',
evidenziate nelle conclusioni del Verbale stesso». 
    5.- Anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha  depositato
il 1° ottobre 2019 memoria nella quale, in riferimento alla questione
di legittimita' costituzionale sollevata dalla Regione Molise con  il
ricorso n. 31 del 2019, ha in larga  misura  rievocato  le  deduzioni
svolte nella memoria di costituzione. Si ribadisce,  in  particolare,
che la Regione non avrebbe impugnato l'art. 25-septies  del  d.l.  n.
119 del 2018 nella parte  in  cui  -  comma  2,  lettera  b)  -  sono
stabiliti i requisiti professionali che deve possedere il commissario
ad acta; requisiti che certamente il  Presidente  della  Ragione  non
possiede. La tesi opposta sostenuta dalla Regione e',  comunque  sia,
non conferente, in quanto la  materia  del  commissariamento  rientra
nell'ambito del potere sostitutivo esclusivo dello  Stato.  L'assunto
secondo il quale la previsione di requisiti  ridondi  a  danno  delle
competenze legislative ed amministrative regionali in tema di  tutela
della salute e coordinamento della finanza pubblica sarebbe privo  di
fondamento,  in  quanto  una  lesione  delle  prerogative   regionali
potrebbe ipotizzarsi solo se il commissariamento della Regione  fosse
stato disposto in mancanza di un  disavanzo  strutturale  in  materia
sanitaria. 
    Neppure in astratto, infatti, potrebbe realizzare un vulnus delle
competenze regionali la previsione di determinati requisiti in capo a
coloro che sono nominati all'incarico commissariale,  trattandosi  di
organo straordinario e temporaneo dello Stato, cui compete stabilirne
i  requisiti.  Rientra  dunque  nei  poteri  sostitutivi  quello   di
individuare  anche   le   incompatibilita'   e   le   caratteristiche
professionali del commissario. 
    5.1.- Si ribadisce, poi, che non sarebbe violato l'art. 77 Cost.,
in quanto la norma censurata e' stata deliberata non dal  Governo  ma
dal Parlamento,  e  sarebbe,  comunque  sia,  materia  estranea  alle
competenze  regionali.  La  disposizione,  d'altra   parte,   avrebbe
attinenza  alla   materia   del   decreto,   vale   a   dire   quella
economico-finanziaria, posto che la disciplina dei piani di rientro e
del commissariamento  atterrebbero  alla  finanza  pubblica  ed  alle
politiche di bilancio. 
    5.2.- Viene anche ulteriormente sottolineato che il principio  di
leale  collaborazione  che  si  assume  violato  non  riguarda,   per
principio,  l'attivita'  di   normazione,   mentre   quel   principio
assumerebbe rilievo solo per la fase del procedimento che conduce  al
commissariamento, senza coinvolgere i requisiti per  l'assunzione  di
quell'incarico.   Requisiti   che   possono    riguardare    sia    i
commissariamenti  futuri  sia  quelli  in  atto,  non  rilevando   la
distinzione  basata  sulla  colpevolezza  o  meno   delle   pregresse
gestioni, stante la esigenza di uniformita' di disciplina e l'assenza
di finalita' "sanzionatorie" della norma censurata. La finalita'  e',
anzi, di tipo "preventivo", mirando a porre il commissario al  riparo
da interferenze regionali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Molise propone ricorso in via  principale  avverso
l'art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 23 ottobre 2018,
n. 119 (Disposizioni  urgenti  in  materia  fiscale  e  finanziaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2018, n.  136,
nella parte  in  cui  tale  norma  dispone  la  incompatibilita'  del
conferimento e del mantenimento dell'incarico di commissario ad  acta
per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo  sanitario  delle
Regioni con  l'espletamento  di  incarichi  istituzionali  presso  la
Regione soggetta a commissariamento e  stabilisce  la  applicabilita'
della incompatibilita' anche per gli incarichi commissariali in corso
alla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge   di   conversione,
introduttiva  del  citato  articolo,  con  la  conseguente  decadenza
dall'incarico commissariale dei Presidenti  di  Regione  a  far  data
dalla nomina dei nuovi Commissari ad acta. 
    1.1.- La disciplina censurata  contrasterebbe,  ad  avviso  della
Regione ricorrente, con vari parametri di costituzionalita'. 
    Risulterebbe,  infatti,  anzitutto  violato   l'art.   77   della
Costituzione  in   riferimento   alle   attribuzioni   costituzionali
riconosciute alla Regione nelle materie della «tutela della salute» e
del «coordinamento della finanza pubblica», ai sensi  dell'art.  117,
terzo comma, e 118 Cost., nonche' violazione del principio  di  leale
collaborazione. Sussisterebbe violazione dell'art.  77  Cost.  -  con
ridondanza sulle attribuzioni  regionali  in  tema  di  tutela  della
salute e di coordinamento della finanza  pubblica  -  a  causa  della
evidente estraneita' della  norma  impugnata  rispetto  alla  materia
disciplinata dalle altre disposizioni del  decreto-legge  in  cui  e'
stata inserita in sede di conversione. 
    Vulnerato sarebbe anche il  principio  di  leale  collaborazione,
trattandosi di intervento adottato unilateralmente dello Stato, senza
alcun coinvolgimento della Regione. 
    1.2.- Viene poi dedotta la violazione degli artt. 3 e  97  Cost.,
nonche' la violazione del principio di leale collaborazione  a  norma
degli artt. 117 e 118 Cost. e degli artt. 117, terzo comma, 118 e 120
Cost. , in quanto, tenuto conto della funzione dei piani di rientro e
del necessario confronto istituzionale, la  norma  impugnata  avrebbe
generato  effetti  addirittura  dannosi,  introducendo,  senza  alcun
coinvolgimento  regionale,  una  preclusione  assoluta,   applicabile
retroattivamente anche per quelle Regioni il cui commissariamento  e'
gia' in atto e che viene ad  essere  intaccato  dall'innesto  di  una
figura  di  commissario  completamente  slegata   dalla   istituzione
regionale. 
    1.3.- L'art. 3 Cost. sarebbe violato anche sotto il profilo della
totale assenza di margine di apprezzamento del caso concreto,  tenuto
conto del buon andamento della gestione dei  piani  di  rientro,  con
evidenti  riflessi   negativi   sulle   competenze   regionali,   sia
amministrative sia legislative, in materia di tutela della  salute  e
coordinamento della finanza pubblica. 
    Il medesimo parametro costituzionale viene evocato anche sotto il
profilo del mancato rispetto del principio  di  proporzionalita',  in
quanto  la  norma  impugnata  non  sarebbe  certamente  quella   meno
pregiudizievole  per  le   attribuzioni   costituzionali   regionali,
considerato che la stessa impone un onere sproporzionato rispetto  al
fine  da  perseguire,  dal  momento  che   non   prende   in   alcuna
considerazione le situazioni specifiche, prescindendo, quindi,  dalla
bonta' o meno della esperienza commissariale in corso. 
    1.4.-  Si  deduce,   inoltre,   violazione   del   principio   di
ragionevolezza,  nonche'  del  principio  di  buon  andamento   della
pubblica   amministrazione   e   di   leale   collaborazione   e   di
sussidiarieta', di cui agli artt. 117, terzo comma, 118 e 120  Cost.,
in quanto la norma denunciata non rispetterebbe i paradigmi declinati
dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di  sussidiarieta'.  Non
sussisterebbe, in particolare, il presupposto della inerzia regionale
tale da legittimare l'intervento normativo, ne' si sarebbe realizzata
alcuna fase di confronto con  la  Regione  interessata.  Non  sarebbe
stato neppure rispettato il principio di sussidiarieta', in quanto e'
stata adottata una soluzione opposta  a  quella  di  privilegiare  la
prossimita' del commissario rispetto all'istituto regionale. 
    Il tutto, osserva la Regione ricorrente, in  assenza  di  ragioni
particolari atte a giustificare la scelta  operata,  con  i  naturali
riverberi  negativi  sulle  attribuzioni  regionali,  con   specifico
riferimento   a   quelle   relative   alla   tutela   della   salute.
L'esautoramento regionale sarebbe poi avvenuto, in  spregio  all'art.
120 Cost., senza rispetto  del  principio  di  leale  collaborazione,
generando, anche, la correlativa violazione del  principio  di  buona
amministrazione ex art. 97 Cost. 
    1.5.- Si lamenta, altresi', la violazione degli  artt.  81  e  97
Cost., in riferimento agli artt.  117,  terzo  comma,  e  118  Cost.,
nonche' in riferimento al principio di leale collaborazione. La nuova
nomina  del  commissario,  infatti,  trattandosi  di  persona   terza
rispetto alla  amministrazione,  e  dunque  da  retribuire  ex  novo,
comportera' per la Regione nuovi  oneri  finanziari.  Il  che  genera
perplessita' per il fatto che tali nuovi oneri possano essere imposti
ad una Regione gia' obbligata ad adempiere al piano di rientro  delle
spese sanitarie. 
    La  esigenza  di  contenimento  della  spesa  pubblica,   imposta
dall'art. 81  Cost.,  risulterebbe  pertanto  frustrata  dalla  norma
censurata, senza  che  risulti  alcuna  ragione  per  abbandonare  il
precedente e piu' economico modello, con conseguente violazione anche
dell'art. 97 Cost. 
    Scelte, quelle censurate, che sono state operate  in  assenza  di
qualsiasi concertazione. 
    1.6.- Viene denunciata, infine, la violazione  del  principio  di
affidamento, quale  enunciato  dalla  giurisprudenza  costituzionale,
stante la portata sostanzialmente retroattiva della norma dettata dal
comma 3 dell'art. 25-septies impugnato. 
    La cessazione automatica del mandato commissariale  in  corso,  a
prescindere da qualsiasi valutazione di  opportunita',  equivarrebbe,
inoltre, ad un intervento sostitutivo nei confronti della Regione del
tutto discrezionale, in violazione del  principio  di  ragionevolezza
(art. 3 Cost.), di quello di buona amministrazione (art.  97  Cost.),
degli artt. 117, terzo comma, 118 e 120  Cost.  e  del  principio  di
leale collaborazione. 
    2.- L'Avvocatura generale dello Stato propone una prima eccezione
di inammissibilita' del ricorso, fondata sulla carenza di  interesse,
al lume di una articolata deduzione.  Alla  stregua,  infatti,  della
normativa succedutasi nel tempo e del tenore delle varie delibere  di
nomina, emergerebbe che il  commissariamento  della  Regione  Molise,
originariamente disposto in base all'allora vigente art. 4, comma  2,
del decreto-legge 1° ottobre 2007,  n.  159  (Interventi  urgenti  in
materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equita'  sociale),
convertito con modificazioni nella legge 29 novembre  2007,  n.  222,
sarebbe   successivamente   "transitato"   nell'ambito    applicativo
dell'art.  2  della  legge   23   dicembre   2009,   n.191,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2010)». 
    Pertanto, alla data di entrata in vigore dell'art. 1, comma  395,
della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2017  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2017-2019) - che ha eliminato per le  Regioni  commissariate
la incompatibilita' sancita dall'art. 1, comma 569,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'
2015)» - la Regione Molise doveva ritenersi  ormai  commissariata  ai
sensi dell'art. 2 della legge n. 191 del  2009,  con  la  conseguente
applicabilita' della incompatibilita' introdotta dalla legge  n.  190
del 2014. La eventuale  incostituzionalita'  della  norma  impugnata,
pertanto,  comporterebbe  la  reviviscenza   della   incompatibilita'
sancita dall'art. 1, comma 569, della  legge  n.  190  del  2014,  in
riferimento agli incarichi commissariali conferiti ai sensi dell'art.
2, commi 73, 83 e 84 della legge n. 191 del 2009, impedendo il cumulo
per la Regione Molise dell'incarico  di  commissario  con  quello  di
Presidente della Regione. 
    Da qui, ad  avviso  della  resistente,  la  inammissibilita'  del
ricorso per difetto di interesse. 
    2.1.-  La  eccezione  sollevata  dalla  Avvocatura  comporta   la
necessaria  disamina   del   complesso,   articolato   e   non   poco
contraddittorio quadro normativo di riferimento, entro il quale si e'
snodata, nel corso degli anni, la disciplina  dei  piani  di  rientro
delle   spese   sanitarie,    delle    correlative    procedure    di
commissariamento e delle altalenanti scelte operate  in  ordine  alle
"qualita'"  che  doveva  ricoprire  la  persona  da  nominare   quale
commissario ad acta per il riordino finanziario delle spese sanitarie
gravanti sui bilanci regionali. 
    2.1.1.- E' noto che, in considerazione della grave e  persistente
incapacita' di alcune Regioni  di  controllare  la  spesa  sanitaria,
dando vita a situazioni di deficit  strutturali  tali  da  interagire
anche con i livelli delle  prestazioni  erogabili,  a  partire  dalla
legge  30  dicembre  2004,  n.  311  recante  «Disposizioni  per   la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2005)», successivamente oggetto di  varie  modifiche,  il
legislatore statale introdusse un meccanismo  articolato  che  faceva
leva sui piani di rientro, in virtu' del quale  veniva  imposto  alle
Regioni, che si fossero  trovate  in  una  condizione  di  sofferenza
finanziaria strutturale in materia sanitaria, di  sottoporsi  ad  una
complessa procedura di risanamento, al fine di poter beneficiare  del
sostegno finanziario dello Stato ed accedere a  nuovi  finanziamenti.
Gli   impegni   per   il   monitoraggio   ed   il   contenimento    e
razionalizzazione della spesa sanitaria, sottoscritti attraverso  una
apposita intesa Stato-Regioni, erano assoggettati ad un controllo  da
parte di organismi appositamente istituiti dalla medesima intesa. 
    Al fine di garantire la realizzazione degli  obiettivi  stabiliti
nei piani di rientro stipulati in base all'art. 1, comma  180,  della
legge  n.  311  del  2004,  il  legislatore  statale  introdusse  una
particolare procedura descritta nell'art. 4 del d.l. n. 159 del 2007.
In  particolare,  e  per  quel  che  qui  interessa,  venne  prevista
inizialmente una diffida ai sensi dell'art. 8, comma 1, della legge 5
giugno 2003, n. 131 (Attuazione dell'art. 120 della Costituzione  sul
potere sostitutivo) nei confronti della Regione  che  si  fosse  resa
inadempiente rispetto agli impegni assunti in sede di  sottoscrizione
dei piani di rientro e, poi, la nomina, da parte del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, di un commissario ad acta, con il compito  di
realizzare le finalita' riportate nel piano concordato  tra  Stato  e
Regione. 
    Va peraltro sottolineato che l'art. 4, comma 2, del d.l.  n.  159
del 2007, nella sua formulazione originaria  aveva  previsto  che  la
nomina a commissario ad acta fosse incompatibile con l'affidamento  o
la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la Regione
soggetta a commissariamento. Tale incompatibilita' e' poi venuta meno
in ragione della sua espressa  abrogazione  ad  opera  dell'art.  79,
comma 3, del decreto-legge 25  giugno  2008,  n.  112,  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
compatibilita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria) convertito nella legge  6  agosto  2008,  n.
133. 
    2.1.2.- La impostatura dei piani di rientro  e'  stata  mantenuta
anche nella legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
finanziaria  2006)»  (art.  1,  comma  277,  che  recepi'  la  intesa
Stato-Regioni del 23 marzo 2005), nella legge 27  dicembre  2006,  n.
296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge  finanziaria  2007)»  (art.  1,  comma
796), la quale recepi' il Patto per la salute 2007-2009, nella  legge
finanziaria n. 191 del 2009, che  recepi'  il  Patto  per  la  salute
2010-2012, di cui alla intesa tra Governo e Regioni  del  3  dicembre
2009, ed il cui  art.  13,  fra  l'altro,  prevedeva  una  articolata
procedura  di  controllo  per  la  gestione  del  deficit  in   campo
sanitario, con la procedimentalizzazione di meccanismi di  intervento
sostituivo a mezzo di commissari ad acta, nominati nella persona  del
Presidente della Regione. 
    L'art. 2, comma 79, della  legge  n.  191  del  2009,  prevedeva,
infatti, che, in caso di mancata presentazione da parte della Regione
del piano di rientro ovvero in caso  di  mancata  approvazione  dello
stesso, il Consiglio dei ministri, in attuazione dell'art. 120 Cost.,
nominasse il Presidente della Regione quale commissario ad  acta  per
la predisposizione del piano di rientro  e  per  la  sua  attuazione.
L'art. 2, comma 83, della stessa legge n. 191 del 2009,  prendeva  in
considerazione l'ipotesi in cui,  pur  essendo  stato  presentato  ed
approvato il piano di rientro, ad una verifica dello  stesso  venisse
constatata la inadempienza della Regione in merito alla realizzazione
degli obiettivi tracciati nel piano. In tal caso,  il  Consiglio  dei
ministri diffidava  la  Regione  interessata  ad  attuare  il  piano,
adottando  altresi'  tutti  gli   atti   normativi,   amministrativi,
organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento  degli
obiettivi  previsti.  A  seguito  della  persistente  inerzia   della
Regione, il Consiglio  dei  ministri,  in  attuazione  dell'art.  120
Cost., nominava il Presidente della Regione commissario ad  acta  per
la intera durata del piano di rientro; in  particolare,  il  medesimo
comma 83 proseguiva affermando che «il commissario  adotta  tutte  le
misure indicate nel piano nonche' gli ulteriori atti e  provvedimenti
normativi,  amministrativi  organizzativi  e   gestionali   ad   esso
implicati in quanto presupposti o comunque correlati e necessari alla
completa attuazione del piano». 
    Merita peraltro di essere rilevato che, nel testo originario  del
comma  83,  figuravano  le  parole  "il  presidente   della   regione
commissario ad acta" che furono sostituite da quelle  «il  presidente
della regione o un altro soggetto commissario ad acta» ad  opera  del
decreto-legge 10  ottobre  2012,  n.  174  (Disposizioni  urgenti  in
materia di finanza e funzionamento degli enti  territoriali,  nonche'
ulteriori disposizioni in favore delle zone  terremotate  nel  maggio
2012), convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n.
213. Pertanto, a far tempo dalla entrata  in  vigore  di  tale  fonte
novellatrice, il commissario ad acta poteva essere scelto  anche  tra
persone diverse dal Presidente della Regione da commissariare. 
    Significativa appare anche la "storia" del comma 84  dell'art.  2
della ricordata legge n. 191 del 2009. Il testo originario stabiliva,
infatti,  che  «Qualora  il  presidente   della   Regione,   nominato
commissario ad acta per la redazione  e  l'attuazione  del  piano  ai
sensi dei commi 79 o 83, non adempia in tutto o in parte  all'obbligo
di redazione del piano o agli obblighi,  anche  temporali,  derivanti
dal piano stesso, indipendentemente dalle ragioni dell'inadempimento,
il  Consiglio  dei  ministri,  in  attuazione  dell'art.  120   della
Costituzione,  adotta  tutti  gli  atti  necessari  ai   fini   della
predisposizione del piano di rientro e della sua attuazione. Nei casi
di  riscontrata  difficolta'  in  sede  di  verifica  e  monitoraggio
nell'attuazione del piano, nei tempi o nella  dimensione  finanziaria
ivi indicata, il Consiglio dei ministri, in attuazione  dell'articolo
120 della Costituzione, sentita la regione interessata, nomina uno  o
piu' commissari ad acta di qualificate e comprovate  professionalita'
ed esperienza in materia  di  gestione  sanitaria  per  l'adozione  e
l'attuazione degli atti indicati nel piano  e  non  realizzati».  (La
norma e' stata modificata ad opera del comma 569  dell'art.  1  della
legge n. 190 del 2014, il quale ha soppresso le  parole:  «presidente
della regione, nominato» ed ha sostituito le  parole  «ai  sensi  dei
commi 79 o 83» con quelle: «, a qualunque titolo nominato»). 
    La disposizione, anche  nella  sua  versione  originaria,  faceva
evidentemente riferimento ad una ipotesi in cui il  Presidente  della
Regione, (che, come si e' visto, dal 2012 poteva, ma non doveva  piu'
essere necessariamente nominato commissario ad acta) fosse  risultato
inadempiente agli obblighi derivanti dal piano di rientro e stabiliva
un  autonomo  potere  sostitutivo   statale   attraverso   un   nuovo
commissariamento:  da   qui,   la   previsione   dei   requisiti   di
professionalita'    del    nuovo     commissario,     ontologicamente
"incompatibile" con la persona del Presidente della Regione. 
    2.1.3.- Un radicale mutamento di prospettiva venne tracciato  nel
Patto per la salute 2014-2016, che formo' oggetto  della  intesa  tra
Governo e Regioni del 10 luglio 2014. L'art.  12  del  protocollo  di
intesa,   infatti,   dedicato   ai    Piani    di    riorganizzazione
riqualificazione e  rafforzamento  dei  servizi  sanitari  regionali,
espressamente prevedeva, fra l'altro, «di promuovere l'adozione delle
modifiche  normative  necessarie  affinche',   in   caso   di   nuovi
commissariamenti, sia previsto che la nomina a  commissario  ad  acta
sia incompatibile con l'affidamento o la  prosecuzione  di  qualsiasi
incarico    istituzionale    presso    la    Regione    soggetta    a
commissariamento»; «che il Commissario ad acta,  ove  nominato,  deve
possedere  un  curriculum  che  evidenzi  qualificate  e   comprovate
professionalita' ed esperienza di gestione sanitaria anche in base ai
risultati in precedenza conseguiti»; «che i sub  Commissari  svolgano
attivita' a supporto dell'azione del  Commissario,  essendo  il  loro
mandato vincolato  alla  realizzazione  di  alcuni  o  di  tutti  gli
obiettivi affidati  al  Commissario  con  il  mandato  commissariale,
avvalendosi  del  personale,  degli  uffici  e  dei  mezzi  necessari
all'espletamento dell'incarico di cui all'articolo 4,  comma  2,  del
decreto - legge n.  259/2007,  convertito  con  modificazioni,  dalla
legge n. 222/2007». 
    L'intesa raggiunta tra  Governo,  Regioni  e  Province  autonome,
proponeva di introdurre, dunque, per i  futuri  commissariamenti,  la
incompatibilita' tra  qualsiasi  incarico  regionale  e  l'assunzione
della carica di commissario ad acta;  ne  stabiliva  i  requisiti  di
professionalita', ed espressamente evocava (nella parte  dedicata  ai
sub- commissari), quale "fonte" degli incarichi, l'art. 4 del d.l. n.
159 del 2007 (norma base, dunque, che permaneva nel  tempo,  anche  a
fronte dei nuovi commissariamenti cui  si  riferiva  la  introducenda
incompatibilita' di cariche). 
    2.1.4.-  Il  contenuto  della  intesa  fu  recepito  nella  legge
finanziaria 2015, in quanto  la  legge  23  dicembre  2014,  n.  190,
stabili', al comma 569, che «La nomina a commissario ad acta  per  la
predisposizione, l'adozione o l'attuazione del piano di  rientro  dal
disavanzo del settore sanitario, effettuata ai sensi dell'articolo 2,
commi 79, 83 e 84, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive
modificazioni, e' incompatibile con l'affidamento o  la  prosecuzione
di qualsiasi incarico istituzionale  presso  la  regione  soggetta  a
commissariamento.». 
    La stessa disposizione prevedeva, poi, che il commissario  doveva
possedere un curriculum che evidenziasse  «qualificate  e  comprovate
professionalita' ed esperienza di gestione sanitaria anche in base ai
risultati in precedenza conseguiti». Sul  piano  temporale,  inoltre,
veniva stabilito che la nuova disciplina trovava  applicazione  «alle
nomine effettuate, a qualunque titolo, successivamente alla  data  di
entrata in vigore» della stessa legge. 
    Il successivo comma 570 dell'art. 1 della legge n. 190  del  2014
stabiliva, a sua volta, che le gia' richiamate disposizioni dell'art.
569 si applicavano  «anche  ai  commissariamenti  disposti  ai  sensi
dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n.  159,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n.  222,
e successive modificazioni.»  (ancora  nella  finanziaria  del  2015,
pertanto, i commissariamenti di cui all'art. 4 del d.l.  n.  159  del
2007 venivano considerati "non assorbiti" dalle successive  fonti  di
novellazione della materia). 
    2.1.5.- La situazione muta novamente con la legge finanziaria del
2017 (Legge 11 dicembre  2016,  n.  232),  giacche',  nel  corso  dei
relativi lavori, venne approvato (con vivaci interventi critici della
opposizione, che parlo' di intervento normativo chiaramente diretto a
favorire  uno  specifico  Presidente  di  Regione  commissariata)  un
emendamento  con  il  quale   la   pregressa   incompatibilita'   tra
commissario ad acta  e  Presidente  della  Regione  venne  rimosso  a
decorrere dalla data di entrata in vigore della stessa legge  n.  232
del 2016. 
    L'art. 1, comma 395, stabili', infatti  che  (il  particolare  e'
importante, nella prospettiva della eccezione di inammissibilita' per
carenza di  interesse  sollevata  dalla  Avvocatura  dello  Stato  in
riferimento  al  ricorso   proposto   dalla   Regione   Molise)   «le
disposizioni di cui al comma  569  dell'articolo  1  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190, non si applicano alle regioni commissariate ai
sensi dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 1 ottobre 2007,  n.
159, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2007,  n.
222». A sua volta, il comma 396 dello stesso  articolo,  abrogava  il
comma 570 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014,  n.  190  (il
quale,  come  gia'   accennato,   stabiliva   la   estensione   della
incompatibilita' anche ai commissariamenti disposti a norma dell'art.
4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007). 
    Da tale operazione normativa, dunque,  non  veniva  "toccato"  il
regime dei commissariamenti di cui ai commi 79, 83 e 84  dell'art.  2
della legge n. 191  del  2009,  che  avevano  formato  oggetto  della
novellazione operata dall'art. 1, comma 569, della legge n.  190  del
2014, il  quale  aveva  introdotto,  per  quei  commissariamenti,  il
meccanismo della incompatibilita' fra le note cariche di  commissario
ad acta e Presidente della Regione. 
    3.-  Alla  stregua  di  tale  composita  evoluzione  del   quadro
normativo puo' dedursi  la  infondatezza  della  eccezione  sollevata
dalla Avvocatura generale dello Stato, dal momento  che  l'originario
"titolo" di commissariamento della Regione Molise, rappresentato  dal
piu' volte richiamato art. 4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007,  non
si e' affatto "inalveato" - come pretenderebbe la difesa dello  Stato
-  all'interno  della  piu'  "matura"  e  completa   disciplina   dei
commissariamenti  dettata  -  pur  tenendo  conto  delle   articolate
sovrastrutturazioni normative  che  l'hanno  attinta,  attraverso  le
varie fonti novellatrici - dalla legge n. 191 del 2009. 
    Occorre infatti rilevare che i commissariamenti  piu'  antichi  -
come quello  della  Regione  Molise,  che  ormai  ha  abbondantemente
superato il decennio - non hanno subito una sorta di "novazione"  sul
versante della legislazione applicabile, in quanto la base  normativa
dalla quale ha tratto origine l'intervento sostitutivo dello Stato e'
rimasta intatta nella sua perdurante produzione di effetti, al  punto
che ha formato oggetto di espresso richiamo proprio - e da  ultimo  -
ad opera della norma censurata dal ricorso. 
    Deve  infatti  escludersi  che  per  le  Regioni  all'epoca  gia'
commissariate, la legge n. 191 del 2009 abbia rappresentato una fonte
"novatrice" di tale portata da aver nella sostanza "sterilizzato"  la
precedente disciplina. Il riferimento alle Regioni  commissariate  ai
sensi dell'art. 4, comma 2, del  d.l.  n.  159  del  2007  era  stato
infatti soppresso dall'art. 1, comma 395,  della  legge  n.  232  del
2016,  che  aveva  escluso  la  incompatibilita'  per  quei  tipi  di
commissariamento, a testimonianza, dunque, della perdurante efficacia
di quel regime di  commissariamento.  Tant'e'  che  il  decreto  oggi
impugnato  si  e'  ovviamente  fatto  carico  di   eliminare   quella
disposizione, sopprimendo, appunto, il primo periodo di quel comma. 
    Ma ugualmente di rilievo e'  l'assunto  della  difesa  regionale,
laddove evidenzia come l'art. 2, comma 88, della  legge  n.  191  del
2009,  avesse  espressamente  chiarito  che  per  le   Regioni   gia'
sottoposte a piani di  rientro  e  commissariate  alla  data  del  31
dicembre 2009 restasse fermo l'assetto della  gestione  commissariale
previgente,  pur  trovando  per  esse  applicazione  le  disposizioni
dettate dai commi  da  80  a  86  dell'art.  2  della  stessa  legge.
Considerazioni, quelle teste' svolte, avvalorate dal fatto che i vari
decreti di nomina dei commissari richiamavano tutti l'art.  4,  comma
2, del d.l. n. 159 del 2007. 
    A prescindere, dunque, dalla  validita'  della  tesi  secondo  la
quale dalla eventuale incostituzionalita' deriverebbe  una  sorta  di
"reviviscenza retrograda", che  generebbe  l'automatico  riespandersi
delle  disposizioni  previgenti  alle  varie  novelle   con   portata
abrogatrice  -  tesi  che  non  potrebbe  comunque  condividersi,  in
considerazione del fatto che le varie modifiche succedutesi nel tempo
non sono state  di  abrogazione  pura  e  semplice  -  e'  assorbente
rilevare che l'interesse al ricorso risulta asseverato dal fatto  che
la  eventuale  rimozione  della  incompatibilita',  introdotta  dalla
disposizione  impugnata,  lascerebbe  inalterato,  per   le   Regioni
commissariate ai sensi dell'art. 4, comma 2,  del  d.l.  n.  159  del
2007, il quadro normativo previgente, con la conseguente possibilita'
di designare o mantenere, quale commissario ad acta, la  persona  che
rivesta un incarico istituzionale presso la Regione commissariata. 
    4.-   A   proposito,   poi,   della   ulteriore   eccezione    di
inammissibilita'  per  carenza  di  interesse  al  ricorso,  proposta
dall'Avvocatura generale dello Stato sul presupposto che non  sarebbe
stata impugnata la parte della norma che enuncia i requisiti che deve
possedere il commissario ad acta, e che, comunque sia,  precluderebbe
il conferimento dell'incarico ad un "politico", la difesa regionale -
a prescindere da qualsiasi rilievo circa il  naturale  "assorbimento"
di tale profilo nel quadro  delle  censure  proposte  -  puntualmente
rileva come la impugnativa della  Regione  avesse  riguardato  l'art.
25-septies  del  d.l.  n.  119  del  2018  in  tutte  le  sue  parti,
addirittura espressamente enunciando, a pag. 9 del  ricorso,  proprio
il comma 2, lettera b), della disposizione censurata, ove si dettano,
per l'appunto, i  requisiti  professionali  di  cui  deve  essere  in
possesso il commissario. 
    Anche tale eccezione va dunque disattesa. 
    5.- Scendendo all'esame del merito delle singole censure, rilievo
pregiudiziale  assume  la   questione   relativa   alla   prospettata
violazione dell'art. 77 Cost., dedotta sul presupposto che  la  norma
impugnata, inserita in sede di conversione del d.l. n. 119 del  2018,
si  presenterebbe  del   tutto   estranea   rispetto   alla   materia
disciplinata dalle disposizioni originarie del decreto stesso. 
    5.1.-   L'Avvocatura   generale   dello   Stato   prospetta    la
inammissibilita'  della  questione  per  mancanza   di   lesione   di
attribuzioni regionali e, dunque,  per  mancanza  di  ridondanza  del
parametro non relativo alle competenze. Altro  sarebbe,  infatti,  la
disciplina  dei  piani  di  rientro,  altro  e'  la  disciplina   del
commissariamento - oggetto della norma censurata - che e' espressione
del potere sostitutivo dello Stato ai sensi dell'art.  120  Cost.,  e
che rientra nell'ambito della competenza statale esclusiva. Anche  se
si tratta di discipline fra loro correlate - soggiunge l'Avvocatura -
nondimeno le stesse devono essere tenute distinte, in quanto riferite
a fasi diverse della procedura finalizzata al risanamento finanziario
dei servizi sanitari: per la prima, attinente alla programmazione  ed
attuazione dei Piani di  rientro,  trova  applicazione  il  principio
cooperativo  e  di  condivisione;   per   la   seconda,   riguardante
l'intervento sostitutivo dello Stato attraverso il  commissariamento,
la competenza legislativa e' di esclusiva spettanza statale. 
    La tesi della difesa dello Stato non  puo',  pero',  essere,  nel
caso di specie, condivisa. 
    In  linea   di   massima,   deve   infatti   ritenersi   corretta
l'affermazione secondo la quale, una volta constatato  il  fallimento
dei concordati Piani di  rientro,  i  cui  risultati  sono  accertati
attraverso le periodiche verifiche effettuate nell'ambito  di  Tavoli
di lavoro cogestiti, l'intervento dello Stato, attraverso  l'istituto
del commissariamento, coinvolge una fase  di  intervento  sostitutivo
ontologicamente riservato - sul piano normativo e gestionale  -  alle
scelte statali, nell'ambito delle  attribuzioni  devolute  e  per  le
finalita' indicate dall'art. 120, secondo comma, Cost. 
    E deve in proposito richiamarsi il costante assunto, ribadito  da
ultimo nelle sentenze n. 195 e n. 194 del 2019, secondo il quale  «le
Regioni possono  evocare  parametri  di  legittimita'  costituzionale
diversi da quelli che sovrintendono  al  riparto  di  competenze  tra
Stato  e  Regioni  solo  a  due  condizioni:  quando  la   violazione
denunciata   sia   potenzialmente   idonea   a   riverberarsi   sulle
attribuzioni regionali costituzionalmente garantite [...] e quando le
Regioni ricorrenti abbiano sufficientemente motivato in  ordine  alla
ridondanza della lamentata illegittimita' costituzionale sul  riparto
delle competenze, indicando la specifica competenza che  risulterebbe
offesa e argomentando adeguatamente in proposito». 
    Occorre peraltro assegnare il  dovuto  risalto  alla  circostanza
che, per il concreto atteggiarsi delle specifiche opzioni  esercitate
in ambiti pur riservati, lo  Stato  possa  "incidere"  su  competenze
regionali  concorrenti  -  come  la  tutela  della   salute   ed   il
coordinamento della finanza pubblica -  secondo  prospettive  che  la
Regione puo'  rivendicare  come  menomative,  e  di  la'  dai  limiti
tracciati dalle necessita' insite nell'intervento in sussidiarieta'. 
    Ove cosi' non fosse, d'altra parte, si realizzerebbe una  ipotesi
di totale sottrazione al  controllo  costituzionale  da  parte  delle
Regioni, circa i possibili ambiti di  interferenza  con  le  relative
attribuzioni, in tutte le ipotesi in cui lo Stato  faccia  uso  degli
eccezionali poteri al medesimo conferiti per surrogare carenze  degli
enti locali, in particolare sul versante  della  tutela  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. 
    Ebbene, nella vicenda in esame, introducendo la  norma  impugnata
un meccanismo di incompatibilita' tra la  carica  di  commissario  ad
acta  rispetto  all'affidamento  o  alla  prosecuzione  di  qualsiasi
incarico istituzionale presso la Regione commissariata, si  determina
una automatica menomazione sul piano delle competenze, anche rispetto
alla previgente disciplina,  dal  momento  che  il  quadro  normativo
preesistente consentiva l'esercizio di quella funzione da  parte  del
Presidente della Regione commissariata. 
    Un novum normativo che finisce, quindi, per  determinare  (specie
per i commissariamenti in atto, ricoperti da presidenti  di  Regione,
che decadono  dall'incarico)  una  significativa  interferenza  nella
sfera  regionale,   anche   sul   versante   del   relativo   assetto
ordinamentale, riferito, per di piu',  alla  gestione  di  ambiti  di
competenza  (sanita'  e   coordinamento   della   finanza   pubblica)
concorrenti, anche se incisi dall'intervento sostitutivo dello Stato. 
    Non e' quindi contestabile la legittimazione della Regione a  far
valere i vizi di una normativa che - pur  se  inquadrata  nell'ambito
dell'esercizio del potere  sostitutivo  dello  Stato  -  modifica  il
previgente regime, direttamente riguardante non le  attribuzioni  del
commissario ad acta  in  quanto  tali,  ma  la  persona  che  ricopra
l'incarico  di  Presidente  della  Regione,  assunto  come   soggetto
incompatibile a svolgere quelle funzioni. 
    5.2.- Nel merito, la questione e' fondata. 
    Al riguardo,  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  ha  in  piu'
occasioni  avuto  modo  di  ribadire  che  «l'inserimento  di   norme
eterogenee rispetto all'oggetto o alla  finalita'  del  decreto-legge
determina la violazione  dell'art.  77,  secondo  comma,  Cost.  Tale
violazione, per queste ultime norme, non deriva  dalla  mancanza  dei
presupposti di necessita'  e  urgenza,  giacche'  esse,  proprio  per
essere estranee e inserite successivamente, non possono collegarsi  a
tali condizioni preliminari (sentenza n. 355 del 2010), ma scaturisce
dall'uso improprio, da parte del Parlamento,  di  un  potere  che  la
Costituzione  attribuisce  ad  esso,  con   speciali   modalita'   di
procedura, allo scopo tipico  di  convertire,  o  non,  in  legge  un
decreto-legge» (sentenza n. 22 del 2012). 
    La  legge  di   conversione   e'   fonte   funzionalizzata   alla
stabilizzazione di un provvedimento  avente  forza  di  legge  ed  e'
caratterizzata  da  un  procedimento  di  approvazione  peculiare   e
semplificato rispetto  a  quello  ordinario.  Essa  non  puo'  quindi
aprirsi  a  qualsiasi  contenuto,  come  del  resto   prescrive,   in
particolare, l'art. 96-bis del regolamento della Camera dei deputati.
A  pena  di  essere  utilizzate  per  scopi  estranei  a  quelli  che
giustificano l'atto con forza di legge, le disposizioni introdotte in
sede di  conversione  devono  potersi  collegare  al  contenuto  gia'
disciplinato dal decreto-legge,  ovvero,  in  caso  di  provvedimenti
governativi  a  contenuto  plurimo,   «alla   ratio   dominante   del
provvedimento originario considerato nel suo complesso» (sentenza  n.
32 del 2014). 
    D'altra parte, «il carattere peculiare della legge di conversione
comporta  anche  che  il  Governo  -  stabilendo  il  contenuto   del
decreto-legge -  sia  nelle  condizioni  di  circoscrivere,  sia  pur
indirettamente, i confini del potere di emendamento parlamentare.  E,
anche sotto questo profilo, gli equilibri che la  Carta  fondamentale
instaura tra Governo  e  Parlamento  impongono  di  ribadire  che  la
possibilita', per il Governo,  di  ricorrere  al  decreto-legge  deve
essere realmente limitata ai soli casi straordinari di  necessita'  e
urgenza di cui all'art. 77 Cost. (sentenze n. 128 del 2008 e  n.  171
del 2007)» (sentenza n. 154 del 2015). 
    E' vero - e va ancora ribadito - che «[l]a legge  di  conversione
[...] rappresenta una legge "funzionalizzata e specializzata" che non
puo' aprirsi a qualsiasi  contenuto  ulteriore,  anche  nel  caso  di
provvedimenti governativi ab origine eterogenei (ordinanza n. 34  del
2013), ma ammette soltanto disposizioni che siano coerenti con quelle
originarie o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di
vista funzionale e finalistico» (sentenza n. 32 del 2014). 
    Tuttavia questa  Corte  ha  anche  precisato  che  la  violazione
dell'art. 77, secondo comma, Cost.  per  difetto  di  omogeneita'  si
determina solo  quando  le  disposizioni  aggiunte  siano  totalmente
«estranee» o addirittura «intruse», cioe' tali da  interrompere  ogni
correlazione tra il decreto-legge e la legge di conversione (sentenza
n. 251 del 2014), per cui «Solo la palese  "estraneita'  delle  norme
impugnate rispetto all'oggetto e alle  finalita'  del  decreto-legge"
(sentenza n. 22 del 2012) o la "evidente o manifesta mancanza di ogni
nesso di interrelazione tra le disposizioni incorporate  nella  legge
di conversione e quelle dell'originario decreto-legge"  (sentenza  n.
154  del  2015)  possono  inficiare  di  per  se'   la   legittimita'
costituzionale della norma introdotta con la  legge  di  conversione»
(sentenza n. 181 del 2019, nonche', da ultimo,  nello  stesso  senso,
sentenza n. 226 del 2019). 
    5.3.- Ebbene, alla stregua dei richiamati principi, appare  nella
specie evidente che tra  le  norme  che  hanno  formato  oggetto  del
decreto-legge n. 119 del 2018 e quella oggetto di scrutinio, inserita
ad opera della legge di conversione, non sia intravedibile alcun tipo
di nesso che le correli fra loro, ne' sul versante dell'oggetto della
disciplina o della ratio complessiva del  provvedimento  di  urgenza,
ne' sotto l'aspetto dello sviluppo logico o di  integrazione,  ovvero
di  coordinamento  rispetto  alle  materie  "occupate"  dall'atto  di
decretazione. 
    L'originario decreto,  infatti,  enunciava  i  presupposti  della
straordinaria necessita' e urgenza  come  raccordati  a  «misure  per
esigenze fiscali e finanziarie indifferibili». Il  provvedimento,  in
particolare,  era  strutturato  in  due  titoli:  il  primo,  recante
«Disposizioni in  materia  fiscale»,  ed  il  secondo,  «Disposizioni
finanziarie urgenti». Il primo titolo era a sua  volta  suddiviso  in
tre capi: il primo recante «Disposizioni in materia di  pacificazione
fiscale», composto da nove articoli; il capo II recante «Disposizioni
in materia di semplificazione fiscale e di innovazione  del  processo
tributario», composto di sette articoli; il capo III  recante  «Altre
disposizioni fiscali», composto da quattro articoli. Il Titolo II era
composto da sette articoli. 
    Come posto in evidenza dal Comitato  per  la  legislazione  della
Camera dei deputati, l'originario decreto-legge (composto, come si e'
detto, da 27 articoli) e' passato, a seguito dell'esame del Senato, a
64 articoli complessivi. Il Comitato ha  sottolineato,  al  riguardo,
che il provvedimento appare riconducibile, sulla base del  preambolo,
a due distinte finalita': da un  lato,  quella  di  introdurre  nuovi
meccanismi  di  carattere  fiscale;  dall'altro   lato,   quella   di
effettuare rifinanziamenti di significativi stanziamenti di  bilancio
(quali le risorse destinate al contratto di programma con le societa'
RFI-Spa, art. 21; quelle per il fondo di garanzia per  le  piccole  e
medie imprese, art. 22; quelle per l'autotrasporto, art.  23;  quelle
per le missioni internazionali, art. 24;  a  queste  finalita'  -  ha
ancora osservato il Comitato - se ne aggiunge una terza,  per  quanto
non riportata nel preambolo, vale a dire  quella  di  intervenire  in
materia di integrazione salariale straordinaria, art.  25.  «Andrebbe
approfondita - rileva il  documento  -  la  riconducibilita'  a  tale
perimetro» di varie norme introdotte in sede di conversione,  fra  le
quali si cita espressamente  proprio  l'art.  «25-septies  (piano  di
rientro  dal  disavanzo  del  settore  sanitario)»,  che  costituisce
oggetto dei ricorsi. 
    Va  infine   sottolineato   che   il   Comitato   conclusivamente
«raccomanda altresi' quanto  segue:  abbia  cura  il  Legislatore  di
volersi attenere alle indicazioni di cui alle  sentenze  della  Corte
costituzionale n. 22 del  2012  e  n.  32  del  2014  in  materia  di
decretazione   d'urgenza,   evitando    "la    commistione    e    la
sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e  finalita'
eterogenei"». 
    Pertanto, esclusa  qualsiasi  pertinenza  delle  disposizioni  di
carattere fiscale contenute nel titolo I del decreto rispetto al tema
dei commissari per il ripianamento delle spese  sanitarie  regionali,
non puo' non sottolinearsi come del tutto eccentrico rispetto a  quel
tema si presenti anche l'oggetto (e la ratio) delle  disposizioni  di
carattere  "finanziario",  posto  che  gli   articoli   del   decreto
"incasellati" nel titolo II sono  dedicati,  come  si  e'  visto,  al
finanziamento di specifiche attivita' o fondi  tutti  eterogenei  gli
uni rispetto agli altri. 
    D'altra parte, a segnalare la eccentricita' della norma censurata
rispetto  alla  materia  del  decreto  sta   -   come   correttamente
puntualizza la Regione ricorrente  -  il  rilievo  che,  in  sede  di
conversione  del  decreto  stesso,  il  legislatore  abbia  avvertito
l'esigenza di modificare, in parte qua, proprio la rubrica del titolo
II, introducendo le parole «e disposizioni in materia  sanitaria»,  a
testimonianza della estraneita' della norma rispetto al contenuto del
provvedimento convertito. 
    A tale riguardo, l'Avvocatura generale dello Stato osserva, da un
lato, che la disposizione oggetto dei ricorsi e' intervenuta su norme
contenute in due  leggi  finanziarie,  e  dunque  rientrerebbe  nella
"materia   finanziaria"   che   costituisce    in    parte    oggetto
dell'originario decreto.  Dall'altro  lato,  la  difesa  dello  Stato
rileva che la disciplina dei piani di rientro afferisce pacificamente
alla materia della finanza pubblica e, in particolare, alle politiche
di bilancio, dal momento  che  l'andamento  economico  della  sanita'
regionale  costituisce   una   componente   essenziale   del   quadro
macroeconomico nazionale, specie con riferimento proprio al caso  dei
commissariamenti, che presuppongono uno squilibrio di  gravita'  tale
da imporre interventi immediati  sul  piano  del  contenimento  della
spesa pubblica, a salvaguardia della unita' economica nazionale e dei
livelli essenziali di prestazioni in tema di salute. 
    A fronte di tali rilievi deve pero' rilevarsi che il concetto  di
"materia finanziaria" si riempie dei contenuti definitori piu'  vari,
in ragione degli oggetti  specifici  cui  essa  risulta  in  concreto
riferita; mentre, non e' certo la  sedes  in  cui  la  norma  risulti
inserita (legge finanziaria) quella dalla quale cogliere quei  tratti
di univocita' di ratio che la difesa della  resistente  pretenderebbe
desumere. 
    E'   proprio   perche'   la   "materia    finanziaria"    risulta
concettualmente "anodina" - dal momento che ogni intervento normativo
puo', in se', generare profili che interagiscono anche con aspetti di
natura "finanziaria" - che il riferimento ad essa, come identita'  di
ratio,  risulta  in  concreto  non  pertinente  a   fronte   di   una
disposizione  i  cui  effetti  finanziari  sono  indiretti   rispetto
all'oggetto principale che essa disciplina, giacche' - ove cosi'  non
fosse - le possibilita' di  "innesto"  in  sede  di  conversione  dei
decreti-legge di norme "intruse" rispetto al contenuto ed alla  ratio
complessiva del provvedimento di urgenza risulterebbero,  nei  fatti,
privata di criteri e quindi anche di scrutinabilita' costituzionale. 
    La  disposizione  impugnata  deve  pertanto   essere   dichiarata
costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 77 Cost. 
    6.- Restano assorbite le ulteriori censure dedotte dalla  Regione
ricorrente.