IL TRIBUNALE 
 
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul   reclamo   avverso
l'ordinanza resa in data 29 novembre 2012 dal Giudice di  Lavoro  del
Tribunale di Sulmona nel procedimento iscritto al  n.  539  dell'anno
2012 proposto da: 
      Ministero della Giustizia, Corte d'Appello dell'Aquila, Procura
Generale presso  la  Corte  d'Appello  dell'Aquila,  rappresentati  e
difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di L'Aquila; 
    Reclamanti nei confronti di: 
      Piera Paolini residente  in  Sulmona,  Alessandro  Di  Fiore  -
residente in Sulmona, Gaetano D'Eramo, residente  in  Sulmona;  Ivana
Giardino, residente  in  Sulmona;  Mirella  Salvatore,  residente  in
Introdacqua; Bianca Agostinelli residente a  Sulmona;  Anna  D'Amore,
residente a Sulmona; Orlando Orsini, residente in  Introdacqua;  Anna
Tortis, residente a Pettorano sul Gizio; Fernando Margiotta residente
in Pratola Peligna; Anna Scudieri,residente a Sulmona; Lina  Mercante
residente  a  Sulmona;  Daniela  Ranieri  residente  a  Sulmona,  via
Sallustio n. 5/B; Mario D'Ascanio, residente a Roccacasale; Nino  Del
Signore residente in Sulmona; Giovanna Montoro residente in  Sulmona;
Patrizia Raschiatore residente in Sulmona; Carla  Bianchi,  residente
in Sulmona; Alessia Iulianella; Paola Carrozza, residente a  Sulmona;
Elena De Santis residente in Sulmona; Annamaria Pitassi residente  in
Sulmona; Rosetta D'Ercole residente in Sulmona;  Giuseppe  Verrocchia
residente a Bugnara; Rosanna Di Ramio, residente in Sulmona; La Gatta
Antonella, residente a  Sulmona;  Guadagnoli  Luciano,  residente  in
Sulmona; Del Monaco Franca,  residente  in  Sulmona;  Pantaleo  Anna,
residente in  Sulmona;  Previtale  Giuseppe,  residente  in  Sulmona;
Fabrizi Maria Teresa Antonella,  residente  in  Sulmona;  Pensa  Ada,
residente in Sulmona; Giorgi Roberto, residente in Sulmona; Cavaliere
Maria Teresa, residente in Sulmona; Tucci Marilena  Clara,  residente
in Sulmona; Mangiarelli Guerino residente in  Sulmona;  Mascio  Maria
Franca residente in Sulmona; Cavaliere Paolo,  residente  in  Popoli;
Marino Vito  residente  in  Popoli;  Mancini  Rossana,  residente  in
Scanno; Tessicini Elsa residente in Sulmona; Sciore Dario,  residente
in Pacentro; Giammarco Loreta, residente in Sulmona; Puorto  Brigida,
residente in Roccaraso; Fabrizio Francesco,  residente  in  Montenero
Valcocchiara; Canale Franco residente in Scontrone; Domenico Taglieri
residente in Bugnara; tutti rappresentanti  e  difesi,  unitamente  e
disgiuntamente, dagli avv.ti Gabriele Tedeschi,  Gabriele  Silvestri,
Mauro Calore, Teresa Nannarone, del Foro  di  Sulmona,  elettivamente
domiciliati presso lo  studio  del  primo  in  Sulmona,  via  Galileo
Galilei n. 2. 
 
                                Fatto 
 
1. L'Accordo del 9 ottobre 2012, la Circolare n. 5116 del 15  ottobre
2012 e l'Interpello Distrettuale del 17 ottobre 2012. 
    Il 9 ottobre 2012 il Ministero della Giustizia e le  Associazioni
Sindacali CISL F.P., UILPA, F.L.P. e UNSA siglavano un accordo con il
quale, premesso: 
      a) che "dal  diverso  assetto  organizzativo  conseguente  alla
revisione delle circoscrizioni giudiziarie, col  relativo  taglio  di
numerosi uffici, ...[era scaturita] la  necessita'  di  collocare  il
personale "perdente posto"; 
      b) che "nelle more  della  definizione  delle  nuove  dotazioni
organiche e al fine di evitare interventi transitori sul personale in
servizio  ...  [era]  opportuno  procedere  alla  riassegnazione  del
personale "perdente posto" prendendo in considerazione le aspirazioni
dello stesso ad essere destinato ad  altro  ufficio  nell'ambito  del
distretto, ove vi siano posti vacanti,  anticipatamente  rispetto  ai
trasferimenti automatici disposti dalla legge"; 
      c) che a tal fine si rendeva "necessario individuare i  criteri
e le modalita' di  riassegnazione  del  personale  amministrativo  in
servizio  presso  gli  uffici  soppressi  al  fine  di  garantire  la
continuita' dei servizi degli uffici giudiziari accorpanti". 
    2. Su tali premesse, richiamati i  precedenti  accordi  anche  in
materia di mobilita' del personale dell'amministrazione  giudiziaria,
decidevano - con efficacia "esclusivamente  limitata  alle  procedure
conseguenti la revisione  delle  circoscrizioni  giudiziarie  di  cui
all'art. 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011 n. 148" - di  dare
corso  ad  appositi  interpelli  distrettuali  rivolti  a  "tutto  il
personale  assegnato  in  pianta  organica  agli  uffici   giudiziari
soppressi del distretto  come  individuati  dai  decreti  legislativi
numeri 155 e 156 del 2012" mediante procedure, da esaurire  entro  il
30 novembre 2012, per il cui espletamento sarebbero stati delegati  i
Presidenti e i Procuratori Generali di ciascuna Corte d'Appello e con
termine di  15  giorni  ai  dipendenti  per  la  presentazione  delle
domande. 
    3. L'accordo stabiliva che, formate le  graduatorie,  individuati
gli aventi diritto al trasferimento e  trasmessi  i  nominativi  alla
Direzione generale  del  Personale,  "all'esito  delle  procedure  di
interpello distrettuale ..." avrebbe dovuto  essere  "....pubblicato,
entro il 31 gennaio  2013,  un  interpello  nazionale  limitato  agli
uffici che presentano una grave scopertura rispetto  alla  scopertura
media nazionale", interpello cui avrebbero potuto partecipare anche i
dipendenti che avevano presentato  domanda  per  i  posti  pubblicati
negli interpelli distrettuali, con previsione, tuttavia,  per  quanti
avessero ottenuto un utile collocamento nella graduatoria  nazionale,
della  contestuale  revoca  della  domanda  proposta  nell'interpello
distrettuale. 
    4. Con successiva circolare n.  5116  del  15  ottobre  2012,  il
Ministero  della  Giustizia,  invitava  il  Presidente  della   Corte
d'Appello  e  il  Procuratore  Generale  "ad  indire   congiuntamente
nell'ambito del distretto, un interpello tra tutto  il  personale  in
servizio  negli  uffici  interessati   alla   soppressione   per   la
presentazione della domanda di  trasferimento  per  i  posti  vacanti
negli uffici di cui all'allegato elenco secondo  le  modalita'  ed  i
criteri di cui all'accordo  della  mobilita'  interna  del  personale
siglato  in  data  9  ottobre  2012  con  le  OOSS",  precisando  che
"destinatari del presente interpello sono tutti i dipendenti di ruolo
che sono assegnati in  pianta  organica  negli  uffici  soppressi"  e
stabilendo che entro il 10  novembre  2012  avrebbero  dovuto  essere
trasmessi i nominativi degli aspiranti collocati in  posizione  utile
al trasferimento con le relative graduatorie. 
    5. Con interpello notificato il 17  ottobre  2012  il  Presidente
della Corte d'Appello dell'Aquila ed il Procuratore  Generale  presso
la Corte d'Appello dell'Aquila davano infine seguito alle  previsioni
della Circolare pubblicando i posti vacanti e dando termine sino al 3
novembre 2012 per la presentazione delle istanze. 
2 - Il ricorso al Giudice del Lavoro. 
    6. Avverso tali atti i quarantasette dipendenti, meglio  indicati
in epigrafe, attualmente in pianta organica nel Tribunale di Sulmona,
nella Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sulmona e negli
uffici del Giudice di Pace di Castel di  Sangro  e  Pratola  Peligna,
hanno proposto ricorso al Giudice del Lavoro di Sulmona chiedendo  la
sospensione, anche con decreto inaudita  altera  parte  ex  art.  700
c.p.c., dell'accordo sindacale e  dei  successivi  provvedimenti  con
accertamento   della   loro   "nullita'   e/o   illegittimita'    e/o
annullabilita' e/o inefficacia"  nonche',  in  via  subordinata,  con
rimessione degli atti alla Corte costituzionale, previa  declaratoria
della rilevanza e  non  manifesta  infondatezza  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate nel ricorso. 
    7. A sostegno della domanda hanno dedotto: 
    a) "che i provvedimenti  impugnati...",  avrebbero  previsto  uno
"spostamento  forzoso  sul  territorio  nazionale"   dei   ricorrenti
"perdenti posto i quali, invece, in virtu' dei decreti leg.vi  citati
hanno diritto ad essere assegnati, anche in soprannumero,  alle  sedi
accorpanti"; 
    b) che "la manovra cosi' attuata" avrebbe  anticipato  "di  fatto
l'esercizio di una delega ...differita di tre anni"; 
    c) che l'Accordo e la successiva  Circolare,  non  prevedendo  la
pubblicazione  della  totalita'  dei  posti  vacanti  nel  Distretto,
avrebbero disatteso le previsioni dell'art. 2 n. 1  dell'accordo  del
27 marzo 2007; 
    d) che tali atti avrebbero comportato il rischio per i dipendenti
di veder "sconvolta la loro esistenza e quella delle loro famiglie in
maniera irreparabile", in quanto "costretti, nel migliore dei casi  a
fare i pendolari"; 
    e) che i ricorrenti avrebbero  corso  "il  rischio  concreto"  di
essere "trasferiti chissa' dove", oltre che "anticipatamente rispetto
ai  trasferimenti  automatici  disposti  dalla   legge,...con   grave
pregiudizio" per i medesimi "tutti al  di  sopra  dei  45  anni,  con
carichi familiari e residenti a Sulmona o  nei  Comuni  limitrofi  da
sempre ed in maniera stabile, in  servizio  presso  il  Tribunale  di
Sulmona ormai da decenni". 
    8.  Con  ulteriore  gruppo  di  motivi  hanno  quindi   sollevato
eccezioni  di  l'illegittimita'  costituzionale,   con   istanza   di
rimessione alla Corte costituzionale, sostenendo: 
    a) l'illegittimita'  costituzionale  della  norma  dell'art.  11,
comma  3°,  decreto  legislativo  7  settembre  2012  n.  155   sulla
soppressione del Tribunale di Sulmona per violazione  degli  articoli
76 e 77 Cost., sul rilievo che la delega per la riorganizzazione  sul
territorio degli uffici giudiziari era stata introdotta, con apposito
emendamento, nella legge di conversione del decreto legge n. 138/2001
senza alcuna indicazione del presupposto di straordinaria  necessita'
ed urgenza previsto dall'art. 77 Cost. e  senza  alcun  richiamo  ne'
alle premesse di tale decreto ne' alla materia in esso regolata,  con
espressa indicazione viceversa delle  finalita'  contenute  in  altro
decreto legge (n. 98 del 2011), peraltro gia' convertito con legge n.
111/2011; 
    b)  l'illegittimita'  costituzionale  delle  norme  dei   decreti
legislativi n. 155 e 156 del 2012, e la conseguente  inapplicabilita'
dell'Accordo e  della  Circolare  al  personale  degli  uffici  delle
province di L'Aquila e Chieti, per contrasto con l'art. 5-bis,  della
legge delega il  quale,  per  gli  uffici  di  tali  province,  aveva
previsto, una sospensione di tre anni nell'esercizio della delega; 
    c)  l'illegittimita'  costituzionale  delle  norme  dei   decreti
legislativi n. 155  e  156  del  2012  nella  parte  in  cui  avevano
soppresso gli Uffici Giudiziari del Circondario di Sulmona in  quanto
emesse in violazione degli articoli 76, 24, 25 e 3 Cost.: 
        a. per  inosservanza  della  prescrizione  della  lettera  b)
dell'art. 1, comma 2°, l. 148/2011 di tener conto "della specificita'
territoriale del bacino di utenza anche con n:guardo alla  situazione
infrastrutturale", specificita'  che  nel  caso  del  Circondario  di
Sulmona  sarebbero  costituite  dal  fatto  che  il   territorio   e'
caratterizzato da condizioni di  tale  difficolta'  di  accesso  alla
prevista  sede  accorpante  dell'Aquila  da  precludere   o   rendere
estremamente difficoltoso l'esercizio del diritto  costituzionale  di
cui all'art 24 Cost. imponendo ai residenti nei Comuni  piu'  lontani
lunghi tragitti su percorsi di alta montagna che arrivano sino a  160
km di distanza, con temperature che  in  periodo  invernale  scendono
sino ad oltre 20 gradi sotto lo zero e con tempi di  percorrenza  che
arrivano a superare le tre ore; 
        b. per inosservanza  della  prescrizione  della  lettera  e),
dell'art. 1, comma 2°, l. 148/2011 che  imponeva  di  "assumere  come
prioritaria linea di intervento, nell'attuazione di  quanto  previsto
dalle lett. a). b), c) e d), riequilibrio  delle  attuali  competenze
territoriali, demografiche e funzionati tra  uffici  limitrofi  della
stessa area provinciale, caratterizzati da  rilevante  differenza  di
dimensioni"; 
        c. per violazione del principio del giudice  naturale  stante
la manifesta irrazionalita'  della  distribuzione  degli  uffici  sul
territorio del Distretto della Corte d'Appello di L'Aquila; 
        per violazione del principi di ragionevolezza e  razionalita'
per non aver in alcun modo tenuto conto del contenuto  d.l.  138/2011
il quale aveva gia' previsto un procedimento di  revisione  integrale
della    spesa    pubblica    concernente    la    "razionalizzazione
dell'amministrazione giudiziaria" oltre che per la risilibilita'  dei
risparmi di spesa previsti, pari a soli 76 milioni di euro, a  fronte
dei costi assai maggiori derivanti dalla  chiusura  di  ogni  singolo
ufficio. 
    3 - Il decreto "inaudita altera parte" del 30 ottobre 2012. 
    9. Con decreto inaudita altera  parte  del  30  ottobre  2012  il
Giudice del Lavoro ha "sospeso gli effetti degli atti impugnati", sul
rilievo: 
      10. Che il secondo comma dell'art. 1 della legge n. 148/2011 di
conversione  del  decreto-legge  138/2011,  delegando  il  Governo  a
legiferare in materia di "geografia  giudiziaria",  aveva  introdotto
una disposizione del tutta nuova rispetto a  quella  del  decreto  in
conversione; 
      11.  Che  gli  atti  impugnati   prevedevano   una   sorta   di
"spostamento forzoso sul territorio nazionale dei ricorrenti perdenti
posto i quali invece, in forza dei ... decreti legislativi 155 e  156
del  2012"  avevano  "diritto  ad  essere  riassegnati  -  anche   in
soprannumero - alle sedi accorpanti"; 
    12. Che l'art. 5-bis della legge n. 148/2012 aveva autorizzato il
Governo ad esercitare la delega non in qualunque momento entro i  tre
anni previsti, ma solo dopo lo spirare di tale termine, e cio' stante
il mancato uso del vocabolo "proroga", cui normalmente si far ricorso
per indicare il prolungamento  del  termine  finale,  ma  il  termine
"differimento" correttamente usato  per  il  complessivo  "rinvio  di
qualcosa" ad un tempo successivo, in tal modo "postulando  l'adozione
di un ulteriore separato decreto delegato allo scopo di riorganizzare
gli uffici giudiziari in questione... in modo consono alla situazione
verificatasi a seguito del sisma del 2009"; 
    13. Che la circolare n. 5116 del 15  ottobre  2012  applicava  un
accordo in data 9 ottobre 2012 che si poneva  in  evidente  contrasto
con altro accordo sulla mobilita' del personale  giudiziario  del  27
marzo 2007 atteso che, mentre in quest'ultimo accordo  era  stabilito
che nel bando fossero indicati tutti i posti vacanti da coprire,  nei
provvedimenti  impugnati   non   erano   indicati   tutti   i   posti
effettivamente   disponibili   ma   solo   quelli   discrezionalmente
individuati dall'Amministrazione centrale; 
    14. Che il breve termine  di  quindici  giorni  concesso  per  la
presentazione delle domande e l'imminente scadenza  dello  stesso  (3
novembre 2012) avrebbero comportato il rischio di scelte non meditate
da parte dei ricorrenti con l'ulteriore  pericolo  che  "in  caso  di
inottemperanza gli stessi" avrebbero  potuto  essere  "privati  della
possibilita' di scegliere la sede cui avrebbero diritto e ...  quindi
trasferiti non si sa dove  con  i'  consequenziali  danni  di  natura
personale - anche lavorativa e familiare, di risarcibilita' oltremodo
difficoltosa se non impossibile; 
    15. Che l'assoluta  ristrettezza  dei  tempi  rendeva  necessaria
l'adozione del provvedimento inaudita altera parte. 
4 - Le eccezioni del Ministero. 
    16. Costituitosi in giudizio  il  Ministero  della  Giustizia  ha
lamentato: 
      17. quanto al modus  procedendi,  che  il  provvedimento,  reso
inaudita altera parte, sarebbe stato emesso in "assoluta carenza  dei
presupposti di legge e grave ed ingiustificata violazione del diritto
al contraddittorio"; 
    18.  Quanto  al  suo  contenuto  che,  oltre  ad   aver   causato
un"indiscriminata sospensione degli  effetti  dell'accordo  nazionale
per la  mobilita'  del  9  ottobre  2012...  esorbitante  dai  poteri
spettanti  all'AGO",   il   provvedimento   era   caratterizzato   da
"illegittimita' ed abnormita'", avendo inciso "su  una  procedura  di
mobilita'  ...  volontaria   del   personale...   non   idonea,   per
definizione, a pregiudicare la posizione  di  tutti  quei  dipendenti
che, non avendo scelto volontariamente di prendervi parte, rimarranno
indisturbati nell'attuale sede lavorativa"; 
    19. Quanto al fumus boni iuris, che la domanda  difettava  di  un
interesse concreto ed attuale ad agire in giudizio non essendo  stato
emesso nei confronti dei ricorrenti alcun provvedimento in  grado  di
incidere sul loro rapporto di lavoro,  "piu'  in  particolare  nessun
provvedimento   incidente   ne'   direttamente   ne'   indirettamente
sull'attuale sede di servizio di ciascuno degli odierni ricorrenti"; 
    20. Di qui l'osservazione  che  la  "causa  petendi  dell'odierno
giudizio, ...viene ricondotta all'illegittima  attuazione  ...  della
legge delega sulla revisione delle  circoscrizioni  giudiziarie,  che
pero' discende direttamente dalla legge"; con essa la conclusione che
"all'interrogativo di  fondo  che  dovrebbe  consentire  la  corretta
individuazione  del  petitum"  l'unica  risposta   andrebbe   cercata
nell'intenzione "di ottenere per via giudiziaria il  mantenimento  in
vita del Tribunale di Sulmona, passando attraverso  una  declaratoria
di  non  manifesta  infondatezza  e  rilevanza  delle  questioni   di
costituzionalita' sollevate in ricorso che, di fatto, sono le  uniche
oggetto di specifica trattazione e la  vera  "domanda  di  giustizia"
rivolta al locale giudice adito". 
    21. In relazione a detta prospettiva la questione di legittimita'
costituzionale sarebbe  risultata  tuttavia  irrilevante  essendo  il
ricorso basato su evidenti travisamenti dei fatti stante l'assenza di
qualsiasi "trasferimento forzoso", e la conseguente impossibilita' di
arrecare alcun pregiudizio ai dipendenti "perdenti posto",  ai  quali
era stata semplicemente offerta  la  possibilita'  di  "scegliere  un
ufficio giudiziario a loro gradito.... in aggiunta ed in alternativa,
e  rigorosamente  su  base  volontaria,  rispetto  al   trasferimento
automatico che a suo tempo discendera' direttamente dalla legge", con
la conseguenza che nessuno avrebbe potuto "mai trasferirsi dal  luogo
attuale di servizio sino al giorno dell'effettiva operativita'  della
soppressione dei  rispettivi  uffici  di  appartenenza,  che  per  il
Tribunale di Sulmona era fissata al 13 settembre 2016". 
5 - L'udienza, l'ordinanza del Giudice del Lavoro e  il  reclamo  del
Ministero. 
    22. All'udienza dinanzi al Giudice  del  Lavoro  le  parti  hanno
ribadito le rispettive  richieste,  il  rappresentante  del  Ministro
dando assicurazione che nessun lavoratore  sarebbe  stato  trasferito
dal Tribunale di Sulmona prima del 13 settembre 2016. 
    23.  Con  successivo  atto  in   data   19   novembre   2012   le
organizzazioni  dei   lavoratori   Federazione   Confsal-Unsa,   Ulpa
coordinamento nazionale ULPA giustizia e FLP Giustizia hanno proposto
intervento a sostegno delle ragioni del datore di lavoro. 
    24. Con ordinanza depositata il 29 novembre 2012 il  Giudice  del
Lavoro,  infine,  ha  dichiarato  inammissibile  l'intervento   delle
organizzazioni  e  ha  accolto  la  domanda   cautelare   confermando
integralmente il contenuto del decreto emesso il 30 ottobre 2012, con
integrale compensazione delle spese di lite. 
    25. Nella motivazione ha richiamato i motivi esposti nel  decreto
con le ulteriori seguenti osservazioni: 
    a) quanto alla procedura mediante decreto inaudita  altera  parte
che la norma degli articoli  669  sexies  c.  2  e  700  c.p.c.,  nel
prevedere quale presupposto del provvedimento la possibilita' che  la
convocazione della controparte possa. pregiudicarne l'attuazione, non
postula  il  presupposto  di  un  "sicuro  pregiudizio  ...ma  di  un
pregiudizio  molto  probabile",  condizione  che  nella  specie   era
pienamente realizzata in ragione della ristrettezza  dei  termini  di
presentazione della domanda di trasferimento; 
    b)  quanto  all'asserita  carenza  di  interesse  che  gli   atti
impugnati erano idonei ad incidere sul rapporto di lavoro poiche', in
caso di mancata proposizione della  domanda,  il  dipendente  avrebbe
perso l'opportunita' offertagli mentre in caso di proposizione  della
domanda avrebbe potuto essere sottoposto a  trasferimento  anticipato
rispetto ai trasferimenti automatici previsti dalla legge, stante  la
data del 13 settembre  2013  indicata  nell'accordo  e  l'assenza  di
riferimenti alla data del 13 settembre 2016 indicata dal Ministero. 
    26. Avverso tale provvedimento ha proposto reclamo  il  Ministero
di Giustizia con atto depositato il 14  dicembre  2012  chiedendo  la
riforma o revoca dell'ordinanza con rigetto  del  ricorso  in  quanto
inammissibile e comunque infondato in fatto e diritto. 
    27.  All'udienza  collegiale  le  parti  hanno  insistito   nelle
rispettive richieste ed i  ricorrenti  chiesto  l'acquisizione  delle
delibere con le quali i 36 Comuni del Circondario avevano chiesto  la
conservazione  del  Tribunale  di  Sulmona  e  della  Procura   della
Repubblica presso il Tribunale di Sulmona. 
 
                               Diritto 
 
6 - I motivi del reclamo -  primo  motivo:  difetto  di  interesse  e
inammissibilita' della domanda - infondatezza  interpretazione  della
domanda - interesse alla conservazione del  posto  nell'attuale  sede
geografica di Sulmona. 
    28. A sostegno del  reclamo  il  Ministero  ha  dedotto,  in  via
preliminare, che la domanda non sarebbe sostenuta da alcun  interesse
suscettibile di tutela. Totalmente infondato, in particolare, sarebbe
l'assunto secondo cui l'interpello darebbe luogo ad un  trasferimento
forzoso, atteso che l'unico trasferimento forzoso  ravvisabile  nelle
presente vicenda sarebbe  proprio  quello,  previsto  tuttavia  dalla
legge, negli uffici cui  sono  trasferite  le  competenze  di  quelli
soppressi, effetto questo  rispetto  al  quale  l'interpello  avrebbe
inteso offrire ai dipendenti null'altro che un'opportunita' ulteriore
di cui il dipendente stesso avrebbe potuto  avvalersi,  se  e  quando
avesse voluto, ma che sarebbe stata assolutamente inidonea a  mettere
in  discussione  il  suo  diritto  ad  essere  assegnato,  anche   in
soprannumero, negli organici degli uffici accorpanti. 
    29. Di  qui  l'illogicita'  dell'ordinanza  nella  parte  in  cui
conclude che "il  personale  e'  di  fatto  obbligato  a  partecipare
[all'interpello]  se  non  vuole  essere  soggetto  al  trasferimento
previsto dai decreti legislativi 155 e 156", stante la contraddizione
fra le sue premesse, in cui si afferma che i ricorrenti "lamentano la
violazione del loro diritto alla riassegnazione  ex  art.  6,  d.lgs.
155/2012 e 4 decreto  legislativo  n.  156/2012",  e  la  conclusione
secondo cui la "la stessa [riassegnazione] rappresenterebbe per  loro
un pregiudizio"; - di qui inoltre  l'inammissibilita'  della  domanda
cautelare per difetto di interesse, atteso che nessun altro interesse
dei ricorrenti avrebbe potuto ritenersi leso dagli atti impugnati. 
    30. Il motivo e' infondato. 
    31. Premessa implicita nella sue ragioni e' che l'interesse che i
ricorrenti avrebbero inteso tutelare in via anticipata sarebbe quello
ad essere assegnati nella sede dell'Aquila. 
    32. Si tratta di interpretazione che, per quanto legata a  talune
espressioni  letterali  usate  nel  ricorso,  conduce  a  conclusioni
paradossali nel contesto, a tutti noto, di acuta  preoccupazione  dei
dipendenti  per  il  loro   previsto   trasferimento   negli   uffici
dell'Aquila,  oltre  che  in  evidente  contrasto  con  la   notoria,
perfettamente riconoscibile e di fatto riconosciuta, loro volonta' di
opporsi, in  primo  luogo  a  detto  trasferimento,  e  solo  in  via
subordinata, ove detto trasferimento non fosse per essi evitabile, di
opporsi sia ad un trasferimento anticipato rispetto alla data del  13
settembre 2016, sia alle ulteriori conseguenze che  sarebbero  potute
derivare dall'esito delle domande e procedure di  trasferimento,  fra
le quali quella  di  un  temuto  trasferimento  in  una  sede,  fuori
distretto, ancor piu' lontana di quella dell'Aquila. 
    33. A cio' conducono il senso comune e l'evidenza logica. 
    34. Ma in tal senso  soprattutto  e'  il  generale  principio  di
interpretazione secondo  buona  fede  -  (piu'  volte  richiamato  in
materia di atti processuali: Cass. civ., sez.  lav.,  14-10-2003,  n.
15371) - ove si considerino: 
      a) la facile  riconoscibilita'  di  tale  volonta'  ed  il  suo
effettivo riconoscimento da parte del Ministero  a  partire  dal  suo
primo atto difensivo in cui espressamente  si  legge  che  la  "causa
petendi dell'odierno giudizio,  ...viene  ricondotta  all'illegittima
attuazione   ...   della   legge   delega   sulla   revisione   delle
circoscrizioni giudiziarie, che  pero'  discende  direttamente  dalla
legge", con  la  conclusione  che  "all'interrogativo  di  fondo  che
dovrebbe consentire la corretta individuazione del  petitum"  l'unica
risposta sarebbe da cercare  nell'intenzione  "di  ottenere  per  via
giudiziaria  il  mantenimento  in  vita  del  Tribunale  di  Sulmona,
passando attraverso una declaratoria di non manifesta infondatezza  e
rilevanza delle questioni di costituzionalita' sollevate  in  ricorso
che, di fatto, sono le uniche oggetto di specifica trattazione  e  la
vera "domanda di giustizia" rivolta al locale giudice adito»; 
      b) la circostanza che il Ministero abbia potuto  contraddire  e
abbia di fatto contraddetto a tale domanda opponendo ad  essa,  nella
memoria   di   costituzione,   l'irrilevanza   della   questione   di
costituzionalita' su cui e' basata, sotto il profilo del travisamento
dei fatti e, deducendo nel reclamo, il motivo dell'infondatezza della
questione  di  costituzionalita'  relativa  al   ritenuto   prematuro
esercizio della delega. 
    35. A diverse conclusioni  non  potrebbero  condurre  i  restanti
criteri interpretativi di cui all'art. 1362 e segg. c.c., applicabili
alla domanda giudiziale quali canoni ermeneutici  legali  di  portata
generale (ex multis Cass. civ., sez. lav.,  23-07-  2010,  n.  17367;
Cass. civ., sez. II, 21-07-2003, n. 11343; Cass. civ., sez. I, 12-08-
2005, n. 1688; Cass. civ., sez. II, 22-12-2005, n. 28421; Cass. civ.,
sez. lav., 21-7-2005, n. 15299). Ne',  in  particolare,  il  criterio
negativo dell'interpretazione non limitata al "significato  letterale
delle parole", ripetutamente richiamato dalla S.C. in materia di atti
processuali (Cass. civ., sez. I, 12-08-2005, n.  16888;  Cass.  civ.,
sez. lav., 05-10-2002, n. 14303; Cass. civ.,  28-03-1988,  n.  2616),
ne'  i  criteri   positivi,   al   primo   inscindibilmente   legati,
dell'interpretazione di ciascuna espressione secondo il senso che  si
ricava dalla sua relazione con le altre  (richiamato  per  agli  atti
processuali in Cass. civ., sez. I, 12-08-2005, n. 16888; Cass.  civ.,
sez. II, 28-04-2004, n. 8140) criteri dai quali si ricavano viceversa
ulteriori ragioni di incompatibilita' con l'interpretazione  proposta
dal Ministero, ove si considerino: 
      a) il danno "irreparabile» che i ricorrenti, "da sempre  ed  in
maniera stabile, in servizio presso il Tribunale di Sulmona ormai  da
decenni", hanno ravvisato nello "sconvolgimento della loro  esistenza
e di quella delle loro famiglie" per il fatto di  vedersi  costretti,
"nel migliore dei casi a fare i pendolari", ipotesi quest'ultima  non
riferibile ad altro evento che  a  quello  della  soppressione  degli
uffici di Sulmona, unico, se impedito, idoneo ad escludere  il  danno
da pendolarismo descritto in tali passaggi; 
      b) le numerose  e  assai  ampiamente  sviluppate  questioni  di
legittimita' costituzionale  delle  norme  sulla  soppressione  degli
Uffici Giudiziari di Sulmona; ovverosia di quelle stesse norme  dalle
quali sarebbe sorto il supposto "diritto",  nell'interpretazione  del
Ministero, al  trasferimento  negli  uffici  accorpanti  dell'Aquila,
diritto che, sempre secondo  il  Ministero,  costituirebbe  l'oggetto
principale o addirittura unico della domanda cautelare; 
    c) la stessa definizione nei termini di un trasferimento  forzoso
di  quel  che  formalmente  sarebbe  un  trasferimento   a   domanda,
definizione  che  in  null'altro  potrebbe  basarsi  che   sull'ovvia
premessa dell'opposizione al "trasferimento forzoso"  previsto  della
legge e alla conseguente coazione, determinata  da  tale  effetto,  a
proporre domande di trasferimento (anch'esse in tal  modo  "forzate")
per sedi meno lontane; 
    d) l'evidente illogicita' di  un'interpretazione  secondo  cui  i
ricorrenti avrebbero  inteso  far  valere  come  "diritto"  l'effetto
previsto da legge di cui assumono l'incostituzionalita',  come  anche
l'illogicita',  insita  nella  medesima  interpretazione,   dell'aver
ravvisato un pregiudizio irreparabile nella possibilita' loro offerta
di un trasferimento, a domanda, in una sede meno lontana  (Pescara  e
Chieti), allo scopo di garantirsi il "diritto"  ad  un  trasferimento
automatico in una sede piu' lontana, contraddizioni entrambe superate
alla  luce  dell'ovvia  subordinazione  della  domanda   basata   sul
"diritto"  al  trasferimento   nella   sede   dell'Aquila   (avanzata
all'evidente scopo di fugare il temuto  pericolo  di  un  ancor  piu'
svantaggioso  trasferimento  in  sedi  ancor   piu'   lontane   fuori
distretto),   al   mancato   accoglimento   della   domanda    basata
sull'incostituzionalita' della norma che tale trasferimento prevede e
sul conseguente diritto alla  conservazione  del  posto  nell'attuale
sede di Sulmona. 
    36. Incompatibile da ultimo con  l'interpretazione  proposta  dal
Ministero e' lo stesso principio di conservazione degli atti (per gli
atti giudiziari in Cass. civ., sez. lav., 21-07-2005, n. 15299; Cass.
civ., 30-10-1986,  n.  6367),  stante  l'inidoneita'  del  ricorso  a
produrre qualsiasi effetto, come esattamente segnalato dal Ministero,
ove interpretato nel senso dal Ministero stesso proposto, e stante la
possibilita' per il giudice di pervenire a tale risultato  solo  dopo
aver vagliato tutti  gli  ulteriori  possibili  significati  utili  a
rendere l'atto produttivo di effetti. 
    37. Alla luce di tali criteri le apparenti ambiguita' del ricorso
introduttivo - peraltro inevitabili nella ristrettezza  di  tempi  in
cui ha dovuto essere  redatto  -  non  impediscono  di  scorgervi  il
prioritario (e naturale) interesse dei dipendenti alla  conservazione
del posto di lavoro nell'attuale sede geografica di Sulmona; con esso
la volonta' di chiedere  la  sospensione  degli  effetti  degli  atti
impugnati, in vista di una loro declaratoria di nullita' in  sede  di
merito,  in   quanto   attuativi   di   norme   di   legge   ritenute
incostituzionali, e idonei, per  tale  via,  a  causare  immediati  e
irreparabili  danni  nei  loro  rapporti  lavorativi,   personali   e
familiari. 
    38. Esplicita in tal senso e'  la  precisazione  contenuta  nella
memoria di replica depositata il 7 febbraio  2013  con  la  quale  la
difesa  dei  ricorrenti  ha  inteso  fugare  ogni  dubbio   chiarendo
ulteriormente  che  l'opposizione  e'  "da   riferire   a   qualsiasi
trasferimento o inclusione in organico di altro ufficio, in primis al
trasferimento presso l'accorpante Tribunale di L'Aquila». 
    39. Ma ancor piu' esplicita, e tale da rendere detta precisazione
superflua anche in relazione a  possibili  dubbi  di  violazione  del
contraddittorio, e' la circostanza che contro tale domanda, come gia'
visto, il Ministero ha ampiamente contraddetto sia nella  memoria  di
costituzione,  opponendo  ad  essa  il  difetto  di  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale su cui era basata,  sia  nel
reclamo  investendo  l'ordinanza  di  uno  specifico  motivo   basato
sull'infondatezza  della  questione  relativa  all'inosservanza   del
differimento della delega. 
    40. Non ritiene quindi il  collegio  di  poter  aderire,  in  una
controversia di tale rilevanza, ad un'interpretazione dell'atto  che,
per quanto basata su talune sue espressioni  letterali,  assumerebbe,
per i dipendenti, preoccupati per  il  previsto  trasferimento  nella
sede dell'Aquila, il sostanziale  significato  di  una  beffa,  quale
l'accertamento  del   loro   "diritto"   a   tale   trasferimento   e
l'affermazione che tale preteso "diritto" non sarebbe stato  violato.
Ne'  ritiene  necessario  -  alla  luce  del   contraddittorio   gia'
pienamente sviluppato sulla principale  domanda  cosi  individuata  -
fissare apposita udienza e assegnare ulteriore termine alle parti per
consentire al Ministero di ulteriormente contraddire sulla stessa. 
    41. Necessario da ultimo precisare che  a  tale  conclusione  non
ostano ne' il diverso ordine espositivo seguito  dai  ricorrenti  nel
ricorso ex art. 700 c.p.c., ne' la richiesta di valutare le questioni
di legittimita'  costituzionale  in  via  subordinata  rispetto  alla
domanda di sospensione e di declaratoria di  nullita'  o  inefficacia
dell'atto. 
    42. Quanto al primo aspetto va ribadito  che  vincolante  per  il
giudice e'  l'ordine  in  cui  le  parti  hanno  inteso  proporre  le
rispettive domande, potendone derivare, in caso contrario,  un  vizio
di  ultrapetizione  o  di  omessa  pronuncia,  non   anche   l'ordine
espositivo che le stesse hanno inteso seguire  nell'illustrazione  di
fatti e argomenti; nella specie  l'ordine  di  esposizione  e'  stato
quello non dell'interesse positivo alla conservazione del  posto  ma,
quello,  inverso,  della  maggiore  gravita'  del  danno   e   quindi
dell'interesse  negativo,  a  partire  quindi  dall'ipotesi  peggiore
costituita dalli essere trasferiti  in  altre  sedi  fuori  distretto
ancor piu' lontane di quelle dell'Aquila. 
    43. Quanto all'ordine delle domande  va  altresi'  precisato  che
tale  gerarchia  non  va  automaticamente  ricavata  dalla  struttura
sintattico  grammaticale  della  parte  formalmente  destinata   alle
conclusioni, ma dalla struttura interna alle effettive richieste cosi
come individuate nell'interpretazione dell'atto. 
    44.  Sotto  tale  profilo,  pertanto,   neppure   vincolante   e'
l'apparente  subordinazione,  nelle  conclusioni   dell'atto,   delle
questioni  di  legittimita'  costituzionale,  atteso  che,  con  tale
collocazione, le parti non hanno  inteso  subordinare  l'esame  delle
domande basate su dette ragioni al rigetto delle  domande  basate  su
ragioni  diverse,  ma  subordinare  la  questione   di   legittimita'
costituzionale -  nell'ambito  delle  questioni  interne  a  ciascuna
domanda correttamente ordinata rispetto alle altre -  all'assenza  di
ragioni di accoglimento diverse, cio'  secondo  l'ordine,  interno  a
ciascuna domanda, imposto dal giudizio di rilevanza  della  questione
di costituzionalita'. Trattasi in altre parole di ordine di questioni
e non anche di ordine di domande. 
    45. Va pertanto conclusivamente osservato che con il  ricorso  ex
art. 700 c.p.c. i dipendenti hanno inteso tutelare gli interessi: 
    a) in primo luogo a non veder soppresso -  sulla  base  di  norme
costituzionalmente illegittime - il loro posto di lavoro nell'attuale
collocazione geografica di Sulmona e a non essere trasferiti in altre
sedi; 
    b) in via subordinata a non essere trasferiti, prima del triennio
previsto dall'art. 11, comma 3 decreto legislativo n. 155/2012,  come
anche a non veder trasferiti prima di tale  momento  i  colleghi  che
avessero  fatto   domanda,   per   l'aggravio   di   lavoro   e   per
l'accelerazione del processo di soppressione del posto che ne sarebbe
derivata; 
    c) in via ulteriormente subordinata ad essere trasferiti  in  una
sede, anche di altro distretto, meno lontana di quella dell'Aquila; 
    d) da ultimo,  a  non  essere  trasferiti  in  uffici,  di  altro
distretto, ancor piu' lontani dello stesso Tribunale di L'Aquila. 
    46. Di qui l'infondatezza, in relazione alle prime tre posizioni,
del motivo basato sull'inammissibilita' della domanda per difetto  di
interesse. 
7 - segue: I motivi del reclamo - secondo motivo -  travisamento  dei
fatti - non lesivita' degli atti impugnati - riserva sulla fondatezza
- potenziale lesivita' degli atti impugnati in  quanto  attuativi  di
norme sospettate di incostituzionalita' rilevanza delle questioni  di
legittimita' costituzionale  delle  norme  sulla  soppressione  degli
uffici giudiziari. 
    47. Con ulteriore motivo il Ministero lamenta che "sia il ricorso
che  l'ordinanza  reclamata"  si  fonderebbero   "su   considerazioni
derivanti da un clamoroso travisamento dei fatti"  in  quanto  "dalla
semplice  lettura   della   premessa   dell'accordo   sindacale"   si
evincerebbe "incontrovertibilmente che  gli  interpelli  distrettuali
hanno come unica finalita' quella di tutelare gli interessi personali
e familiari  dei  dipendenti  interessati  dalla  soppressione  degli
uffici offrendo loro la  possibilita'  di  scegliere  una  sede  piu'
gradita, se ed in quanto lo desiderino, rispetto a quella ove saranno
automaticamente destinati per espressa previsione di legge".  Di  qui
la "possibilita', rigorosamente su base volontaria, di  scegliere  un
ufficio giudiziario a  loro  gradito  nell'ambito  del  Distretto  di
L'Aquila, in aggiunta ed in alternativa al  trasferimento  automatico
che, a suo tempo,  discendera'  direttamente  dalla  legge",  con  il
decisivo rilievo  che  "per  tutelare  il  loro  (unico)  diritto  ad
ottenere il trasferimento nei termini disposti dalle norme richiamate
...i ricorrenti non devono far altro che astenersi dal presentare  la
domanda di partecipazione all'interpello distrettuale". 
    48. Ne deriverebbe l'irrilevanza, a rigore, anche  dell'ulteriore
questione   sull'operativita'   del    trasferimento    per    quanti
rispondessero  all'interpello  potendo  anche  tale  rischio   essere
evitato attraverso la semplice astensione dal  proporre  domande.  In
relazione a tale quesito era comunque utile,  secondo  il  Ministero,
segnalare, "per  mero  scrupolo",  che  gli  atti  impugnati  "devono
evidentemente   interpretarsi   nel   senso   che   i    partecipanti
all'interpello  distrettuale,  che  dovessero   risultare   vincitori
dell'interpello stesso, prenderanno possesso del nuovo  ufficio  solo
all'esito dell'effettiva  cessazione  dell'operativita'  dell'ufficio
giudiziario  soppresso  dal  quale   provengono",   mentre   "l'unica
anticipazione  che  l'Amministrazione  ha  concordato  con  le  parti
sociali e' stata quella di prendere in considerazione in tempo  utile
le aspirazioni dei dipendenti interessati, al fine di poter procedere
alla   prevista   redistribuzione   del   personale,    al    momento
dell'operativita'   della   legge".   Tali   conclusioni    sarebbero
ulteriormente confermate dalle risposte alla domande  piu'  frequenti
(c.d. FAQ) pubblicate sul sito  del  Ministero,  informazioni  queste
ultime che, pur senza assurgere al valore di fonti  di  diritto,  non
sarebbero tuttavia prive di effetti consistendo in manifestazioni  di
volonta', ribadite "sia in sede di redazione  degli  atti  giudiziari
sia  in  sede  di  interrogatorio  del  Capo  Dipartimento",  che  si
risolverebbero,     in     caso     di     diverso      comportamento
dell'amministrazione, in condotte non rispettose del dovere di  buona
fede idonee, per tale ragione, a determinare la "certa  vittoria  del
dipendente,  anticipatamente  e  forzosamente   trasferito,   in   un
instaurando giudizio ex art 700 c.p.c. in quel  caso  ragionevolmente
fondato". 
    49. Il motivo, logicamente ineccepibile ove si  prescindesse  dal
gia' rilevato interesse  dei  ricorrenti  ad  opporsi  all'automatica
assegnazione o al trasferimento  forzoso  previsti  dalla  legge,  e'
condizionato  alla  (contestata)  legittimita'  costituzionale  della
norma che tale trasferimento prevede. 
    50. E' infatti evidente che le previsioni degli  atti  impugnati,
in tanto potrebbero riferirsi a  trasferimenti  volontari  in  quanto
detti trasferimenti non siano a loro volta imposti, in via di  fatto,
dall'esigenza di evitare le piu' gravose conseguenze, nel particolare
contesto territoriale del  Circondario  di  Sulmona,  dell'automatica
assegnazione, prevista da legge che si assume incostituzionale, negli
uffici  dell'Aquila.  In  quest'ultima   ipotesi   il   trasferimento
volontario cesserebbe di essere tale,  risultando  anch'esso  imposto
dall'esigenza di evitare  un  piu'  gravoso  trasferimento  in  senso
stretto  (o  d'ufficio)  a  sua  volta   sfornito   del   presupposto
organizzativo e normativa atto a legittimarlo. 
    51. Di qui la lesivita' degli atti impugnati in quanto  attuativi
di norme incostituzionali a  loro  volta  lesive  dell'interesse  del
lavoratore alla conservazione del posto di lavoro  nell'attuale  sede
geografica di Sulmona. 
    52. Altrettanto ovvio, per contro,  e'  che,  in  caso  di  norma
immune da  vizi  di  incostituzionalita',  le  opportunita'  previste
nell'interpello, in quanto finalizzate ad ampliare le possibilita' di
scelta dei dipendenti ed inidonee a  limitarne  l'autodeterminazione,
sono altresi' inidonee a produrre nei loro confronti  effetti  lesivi
suscettibili  di  tutela,  non  potendo  neppure  configurarsi,  come
esattamente osservato dal reclamante, "un diritto all'interpello  dei
dipendenti" ne'  la  possibilita'  per  essi  di  "rivendicare,  come
obbligo  a  carico  dell'amministrazione,  che  la  stessa   bandisca
l'interpello medesimo con altre regole e condizioni". 
    53.  Ne  deriva  che,  nel  caso  di  norma  immune  da  vizi  di
incostituzionalita', tale ultimo rilievo sarebbe altresi' sufficiente
ad  escludere  la   rilevanza   della   lamentata   possibilita'   di
un'"anticipazione"  degli  effetti  dei  trasferimenti,   stante   la
possibilita', per il dipendente che non  intenda  incorrere  in  tale
rischio, di astenersi dal proporre domande e stante  la  coerenza  di
tale previsione, nel caso di norma costituzionalmente legittima,  con
l'esigenza organizzativa di modulare nel tempo la riallocazione delle
risorse negli uffici accorpanti. 
    54. Sul punto va altresi' osservato che certamente esatto  e'  il
chiarimento offerto dal  Ministero  sul  sostanziale  equivoco  sotto
intorno  al  significato   del   termine   "anticipatamente",   usato
nell'Accordo e nell'Interpello - come precisato dal reclamante -  con
riferimento, non all'operativita' del trasferimento, come temuto  dai
ricorrenti,   ma   alla    conclusione    delle    procedure    volte
all'individuazione degli aventi diritto. 
    55. Ciononostante la distinzione fra i due momenti, come pure  le
espresse dichiarazioni o l'impegno assunto, finanche in udienza,  dal
rappresentante del Ministero, non fanno venir  meno  la  possibilita'
per  l'Amministrazione,  di  anticipare  la  presa  di  possesso  del
dipendente  trasferito  a  domanda  ove  detta  anticipazione,  nella
valutazione comparativa delle  esigenze  organizzative  degli  uffici
accorpanti e di quelli soppressi, fosse ritenuta necessaria,  per  il
piu' efficiente funzionamento complessivo degli uffici;  eventualita'
quest'ultima, da ritenere inoltre tutt'altro che improbabile,  stante
l'identica ratio gia' seguita da  altra  Autorita',  in  presenza  di
analogo  quesito  postosi   con   riguardo   all'opportunita'   della
copertura, mediante magistrati di prima  nomina,  dei  posti  vacanti
negli uffici soppressi. 
    56. Anche sotto tale profilo peraltro il motivo resta subordinato
alla non  manifesta  infondatezza  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale delle norme sulla soppressione degli uffici giudiziari
stante  la  legittimita'   che   ne   deriverebbe   degli   eventuali
provvedimenti       anticipatori       potenzialmente        adottati
dall'Amministrazione  in  attuazione  di   norma   costituzionalmente
legittima. 
8 - segue: I motivi del reclamo - terzo motivo  -  insussistenza  del
pregiudizio  legato  all'affermata  impossibilita'  di  chiedere   il
trasferimento in sedi non comprese  nel  distretto  -  riserva  sulla
fondatezza - rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale
delle norme sulla soppressione degli uffici giudiziari. 
    57. Con ulteriore motivo  il  Ministero  deduce  che  neppure  la
mancata partecipazione all'interpello potrebbe recare pregiudizio  ai
dipendenti stante la possibilita' ad essi  accordata  di  partecipare
comunque al successivo  interpello  nazionale  previsto  nell'art.  8
dell'accordo.   Ne   deriverebbe   l'infondatezza   dell'affermazione
contenuta nell'ordinanza - secondo cui ai perdenti posto non  sarebbe
data la possibilita' di scegliere una  sede  diversa  da  quella  del
distretto di appartenenza- atteso  che  "all'esito  degli  interpelli
distrettuali, i dipendenti, sia che partecipino, sia che si astengano
dal farlo, mantengono il diritto a partecipare  anche  all'interpello
nazionale e quindi, ove vi siano posti vacanti, anche per i distretti
limitrofi". 
    58. Sul punto va ripetuto, in via generale, quanto gia' affermato
sull'inesistenza, esattamente rilevata dal Ministero, di  un  diritto
dei dipendenti a che la  P.A.  "bandisca  l'interpello  ...con  altre
regole e condizioni", cosi' come esatto, in  ogni  caso,  sarebbe  il
rilievo,  subordinato   al   primo,   secondo   cui   la   previsione
dell'interpello  nazionale  consentirebbe,  anziche'  precludere,  la
possibilita' di proporre domande per distretti diversi da  quello  di
appartenenza. 
    59.  Trattasi  tuttavia  di  conclusioni  anche   in   tal   caso
condizionate alla legittimita' costituzionale delle norme  di  cui  i
provvedimenti in parola costituiscono attuazione. 
9 - segue: I motivi del reclamo - quarto motivo -  insussistenza  del
pregiudizio legato alla mancata  pubblicazione  della  totalita'  dei
posti vacanti - riserva sulla fondatezza - rilevanza delle  questioni
di legittimita' costituzionale. 
    60. Con ulteriore motivo si assume l'erroneita' dell'affermazione
contenuta nell'ordinanza secondo cui l'interpello  distrettuale,  non
avendo inserito fra  i  posti  disponibili  la  totalita'  dei  posti
vacanti  nel  distretto,  sarebbe  in  contrasto  con  le  previsioni
dell'art.  2  n.  1  dell'accordo  sulla  mobilita'   del   personale
dell'amministrazione giudiziaria sottoscritto il 27 marzo 2007, nella
parte in cui prevede la pubblicazione "dei posti da coprire". 
    61.  Oggetto  dell'accordo  del  27  marzo   2007,   secondo   il
reclamante, sarebbe la "pubblicazione in ambito nazionale  dei  posti
vacanti che l'Amministrazione periodicamente effettua per  assicurare
la mobilita'  del  personale";  nel  caso  in  esame,  viceversa,  la
pubblicazione dei posti sarebbe avvenuta in  esecuzione  di  apposito
accordo straordinario sottoscritto allo scopo di pervenire "in  vista
della migliore attuazione della revisione delle circoscrizioni, ad un
riassetto   organizzativo   degli   uffici   giudiziari   di   natura
necessariamente straordinaria..."; considerazione cui andava aggiunto
il rilievo che l'accordo del  27  marzo  2007  non  avrebbe  comunque
contemplato alcun obbligo per l'Amministrazione di mettere a concorso
tutti i posti vacanti esistenti nei singoli uffici, ma i soli  "posti
vacanti da coprire", tali intendendosi "quelli che  l'Amministrazione
ritiene  utile   e   necessario   vengano   effettivamente   coperti,
nell'esercizio dei suoi discrezionali poteri  di  organizzazione  del
servizio". 
    62. Si tratta di motivo la cui fondatezza e' anche  in  tal  caso
subordinata alla legittimita' costituzionale delle norme di  cui  gli
atti impugnati costituiscono attuazione. 
    63. Esatti infatti sono i rilievi del reclamante, sia  in  ordine
al fatto  che  l'accordo  del  27  marzo  2007  sulla  mobilita'  del
personale giudiziario non  prevede  alcun  obbligo  per  la  P.A.  di
pubblicare tutti i posti vacanti ma i soli "posti vacanti da coprire"
-  tali  intendendosi  quelli   che,   nella   sua   discrezionalita'
organizzativa, il Ministero abbia ritenuto di dover coprire,  sia  in
ordine alla straordinarieta' dell'accordo sindacale -in quanto emesso
unicamente "in vista della migliore attuazione della revisione  delle
circoscrizioni, ad un riassetto organizzativo degli uffici giudiziari
di  natura  necessariamente  straordinaria"  -  ed  alla  conseguente
incompatibilita', con detto  "riassetto  organizzativo",  finalizzato
alla  "migliore  attuazione  della  revisione  delle  circoscrizioni"
giudiziarie,  della  copertura  dei  posti   vacanti   negli   uffici
soppressi, stante la finalita', tipicamente attuativa della legge  di
revisione, di provvedere non alla copertura della totalita' dei posti
vacanti, ma alla concentrazione delle risorse umane sui tribunali non
interessati dalla soppressione. 
    64. Discende tuttavia proprio  da  tali  considerazioni  che,  in
tanto la mancata pubblicazione dei posti degli uffici soppressi  puo'
considerarsi   espressione    di    discrezionalita'    organizzativa
dell'Amministrazione,  in  quanto  il  presupposto  organizzativo   e
normativo di tale scelta,  costituito  dalle  norme  di  legge  sulla
soppressione di tali uffici,  non  debba  considerarsi  a  sua  volta
contrastante con l'ordinamento costituzionale. 
    65. Trattasi  inoltre  di  interesse,  alla  pubblicazione  della
totalita' dei posti vacanti, che al pari di quelli esaminati nei  due
precedenti motivi e' palesemente subordinato al mancato  accoglimento
della domanda principale finalizzata  alla  conservazione  del  posto
nell'attuale sede di Sulmona. 
10 - segue: I motivi del reclamo - quinto motivo - infondatezza della
questione  di  legittimita'  costituzionale  basata   sul   prematuro
esercizio della legge delega - riserva. 
    66. Con ulteriore motivo il reclamante censura l'ordinanza  nella
parte in cui affronta la questione di costituzionalita'  relativa  al
prematuro esercizio del potere  legislativo  delegato,  in  relazione
alla norma del comma 5-bis, della l. 148/2011. Secondo il  reclamante
gli argomenti usati dal Giudice del Lavoro sarebbero  "capziosi",  in
quanto volti a "disquisire sulla differenza  di  significato  fra  il
termine  proroga  e   il   termine   differimento"   mentre   l'unico
differimento previsto sarebbe  quello  del  "termine  finale  a  data
fissa" con la conseguenza che "nessuna  differenza  di  effetti  puo'
farsi discendere dall'utilizzo dei due termini". 
    67. Si tratta di motivo il cui esame va opportunamente  riservato
alla trattazione della rilevanza e non manifesta  infondatezza  delle
ulteriori questioni di costituzionalita' sollevate nel ricorso. 
11 - segue: I motivi del reclamo - sesto motivo -  insussistenza  del
periculum in mora - infondatezza. 
    68. Con ulteriore motivo il reclamante  contesta  la  sussistenza
del periculum in mora sul  rilievo  dell'insussistenza  di  qualsiasi
obbligo  per  i  dipendenti  di  rispondere  all'interpello  e  sulla
conseguente assenza per essi di  qualsiasi  "traccia  di  periculum",
stante l'intangibilita' del loro diritto al trasferimento nelle  sedi
previste dal Legislatore e stante la necessaria operativita' di  tale
trasferimento non prima di tre anni. Significativo dell'errore in cui
sarebbe incorso il Giudice sarebbe l'uso  del  termine  "ottemperare"
per definire la presentazione di una domanda del tutto facoltativa. 
    69.  Sotto  altro  profilo,  aggiunge,   l'urgenza   stessa   del
provvedere avrebbe dovuto essere esclusa in considerazione del  fatto
che "anche a riconoscere una qualche ammissibilita' alle istanze  ...
[dei ricorrenti] le stesse potevano e dovevano  essere  discusse  nel
merito  non  sussistendo  alcuna  plausibile   ragione   a   sostegno
dell'adozione di un provvedimento cautelare  d'urgenza  di  qualsiasi
natura". Di qui l'ulteriore conferma del travisamento dei  fatti  sui
quali sarebbero basate le pretese dei ricorrenti. 
    70. Il motivo e' infondato. 
    71. Premessa implicita nelle argomentazioni  del  reclamante  e',
anche in tal caso, che gli interessi e diritti di  cui  i  ricorrenti
avrebbero chiesto tutela in via anticipata siano unicamente quelli  a
non essere trasferiti in uffici diversi dalla sede accorpante o per i
quali avessero fatto domanda o, infine, a non  essere  trasferiti  in
data anteriore a  quella  derivante  dal  differimento  di  tre  anni
previsto dalla legge. Su tali premesse la sussistenza  del  periculum
in mora andrebbe certamente esclusa, con immediato  accoglimento  del
reclamo ed esclusione della rilevanza delle questioni di legittimita'
costituzionale, non essendo ravvisabile  nei  provvedimenti  adottati
conseguenze apprezzabilmente diverse da quelle implicite nei  diritti
stessi oggetto di tutela. 
    72. Viceversa, ove gli interessi oggetto di  domanda  fossero  in
primo  luogo  quelli  alla  conservazione   del   posto   di   lavoro
nell'attuale sede geografica di Sulmona la sussistenza del  periculum
in mora andrebbe  riconosciuta  e  il  suo  accertamento  subordinato
all'esame  della  non  manifesta  infondatezza  delle  questioni   di
legittimita' costituzionale 
    73. Nessun dubbio infatti che unica funzione degli atti impugnati
sia quella, come gia'  visto,  di  dare  attuazione  alle  norme  dei
decreti legislativi 155 e  156  del  2012  sulla  soppressione  degli
uffici giudiziari. In dette norme vanno cercate le premesse e l'unica
ragion d'esser di tutti gli atti in parola come reso evidente: 
    a) dal testo stesso dell'Accordo  e  della  Circolare,  i  quali,
prendendo le mosse  dalla  legge  delega  148  /2011  e  dai  decreti
legislativi 155 e 156 del 2012, premettono che con tali provvedimenti
legislativi "e' stata disposta la  soppressione  di  31  Tribunali  e
relative Procure, 667 Uffici di Giudice di Pace e  di  tutte  le  220
Sezioni distaccate di Tribunale"; 
    b)  dalle  finalita',  esplicitate  in  tali  premesse,  (1)  "di
collocare il  personale  "perdente  posto"  a  seguito  del  "diverso
assetto organizzativo conseguente alla revisione delle circoscrizioni
giudiziarie, col relativo taglio di numerosi uffici", (²) "di evitare
interventi transitori  sul  personale  in  servizio"  attraverso  "la
riassegnazione  del   personale   "perdente   posto"   prendendo   in
considerazione le aspirazioni dello stesso  ad  essere  destinato  ad
altro ufficio nell'ambito del distretto, ove vi siano posti  vacanti;
anticipatamente rispetto ai trasferimenti automatici  disposti  dalla
legge" (³) "di garantire la  continuita'  dei  servizi  degli  uffici
giudiziari accorpanti"; 
    c) dall'espressa limitazione  degli  effetti  dell'Accordo  "alle
procedure conseguenti la revisione delle  circoscrizioni  giudiziarie
di cui all'art. 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011 n.  148"  e
con esse al solo "personale assegnato in pianta organica agli  uffici
giudiziari soppressi  del  distretto  come  individuati  dai  decreti
legislativi numeri 155 e 156 del 2012"; 
    d) dalla natura straordinaria, dell'accordo e  degli  interpelli,
entrambi riferiti dalla stessa difesa del  Ministero  alla  "migliore
attuazione della revisione  delle  circoscrizioni,  ad  un  riassetto
organizzativo  degli  uffici  giudiziari  di  natura  necessariamente
straordinaria...". 
    74. Nel concreto va poi osservato che la piu' rilevante  funzione
di tali provvedimenti e' data dalla  loro  idoneita'  a  produrre  il
progressivo, non traumatico,  "svuotamento"  degli  uffici  soppressi
("prendendo in considerazione le aspirazioni" del personale  perdente
posto  "ad  essere  destinato  ad  altro  ufficio   nell'ambito   del
distretto)  in  modo  da  avviare   il   "volontario"   irreversibile
incanalamento delle risorse umane degli uffici soppressi verso quelli
destinati a non essere soppressi. 
    75.  Di  qui  il  rilievo  "strategico"  degli   atti   impugnati
nell'attuazione di norme, sospettate di incostituzionalita',  che  il
Governo, re melius perpensa, avrebbe potuto lasciare anche  inattuate
o correggere, avvalendosi dello specifico potere, conferitogli  dalla
disposizione dell'art. 1 comma 5° legge  n.  148/2011,  di  "adottare
disposizioni  integrative  e  correttive  dei   decreti   legislativi
medesimi". 
    76. Quanto all'entita' e attualita' del pregiudizio  il  collegio
ritiene che, pur aderendo alla prospettiva di ridotta attenzione  per
i diritti dei lavoratori che  il  Ministero  sembra  sollecitare,  il
procedimento destinato a dar  luogo  all'automatico  inserimento  dei
dipendenti "perdenti posto" nell'organico di  un  tribunale  distante
oltre 100 Km dalla sede attuale (112  Km  e'  la  distanza  stradale,
corrispondente al minor tempo di percorrenza,  indicata  a  pag.  161
dell'allegato tecnico allo schema di decreto inviato dal  Governo  al
Senato della Repubblica - All. 9  fascicolo  lavoratori  in  sede  di
ricorso introduttivo), in territorio montano come quello dell'Abruzzo
interno, e sino ad oltre 120 o 150 Km dal luogo di attuale residenza,
come nel  caso  di  due  degli  attuali  ricorrenti,  rispettivamente
residenti nei comuni di Roccaraso e Scontrone (vedi distanze pag. 9 e
10 "Analisi collegamenti" All. l  fascicolo  lavoratori  in  sede  di
ricorso introduttivo), non possa considerarsi  privo  di  conseguenze
immediatamente lesive dei diritti inerenti la persona del  lavoratore
e i suoi rapporti di lavoro, familiari e patrimoniali,  ove  iniziato
in  attuazione  di  disposizioni  illegittime;  e  cio'  sia  per  il
dipendente di fatto "costretto" a chiedere il  proprio  trasferimento
in altro ufficio (comunque distante non meno 125 Km per  i  residenti
nei centri piu' lontani) all'unico scopo di  evitare  il  pregiudizio
del collocamento di diritto nel personale di un ufficio  ancora  piu'
distante, sia per il dipendente che, non avendo proposto  domande  di
trasferimento  o  non  essendo  risultato  vincitore   nei   relativi
concorsi, debba da subito riorganizzare la propria vita, in vista  di
un trasferimento di residenza o di un  futuro  usurante  pendolarismo
quotidiano, e veda progressivamente sguarnirsi  il  proprio  ufficio,
con conseguente aggravio di lavoro, per il trasferimento a domanda di
altri lavoratori. 
    77. Non puo' infatti sfuggire come,  nella  specifica  situazione
del  Circondario  di  Sulmona   l'entita'   delle   distanze   e   le
caratteristiche montane dei percorsi mutino la  qualita'  stessa  dei
fatti e del loro impatto nella vita delle persone,  non  potendo,  in
tale contesto, differirsi al momento dell'effettivo trasferimento  la
programmazione delle iniziative da assumere per la corretta  gestione
del proprio patrimonio e dei propri rapporti familiari  e  affettivi,
ne' potendo differirsi a tale momento  le  preoccupazioni  per  detti
rapporti  stante  la  radicale  revisione  dei   progetti   di   vita
immediatamente prodotta da una cosi' inattesa prospettiva e stanti le
altrettanto radicali e immediate ripercussioni sulle proprie persone,
famiglie e patrimoni. 
    78. Ove  si  tenga  conto  di  tali  aspetti  irrilevante  e'  la
circostanza che i trasferimenti  siano  o  non  siano  effettivamente
operativi solo a far  data  dal  13  settembre  2016,  atteso  che  -
quand'anche, come affermato dal Ministero, i provvedimenti  impugnati
fossero destinati a produrre i loro effetti definitivi  solo  dal  13
settembre 2016 - gli stessi, prefigurando da subito un  trasferimento
del lavoratore a distanza dall'attuale sede di  oltre  100  km,  sono
destinati ad  incidere  immediatamente  e  profondamente  su  aspetti
essenziali della sua persona e delle sue scelte di vita. 
    79.  Ne  deriva  che  -  anche  a  ritenere  idonea  la  volonta'
manifestata dal Ministero di non  dare  attuazione  ai  trasferimenti
prima del 13 settembre 2016 e anche a voler considerare, ove  non  si
ritenessero sufficienti tali dichiarazioni,  la  possibilita'  di  un
parziale  accoglimento  del  ricorso  nel  senso  della   limitazione
dell'effetto sospensivo sino alla data del 13 settembre 2016 indicata
nella comparsa di costituzione del  Ministero  e  ribadita  dal  Capo
Dipartimento dell'O.G. all'udienza del giorno 12 novembre 2012, anche
in dette ipotesi,  atte  a  fornire  o  a  considerare  raggiunta  la
garanzia di trasferimenti non operativi prima del 13 settembre 2016 -
detta  garanzia,  nella   particolare   situazione   territoriale   e
infrastrutturale dei Circondari e delle citta' di Sulmona e L'Aquila,
sarebbe comunque inidonea a far cessare l'immediata  lesivita'  degli
atti  impugnati,  sia  con  riguardo  alla  sfera  patrimoniale   dei
lavoratori (ancor piu' nell'attuale contesto di gravissima recessione
economica) sia con riguardo a quella non patrimoniale. 
      a.  Quanto  alla  sfera  patrimoniale,  per  le  operazioni  di
disinvestimento o  alienazione  di  beni  che  da  subito,  specie  i
residenti nelle localita' piu' lontane, sarebbero chiamati a compiere
o valutare, nella maggior parte dei casi attraverso l'alienazione del
bene  di  maggiore  valore  patrimoniale   e   affettivo   costituito
dall'attuale  casa  familiare;  cio'  allo  scopo  di  dotarsi  delle
disponibilita' finanziarie occorrenti  per  l'acquisto  o  almeno  la
locazione, nella citta' dell'Aquila o nei suoi pressi, di un alloggio
adeguato alle esigenze proprie e della propria famiglia. 
      b.  Quanto  alla  sfera  non  patrimoniale,  per  le  immediate
ripercussioni anche psicologiche derivanti: 
        a) dalla radicale revisione dei propri progetti di vita, 
        b) dalle preoccupazioni per la propria salute,  nel  caso  di
mancanza  di  mezzi  per  l'acquisto  di  un  nuovo  alloggio  e   di
conseguente prospettiva di usurante e costoso pendolarismo quotidiano
di centinaia di chilometri, 
        c) dalle ripercussioni nei rapporti con il coniuge e i figli. 
    80. Su tali premesse l'assunto del Ministero, secondo cui "nessun
provvedimento   incidente   ne'   direttamente   ne'   indirettamente
sull'attuale sede di servizio di ciascuno  degli  odierni  ricorrenti
[sarebbe] stato mai  adottato  dall'amministrazione  convenuta",  non
puo' essere condiviso,  poiche'  incontestabile  e'  il  rilievo  che
(anche nel caso di trasferimenti operativi solo a  far  data  dal  13
settembre 2016, come anche nel caso di sospensione sino a  tale  data
degli effetti  dei  trasferimenti)  l'attuazione  delle  norme  sulla
revisione delle circoscrizioni  giudiziarie,  attraverso  l'immediato
avvio,  mediante  gli  atti  impugnati,  di  un  procedimento   volto
all'irreversibile   "svuotamento"   dell'ufficio   soppresso,   quale
condizione per la successiva definitiva  soppressione  del  posto  di
lavoro  nella  sua  attuale  sede  geografica,  pone  sin  d'ora   il
lavoratore, non dinanzi alla prospettiva di una ragionevole modifica,
di poche decine di chilometri, del quotidiano  percorso  da  compiere
per raggiungere il luogo di lavoro, ma dinanzi all'alternativa fra un
usurante pendolarismo quotidiano, su percorsi di montagna  lunghi  da
100 ad oltre 150 km (200 e 300 considerando il ritorno), e quella del
trasferimento della propria residenza in altra citta', con  essa  del
trasferimento del proprio coniuge e dei propri figli, o in  ulteriore
alternativa - nel caso in cui  il  trasferimento  dell'intero  nucleo
familiare fosse impedito dalle rigidita' degli impegni di lavoro o di
studio degli altri componenti, dinanzi alla prospettiva  dei  periodi
di separazione da essi che si imporrebbero,  con  evidenti  ulteriori
ripercussioni, sui propri legami affettivi e familiari; il  tutto  in
un quadro che nella sua globalita' e' da considerare immediatamente e
irreparabilmente lesivo di diritti di rilievo costituzionale. 
12 - Rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale. 
    81.  L'accertata  idoneita'  degli  atti  impugnati  a   produrre
immediati e irreparabili pregiudizi nella sfera di interessi  primari
dei lavoratori non e' di per se' stessa ostativa all'accoglimento del
reclamo, atteso che il sacrificio di tali interessi troverebbe  piena
giustificazione, come ripetutamente affermato  dal  Ministero,  nelle
norme di  legge  sulla  revisione  delle  circoscrizioni  giudiziarie
(artt. 1, 2, 3, decreto legislativo n. 155/2012 con allegate tabelle,
artt. 1 e 2 decreto legislativo n. 156 del 2012 con allegate tabelle,
art.  1  comma  2,  l.  148/2012),  norme  dalla   cui   applicazione
deriverebbero, con  la  giustificazione  del  sacrificio  imposto  ai
lavoratori, l'assenza del fumus boni iuris fatto valere dai  medesimi
e raccoglimento del reclamo. 
    82. Ne deriva,  stante  l'assenza  di  ulteriori  motivi  atti  a
consentire detto accoglimento, l'impossibilita' per  il  collegio  di
pronunciarsi  sul  reclamo  senza  far  ricorso  alle   norme   sulla
soppressione degli  uffici  giudiziari,  norme  da  applicare  (quale
parametro di valutazione della  legittimita'  degli  atti  impugnati)
allo scopo di verificare la fondatezza della richiesta  di  rimozione
dell'effetto sospensivo prodotto dal  decreto  e  dall'ordinanza  del
Giudice monocratico attraverso la revoca della stessa. 
    83.  Si  tratta  di  effetto  che   l'ipotizzata   illegittimita'
costituzionale delle norme non  consentirebbe  di  rimuovere,  stante
l'ingiustizia che ne deriverebbe dei sacrifici imposti ai lavoratori,
e che  viceversa  l'asserita  legittimita'  delle  medesime,  con  la
legittimazione" dei sacrifici che se ne  ricaverebbe,  imporrebbe  di
eliminare. 
    84. Cio' vuol dire che  di  tali  norme  il  Tribunale  non  puo'
omettere la positiva applicazione dovendo ad esse necessariamente far
ricorso per raccoglimento o  il  rigetto  del  reclamo  proposto  dal
Ministero. 
    85. Va inoltre aggiunto che, con riferimento alla diversa ipotesi
della questione di legittimita' costituzionale sollevata  dinanzi  al
giudice investito, in via cautelare, della richiesta di  sospensione,
la Corte costituzionale, ha affermato che, qualora il  giudice  abbia
esercitato il potere di sospensiva, in via provvisoria e  interinale,
la questione di legittimita' costituzionale mantiene  tale  rilevanza
fino  alla  ripresa  del  giudizio  cautelare  dopo  l'incidente   di
costituzionalita', poiche' in tale situazione il medesimo potere  non
si e' ancora esaurito (Cost. 444/1990; 367/1991; 451/1993; 183/1997). 
    86. Nella specie, in cui il  Collegio  nessun  potere  ha  ancora
esercitato sul reclamo, la rilevanza delle questioni di  legittimita'
costituzionale e' ancor  piu'  evidente  appartenendo  le  stesse  al
percorso logico che il collegio deve ancora  necessariamente  seguire
per poter far ricorso alle norme cui e' subordinato  raccoglimento  o
il rigetto del reclamo. 
13 - Impossibilita' di diverse interpretazioni delle norme sospettate
di illegittimita' costituzionale. 
    87.  Nella  valutazione  della  rilevanza  della   questione   di
illegittimita' costituzionale delle norme  sulla  soppressione  degli
uffici   giudiziari   superflua    e'    l'ulteriore    constatazione
dell'impossibilita'  di   interpretazioni   diverse,   potenzialmente
conformi a Costituzione, da quella della  soppressione  degli  uffici
giudiziari del Circondario di Sulmona. Il testo delle norme  e  delle
tabelle allegate ("sono soppressi i tribunali  ordinari,  le  sezioni
distaccate e le procure della Repubblica di cui alla tabella A" "Sono
soppressi gli uffici del giudice di pace di cui alla tabella  A)  non
consente interpretazione diverse da quella della  soppressione  degli
uffici giudiziari, previsione questa  che  costituisce  inconfutabile
dato di realta'. 
    88. Di qui la valutazione della non manifesta infondatezza  delle
questioni di legittimita' costituzionale, sollevate dai ricorrenti  e
rilevate d'ufficio del collegio, delle norme degli artt. 1, 2 e 3 del
decreto legislativo n. 155/2012, con allegate tabelle, nella parte in
cui sopprimono il Tribunale di Sulmona e la Procura della  Repubblica
presso il Tribunale di Sulmona, nonche' degli artt. 1  e  2,  decreto
legislativo n. 156/2012, con allegate tabelle,  nella  parte  in  cui
sopprimo gli uffici del Giudice di Pace di Castel di Sangro e Pratola
Peligna nonche' dell'art. 1, comma 2, l. 148/2012. 
14 - La riforma della c.d. geografia giudiziaria. 
    89. La riforma della c.d. geografia giudiziaria giunge al termine
di lunghi e approfonditi studi,  condotti  dal  CSM  e  dalla  stessa
magistratura  associata,  per  dotare  Paese  di   un'Amministrazione
giudiziaria efficiente o, come e' stato solito dirsi in tale periodo,
"piu' al passo coi tempi". 
    90. L'importanza degli  sforzi  compiuti,  l'estrema  delicatezza
della materia trattata e la rilevanza storica  della  riforma,  dallo
stesso Ministro  definita  "epocale"  (non  solo,  e'  da  dire,  per
l'ambizione degli obiettivi, ma piu' ancora per le ripercussioni  che
la  riforma  stessa  sara'   destinata   a   produrre   sui   sistemi
socio-economici di interi territori e sulla vita di tanti cittadini e
lavoratori),   impongono   al    Collegio    di    premettere    che,
indipendentemente  dalla  condivisione  di  talune   delle   premesse
teoriche da cui traggono origine le linee di fondo di  tali  ricerche
(secondo alcuni  ormai  superate  dalle  piu'  moderne  strategie  di
decentramento  e  strutturazione  in  rete  dei  sistemi  informativi
aziendali), il timore per il rischio di un'ulteriore riconsiderazione
della materia o del possibile sopravvento di  spinte  contrarie  alla
riforma - il timore, in ultima analisi, per  i  possibili  esiti  del
normale spiegarsi della dinamica  democratica,  incompatibile,  nelle
sue premesse, con qualsiasi  apodittica  pretesa  di  verita'  -  non
possono indurre nessuno, meno che mai i singoli giudici  chiamati  ad
applicare le norme vigenti, ad  attenuare  il  rigore  con  cui  sono
tenuti a  verificare  la  possibile  non  manifesta  infondatezza  di
eventuali rilievi di illegittimita' costituzionale. 
    91. Discende viceversa  proprio  dalla  rilevanza  storica  della
riforma e dal suo impatto sul concreto  operare  dell'amministrazione
giudiziaria  dei  prossimi  anni,  con  le  possibili  distorsioni  e
involuzioni,  anche  culturali   che   potrebbero   derivarne,   che,
all'inammissibilita' di ogni forzatura nel  momento  formativo  della
legge, si accompagni l'inammissibilita' di ogni possibile  spinta  ad
attenuare il rigore con cui condurre, nel  momento  successivo  della
sua applicazione, la verifica della non manifesta infondatezza  degli
eventuali sospetti di incostituzionalita'. 
    92.  La  piena  riuscita  del   progetto   di   revisione   delle
circoscrizioni giudiziarie esige, in altre parole,  la  piu'  stretta
adesione ai fondamentali valori e principi costituzionali, mentre  il
pericolo di un'involuzione nel modo di "sentire la  Costituzione"  da
parte degli stessi organi di  governo  costituisce  eventualita'  non
improbabile sotto l'urgere delle difficolta' economiche e finanziarie
che gravano  sul  nostro  Paese,  eventualita'  le  cui  conseguenze,
tuttavia, sono sempre assai piu'  gravi,  nel  lungo  periodo,  degli
inconvenienti che per tali vie si e' inteso superare. 
    93. Ulteriore premessa, implicita in quanto sinora affermato,  ma
altrettanto  indispensabile,   a   giudizio   del   collegio,   nella
ricostruzione storico sistematica delle norme,  e'  che  i  contenuti
delle leggi in parola sono il portato di un lungo periodo di ricerche
che hanno avuto nella Relazione al Parlamento  Italiano  sulla  Stato
della  Giustizia  dell'anno  1996  il  proprio  momento  di   maggior
approfondimento. 
    94. A tale relazione (d'ora in poi chiamata "Relazione del 1996")
hanno fatto riferimento i piu'  importanti  documenti  del  Consiglio
Superiore della Magistratura, sino alla Risoluzione  del  13  gennaio
2010, e con essi alla  stessa  relazione  del  Gruppo  di  Studio  in
materia  di  revisione  delle  circoscrizioni  giudiziarie  istituito
presso il Ministero della Giustizia con decreto ministeriale  del  13
ottobre 2011 (d'ora in poi chiamata "Relazione del Gruppo  di  Studio
Ministeriale") le cui premesse e conclusioni contengono ampi richiami
alla Relazione del 1996. 
    95. Ma decisivo e' il rilievo che la stessa  legge  14  settembre
2011, n. 148, contenente la delega al Governo per la riorganizzazione
della distribuzione sul territorio degli uffici  giudiziari,  risulta
concepita nel solco di tale  relazione  i  cui  punti  centrali,  ivi
compresi taluni dati testuali, sono perfettamente riconoscibili nelle
disposizioni e nell'impianto generale della stessa delega. 
    96. Alla luce di tali contenuti il collegio osserva come  fra  le
piu' rilevanti ragioni sottostanti le domande  dei  lavoratori  e  le
finalita'  ultime  della  legge  Delega,  valutate  in  relazione  ai
principi costituzionali che si assumono violati, esista  una  stretta
continuita'  logica  e  di  valori.  In   considerazione   di   detta
continuita' e' parso utile, nell'esposizione delle  varie  questioni,
non attenersi al loro ordine logico ma all'ordine della loro maggiore
o minore prossimita' agli interessi oggetto di domanda. 
15 - Situazione infrastrutturale - non manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale delle norme degli artt. 1, 2
e 3, decreto legislativo n. 155/2012,  con  le  tabelle  allegate,  e
degli artt. 1 e 2, decreto legislativo n. 156/2012,  con  le  tabelle
allegate, in relazione all'art. 76 della Costituzione per  violazione
dell'art.  1,  comma  2°,  della  legge   n.   148/2012   nella   sua
interpretazione conforme agli articoli dell'art. 3, 24 commi 1,  2  e
3, 35 e 111 commi 2 e 3 della Costituzione. 
    97. Su tali premesse  inevitabile  e'  prendere  le  mosse  dalla
questione piu' direttamente  legata  agli  interessi  e  diritti  dei
lavoratori. 
    98.  Essa  riguarda  la  distanza,  obiettivamente  eccessiva  in
termini sia chilometrici che di tempi di percorrenza, fra la sede  di
Sulmona e la futura  sede  accorpante  dell'Aquila;  piu'  ancora  la
distanza fra quest'ultima e i piu' lontani comuni del Circondario  di
Sulmona. 
    99. Si tratta di  dato  di  rilevanza  immediata  nella  presente
controversia, in relazione all'art. 35 della Costituzione, per la non
ragionevolezza del sacrificio imposto  ai  lavoratori,  con  il  loro
automatico collocamento in una sede ubicata, in  territorio  montano,
ad oltre 100 km di distanza dall'attuale posto di lavoro.  Si  tratta
inoltre di dato di piu'  generale  interesse  per  la  totalita'  dei
residenti nel Circondario in relazione agli artt. 24 c. 1 e 2 e  111,
c. 2 della Costituzione, per l'estrema difficolta' nell'esercizio del
diritto di difesa  e  per  la  squilibrata  posizione  rispetto  alle
controparti residenti in prossimita' della sede, derivanti dalle  non
ragionevoli  difficolta'  di  accesso  alla  sede  accorpante   dalla
totalita' dei Comuni del Circondario di Sulmona,  taluni,  come  gia'
visto, ubicati sino ad oltre 150 km dalla nuova sede. 
16  -  Distanze  e  altitudini   -   realta'   moderne   e   contesti
ottocenteschi. 
    100. Sul piano delle conseguenze pratiche  per  utenti  (art.  24
Cost.), e lavoratori (art. 35 Cost.), il collegio  rileva  che  dagli
studi prodotti dai ricorrenti (All. 1 fascicolo lavoratori in sede di
ricorso introduttivo), si ricava che la situazione  dei  collegamenti
(dallo stesso Governo ritenuta effettivamente difficoltosa), e' tale,
da poter dar luogo, in condizioni di traffico  normale,  a  tempi  di
percorrenza, per i residenti nei comuni piu' lontani sino  a  2  ore,
col mezzo privato, e sino ad oltre 3 ore con il mezzo pubblico,  (non
sempre peraltro esistente; pag. 8, 9 e 14 - all. 1 fasc. lav. in sede
di ricorso  introduttivo);  e  cio'  senza  considerare  i'  casi  di
pioggia, neve o ghiaccio, tutt'altro che infrequenti su percorsi  che
superano anche 1800 mt. (pag. 3-4; 15-45 - all. 1 fasc. lav. in  sede
di ricorso introduttivo) e per condizioni di gelo, in  taluni  tratti
stradali notoriamente al di sotto dei 20 gradi nei mesi invernali. 
    101. Lo stesso dicasi delle altitudini, che fanno del Circondario
del Tribunale il piu' elevato o fra i piu'  elevati,  per  altitudini
medie e massime (pag. 15 - all. 1 fase. lav. ricorso intr.). 
    102. Si tratta di  dati  implicanti  tempi  di  percorrenza  che,
nell'attuale contesto storico, caratterizzato da ritmi  di  vita  non
paragonabili a quelli dei secoli passati, risultano irragionevolmente
lunghi, sproporzionati al  confronto  di  quelli  occorrenti  per  il
compimento delle restanti attivita' o ai tempi  occorrenti  al  resto
dei cittadini per raggiungere la sede  del  proprio  Tribunale,  tali
comunque da porre i residenti e le economie dei rispettivi  territori
in  posizione  di  evidente  svantaggio  rispetto  ai  residenti   in
territori diversi, e cio' anche a voler prendere  a  "modello",  e  a
confrontarle con le condizioni  di  "normalita'"  di  traffico  sopra
indicate, le situazioni "patologiche",  di  traffico  rallentato,  di
talune grandi citta'. 
    103. Di qui anche la scarsa perspicacia, a opinione del collegio,
di talune affermazioni o parole d'ordine, che non si ritiene di poter
far proprie, sulla rispondenza di alcuni  tribunali  a  contesti  non
moderni ma ottocenteschi. 
17 -  Fattori  dissuasivi  nell'esercizio  del  diritto  alla  tutela
giurisdizione e del diritto di difesa nel processo civile e penale  -
Sentenza 22 dicembre 2010, n. 365 della Corte costituzionale. 
    104. Assai difficile, in ogni caso, e' ritenere che le condizioni
sopra descritte possano considerarsi ininfluenti  nell'esercizio  del
diritto  di  difesa  e  alla  tutela  giurisdizionale,  o  che  dette
condizioni possano ritenersi meno lesive di altre rispetto alle quali
la Corte costituzionale ha gia' affermato la rilevanza quali  fattori
dissuasivi dall'esercizio di tali diritti. 
    105. In tal senso e'  la  sentenza  365/2010  la  quale,  sebbene
riferita alle diverse modalita' di notifica previste in relazione  al
luogo di residenza, centra la propria attenzione  sul  maggior  onere
imposto ad una parte (proprio per il  rilievo  che  assume  il  dover
recarsi in ufficio) quale possibile "fattore di dissuasione anche  di
natura economica dall'utilizzo del mezzo di  tutela  giurisdizionale,
in considerazione tra l'altro dei costi... che l'intervento personale
puo' comportare". 
    106.  Non  meno  gravose,  a  opinione  del  collegio,  sono   le
difficolta' di collegamento ogni qual volta  le  medesime  -  per  la
particolare ampiezza del circondario, l'eccentricita' del capoluogo e
le  caratteristiche  montane  dei  percorsi  stradali  e   ferroviari
(peculiarita' tutte presenti nel Circondario del futuro Tribunale  di
L'Aquila) - possano esse  stesse  tradursi,  per  i  costi  e  disagi
imposti  ai  residenti  nei  comuni  piu'  lontani,  in  fattori   di
dissuasione, anche di natura economica, dall'utilizzo  del  mezzo  di
tutela giurisdizionale. 
    107. Si tratta di condizioni  che  assumono  particolare  rilievo
nelle situazioni processuali in cui  la  mancata  comparizione  della
parte possa rivelarsi decisiva  ai  fini  della  lite  (convalida  di
sfratto, interrogatorio formale, comparizione coniugi, audizione  del
destinatario di istanze di fallimento) o in cui possano  pregiudicare
l'esercizio di fondamentali diritti processuali, come  quelli  legati
alla posizione di imputato o persona offesa  (con  riferimento  anche
alle altre condizioni necessarie per preparare la sua difesa  di  cui
all'art. 111 c. 3 Cost.). 
    108. Di qui l'esistenza di condizioni sperequate fra i  residenti
nelle localita' piu' lontane e i residenti in prossimita' della sede,
atte  ad  indurre  i  primi,  a  seconda  della  maggiore  o   minore
rettitudine e della rilevanza economica o morale del torto subito, ad
accettare il torto, o, al contrario, a farsi ragione da se' (artt. 3,
24 c. 1 e 2, 111 c. 2 Cost.). 
18 - Il rilievo dell'estrema difficolta' nell'esercizio del diritto. 
    109.  In  relazione  ai  fattori  dissuasivi  sopra  indicati  va
segnalato il  consolidato  orientamento  della  Corte  costituzionale
nella  considerazione  dell'estrema  difficolta'  nell'esercizio  del
diritto  quale  condizione  equivalente  alla  lesione  del   diritto
medesimo. 
    110. In tal senso e' l'orientamento espresso gia' in  termini  di
giurisprudenza consolidata nella sentenza n. 190/1971  ove  la  Corte
costituzionale  afferma  che   "Secondo   la   ormai   costante   sua
giurisprudenza,  il  principio  di  uguaglianza  assicura  ad  ognuno
parita' di trattamento in situazioni non differenziate. Le  modalita'
di  esercizio  del  diritto  di  difesa,  pertanto,  possono   essere
legittimamente disciplinate in modo diverso, purche' rispondenti alle
caratteristiche di ciascun procedimento, con l'ovvio limite  che  non
rimanga vanificato o reso estremamente difficoltoso  l'esercizio  del
diritto stesso" nonche' ex plurimis, nella sent. n. 69 del 1994  ove,
in materia di termini processuali, la  Corte  afferma  che  "sussiste
come conseguenza  delle  evidenziate  discriminazioni  la  denunziata
lesione del diritto di difesa, poiche' il termine di quindici  giorni
previsto dall'art. 680, ... si  palesa  tanto  ristretto  da  rendere
impossibile o  comunque  estremamente  difficoltoso  l'esercizio  del
diritto stessa a cagione sia del numero e  della  complessita'  degli
adempimenti sia del fatto che questi sono per larga parte rimessi ...
ad organi dello Stato estero". 
    111. Identico principio  e'  ribadito  nella  sentenza  342/1999,
anche se di infondatezza, ove la Corte costituzionale, in riferimento
alla questione di legittimita' costituzionale agli artt. 1 e 2  della
legge 7 gennaio 1998,  n.  11  (Disciplina  della  partecipazione  al
procedimento penale a  distanza  e  dell'esame  in  dibattimento  dei
collaboratori di giustizia, nonche'  modifica  della  competenza  sui
reclami in tema di art. 41-bis dell'ordinamento  penitenziario),  per
contrasto con gli artt.  3,  24  e  27  della  Costituzione,  ritiene
l'infondatezza della questione sul rilievo che "la  mancata  presenza
fisica dell'imputato nell'aula in cui si celebra il dibattimento" non
integrerebbe un fattore in se' idoneo a compromettere ... il  diritto
di difesa", in tal modo ribadendo il principio  di  effettivita'  del
diritto sancito dall'art. 24 Cost. 
    Nello stesso senso  infine  e'  la  sent.  n.  339  del  2001  in
relazione  a  diverse  leggi  regionali  che   rendono   difficoltoso
l'esercizio del diritto di iniziativa economica di  cui  all'art.  41
Cost. 
    112. Su tali premesse il collegio ritiene che le  difficolta'  di
collegamento rilevate nello stesso allegato  tecnico  alla  relazione
illustrativa dello schema di decreto legislativo (ove si legge che le
"difficolta' di collegamento" sono "effettivamente presenti" - All. 9
- pag. 162 - fascicolo lavoratori in sede  di  ricorso  introduttivo)
costituiscano di per se  stesse  condizioni  di  estrema  difficolta'
nell'esercizio del diritto di difesa e alla tutela giurisdizionale, e
cio' sia  nella  considerazione  assoluta  di  tali  diritti  sia  in
relazione alle condizioni di parita', rispetto alle  controparti,  in
cui, alla luce degli artt. 3, 24 c. 2 e 111 c. 2  Cost.,  l'esercizio
di  tali  diritti  va  assicurato..  Si  tratta  di   condizioni   di
difficolta' e sperequazioni implicite nello stato di  fatto  prodotto
dalle norme sulla revisione delle  circoscrizioni  giudiziarie,  come
tali direttamente rilevanti sulla legittimita'  costituzionale  delle
stesse. 
    19  -  La  discrezionalita'  del  Legislatore  -  il  limite   di
ragionevolezza - gli indici  sintomatici  del  suo  superamento  -  i
contenuti dell'allegato tecnico  alla  Relazione  Illustrativa  dello
schema di decreto legislativo - il parere del CSM  -  i  rilievi  del
Presidente della Corte d'Appello. 
    113. Particolarmente rilevante nella valutazione di tali  aspetti
e', tuttavia, l'obiezione, opposta dalla  difesa  del  Ministero  nel
corso dell'udienza del giorno 8 gennaio  2013,  secondo  cui  tramite
tali censure i ricorrenti avrebbero inteso "riempire di contenuti, in
realta' affidati alla  esclusiva  discrezionalita'  del  Legislatore,
criteri indicati nella legge". 
    114. Il rilievo trova riscontro nella consolidata  giurisprudenza
della Corte costituzionale in base alla quale il Legislatore delegato
esercita, nell'ambito della delega, la  stessa  discrezionalita'  del
titolare del potere legislativo. 
    115.  Costituisce  tuttavia  principio,  altrettanto  consolidato
nella stessa giurisprudenza  della  Corte  costituzionale,  che  tale
discrezionalita' non e' immune da censure, in sede  di  sindacato  di
costituzionalita',  nel  caso  in  cui   sia   esercitata   in   modo
manifestamente irragionevole (Corte cost., 22-07-2010, n. 273;  Corte
cost. [ord.], 15-07-2003, n. 245. Corte cost. [ord.], 27-07-2001,  n.
327; Corte cost [ord.],  14-11-2000,  n.  490.  Corte  cost.  [ord.],
20-07-1999, n. 331) ed in contrasto con la ratio della  legge  delega
(ex plurimis Sent. 158/1985; 205/1989; 435/1990;  496/1990;  68/1991;
176/1991; 4/1992; 261/1992; 41/1993; 126/2000). 
    116. Necessaria pertanto e' la verifica dell'osservanza da  parte
del Governo dei limiti di ragionevolezza connaturati alla delega. 
    117. Particolarmente significativi, al riguardo, quali  possibili
indici sintomatici del  superamento  di  tali  limiti,  sono  i  dati
(riassuntivamente riportati nel prospetto All. 2  -  pag.  6  fascic.
lavor. in sede di ricorso introduttivo)  dell'Allegato  Tecnico  alla
Relazione Illustrativa dello schema di  decreto  legislativo  inviato
dal Governo al Senato della Repubblica - unico documento governativo,
prodotto dalle parti, in cui si da  conto  delle  ragioni  che  hanno
condotto il Governo a decidere la soppressione dei quattro  tribunali
abruzzesi  non  ubicati  in  citta'  capoluogo  di  provincia  e   in
particolare del Tribunale di Sulmona (All. 9 pagg. 161-162  fascicolo
lavoratori in sede di ricorso introduttivo). 
    118. Dal complesso  di  tali  dati  emerge  che  Circondario  del
Tribunale  di   Sulmona   e'   in   misura   assai   vistosa   quello
complessivamente piu' distante, fra quelli  soppressi,  dalla  futura
sede accorpante dell'Aquila; rilievo presente anche nell'ordinanza di
rimessione alla Corte costituzionale di altra  Autorita'  Giudiziaria
ove si segnala come il circondario di Montepulciano sia "secondo solo
a quello  di  Sulmona  quanto  a  penalizzazione  della  cittadinanza
interessata" (All. 3 fasc. lavoratori - in sede di reclamo). 
    119. Ancor piu'  significativi  di  tali  dati  -  in  se  stessi
inidonei a fondare un giudizio di non  manifesta  infondatezza  della
questione (posto che un tribunale piu' lontano di altri sara'  sempre
presente all'interno di qualsiasi proposta  di  riduzione  di  uffici
giudiziari) - sono i rilievi espressi dallo stesso  Presidente  della
Corte d'Appello dell'Aquila,  nella  relazione  inaugurale  dell'anno
giudiziario 2011/2012 - ove segnala che il "Circondario del Tribunale
di Sulmona... si estende in aree interamente di montagna,  poste  per
la gran parte oltre i milleduecento metri di altitudine, notevolmente
distanti da qualsiasi altra possibile sede, carenti di infrastrutture
di collegamento al capoluogo di Provincia e  soggette  a  sfavorevoli
condizioni metereologiche, con frequente  presenza  sulle  strade  di
neve  e  ghiaccio  nel  periodo  invernale"  aggiungendo  che   detto
Tribunale, per tali ragioni oltre che  per  la  presenza  della  piu'
importante struttura penitenziaria  della  regione,  "anziche'  della
ventilata soppressione... necessiterebbe semmai, di  ...  un  proprio
Ufficio di Sorveglianza" ( pag. 4 - all. A fasc. lavoratori - in sede
di reclamo). 
    120. Decisive infine, in virtu'  del  riconoscimento  proveniente
dallo  stesso  Governo,  sono  le  ragioni  della  soppressione   del
Tribunale di Sulmona espresse nel gia' citato allegato  tecnico  alla
relazione illustrativa allo schema di decreto inviato al Senato della
Repubblica. 
    121. In tale documento si legge che "non possono essere prese  in
considerazione  le  istanze  di  conservazione  ...riguardanti  ...la
salvaguardia  del  Tribunale  di  Sulmona  in  relazione   ...   alle
difficolta' di collegamento nonche' alla situazione  infrastrutturale
[poiche'] Tali difficolta' - seppure effettivamente presenti non sono
di per se sole sufficienti  a  giustificare  il  mantenimento  di  un
ufficio giudiziario ...davvero troppo piccolo."  (All.  9,  pag.  162
fasc. lav. in sede di ricorso introduttivo). 
    122. Spontanea e' la formulazione dell'opposto enunciato, dettato
dalla gerarchia dei valori costituzionali,  con  cui  avrebbe  potuto
darsi risposta al medesimo quesito, ove si fosse riconosciuto che "le
ridotte dimensioni del Tribunale - seppure  effettivamente  presenti-
non sono di per se sole sufficienti a giustificare la soppressione di
un ufficio giudiziario che per le particolari distanze di gran  parte
dei  comuni  del  suo  Circondario  dalla  sede   accorpante   appare
indispensabile ad assicurare condizioni di ragionevole accessibilita'
alla sede giudiziario". 
    123. Costituisce infatti constatazione di logica evidenza che gli
obiettivi di efficienza non possono essere  perseguiti  a  costo  del
fine (di giustizia) cui l'efficienza stessa e'  riferita,  cosi  come
costituisce constatazione di assiologica evidenza che, nel  conflitto
fra il rischio  di  antieconomicita'  che  si  ipotizza  legato  alle
piccole dimensioni e il rischio di lesione  del  diritto  inviolabile
alla tutela giurisdizionale derivante dalle riconosciute  difficolta'
di accesso alla  sede  giudiziaria,  e'  alla  garanzia  del  diritto
costituzionale che va accordata preferenza, non al fine di  risparmio
che si ritiene di poter perseguire, e cio' specie in  relazione  alla
contestuale decisione  di  conservare  tribunali  di  dimensioni  non
maggiori e con problemi di accessibilita' alla sede giudiziaria assai
meno significativi. 
    124. Coerente con tale considerazione dei  valori  costituzionali
e' parere reso dal CSM sullo schema di decreto il 9  luglio  2012  in
cui, dopo aver definito "condivisibile la  scelta  di  eliminare  gli
uffici con carichi di lavoro assai ridotti" aggiunge,  che  "tuttavia
in taluni casi, la distanza chilometrica tra il  nuovo  Tribunale  di
riferimento e i comuni del circondarlo  piu'  lontani  da  questo  e'
particolarmente  elevata  in  termini  spaziali   e   di   tempi   di
percorrenza"  (con   evidente   riferimento   alle   posizioni   piu'
problematiche quale in  primo  luogo  quella,  dallo  stesso  Governo
segnalata, del  Tribunale  di  Sulmona)  con  rischio  evidente,  "in
assenza  di  sicuri  elementi   conoscitivi   circa   una   effettiva
applicazione, ai fini dei disposti accorpamenti,  dei  criteri  della
distanza chilometrica e  dell'ampiezza  del  bacino  di  utenza",  di
"incongruita'  in  sede  attuativa  in  grado  di  comportare  disagi
organizzativi eccessivi sia per la popolazione, sia per  il  servizio
giustizia" (All. 8 - pag. 10 fasc. lav. ric. introd.). 
    125. Di qui un indice del possibile  superamento  dei  limiti  di
ragionevolezza  e  dei  margini  di  discrezionalita'  riservati   al
Governo, e comunque di un'interpretazione non conforme a Costituzione
della norma dell'art. 1, c. 2, lett.  b),  della  legge  n.  148/2011
nella parte  in  cui  richiede  di  tener  conto  delle  specificita'
territoriali  del  bacino  di  utenza  anche  con  riferimento   alla
situazione infrastrutturale. 
    126.  Di   dubbia   ragionevolezza   inoltre,   e'   la   mancata
considerazione dell'agevole  contemperamento  di  interessi  fra  gli
obiettivi di minimo dimensionamento degli  uffici  e  di  tutela  dei
diritti  costituzionali  che  avrebbe  potuto  e  dovuto  realizzarsi
attraverso l'esercizio del  potere,  pur  conferito  al  Governo,  di
ridefinire i confini dei Circondari contigui in  modo  da  realizzare
l'ampliamento  del  Circondario  di  Sulmona  sino  alle   dimensioni
ritenute compatibili con le  indicate  ragioni  di  efficienza  (come
peraltro effettuato per altri tribunali). 
    127. Tale e' il rilievo anch'esso sollevato nel  medesimo  parere
del CSM ove, subito dopo l'osservazione sulle eccessive distanze,  si
fa presente che il  Governo  "sembra  tuttavia  non  aver  pienamente
valorizzato la possibilita' che il delegante gli  aveva  concesso  di
una  rimodulazione  di  territori  degli   Uffici   sopprimendi   con
aggregazione  e  riattribuzione  a  questi  ultimi  di  porzioni   di
circondari di Uffici che manterranno la propria esistenza" (All. 8  -
pag. 10  fascicolo  lavoratori  in  sede  di  ricorso  introduttivo),
soluzione quest'ultima che, nel caso di  Sulmona,  sarebbe  stata  di
facilissima attuazione, oltre che rispondente ad evidenti ragioni  di
riequilibrio   territoriale,   attraverso   l'inclusione   nel    suo
Circondario di Comuni appartenenti al suo comprensorio geografico  ma
attualmente inclusi nel Circondario di altro Tribunale da  essi  piu'
distante. 
    128. Ma doverosa,  conclusivamente,  e'  la  considerazione  che,
anche  in  assenza  di  ampliamento,  e'  proprio   l'opzione   della
conservazione, in ogni caso e "comunque", la soluzione, coerente  con
la gerarchia dei valori costituzionali, piu' volte  raccomandata  dal
CSM in tutti gli studi, risoluzioni e pareri espressi in  materia  di
revisione delle circoscrizioni giudiziarie. 
20 - La Relazione del CSM al Parlamento sullo stato  della  Giustizia
dell'anno  1996  -  necessita'  che  l'accessibilita'  del   presidio
giudiziario sia "assicurata comunque" - la risoluzione del 13 gennaio
2010. 
    129.  Particolarmente  importante  nella  ricostruzione   storico
sistematica della legge delega e' la raccomandazione  presente  nella
Relazione sullo stato  della  giustizia  dell'anno  1996  (all.  6  -
fascicolo lavoratori in  sede  di  ricorso  introduttivo),  documento
quest'ultimo ampiamente richiamato  nella  Relazione  del  Gruppo  di
Studio Ministeriale (all. 5 - fascicolo lavoratori in sede di ricorso
introduttivo). 
    130. In detta raccomandazione il CSM,  dopo  aver  richiamato  in
piu' parti, nell'illustrazione dei tre ordini di  priorita'  posti  a
base della  proposta,  il  principio  di  accessibilita'  della  sede
giudiziaria (1 omogeneita' della domanda di giustizia, 2 riequilibrio
dell'offerta di giustizia, in relazione ai livelli di  prestazione  e
all'accessibilita' alla sedi giudiziarie, 3)  vincolo  geografico  al
fine di garantire l'accessibilita' alle sedi giudiziarie)  segnala  a
chiare  note,  nell'illustrazione  del  terzo  ordine  di  priorita',
l'esigenza di tener conto  "dei  flussi  di  spostamento  sulle  reti
infrastrutturali esistenti con la necessita' di  assicurare  comunque
presidi giudiziari, ad esempio nei tribunali siti  nell'arco  alpino,
dotandoli di idonee attrezzature e risorse (Parte I, par.  3.4,  All.
6, fasc. ricor. pag. 10). 
    131. Nello stesso senso e' la Risoluzione del CSM del 13  gennaio
2010 paragrafo 2.4 (All. 7, pag. 5 fascicolo lavoratori  in  sede  di
ricorso introduttivo) in cui il precedente passaggio e' integralmente
riportato; cosi infine e' il  parere,  gia'  segnalato  e  da  ultimo
espresso dal CSM sullo schema di decreto in data 9 luglio 2012 ove si
segnala che "tuttavia in taluni casi, la distanza chilometrica tra il
nuovo Tribunale di  riferimento  e  i  comuni  del  circondario  piu'
lontani da questo e' particolarmente elevata in termini spaziali e di
tempi di percorrenza" (All. 8, pag. 10 fascicolo lavoratori  in  sede
di ricorso introduttivo). 
    132. Di particolare rilievo nei  due  primi  documenti  e'  l'uso
dell'avverbio   comunque   ("assicurare   comunque"    la    presenza
dell'ufficio: idest anche a costo del sacrificio di altri  interessi)
e di chiaro significato, nell'ultimo parere,  l'uso  dell'avversativo
tuttavia, a segnalare l'invito  (dal  Governo  non  accolto)  ad  una
rettifica cui appariva condizionata la piena adesione allo schema  di
decreto. 
    133. Da tali pareri si ricava  la  chiara  indicazione,  presente
negli studi e nelle raccomandazioni nel cui solco e' stata emanata la
l. 148/2011, che, nel conflitto con  le  finalita'  di  efficienza  o
risparmio, sia il principio di ragionevole accessibilita' della  sede
giudiziaria di prima istanza  (in  cui  si  formano  le  prove  e  si
definiscono il thema e le posizioni processuali  anche  per  le  fasi
successive)  che  debba  comunque  prevalere,  quale   coronario,   e
proiezione sul territorio, dei principi degli artt. 3, 24 c. 1 e 2  e
111  c.  2°  della  Costituzione  in   relazione   alla   consolidata
giurisprudenza  costituzionale  che  equipara  l'estrema  difficolta'
nell'esercizio del diritto alla lesione del diritto stesso. 
    134. Se ne ricava l'appartenenza di tale raccomandazione - specie
in considerazione della profonda influenza della Relazione  del  1996
sui contenuti della riforma- alla rado stessa della delega  quale  si
ricava dalla sua interpretazione  conforme  a  Costituzione  e  dalla
ricostruzione storica del suo contenuto. 
    135. Su tali premesse il collegio ritiene che: 
    a) l'intrinseca rilevanza delle distanze dalla  sede  accorpante,
nella particolare situazione del Circondario del Tribunale di Sulmona
e delle caratteristiche montuose del suo territorio; 
    b) l'importanza delle  raccomandazioni,  disattese  dal  Governo,
presenti nella Relazione del CSM dell'anno  1996,  nella  Risoluzione
del CSM dell'anno 2010, nella relazione del  Presidente  della  Corte
d'Appello dell'Aquila e nel successivo parere del CSM dell'anno 2012; 
    c) il riconoscimento, presente nello stesso allegato tecnico allo
schema  di  decreto  legislativo,  dell'effettiva   esistenza   delle
segnalate   difficolta'   di   collegamento,   costituiscano   indici
sintomatici della violazione da  parte  del  Governo  del  limite  di
ragionevolezza connaturato alla delega  e  al  rispetto  dei  diritti
inviolabili al ricorso alla tutela giurisdizione e di difesa; diritti
il cui esercizio e' reso estremamente difficoltoso e  tale,  per  gli
oneri imposti, da rendere notevolmente  sperequata  la  posizione  di
quanti risiedono nei comuni piu' lontani rispetto a quella di  coloro
che risiedono in prossimita' della sede. 
    136.  Speculare,  inoltre,  alla   violazione   del   limite   di
ragionevolezza posto a protezione di tali diritti e'  la  violazione,
nei riguardi degli attuali ricorrenti, dell'identico limite  posto  a
protezione del principio di cui all'art. 35 Cost.. 
    137. Il complesso di tali considerazioni rende non manifestamente
infondata la questione di  legittimita'  costituzionale  delle  norme
degli artt. 1, 2 e 3 decreto legislativo n. 155/2012, con le allegate
tabelle, nella parte in cui prevedono la soppressione  del  Tribunale
di Sulmona e della Procura della Repubblica presso  il  Tribunale  di
Sulmona - nonche' degli artt. 1 e 2 decreto legislativo n.  156/2012,
con le allegate tabelle, nella parte in cui prevedono la soppressione
dell'Ufficio del Giudice di Pace di Castel di Sangro -  in  relazione
all'art 76 e  77  della  Costituzione,  per  violazione  delle  norme
dell'art. 1, comma 2°, della l. 148/2012 - nella loro interpretazione
conforme agli artt. dell'art 3, 24 commi 1 e 2, 35 e 111 commi 1, 2 e
3 della Costituzione (salvo il rilievo officioso  della  Corte  sulla
legittimita' costituzionale delle norme della stessa l. 148/2012). 
21 - La prevalenza  accordata  ai  fini  di  risparmio  o  efficienza
rispetto al rischio di lesione di diritti  inviolabili  -  violazione
del principio di solidarieta' - art 2 Cost. 
    138. Va a questo punto segnalato il pericolo insito  nel  modello
assiologico  che  emerge  dal   piu'   volte   richiamato   passaggio
dell'allegato tecnico alla Relazione Illustrativa  -  emblematico  di
una percezione dell'ordine  costituzionale  in  parte  dimentica  del
fondamentale principio di solidarieta' di cui all'art. 2 Cost. -  ove
si consideri la gravita' delle conseguenze  che  deriverebbero  dalla
sua generalizzata riproposizione in altri settori in cui  fossero  in
gioco diritti inviolabili ("le difficolta'  di  accesso  al  presidio
sanitario, seppur effettivamente presenti, non giustificano  da  sole
la  conservazione  di  un  ospedale  davvero  troppo  piccolo";   "le
difficolta' degli anziani, dei disabili etc.,  seppur  effettivamente
presenti, non giustificano da  sole  la  conservazione  di  istituti,
quali le pensione di  anzianita',  malattia,  o  di  accompagnamento,
davvero  troppo   onerosi";   "le   difficolta'   della   popolazione
carceraria, sebbene effettivamente presenti, non giustificano da sole
l'adozione di misure economicamente davvero troppo onerose" etc.). 
    139. Il pericolo di lesione di diritti inviolabili segna in tutti
questi casi la soglia di minima garanzia al di sotto della  quale  la
protezione  imposta  dall'ordinamento  costituzionale  esige  che  la
struttura   pubblica,    l'istituto    giuridico    o    l'intervento
infrastrutturale,  siano  assicurati  comunque  dovendo  in  siffatte
ipotesi lo Stato  "comunque"  farsi  carico  dell'eventuale  maggiore
spesa imposta da tali strutture  e  interventi,  in  adempimento  del
dovere di solidarieta' di cui all'art.  2  della  Costituzione  nella
parte in cui lega... anche la collettivita' al singolo  (Corte  cost.
sentenza, 18 aprile 1996, n. 118). 
    140. Su tali premesse, richiamato il  fondamentale  principio  di
solidarieta', il collegio rileva la non manifesta infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  2  e  3  del
decreto legislativo n. 155/2012, con le  tabelle  allegate,  e  degli
artt. 1 e 2, con le allegate tabelle, nella parte in  cui  sopprimono
gli  uffici  cui  sono  attualmente  assegnati  i   ricorrenti,   per
violazione  della  delega  (artt.  76   e   77   Cost.)   nella   sua
interpretazione  conforme  al  principio  di  solidarieta'   espresso
nell'art. 2 Cost. (salvo  il  rilievo  officioso  della  Corte  sulla
legittimita' costituzionale delle norme della stessa l. 148/2012). 
22 - Illegittimita' dei medesimi articoli dei decreti legislativi 155
e 156 del 2012 per violazione della delega, in riferimento alla norma
dell'art. 1, comma 2°, lett. b), l.  148/2012,  nella  parte  in  cui
esige  di  tener  conto  della  totalita'  dei  dati  relativi   alla
specificita' territoriale del bacino di utenza  in  riferimento  alla
situazione infrastrutturale - omessa  individuazione  e  applicazione
dei criteri obiettivi e omogenei di valutazione di tali dati. 
    141. Le precedenti considerazioni sul superamento dei  limiti  di
ragionevolezza entro i quali il legislatore delegato  avrebbe  dovuto
esercitare  la  propria  discrezionalita'  nella  valutazione   delle
distanze e dei costi di spostamento degli utenti vanno incontro  alla
difficolta', insita in ogni criterio elastico,  di  individuare,  nel
concreto, il limite oltre il quale distanze e  tempi  di  percorrenza
possano ritenersi o  presumersi  incompatibili  con  l'esercizio  non
estremamente difficoltoso e sperequato del diritto di difesa  e  alla
tutela giurisdizionale. 
    142. Se il  buon  senso  puo'  indurre  i  piu'  a  ritenere  non
superabili  distanze  che  impongano  tempi  di  percorrenza,   dalla
localita' piu' lontana, di oltre un'ora, o un'ora e quindici  minuti,
col mezzo piu' veloce, ovvero di oltre un'ora e 30 minuti  col  mezzo
pubblico  (dati  che  potrebbero  essere  accolti  come  criteri   di
ragionevolezza),   la   particolare   delicatezza   della    materia,
riguardante aspetti strettamente legati a diritti  inviolabili,  puo'
esigere l'individuazione ex  ante  di  limiti  formali  all'esercizio
della discrezionalita' riservata al Governo o di criteri obiettivi di
individuazione di detti limiti. 
    143. A tale esigenza era ispirata la legge Delega la quale  aveva
delegato il Governo a elaborare  criteri  oggettivi  e  omogenei  che
tengano  conto  dell'estensione  del  territorio,  del  numero  degli
abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice  delle  sopravvenienze,
della specificita' territoriale  del  bacino  di  utenza,  anche  con
riguardo alla situazione  infrastrutturale,  e  del  tasso  d'impatto
della criminalita' organizzata. 
    144. La discrezionalita' in tal modo riservata al  Governo  aveva
assunto contenuti piu' o meno ampi a seconda della maggiore o  minore
elasticita' e ampiezza di  significati  dei  termini  utilizzati  per
l'indicazione degli aspetti o dati, di cui il Governo avrebbe  dovuto
tener  conto;   discrezionalita'   piu'   ristretta   per   l'aspetto
dell'estensione  territoriale  (riconducibile  al  solo  dato   della
superficie chilometrica), di poco piu' ampia per l'aspetto del numero
degli  abitanti  (riconducibile  ai  soli  dati   della   popolazione
residente o di quella anche temporaneamente dimorante, per ragioni di
studio, turismo etc.), massima per gli aspetti relativi ai carichi di
lavoro, al tasso di impatto della criminalita'  organizzata,  e  alle
specificita' territoriali del bacino di  utenza  e  della  situazione
infrastrutturale, in relazione alle quali i dati  significativi  sono
molteplici e vanno dalle distanze stradali, ferroviarie, o marittime,
alle altitudini, ai tempi di percorrenza, alla presenza di  strutture
penitenziarie, portuali, o di aree protette etc. 
    145. All'interno di tale  discrezionalita'  non  poteva  tuttavia
essere compreso anche il potere di omettere totalmente la valutazione
di taluni degli  aspetti  di  cui  tener  conto,  risolvendosi  detta
omissione in una sostanziale riscrittura o parziale abrogazione della
legge Delega nella parte in cui prescrive la  valutazione  di  quegli
aspetti, ovverossia in una violazione della Delega non in minus,  per
parziale attuazione della stessa, ma in  senso  proprio  risolvendosi
detta  omissione  nella  mancata  osservanza  di  un  preciso  limite
all'esercizio della Delega tracciato attraverso l'imposizione  di  un
ulteriore  onere  di  valutazione,  coessenziale  alla   rado   della
medesima. 
    146. Per  tale  ragione  il  Legislatore  aveva  voluto  che,  in
relazione alla  totalita'  degli  aspetti  indicati  (quali  dati  di
realta' di cui tener conto), venissero elaborati e utilizzati criteri
oggettivi e omogenei di valutazione,  atti  a  contenere  l'esercizio
della delega entro margini verificabili di discrezionalita'. 
    147.  Su  tali   premesse   la   discrezionalita'   del   Governo
nell'esercizio della delega avrebbe  dovuto  svolgersi  attraverso  i
momenti: 
      a) della scelta, all'interno di ciascun aspetto  indicato,  dei
dati pertinenti ai fini di risparmio  ed  efficienza  indicati  nella
delega nella sua interpretazione conforme a  Costituzione;  il  tutto
attraverso  l'individuazione,   ove   possibile,   della   classe   o
sottoclasse di dati  significativi  riducibili  ad  entita'  discrete
suscettibili di valutazioni  secondo  criteri  obiettivi  e  omogenei
(superficie del  circondario  -  popolazione  residente,  popolazione
dimorante  per  ragioni  di  studio  turismo-sopravvenienze   totali,
sopravvenienze annuali - organico di  magistrati,  carico  di  lavoro
annuo, carico di lavoro complessivo  -  distanze  stradali,  distanze
ferroviarie, tempi di percorrenza -  numero  di  reati  pendenti  per
reati ex art. 416-bis, numero di misure coercitive, preventive etc.);
a  tal  fine  si  segnala,  quale  esempio  di  corretta  valutazione
obiettiva degli aspetti indicati nella  delega,  l'individuazione  da
parte del gruppo di studi ministeriale, in  relazione  agli  aspetti,
previsti nella legge, del carico di lavoro  e  delle  sopravvenienze,
della classe o sottoclasse di dati pertinenti costituita  dal  numero
di magistrati in organico, dati  questi  ultimi  non  indicati  nella
Legge, ma ritenuti utili nel  corretto  esercizio  discrezionale  dei
poteri delegati, per la valutazione con criteri obiettivi e  omogenei
degli  aspetti   del   carico   di   lavoro   e   dell'indice   delle
sopravvenienze; 
      b) della successiva individuazione dei limiti discreti,  minimi
o massimi, ritenuti significativi in relazione alle  classi  di  dati
previamente individuate (il  numero  di  363.769  abitanti  e'  stato
quello individuato dal gruppo di studio per la popolazione residente;
18094 per le  sopravvenienze  totali  medie,  20  per  l'organico  di
magistrati, 638,4 per l'applicazione del carico di lavoro annuo); 
      c) dell'applicazione di tali criteri obiettivi  e  omogenei  ai
dati di ciascun tribunale risultanti dalle statistiche ministeriali e
da altre fonti ufficiali; 
      d) dell'individuazione del  criterio  di  graduazione  di  tali
dati, da seguire secondo l'ordine  dei  valori  costituzionali  e  le
finalita' della legge. 
    148. Va quindi osservato  che,  dall'esame  della  relazione  del
Gruppo di Studio Ministeriale e  della  Relazione  illustrativa  allo
schema di decreto,  risulta  che  tale  procedimento  e'  stato  solo
parzialmente seguito e solo per taluni dati. 
    149. Cosi e' stato per  i  dati  riguardanti  la  superficie,  la
popolazione,le sopravvenienze e i carico di lavoro, per i quali  sono
stati esattamente indicati, sia le sottoclassi di dati prescelte, sia
i parametri minimi di valutazione al di sotto dei quali  i  tribunali
sono stati considerati tutti "sopprimibili"  (superficie  1.826  km²;
popolazione media = 363.769 abitanti, sopravvenienze totali  medie  =
18094,  organico  di  magistrati  -  sottoclasse  enucleata  per   la
valutazione dei carichi di lavoro = 20 unita', carico di lavoro annuo
= 638,4). 
    150. Non cosi per i dati riguardanti le specificita' territoriali
anche con riferimento alla situazione infrastrutturale e il tasso  di
impatto    della    criminalita'    organizzata,    per    i    quali
nessun'individuazione di classi di dati discreti risulta esser  stata
compiuta, ne' alcun parametro elaborato, essendo stati detti  aspetti
arbitrariamente degradati al rango di criteri  valutativi  succedanei
potenzialmente abbinabili al criterio delle unita' di organico ("tale
criterio [organico di 20  magistrati]",  si  legge  a  pag.  5  della
relazione  illustrativa  allo  schema  di  decreto  legislativo  "pur
apparendo il piu' residuale  (in  quanto  derivato  dall'analisi  dei
criteri provinciali previsti dalla legge delega) tra quelli  adottati
dal gruppo di studio, puo' essere condiviso, laddove ad esso  possano
abbinarsi criteri valutativi succedanei come quelli della  situazione
infrastrutturale  o  del  tasso   di   impatto   della   criminalita'
organizzata" - All.  9,  fascicolo  lavoratori  in  sede  di  ricorso
introduttivo. 
    151.  Si  tratta  di  modus  procedendi   adottato   sulla   base
dell'erronea  distinzione  fra   dati   "oggettivi"   (impropriamente
definiti "criteri") - circoscritti, secondo tale  studio,  unicamente
al numero di abitanti, alle sopravvenienze e  ai  carichi  di  lavoro
(poi integrati con il dato della superficie territoriale) - e dati  o
"elementi", impropriamente definitivi  "valutativi",  riguardanti  le
specificita' territoriali del bacino di utenza, e il tasso di impatto
della criminalita'. 
    152. In tal modo il Gruppo di studio ha confuso  il  criterio  di
valutazione - che avrebbe dovuto essere sempre oggettivo e omogeneo -
con l'oggetto di tale valutazione che avrebbe  dovuto  riguardare  la
totalita'  degli  aspetti  di  cui  tener  conto;   cio'   attraverso
l'enucleazione, come si e' detto, dai molteplici  dati  riconducibili
in ciascuno degli  aspetti  indicati  nella  Delega,  di  quei  dati,
discreti  e  computabili,  che  sono  suscettibili   di   valutazione
obiettiva (cosi' come fatto con l'organico dei magistrati); a partire
quindi, per quel che riguarda  la  situazione  infrastrutturale,  dai
dati, di indubitabile e incontestabile oggettivita' e computabilita',
della distanza chilometrica e dei tempi di percorrenza,  di  cui  del
tutto arbitrariamente risulta omessa qualsiasi considerazione. 
    153. A causa di tale  supposta  non  obiettivita'  (illogicamente
negata si ripete anche a dati, discreti e  computabili,  come  quelli
delle distanze chilometriche e dei tempi di  percorrenza)  tali  dati
sono stati: 
    a) dapprima dichiaratamente esclusi dalla valutazione del  Gruppo
di studio per essere riservati ad una "ulteriore fase di  correzione"
(all.  5,  pag.  23  fascicolo  lavoratori   in   sede   di   ricorso
introduttivo); 
    b)  in  seguito  arbitrariamente   degradati,   nella   relazione
illustrativa allo schema di decreto legislativo, al rango di  criteri
succedanei; 
    c) infine, e per conseguenza, circoscritti al solo  il  tasso  di
impatto  della   criminalita'   organizzata   (pag.   7-8   Relazione
illustrativa,  All.  9  fascicolo  lavoratori  in  sede  di   ricorso
introduttivo) senza alcuna considerazione (in nessuno  dei  documenti
governativi) per  quelli  delle  specificita'  territoriali  e  della
situazione infrastrutturale del bacino di utenza, e cio' neppure  (si
ripete ancora) per quei dati, come la distanza chilometrica o i tempi
di percorrenza di piu' evidente e incontestabile obiettivita'. 
    154. Alle pagine da 4 a 7 della relazione illustrativa  si  legge
quindi come il Governo: 
    a) abbia dapprima ordinato e applicato, quali  filtri  successivi
(pag. 4), i dati della popolazione media  (345.606  abitanti),  delle
sopravvenienze medie (18.095), dell'organico di magistrati (28 unita'
di magistrati) e del carico di lavoro annuo (638,4 - 647,1),  in  tal
modo escludendo dalla soppressione i vari tribunali  non  provinciali
via via intercettati da tali filtri; 
    b) abbia poi ridotto al numero di 20 il filtro  delle  unita'  di
magistrati (dato come si e' visto  non  direttamente  previsto  dalla
Delega  ma  correttamente   ricavato   come   sottoclasse   rilevante
all'interno delle classi di dati riconducibili ai carichi di lavoro e
all'indice delle sopravvenienze); 
    c) abbia quindi ritenuto di poter semplicemente abbinare  a  tale
ultimo filtro i dati, dal Governo stesso definiti "criteri valutativi
succedanei" della "situazione Infrastrutturale  o  [alternativamente]
del tasso di impatto della criminalita' organizzata"; 
    d) abbia infine ritenuto di poter  optare,  fra  i  due  supposti
criteri valutativi (facoltativamente e alternativamente  utilizzabili
a suo parere),  per  solo  criterio  della  tasso  di  impatto  della
criminalita' organizzata in  tal  modo  escludendo  totalmente  dalle
proprie valutazioni la considerazione,  imposta  dalla  Delega  delle
specificita' rilevanti e della situazione infrastrutturale del bacino
di utenza (idest delle classi di dati riconducibili a  tali  aspetti)
relegate al rango di criterio succedaneo secondario. 
    155. Da ultimo il Consiglio dei Ministri n. 42 del 10 agosto 2012
ha ritenuto di escludere dal testo definitivo del decreto legislativo
i tribunali di Caltagirone, Sciacca,  Castrovillari,  Lamezia  Terme,
Paola e  Cassino,  tutti  con  la  motivazione  della  necessita'  di
"mantenere i presidi giudiziari nelle aree ad alta  infiltrazione  di
criminalita' organizzata"  (cosi'  nel  sito  ufficiale  del  Governo
Italiano,                                                          in
http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?_d=6896
9) con evidente riferimento anche in tal caso al  solo  criterio  del
tasso di impatto della criminalita' organizzata. 
    156. In tal modo il Governo,  omettendo  ogni  valutazione  delle
specificita' territoriali e della situazione infrastrutturale, non si
e' attenuto alle premesse del Legislatore Delegante sulla  necessita'
di valutare sulla base di criteri obiettivi e omogenei  la  totalita'
degli aspetti dallo stesso Legislatore  Delegante  prescritti,  cosi'
sottraendosi al procedimento logico che da  quelle  premesse  sarebbe
dovuto seguire e di fatto riscrivendo in senso ampliativo parte della
delega ricevuta. 
    157.  Cio'  e'  avvenuto  sulla   base   del   triplice   erroneo
convincimento a) di non poter  esprimere  valutazioni  obiettive  sui
dati offerti  dalle  specificita'  territoriali  e  dalla  situazione
infrastrutturale, b) di poter relegare tali dati al rango di  criteri
secondari "succedanei" semplicemente abbinabili  a  taluni  dei  dati
(organico magistrati) estratti per la  valutazione  delle  classi  di
dati riconducibili al carico di lavoro e c) di poter optare per l'una
o l'altra classe di dati escludendo totalmente la  considerazione  di
quelli relativi alle  specificita'  territoriali  e  alla  situazione
infrastrutturale. 
    158. Di qui l'esercizio di una  discrezionalita'  piu'  ampia  di
quella  conferita  dal  delegante,   in   quanto   non   circoscritta
all'individuazione, da compiere ex ante, dei dati e criteri obiettivi
e omogenei di valutazione della totalita' degli  aspetti  indicati  -
tutti allo stesso modo conformativi della delega - ma di fatto estesa
ad un potere di scelta, non conferita  dal  delegante,  degli  stessi
aspetti da considerare e di quelli da trascurare (come all'interno di
un "campionario" di prodotti da acquistare o scartare). 
    159. Ne e' seguita una valutazione  complessiva  monca  dei  dati
territoriali ed infrastrutturali e per tale  ragione  necessariamente
inadeguata  ad  una  riforma  finalizzata,  viceversa,  proprio  alla
riorganizzazione della distribuzione  degli  uffici  sul  territorio;
inadeguatezza puntualmente rilevata dal CSM, nel parere del 9  luglio
2012 con l'osservazione, gia' piu'  volte  citata,  dell'"assenza  di
sicuri elementi conoscitivi circa una effettiva applicazione, ai fini
dei disposti accorpamenti, dei criteri della distanza chilometrica  e
dell'ampiezza del bacino di utenza". 
    160. Ma ne e' seguita anche una violazione delle attribuzioni dei
Parlamento poiche' il Governo, pretermettendo alcuni dei  principi  e
criteri direttivi fissati dalla legge Delega,  si  e'  auto-investito
del potere, ad esso  non  spettante,  di  modificare  o  scegliere  i
principi e criteri direttivi entro i quali, a  termini  dell'art.  76
Cost., il Legislatore Delegante aveva inteso  delimitare  l'esercizio
della delega ad esso conferita. 
23 - Valutazione non contestuale dei dati - mancato  bilanciamento  e
graduazione degli stessi secondo l'ordine dei valori costituzionali -
violazione della ratto interna alla delega - essenzialita'  del  dati
inerenti al territorio. 
    161. Ulteriore non meno grave errore metodologico e'  dato  dalla
valutazione non  contestuale  e  comparativa  della  totalita'  degli
aspetti previsti nella Delega, avendo il Gruppo  di  Studio  ritenuto
possibile la riserva,  ad  una  fase  successiva,  della  valutazione
(peraltro  mai  avvenuta  per  quel  che  riguarda  le   specificita'
territoriali) dei c.d. elementi valutativi, in tal  modo  attribuendo
una sostanziale priorita',  non  rispondente  alla  delega  ne'  alla
gerarchia dei valori costituzionali,  agli  unici  dati  stimati  con
criteri obiettivi. 
    162. Di  qui  la  violazione  da  parte  del  Governo,  che  tale
impostazione di fondo non risulta aver modificato,  di  un'essenziale
prescrizione della  Delega,  necessaria,  da  un  lato  a  contenerne
l'esercizio entro limiti  obiettivi  e  verificabili,  dall'altro  ad
assicurare la valutazione di aspetti, come quelli  delle  distanze  e
delle caratteristiche territoriali, che, in una  riforma  finalizzata
alla razionale distribuzione degli uffici sul territorio,  rispettosa
del diritto alla tutela giurisdizionale, ineriscono alla ratio  e  al
nucleo essenziale della  Delega  quali  elementi  conformativi  della
medesima. 
    163. Su tali premesse il  Tribunale  ritiene  non  manifestamente
infondata  la  questione  di  legittimita'  costituzionale,  da  essa
rilevata  d'ufficio,  nei  medesimi  articoli  sopra   indicati,   in
relazione all'art. 76 Cost., nella parte in cui, in violazione  della
delega, stabiliscono la soppressione del Tribunale di Sulmona e della
relativa Procura della Repubblica e dei Giudici di Pace di Pratola  e
Castel di Sangro in assenza di ogni criterio obiettivo di valutazione
dei dati riguardanti le specificita' territoriali. 
24 - Illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 3  del  decreto
legislativo n. 155/2012 in relazione agli  articoli  76  e  77  della
Cost. per violazione della nonna dell'art. 1, comma  2,  lettera  f),
della legge delega nella sua interpretazione conforme agli  artt.  3,
24 commi 1, 2, 111 c. 2 e 3 e 97 comma 1 Cost. 
    164. Ulteriori violazioni, rilevate d'ufficio dal collegio,  sono
quelle degli artt. 76 e 77 Cost.  ravvisabili  nelle  medesime  norme
sopra indicate del decreto legislativo  n.  155/2012  per  violazione
della delega in relazione all'interpretazione - conforme  agli  artt.
3, 24 c. 2. 111 c. 2 e 97 Cost. - della norma dell'art. 1,  comma  2,
lettera f), della l. 148/2011 ove  prescrive  "che,  all'esito  degli
interventi di riorganizzazione, ciascun distretto di corte d'appello,
incluse le sue sezioni distaccate, comprenda non meno  di  tre  degli
attuali tribunali con relative procure della Repubblica" (c.d. regola
del tre). 
    165.  Nella  Relazione  del  Gruppo  di  Studio  Ministeriale  si
segnalano  le   incongruenze   che   scaturiranno   in   termini   di
distribuzione    degli    uffici    giudiziari     sul     territorio
dall'applicazione  dell'ora  richiamata  regola"  la  quale  peraltro
"soffre gia' di significative ed ingiustificate eccezioni"  (all.  5,
pag. 12 fascicolo lavoratori in sede di ricorso introduttivo). 
    166. Va quindi osservato che a tale rilievo non ha fatto  seguito
alcuna  revisione  dell'interpretazione  che  quelle   "incongruenze"
avrebbe determinato e  che  quelle  "significative  e  ingiustificate
eccezioni" avrebbe confermato, nessuna ricerca sulla rado sottostante
atta a consentire una diversa interpretazione della norma, immune  da
tali  vizi  e  idonea  a  consentirne  l'applicazione  a   situazioni
identiche allo scopo di evitare le altrimenti insuperabili disparita'
di trattamento. 
    167. Ne e' seguito l'acritico recepimento da parte del Gruppo  di
Studio delle incongruenze da esso stesso rilevate, le quali, per tale
via, sono state integralmente riprodotte nella norma finale. 
    168. Di qui la violazione della delega conferita al  Governo  per
non aver interpretato, conformemente  a  Costituzione,  in  relazione
agli artt. 3, 24, 111 e 97 Cost., la disposizione dell'art. 1,  comma
2, lett. f), legge n. 148/2011 per  l'irrazionalita'  e  le  evidenti
disparita di trattamento cui la norma stessa avrebbe dato  luogo  fra
residenti in territori diversi  (salvo  il  rilievo  officioso  della
Corte sulla legittimita' costituzionale delle norme della  stessa  l.
148/2012). 
    169. Per quel che riguarda il Tribunale di Sulmona, le disparita'
di  trattamento   derivanti   da   siffatta   interpretazione   della
disposizione  -  con   l'irrazionalita'   che   ne   consegue   nella
distribuzione  degli  uffici  sul  territorio  -  sono  di  immediata
evidenza al semplice esame della cartina geografica  -  che  dovrebbe
costituire il punto  di  partenza  di  ogni  studio  sulla  geografia
giudiziaria -  in  particolare  all'esame  della  cartina  geografica
dell'Italia Centrale (All. 6, fase. lavoratori in  sede  di  reclamo;
pag. 64, All. 1 fasc. lavoratori in sede di ricorso). 
    170. Da essa si ricava come il Tribunale di Sulmona sia posto  al
centro, quasi geometrico, di un territorio (corrispondente all'intera
meta' meridionale della Regione Abruzzo)  avente  una  superficie  di
oltre 6.600 km² (4991 km² considerando i soli  tribunali  soppressi),
popolazione complessiva di 407.663  abitanti,  notevoli  distanze  ed
elevate altitudini, destinato, secondo il decreto legislativo 155 del
2012, a rimanere totalmente privo di Tribunali;  territorio  tuttavia
confinante con quello del Distretto di Corte d'Appello di Campobasso,
di  minore  estensione  (4438  km²  quadrati),   minore   popolazione
complessiva (314.560 abitanti), minori distanze e altitudini, ma  per
il quale e' prevista  la  conservazione  di  tutti  gli  attuali  tre
Tribunali, taluni peraltro assai piu' piccoli e vicini  fra  loro  di
quelli soppressi nella Regione Abruzzo,  e  rispetto  ai  quali,  gli
antichi  legami,  anche   amministrativi,   neppure   consentono   di
individuare rilevanti differenze economiche o storico culturali  atte
a giustificare una cosi' evidente disparita' di trattamento. 
    171. Non diversa e' la situazione del Distretto di  Caltanissetta
in cui,  su  una  superficie  minore  (4664  km)  rispetto  a  quella
dell'Abruzzo meridionale, abitata da popolazione complessiva di  poco
superiore (422.097), sono previsti tre  tribunali.  Cosi'  anche  nel
Distretto  di  Messina,  con  maggiore   popolazione   (640.673)   ma
superficie assai minore (2.948 km) anch'esso  desinato  a  conservare
tre tribunali e cosi ancora nel  Distretto  di  Reggio  Calabria  con
maggiore popolazione (547.897) ma superficie minore (3.183 km²). 
    172. Di qui l'evidente  disparita'  di  trattamento  rispetto  ai
residenti nei territori dell'Abruzzo meridionale. 
    173. Sul punto il collegio osserva che detta  disparita'  non  e'
necessariamente legata al testo della legge Delega potendo la  stessa
essere   superata   attraverso   un'interpretazione,    conforme    a
Costituzione, che avesse ravvisato, nella disposizione  dell'art.  1,
c. 2, lett. b), l. 148/2011,  un  criterio  di  minimia  densita'  di
uffici sul territorio (e quindi di minima accessibilita' agli  uffici
giudiziari), da applicare, secondo la lettera della  norma,  ai  piu'
piccoli distretti, e secondo la rado della norma, ai territori in cui
siano ravvisabili condizioni non apprezzabilmente  diverse  (criterio
che  avrebbe  determinato  la  conservazione  di  almeno   3   uffici
giudiziari su superfici comprese fra i 2900 e i 4600 km² come  quelle
dei piu' piccoli distretti di Corte d'Appello). 
    174. A conferma di tale  interpretazione  non  sembra  arbitrario
attingere informazioni - utili alla ricostruzione storico sistematica
della  norma  -  da  qualificate  riviste  giuridiche  in  grado   di
illustrare la finalita' che nel concreto furono alla base  della  sua
formulazione da parte dell'allora Ministro in carica.  Si  ricava  da
tali informazioni, costituenti  dato  notorio,  che  il  Ministro  in
carica ebbe ad esplicitare  la  ratto  della  norma  proprio  con  la
necessita' di evitare un'eccessiva rarefazione di  uffici  giudiziari
tale  da  determinare  per  i  residenti  in  taluni  comuni  montani
accentuate  difficolta'  di  accesso  alla   sede   giudiziaria;   in
particolare le difficolta' di accesso dei "paesini di montagna i  cui
abitanti, per recarsi al tribunale del capoluogo,  sono  costretti  a
fare diverse ore di macchina" (cosi sul sito di un importante rivista
giuridica
http://www.diritto24.ilsole24ore.com/guidaAlDiritto/civile/civile/pri
miPiani/2011/09/n_itto-palma/ ove leggesi: "L'Anm ritiene di  doversi
lamentare di alcuni punti di questa riforma»  in  particolare  quando
«sostiene di trovare anomala la  presenza  di  tre  tribunali  in  un
distretto». «Ma si vuole rendere conto l'Anm che....nel  fare  questo
tipo  di  riforma  dobbiamo  si'  privilegiare  l'efficienza  ma  non
dobbiamo mai  sacrificare  l'esigenza  del  bacino  di  utenza  della
giustizia...  verificare  se  nei  vari   distretti   le   situazioni
geografiche e  infrastrutturali  non  Impongano  di  privilegiare  le
esigenze della gente, in taluni casi eccezionali, rispetto  ad  altre
esigenze» Nitto Palma fa l'esempio  di  paesini  di  montagna  i  cui
abitanti, per recarsi al tribunale del capoluogo,  sono  costretti  a
fare  diverse  ore  di  macchina:  «dovrei  forse  togliere  li'   il
tribunale?»). 
    175. Si tratta di volonta'  -  perfettamente  collimante  con  le
raccomandazioni piu' volte  espresse  dal  CSM  sulla  necessita'  di
"conservare comunque il presidio giudiziario ad esempio nei tribunali
dell'arco alpino" - dalla quale e' ricavabile l'unica ratio, conforme
a ragione  e  Costituzione,  in  grado  di  dare  senso  logico  alla
previsione, intesa a limitare l'eccessiva rarefazione di  uffici  sul
territorio, e ad evitare le incongruenze e ingiustificate  disparita'
di trattamento evidenziate  nella  stessa  relazione  del  Gruppo  di
Studio Ministeriale. 
    176. Dal suo riconoscimento sarebbe  derivata  la  conservazione,
nella parte meridionale della Regione Abruzzo, di un numero di uffici
giudiziari quanto meno non inferiore a quello della Regione Molise  o
di altri piccoli Distretti; tale comunque da  assicurare  livelli  di
accessibilita' alla sede giudiziaria da parte dei piu' lontani comuni
non peggiori e comunque non irragionevolmente peggiori di quelli  dei
centri di tali Distretti. 
    177. Da ultimo va osservato  che  tale  funzione  della  norma  -
intesa quale limite alla riduzione  degli  uffici  giudiziari  ovvero
quale  criterio   di   minima   densita'   territoriale-   e'   stata
perfettamente riconosciuta dallo stesso Gruppo di Studio Ministeriale
il  quale  vi  ha  ravvisato  una  "funzione  di  contenimento  della
riduzione degli uffici  giudiziari"  (pag.  22  Relazione  Gruppo  di
Studio), riconoscimento cui  tuttavia  non  e'  seguita  la  (logica)
applicazione  di  tale  funzione  alla  totalita'  delle   situazioni
analoghe, ma al  contrario  la  considerazione  della  stessa  "quale
parametro giudiziario di modulazione territorialmente  differenziata,
i.d.  distrettuale"  (limitato  in  altre  parole  al   solo   ambito
distrettuale).  Di  qui  una  disciplina  differenziata  che,   nella
rilevata  assenza   di   ragioni   atte   a   giustificarla,   stante
l'affermazione delle "incongruenze" che ne sarebbero derivate,  rende
evidente e  quasi  dichiarata  l'irrazionalita'  dell'interpretazione
seguita con le disparita' di trattamento che ne sarebbero derivate. 
    178.  Ovvio  infatti  che  dette  incongruenze  e  disparita'  di
trattamento non  possano  consistere  in  una  sorta  di  eccesso  di
garanzia accordata ai residenti nei territori favoriti (come traspare
dal passaggio della relazione del Gruppo di Studio) ma unicamente nel
difetto di garanzia che, al confronto coi primi, risulta  offerto  ai
residenti nei territori  restanti,  atteso  che  la  garanzia  minima
riconosciuta dal Legislatore non e' sindacabile da autorita'  diverse
dal   Legislatore   stesso   mentre   sindacabile   e'   il   mancato
riconoscimento  di  identica  garanzia  a  situazioni   identiche   o
caratterizzate da differenze irrilevanti ai fini di giustizia. 
    179. Di qui l'evidente (e in certo senso voluta) irrazionalita' e
disparita di trattamento insite nella norma di cui agli artt. 1, 2  e
3 decreto legislativo n. 155/2012 con la  violazione  che  ne  deriva
della norma di cui all'art.  1,  c.  2,  lett.  f),  della  legge  n.
148/2011  nella  sua  interpretazione  conforme  a  Costituzione   in
relazione ai principi di cui agli artt. 3, 24 c. 1 e 2, 111, c.  2  e
97 Cost. (salvo il rilievo officioso della Corte  sulla  legittimita'
costituzionale della stessa citata norma della l. 148/2012). 
    180. Su tali premesse il  Tribunale  ritiene  non  manifestamente
infondata  la  questione  di  legittimita'  costituzionale,  da  essa
rilevata d'ufficio, degli articoli sopra indicati, nella parte in cui
stabiliscono  la  soppressione  del  Tribunale  di  Sulmona  e  della
relativa Procura della Repubblica in violazione dell'art. 1, comma 2,
lett. f), l. 148/2011 nella sua interpretazione conforme ai  principi
degli articoli 3, 111 c. 2 e 97 Cost. 
25 - Illegittimita' costituzionale degli artt.1, 2 e  3  del  decreto
legislativo n. 155/2012, con  le  allegate  tabelle,  per  violazione
degli artt. 76 e 77 Cost. in relazione alla norma dell'art. 1,  comma
2, lett. a), legge n. 148/2011, nella sua interpretazione conforme ai
principi degli articoli 3, 24, 111 e 97 Cost. 
    181. A identica rado e' ispirata la previsione del comma 2, lett.
a), della legge delega di  garantire  la  "permanenza  del  tribunale
ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia". 
    182. Gli  studi  da  cui  e'  scaturita,  ed  in  particolare  le
raccomandazioni contenute nella  Relazione  dell'anno  1996,  rendono
evidente come lo scopo della previsione non sia da riferire  al  dato
burocratico della coincidenza della sede di  Tribunale  con  la  sede
delle  circoscrizioni  provinciali,  ma  al   dato   geografico   del
territorio provinciale e al fine di evitare aggregazioni territoriali
troppo ampie capaci di pregiudicare «l'accessibilita' degli utenti al
servizio giustizia sul territorio». 
    183. Tale e' il senso del riferimento contenuto  nella  Relazione
dell'anno  1996,  ove  si  afferma  la  necessita'  di  "aggregare  i
circondari in base al vincolo geografico, prendendo in considerazione
i soli  accorpamenti  di  circondari  appartenenti  ad  una  medesima
provincia,  al  fine  di  garantire  l'accessibilita'   al   servizio
giustizia" (All. 6, pag. 10 fascicolo lavoratori in sede  di  ricorso
introduttivo). 
    Ma tale e' anche il tenore della disposizione  della  Delega,  la
quale,  con  l'espressione  "ferma  la  necessita'  di  garantire  la
permanenza del tribunale ordinario nei circondari ..."  rende  chiara
la volonta' del potere delegante di  introdurre  con  essa,  non  una
regola generale basata sul requisito dell'essere il tribunale ubicato
in  citta'  capoluogo,  ma  un'eccezione  ad  altra  regola  generale
(costituita dai criteri di cui alla lett. b), cioe'  un  limite  agli
accorpamenti atta ad evitare la creazione di circondari  troppo  ampi
(pluriprovinciali)  incompatibili  con  il  fine  della   ragionevole
'accessibilita' degli utenti al servizio giustizia". 
    184. E' infatti quest'ultimo il significato delle  parole  "ferma
la necessita' di...", espressione che e' normalmente usata,  non  per
l'enunciazione  di  regole  generali,  ma  per  la  formulazione   di
eccezioni particolari ("ferma la necessita' ... salva  la  necessita'
... salvo il caso... ferma la conservazione...). 
    185. L'opposto significato, viceversa, e' stato quello attribuito
alla disposizione dal Gruppo di Studio nella cui relazione  si  legge
(pag. 3, All. 5 fascicolo lavoratori in sede di ricorso introduttivo)
che ala  modalita'  della  riduzione  e'  indicata  direttamente  dal
legislatore e tocca, astrattamente, tutti gli uffici non aventi  sede
in capoluogo di provincia... escludendo dalla riduzione alcuni uffici
...  qualora  cio'  risulti  necessario  in  forza  dell'applicazione
oggettiva e omogenea dei criteri di cui alla lett. b)". 
    186. In tal modo l'eccezione -  "ferma  la  ...permanenza"  -  e'
elevata al rango di  regola  generale  (espressiva  della  "modalita'
della riduzione) e la regola generale, costituita dai criteri di  cui
alla lettera b), ridotta ad eccezione ("escludendo dalla riduzione"),
il tutto in  evidente  contrasto  con  il  corretto  significato  dei
termini ma in ancor piu' evidente contrasto con i diversi significati
subito dopo  (correttamente)  attribuiti  alle  medesime  espressioni
nell'interpretazione che Io stesso Gruppo di  Studio  ha  dato  della
disposizione della lettera c) del medesimo comma. 
    187. Colpisce, come in quest'ultima disposizione  le  espressioni
ridurre,  tenendo  conto,  e  ferma  la  permanenza,  siano  stavolta
correttamente,  ma  contraddittoriamente,  intese,   le   prime   due
(ridurre... tenendo conto), quali termini  enunciativi  della  regola
generale, la terza (ferma la permanenza)  quale  termine  enunciativo
dell'eccezione. La frase  "ridefinire  l'assetto  territoriale  degli
uffici requirenti non distrettuali, tenuto conto, ferma la permanenza
di quelli aventi sedi presso..., della possibilita' di accorpare piu'
uffici ..,anche indipendentemente ... prevedendo che  l'ufficio  ....
accorpante possa svolgere ....e che l'accorpamento sia finalizzato  a
esigenze di funzionalita' ed efficienza che consentano..."  e'  stata
in tal modo correttamente intesa dal Gruppo di Studio  nel  senso  di
una  "ridefinizione   degli   assetti   territoriali   degli   uffici
requirenti... mediante accorpamento di piu' uffici  -  finalizzata  a
perseguire esigenze di funzionalita'..." (pag. 11 della Relazione del
Gruppo di Studio Ministeriale, All. 5 fascicolo lavoratori in sede di
ricorso introduttivo) e quindi nel senso di una prescrizione e di  un
criterio  generale,  espressi  nel  periodo  principale:  "ridefinire
l'assetto territoriale ...tenuto conto (id est mediante)"  delimitati
dall'eccezione,  espressa  nell'inciso   (dell'inciso),   "ferma   la
permanenza...di quelli aventi sede". 
    188.   Ne   e'   derivata   un'interpretazione   complessivamente
contraddittoria, basata su significati diversi dei  medesimi  termini
in vista di un risultato interpretativo che parrebbe non ricavato dal
testo ma ricercato nel testo; interpretazione comunque  errata  nella
parte riguardante la disposizione della lett. a), dell'art. 1,  comma
della Legge, perche' contraria alla lettera e al contenuto  razionale
della disposizione quale si ricava dagli studi cui era ispirata. 
    189. Discende da tale  errore  interpretativo  un  vizio  interno
all'intero impianto del decreto legislativo  n.  155/2012  tutt'altro
che ininfluente ai fini dei risultati finali, ove  si  consideri  che
l'inclusione di un dato (capoluogo di provincia) all'interno  di  una
regola generale anziche' all'interno di un'eccezione  attribuisce  al
dato stesso un valore paradigmatico che al dato stesso non compete. 
    190. quel che e' avvenuto nella Relazione del Gruppo di studio il
quale, dopo aver affermato, scambiando l'eccezione con la regola, che
la "modalita' della riduzione e' indicata direttamente  dalla  legge"
attraverso il riferimento a "tutti gli  uffici  non  aventi  sede  in
capoluoghi di provincia", ha dedotto da tale premessa la  conclusione
che, ai fini della stessa individuazione dei criteri obiettivi di cui
alla lett. b), "la legge ... non avrebbe potuto non contemplare quale
ipotetica discriminante il valore  mediamente  emergente  dall'ambito
degli  uffici  viceversa  preservati  dalla  riduzione"  (idest   dai
tribunali provinciali). 
    191. Ne e' derivato il profilo di un "tribunale ideale" (tale  e'
l'espressione usata nella relazione del Gruppo  di  Studio)  ricavato
dalla media  dei  dati  dei  tribunali  provinciali  e  con  esso  la
duplicazione  della  valenza  di  un  requisito  (essere  ubicato  in
capoluogo  di  provincia)  che  avrebbe  dovuto,   viceversa   essere
circoscritto all'interno di un'eccezione con  parallela  svalutazione
dei dati di cui il Legislatore,  aveva  previsto  invece  si  dovesse
"tener conto" quale principale criterio direttivo nella ridefinizione
dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari  (tale  essendo  il
senso generale, non limitato ai soli tribunali non provinciali, della
prescrizione di "ridefinire, anche mediante attribuzione di  porzioni
di territori a circondari  limitrofi,  l'assetto  territoriale  degli
uffici. 
    192. Ma  ulteriore  violazione  e'  data  dal  non  aver  neppure
utilizzato in tale operazione la totalita'  dei  dati  di  cui  tener
conto sulla base dei  criteri  di  cui  alla  lett.  b)  -  sia  pure
erroneamente  interpretati  in  funzione  di  eccezioni  al  supposto
principio della generale soppressione dei tribunali non provinciali -
avendo il Gruppo di Studio totalmente omesso i dati - coessenziali ad
ogni razionale progetto di revisione della  geografia  giudiziaria  -
relativi al territorio e alla situazione infrastrutturale (sottoforma
quanto meno di distanza media fra i capoluoghi di provincia)  in  tal
modo includendo nella soppressione anche uffici che dall'applicazione
del metodo da  essa  stessa  teorizzato  avrebbero  dovuto  risultare
esclusi. 
26  -  Il  Tribunale  provinciale  e  i  "Centri   di   coordinamento
territoriale" nella Relazione dell'anno 1996. 
    193. Nella ricostruzione storico sistematica  della  norma  della
lett. a) con il suo  riferimento  al  tribunale  provinciale  occorre
partire dalla premessa, presente nella Relazione dell'anno 1996.  che
"punto di riferimento per la riorganizzazione dei tribunali e'  senza
dubbio il  territorio  provinciale,  considerato  come  parametro  di
imputazione della comunita'". 
    194. Tale affermazione e' basata sul presupposto, successivamente
esplicitato, che "il servizio giustizia si svolge tanto meglio quanto
migliore e' il tessuto connettivo  che  lo  lega  con  il  territorio
circostante e la sua realta' socio-politica", quindi ancora una volta
sul  collegamento  dell'ufficio  con  il   "territorio   circostante"
ovverosia sul presupposto che  detto  "punto  di  riferimento"  possa
favorire l'applicazione dei "criteri che hanno ispirato le  direttive
... collegati agli indici  di  lavoro  disponibili,  alle  condizioni
socio economiche di ciascuna zona, alle possibilita' di  collegamento
fra  centri  ed  alla  caratterizzazione   strategica   dei   presidi
giudiziari commisurata al tasso di criminalita'". 
    195. Di qui la conclusione che "si puo' pensare alla soppressione
delle sedi dei  tribunali  solo  in  quei  centri  che,  non  essendo
capoluoghi  di  provincia,  non  hanno  svolto  nuove   finzioni   di
coordinamento territoriale (identificabili ad esempio nei livelli  di
polarizzazione urbana per servizi alle famiglie  e  soprattutto  alle
imprese,  ma  anche  con  eventuali  altri  indica  con  la  decisiva
precisazione che il referente del  territorio  provinciale  non  puo'
essere l'unico" (All. 6, fascicolo  lavoratori  in  sede  di  ricorso
introduttivo, pag. 9). 
    196. Se ne ricava il riferimento al capoluogo di provincia  quale
indicatore formale, ma non esclusivo, di un centro  di  coordinamento
territoriale,  da  individuare  in  primo  luogo  sulla  base   degli
indicatori sostanziali, costituenti  essi  stessi  il  termine  della
ricerca, e in secondo luogo sulla  base  del  riconoscimento  formale
costituito dall'esistenza  stessa  del  capoluogo  provinciale  quale
presunto centro di coordinamento territoriale. 
    197. Perfettamente coerente con tali finalita'  e'  la  struttura
della norma dell'art. 1, c. 2, lett. a) e  13),  legge  n.  148/2011,
centrata sulla regola generale, costituita  dai  criteri  sostanziali
della lettera b), chiaramente volti al riconoscimento di quel che  la
Relazione  del  1996   aveva   definito   centro   di   coordinamento
territoriale, e  sull'eccezione  formale  della  lett.  a),  volta  a
garantire il rispetto del centro di riferimento, presunto  ex  legge,
del capoluogo di provincia. 
    198. Per quel che  riguarda  Tribunale  di  Sulmona  la  corretta
applicazione dei criteri sostanziali e territoriali di cui all'art 1,
c. 2, lett. b), legge n. 148/2011 avrebbe consentito  di  riconoscere
nella sede di Sulmona le tipiche funzioni di centro di  coordinamento
territoriale (assolte nel tempo con  l'essere  o  l'essere  stata  !a
Citta'  sede  di  Agenzia  delle  Entrate,  Agenzia  del  Territorio,
Ospedale,  Cliniche,  ASL,  INPS,  Comunita'  Montana,  Consorzio  di
Sviluppo Industriale, sede Universitaria Distaccata, Polo scolastico,
sede   di   Teatro,   di   Auditorium,   Centro   Interregionale   di
Comunicazioni, Comando Militare, Distretto Militare, Ente Provinciale
di Assistenza e Beneficenza, nodo  ferroviario  e  sede  di  Officina
Dipartimentale FFSS), funzioni imposte dalle caratteristiche  montane
del territorio e  dalla  sua  ampiezza  ma,  soprattutto,  dalla  sua
distanza  dal  capoluogo  provinciale  dell'Aquila.  Sul   punto   va
osservato come nel concetto di  polarizzazione  urbana,  usato  nella
Relazione del 1996,  il  fattore  piu'  rilevante  (secondo  la  c.d.
"analisi gravitazionale" dei centri urbani  presente  in  gran  parte
della lettura  scientifica)  sia  dato  proprio  dalla  distanza  dai
restanti poli, atteso che l'influenza della popolazione, del  reddito
o degli investimenti, equiparati nella loro complessita' al  concetto
fisico di  "massa",  sarebbero  destinati,  secondo  tali  teorie,  a
diminuire o ad aumentare in proporzione al  quadrato  della  distanza
(c.d. legge di Reily); decisivi inoltre,  secondo  la  Relazione  del
1996,  nella  ricognizione  dei  livelli  di  polarizzazione  atti  a
individuare   le   "aree   di    servizio"    rilevanti    ai    fini
dell'individuazione delle sedi di tribunale, sono i servizi resi alle
imprese e alle famiglie tutti  tipicamente  offerti  dalle  strutture
attualmente o in passato ubicate nella citta' di Sulmona. 
    199. Altrettanto riconoscibile nella struttura della disposizione
e' la ratio della norma, al cui interno la  considerazione  dei  dati
territoriali,  ed  in  primo  luogo   di   quelli   infrastrutturali,
costituisce criterio essenziale, conformativo della delega, attesa la
sua inerenza sia ai fini positivi di efficienza e  risparmio  cui  la
legge e' ispirata - in relazione ai quali la razionale  distribuzione
degli uffici sul territorio costituisce fattore  decisivo  -  sia  ai
limiti costituzionali, intrinseci ad ogni riforma dell'organizzazione
giudiziaria, costituiti dal rispetto dei diritti  inviolabili  e  del
principio di buona organizzazione. 
    200. Sotto tale profilo va  quindi  osservato  che  l'inversione,
operata dal legislatore delegato, fra regola generale  ed  eccezione,
avrebbe  potuto  risultare   "innocua"   e   condurre   a   risultati
equivalenti,  ove,  nella  successiva  utilizzazione  del   tribunale
provinciale come modello di riferimento per l'enucleazione  dei  dati
pertinenti agli aspetti indicati nella  lett.  b),  si  fosse  tenuto
conto della totalita' di questi ultimi e quindi, in ipotesi, non solo
dei valori  medi  dei  dati  riguardanti  i  carichi  di  lavoro,  le
sopravvenienze o la popolazione dei tribunali provinciali,  ma  anche
dei valori medi dei dati territoriali, quali ad esempio  le  distanze
medie  fra  gli  stessi  capoluoghi  di  provincia  o  i   tempi   di
percorrenza. 
    201.  Viceversa,  la  mancata  considerazione,  anche   in   tale
operazione,   di   questi   ultimi   dati   -   decisivi   ai    fini
dell'accessibilita' della sede, quale elemento essenziale ai fini sia
dell'offerta di giustizia, sia del rispetto dei diritti inviolabili -
ha comportato la violazione della delega sotto  il  profilo  formale,
per violazione delle sue disposizioni, e sostanziale  per  violazione
della sua rado. 
    202. La norma di fatto riscritta dal Gruppo di Studio,  e'  stata
quella della soppressione di tutti i tribunali non provinciali, salvo
quelli: 
    a) necessari al rispetto della c.d. regola del tre; 
    b) con popolazione pari o superiore a 367.769 abitanti; 
    c) con sopravvenienze pari  o  superiori  a  18.094  procedimenti
l'anno; 
    d) con organico di magistratura pari  o  superiore  a  20  unita'
(dato non previsto dalla legge delega ma ricavato da essa); 
    d) con produttivita' pari o superiore a 662 procedimenti definiti
per magistrato. 
    203. Il tutto  indipendentemente,  in  una  riforma  intesa  alla
razionale  distribuzione   degli   uffici   sul   territorio,   dalla
dislocazione che ne sarebbe derivata degli uffici sul territorio. 
    204. Il risultato che ne e' seguito  ha  concorso  a  creare  una
complessiva distribuzione di uffici sul  territorio  in  cui  non  e'
ravvisabile alcun disegno razionale e che e' in contrasto sia con  il
principio dell'art. 3 Cost., sia con il principio di  razionalita'  e
di buon andamento della pubblica  amministrazione  (art.  97  Cost.),
quest'ultimo valido anche per  l'organizzazione  dell'amministrazione
giudiziaria (C. Cost. 408/2008, n. 408; 64/2009). 
    205. Riprova "visiva" di  tale  risultato  e'  ancora  una  volta
quella offerta dall'esame della cartina geografica, in particolare da
quella raffigurante il  futuro  assetto  del  Distretto  della  Corte
d'Appello di L'Aquila, emblematico della totalita'  delle  violazioni
sopra indicate in quanto caratterizzato dalla presenza di ampie  aree
di territorio montano, totalmente prive  di  uffici  giudiziari,  con
centri di alta montagna (sino ad oltre 1300 mt.)  relegati  ad  oltre
150 km dalla sede giudiziaria (cio' sia nel  Circondario  di  Sulmona
sia in quello  di  Vasto),  e  aree  costiere  o  di  bassa  collina,
confinanti con le prime, ove e' prevista la presenza  di  due  uffici
giudiziari ad appena 18  km  di  distanza  l'uno  dall'altro  (Chieti
Pescara)  a  loro  volta  inseriti  in  un  sistema  di  collegamenti
autostradali in cui si danno tre Tribunali (Chieti Pescara e  Teramo)
in appena 75 km di distanza e 50 minuti di tempi di percorrenza fra i
due piu' lontani. 
    206. All'interno di tale quadro il Circondarlo di Sulmona -  gia'
caratterizzato dalle maggiori distanze dalla sede accorpante rispetto
alla totalita' degli altri uffici soppressi -  e'  altresi'  posto  a
diretto confine con entrambe le aree, ad  alta  densita'  di  uffici,
costituite dalla Regione Molise, a sud, e dai Tribunali di Pescara  e
Chieti ad est. In tal modo esso appare compendiare la totalita' delle
violazioni alla delega presenti del decreto legislativo  n.  155  del
2012 rendendo ancor piu' stridente -  per  la  palmare  evidenza  dal
contrasto fra la particolare densita' dei presidi giudiziari presente
nei territori contigui e l'anomala rarefazione di presidi ravvisabile
nella vasta area  dell'Abruzzo  meridionale  -  sia  l'ingiustificata
disparita' di trattamento fra residenti in territori diversi, sia  la
violazione dei principi di razionalita' e  buona  amministrazione  di
cui agli articoli 3 e 97 Cost. 
    207. Ma ulteriore e piu'  evidente  riprova  visiva  dell'anomala
distribuzione sul territorio che ne e'  derivata  e'  quella  che  si
ricava  dalla  rappresentazione  della  distribuzione  degli   uffici
sull'intero  territorio  nazionale,  (All.  1,  pag.   47   fascicolo
lavoratori in sede di ricorso introduttivo). 
    208. Da essa emerge la completa assenza di uffici  giudiziari  in
un'amplissima  area  geografica  dell'Italia  centrale   (da   Tivoli
all'Adriatico  e  dall'Aquila  ad  Isernia)  non   ravvisabile,   per
estensione, in altre parti della Penisola  e  al  cui  centro,  quasi
geometrico, e' ubicata Sulmona (citta' piu' lontana, in questo  modo,
da  qualsiasi  ufficio  giudiziario);  dato  questo  che,   pur   non
consentendo al collegio alcuna considerazione o previsione, riservata
agli organi di indirizzo  politico,  sul  prevedibile  degrado  socio
economico  e  sulla  penetrazione  di  criminalita'  organizzata  che
potrebbero derivare da  una  cosi'  marcata  rarefazione  di  presidi
giudiziari, riserva al giudice  ordinario  il  dovere  di  segnalarne
l'irrazionalita' nella  distribuzione  degli  uffici  sul  territorio
nazionale, per la violazione che ne deriva della ratio  della  Delega
(art. 76 Cost.) nella sua interpretazione conforme ai principi  degli
artt. 3 e 97 Cost. 
27 - Illegittimita' dei medesimi articoli per violazione della delega
nella sua interpretazione conforme al principio dell'art. 25 Cost. 
    209.  I  su  evidenziati  elementi  di   irragionevolezza   nella
distribuzione territoriale degli uffici non mancano di ripercuotersi,
a opinione del collegio, sullo stesso principio del giudice  naturale
secondo quella che e' la definizione,  accolta  nella  Relazione  del
Gruppo  di  Studio,  di  principio  di  "razionale  frammentazione  e
collocazione sul territorio degli uffici", autonomo  e  distinto  dal
principio correlato di precostituzione per legge (pag.  21  Relazione
del Gruppo di Studio). 
    210. Ove detta nozione sia accolta - in tal modo aderendosi  alla
dottrina che rifiuta la "sovrabbondanza linguistica" in cui  verrebbe
altrimenti a risolversi la duplicita'  di  predicati  presente  nella
norma dell'art.  25  Cost.,  l'ipotesi  di  scuola,  riportata  nella
Relazione stessa del Gruppo di Studio, del "giudice  precostituito  e
pero' innaturale", si attaglierebbe a  pieno  titolo  alla  geografia
giudiziaria dell'Abruzzo, ove taluni territori, relegati "per  legge"
a distanze  di  da  100  a  oltre  150  km  dalla  sede  giudiziaria,
risulterebbero sostanzialmente estranei all'area  di  servizio  o  al
contesto socio economico e culturale del giudice ad essi  attribuito,
il quale, per dette  ragioni,  risulterebbe  "precostituito  e  pero'
innaturale" si' da rendere evidente  la  finzione  giuridica  sottesa
all'identificazione del requisito della naturalita' con quello  della
precostituzione per legge. 
    211. Non diversa  sarebbe  la  finzione  di  naturalita'  che  si
realizzerebbe, tuttavia, nel  caso  in  cui  la  nozione  di  giudice
naturale, svincolata  da  quella  della  precostituzione  per  legge,
venisse collegata  a  quella  di  giudice  provinciale  e  ove  detto
collegamento -successivamente proposto dal Gruppo di Studio  -  fosse
inteso quale criterio necessario e sufficiente all'individuazione del
primo. 
    212. Ove inteso in quest'ultimo significato - e quindi nel  senso
non solo negativo, di limite necessario ad impedire la  creazione  di
circondari  "pluriprovinciali",  ma  anche  nel  senso  di   criterio
positivo e formale, di per se  stesso  sufficiente  ad  esprimere  il
requisito della naturalita' - il  principio  di  identificazione  del
giudice naturale con quello precostituito per legge verrebbe di fatto
reintrodotto, per effetto dell'equiparazione che ne deriverebbe della
legge istitutiva del giudice con la legge istitutiva della provincia,
con  conseguenze  forse  anche  peggiori  stante  l'equiparazione  di
ragioni istitutive non interamente sovrapponibili - come  quelle  che
presiedono alle definizione territoriale di due uffici,  con  diversi
fini  e   diversi   riferimenti   costituzionali   -   ed   eccessiva
valorizzazione di un modello,  quale  l'ente  provincia,  la  cui  la
valenza  risulta  oggi   fortemente   attenuata   dai   progetti   di
ridimensionamento o soppressione da cui e' interessato. 
    213. Su tali premesse, rilevato che la  concreta  situazione  del
territorio presenta aspetti tali, nel caso del Tribunale di  Sulmona,
da far si' che l'automatico collegamento fra le due nozioni conduca a
risultati in contrasto col principio  e  fine  ultimo  di  "razionale
frammentazione e collocazione  sul  territorio  degli  uffici"  -  il
collegio ritiene di poter ravvisare nelle norme degli artt. 1, 2 e 3,
del decreto legislativo n. 155/2012 e degli  artt.  1  e  2,  decreto
legislativo n. 156/2012, con le allegate tabelle,  un  ulteriore  non
manifestamente infondato profilo di incostituzionalita' per  inesatta
interpretazione e conseguente violazione della norma degli artt. 1 c.
2 della Delega nel suo contenuto conforme a Costituzione in relazione
al principio dell'art. 25 Cost. 
28 - Il rilievo del "territorio" nella razionale distribuzione  degli
uffici sul "territorio" e  nella  valutazione  comparativa  dei  dati
indicati nell'art. 1, comma 2, l. 148/2011. 
    214.  L'essenzialita'  dei  dati  inerenti  al  territorio  nelle
valutazioni richieste da una  riforma  rispettosa  del  principio  di
razionale distribuzione degli uffici sul  territorio  si  esplica  in
varie  direzioni  tutte  idonee  a  connotare  la  rado  della  norma
dell'art. 1, comma 2, legge n. 148/2011 e con essa i limiti  che  dal
contenuto di tale ratio derivano all'esercizio della discrezionalita'
del Legislatore Delegato. 
    215.  Esse  attengono,  sia  al   valore   sistemico   dei   dati
territoriali, la cui rilevanza,  nella  valutazione  comparativa  dei
dati restanti, modifica la rilevanza di questi ultimi venendo da essa
al tempo stesso modificata, sia alla  totalita'  delle  potenzialita'
che il territorio e' in  grado  di  esprimere  rispetto  ai  fini  di
risparmio ed efficienza perseguite dalla legge e che  il  Legislatore
Delegato avrebbe dovuto accertare allo scopo di dare piena attuazione
a detti fini. 
    216. Discende dal primo aspetto che  i  dati  della  popolazione,
delle sopravvenienze e dei  carichi  di  lavoro  non  possono  essere
oggetto di valutazione isolata, dovendo essere sempre "rapportati"  a
quelli  dell'estensione  e  delle  caratteristiche   del   territorio
(diverso, ai fini della dislocazione degli uffici e della nozione  di
polarizzazione urbana, e' il rilievo del dato di 50.000 residenti nel
quartiere di una metropoli o di 50.000 residenti nei  diversi  centri
di un territorio montano di migliaia di chilometri quadrati). 
    217. Dalla mancata valutazione sistemica della totalita' dei dati
e della loro inerenza al territorio e' derivata una sopravvalutazione
di quelli riguardanti la popolazione, le sopravvenienze e  i  carichi
di lavoro, con conseguente squilibrata concentrazione di uffici nelle
aree piu' popolose e pianeggianti a danno di quelle meno  popolose  e
montuose (indipendentemente dall'esistenza  di  specifiche  "aree  di
servizio" e di "centri di coordinamento  territoriale"),  e  negative
ripercussioni  sia  sui  diritti  degli  utenti,  sia  sui  fini   di
efficienza e risparmio perseguiti dalla  Delega,  per  gli  aumentati
costi di mobilita' di utenti e forze di polizia e  per  la  diminuita
efficienza dell'intervento di queste ultime e  dello  stesso  ufficio
giudiziario nelle sue funzioni di "presidio" del territorio anche  in
relazione ai valori culturali e ambientali tutelati dall'art. 9 Cost. 
    218.  Quanto  alle  potenzialita'  di  risparmio  ed   efficienza
espresse dal territorio e' di intuitiva evidenza come le  stesse  non
siano limitate alle infrastrutture viarie  con  relative  distanze  e
tempi di percorrenza, ma estese ai profili,  altrettanto  importanti,
delle  ulteriori  infrastrutture  rilevanti  ai  fini  di  efficienza
perseguiti dalla legge, nonche' a  quelli  legati  alla  collocazione
stessa del  territorio  rispetto  ai  territori  vicini  e  alle  sue
caratteristiche morfologiche e ambientali. 
29  -  segue:  il  rilievo  del  territorio   -   le   infrastrutture
penitenziarie - violazione della Delega (art.  76  e  77  Cost.)  per
omessa valutazione della specificita' territoriale, rilevante ai fini
di incremento di efficienza e risparmi di spesa  e  di  rispetto  del
principi di cui all'art. 27 c. 3 Cost., costituita dalla presenza nel
Circondario di Sulmona della piu' importante struttura  penitenziaria
della Regione. 
    219. Violazioni della delega discendono, pertanto, dalla  mancata
valutazione fra i dati delle specificita'  territoriali,  di  quello,
piu' direttamente legato  a  principi  costituzionali  e  a  fini  di
efficienza e risparmio, costituito dalla presenza nel  territorio  di
importanti strutture penitenziarie. 
    220. Il riferimento, contenuto nella  lettera  b)  della  delega,
"anche" alla situazione  infrastrutturale,  impone  la  contemporanea
ricognizione "anche" di altre specificita' rilevanti ai fini sia  dei
diritti e principi  costituzionali  sia  dei  fini  di  efficienza  e
risparmio perseguiti nella stessa, cosi  come  il  richiamo  generico
alla situazione infrastrutturale rende doveroso  il  riferimento  non
alle   sole   infrastrutture   viarie   ma   anche   alle   ulteriori
infrastrutture   direttamente   rilevanti    per    l'amministrazione
giudiziaria,  quali  in  primo  luogo   quelle   penitenziarie,   che
dell'amministrazione giudiziaria costituiscono componente essenziale. 
    221. Lo stesso e' da dirsi per la nozione di bacino di utenza, al
cui interno l"utenza" costituita dalla popolazione carceraria  assume
rilievo  primario,  incompatibile   con   l'assenza   di   ogni   sua
considerazione nella ricognizione delle specificita'  rilevanti,  sia
in relazione ai fini di risparmio ed incremento di efficienza, sia in
relazione al rispetto dovuto alle persone di reclusi ed internati  in
base ai principi degli artt. 2, 3 e 27 c. 3° Cost.. 
    222. In relazione a tali fini contraddittoria e' l'assenza, nella
Relazione  del  Gruppo  di  Studi  e  nelle  previsioni  del  decreto
legislativo n. 155 del  2012,  di  qualsiasi  considerazione  per  la
presenza  nel  Circondario   di   Sulmona   della   piu'   importante
infrastruttura penitenziaria della Regione  Abruzzo  (con  oltre  450
internati e attualmente in via di ampliamento sino ad  oltre  600)  e
fra le piu' importanti dell' Italia Centrale, 
    223. Contrastante, in via generale, con le finalita' della delega
e' la rottura prodotta dalla soppressione del rapporto di contiguita'
territoriale attualmente  esistente  fra  struttura  penitenziaria  e
giudiziaria, con la rinuncia all'ottimizzazione di risorse che, sulla
base di elementari principi di economia, e' sempre possibile ricavare
da tale  contiguita'  (a  partire  dai  servizi  comuni  del  carcere
circondariale,  della  polizia  penitenziaria,   del   personale   di
cancelleria). 
    224. Ma ancor piu' evidente, nello  specifico,  e'  il  contrasto
della soppressione degli uffici giudiziari con i contenuti  dell'atto
di indirizzo 2012/2014 del Ministro di Giustizia e del  decreto-legge
22 dicembre 2011, n. 211 in materia di  "Interventi  urgenti  per  il
contrasto della tensione detentiva determinata  dal  sovraffollamento
delle carceri", entrambi tesi alla limitazione  delle  "attivita'  di
traduzione delle persone detenute da parte delle forze di polizia". 
    225. In contrasto con detti fini e' la rinuncia  ai  risparmi  di
spesa che avrebbero dovuto ricavarsi dall'utilizzazione - senza costi
di trasferte - dei magistrati e  del  personale  di  cancelleria  del
Tribunale di Sulmona per gli adempimenti  legati  sia  all'esecuzione
delle prove delegate e delle rogatorie, da espletare in  sostituzione
delle attuali quotidiane traduzioni verso gli uffici giudiziari della
Penisola, ove sono pendenti procedimenti  a  carico  di  internati  e
reclusi, sia alle ancor piu' numerose udienze per videoconferenza cui
occorrera' far ricorso ai medesimi fini. 
    226. Contraddittoria inoltre con detti fini, e contrastante con i
principi costituzionali posti a tutela delle persone condannate (art.
27 Cost.) e del lavoro  del  personale  della  Polizia  Penitenziaria
(art. 35 Cost.), e' la sopravvenuta impossibilita' o antieconomicita'
dell'istituzione a Sulmona dell'Ufficio  di  Sorveglianza,  oggi  non
piu' rinviabile allo scopo di  porre  termine  agli  inutili  rischi,
costi e spreco di forze di polizia, oggi  prodotti  dalle  quotidiane
traduzioni  verso  gli  Uffici  di  Sorveglianza  dell'Aquila  con  i
notevoli tempi di esposizione  a  rischio  di  viaggio,  infortuni  e
attentati, di detenuti e personale di Polizia Penitenziaria. 
    227. Particolare attenzione meritano al riguardo i dati riportati
nella relazione del Direttore della Struttura penitenziaria (Alleg. 5
fasc. lavoratori in sede di reclamo). Da essa emerge che nel 2010  la
Struttura  Penitenziaria  e'  stata  interessata  da  222  ordini  di
traduzione verso il Magistrato di  Sorveglianza  di  L'Aquila  e  162
ordini di traduzione verso Tribunale di Sorveglianza di L'Aquila,  in
totale quindi da 384 traduzioni, con impegno di 6 ore circa per  ogni
traduzione e impiego di 452 agenti complessivi. 
    228. Di qui tempi di impegno ed esposizione al  rischio  di  2304
ore per i detenuti  e  2712  ore  lavoro  per  personale  di  Polizia
Penitenziaria, tempi sottratti in tal  modo  anche  all'attivita'  di
vigilanza interna e che al termine dell'ampliamento saranno destinati
a crescere proporzionalmente, in evidente contrasto con la  finalita'
di riduzione delle attivita'  di  traduzione,  fissata  nell'atto  di
indirizzo 2012/2014 del Ministro di Giustizia e nel decreto-legge  22
dicembre 2011, n. 211 e con esse in contrasto con  la  rado  generale
della Delega e con  le  sue  specifiche  finalita'  di  risparmio  ed
efficienza. 
    229. Si tratta di  conclusioni  la  cui  evidenza  ha  spinto  il
Presidente della  Corte  d'Appello  di  L'Aquila  a  segnalare  nella
Relazione sull'amministrazione della giustizia nel Distretto  del  28
gennaio 2012,  che  "anziche'  della  ventilata  soppressione  ...[il
Tribunale di Sulmona] necessiterebbe, semmai, di essere affiancato da
un proprio  Ufficio  di  Sorveglianza",  evidenza  questa  che  rende
altrettanto  palese  la  violazione  della  finalita'  della   Delega
costituita dalla soppressione del Tribunale  e  della  Procura  della
Repubblica di  Sulmona  per  il  danno  che  recherebbe  ai  fini  di
efficiente ed economico funzionamento della  Struttura  Penitenziaria
ubicata nel Circondario nonche', tramite essa, ai fini di  efficiente
ed economico  funzionamento  dell'Amministrazione  Penitenziaria  che
dell'Amministrazione Giudiziaria costituisce componente essenziale. 
30 - segue: Il rilievo del territorio - l'ubicazione quale fattore di
risparmio  ed  efficienza  -  violazione  della  Delega  per   omessa
valutazione  della  specificita'   territoriale,   costituita   dalla
centralita' geografica del circondarlo e della sua sede, rilevante ai
fini di risparmio e incremento di efficienza di cui all'art. 1, comma
2, l. 148/2011, nell'interpretazione conforme ai principi di cui agli
artt. 3 e 97 Cost. 
    230. Ulteriore violazione della  Delega  e'  da  ravvisare  nella
mancata considerazione, fra le  specificita'  territoriali  rilevanti
nell'esercizio della delega, dei fattori di risparmio e incremento di
efficienza legati alle caratteristiche morfologiche e  di  ubicazione
del territorio e della sede di Tribunale. 
    231. L'utilizzazione, quale criterio di selezione degli uffici da
conservare o sopprimere, del modello ideale di tribunale  provinciale
- a sua volta ricavato  dai  soli  dati  della  "popolazione",  delle
"sopravvenienze",  dei  "carichi  di  lavoro"  e  dell'organico   dei
tribunali provinciali medesimi, senza alcuna  considerazione  per  le
caratteristiche del territorio - ha portato il Governo ad omettere la
valutazione del rilevantissimo fattore di risparmio e  di  efficienza
costituito dall'ubicazione stessa del circondario e della  sua  sede;
con essi, per quel che riguarda il Tribunale di  Sulmona,  dalla  non
comune  centralita'  geografica  del  Circondario  e   della   Citta'
(riconoscibili al semplice esame della cartina geografica),  con  gli
intuitivi fattori di risparmio ed  efficienza  che  alla  centralita'
stessa sono sempre legati, nonche' viceversa, con gli opposti fattori
di spesa ed  inefficienza  che  deriverebbero,  quanto  meno  per  le
maggiori inefficienze e costi di  mobilita'  di  utenti  e  forze  di
polizia, dallo spostamento  della  sua  sede  nella  piu'  eccentrica
ubicazione del tribunale accorpante. 
31 - segue: il rilievo del territorio - caratteristiche  morfologiche
e  valori  ambientali   -   violazione   della   Delega   nella   sua
Interpretazione conforme ai principi dell'art. 9, c. 2 Cost. 
    232.  Ulteriore   violazione   e'   ravvisabile   nella   mancata
considerazione  fra  le  specificita'   rilevanti,   della   presenza
all'interno del Circondario di Sulmona per una superficie complessiva
di circa 807 km², pari ad oltre la meta' del suo territorio,  di  tre
parchi naturali (Parco Nazionale d'Abruzzo, Parco  Nazionale  Maiella
Morrone, Parco Regionale Sirente Velino) e  altre  riserve  naturali,
caratteristica che fa del Tribunale di Sulmona, della  Procura  della
Repubblica  e  del  Giudice  di  Pace  di  Castel  di  Sangro  uffici
giudiziari, specializzati nei reati ambientali e  nelle  controversie
aventi ad oggetto violazioni della normativa ambientale, la  presenza
dei  quali  all'interno  dei  territori  protetti   svolge   funzione
essenziale nel contrasto di tali  reati  e  violazioni.  Trattasi  di
specificita' che, alla  luce  della  particolare  attenzione  imposta
dall'art. 9, c. 2 della Costituzione  per  l'ambiente,  quale  valore
primario  dell'ordinamento,  non  avrebbe  potuto  essere  trascurata
nell'interpretazione conforme a costituzione delle norme dell'art. 1,
c. 2, lett. b), legge n. 148/2011 della  Delega  e  nell'  esercizio,
conforme a ragionevolezza, della discrezionalita' riservata al Potere
Delegato. 
32 - segue: - il rilievo del territorio nella ratio  della  Delega  -
illegittimita' degli artt. 1 e 2  d.lgs.  155  e  156  del  2011  per
violazione  della  Delega  nella  sua  interpretazione   conforme   a
Costituzione in relazione all'ordine dei valori costituzionali e alle
finalita' di risparmio e incremento di  efficienza  perseguiti  dalla
legge 
    233.  Da  quanto  precedentemente  osservato  si  ricava  che  il
Governo, nell'interpretazione della Legge Delega non si e' attenuto a
corretti  criteri  ermeneutici  rispettosi  dei  principi  e   valori
costituzionali e delle finalita' della legge. 
    234. La ratio che avrebbe dovuto ricavarsene avrebbe dovuto tener
conto: 
    a)  della  materia  oggetto   della   Delega   costituita   dalla
"riorganizzazione della distribuzione  sul  territorio  degli  uffici
giudiziari"; 
    b) della gerarchia dei valori costituzionali che a  tale  materia
sono necessariamente legati; 
    c) dei  fini  di  risparmio  e  recupero  di  efficienza  cui  e'
orientata la legge; 
    d) dei fondamentali atti di  indirizzo  emessi  dal  Ministro  di
Giustizia; 
    e) dei dati della distribuzione sul territorio pertinenti a  tali
principi. 
    235. In  relazione  a  tali  principi  la  gerarchia  dei  valori
costituzionali   inscindibilmente   legati   alla    materia    della
"distribuzione degli uffici sul territorio" non avrebbe consentito la
mancata  valutazione  dei  dati  della  situazione   territoriale   e
infrastrutturale  ma   avrebbe   viceversa   imposto   come   modello
paradigmatico e come dato di partenza, non il  dato  burocratico,  in
parte  casuale,  della  sede  provinciale,  ma  il  dato   geografico
dell'ubicazione della  sede  sul  territorio  nazionale:  e  cio'  in
relazione sia al  requisito  dell'accessibilita'  quale  insuperabile
coronario  territoriale  del   diritto   di   difesa,   alla   tutela
giurisdizionale e alla tutela  del  lavoro,  sia  in  relazione  alla
presenza di ulteriori specificita' territoriali rilevanti ai fini dei
restanti principi costituzionali. 
    236.  Su  tali  premesse  i  dati  relativi   alle   specificita'
territoriali e alla situazione infrastrutturale, segnatamente quelli,
strettamenti  legati  al  principio   di   accessibilita'   (distanze
chilometriche e tempi di  percorrenza),  costituendo  proiezioni  dei
diritti inviolabili sulla materia della "distribuzione sul territorio
degli uffici  giudiziari"  oggetto  della  Delega,  avrebbero  dovuto
essere oggetto di  valutazione  prioritaria  a  partire  dalla  quale
avrebbe dovuto ricavarsi il profilo della nuova  distribuzione  degli
uffici sul territorio. 
33 - segue:- il rilievo del  territorio  e  dei  diritti  inviolabili
nella  ratio  della  Delega  e  nella  definizione   del   "tribunale
intangibile" - illegittimita' degli artt. 1 e 2, d.lgs. 155 e 156 del
2011 per violazione della Delega nella sua interpretazione conforme a
Costituzione in relazione all'ordine dei valori costituzionali e alle
finalita' di risparmio e  recupero  di  efficienza  perseguiti  dalla
legge. 
    237.  Nello  stesso  ordine  di   considerazioni   e'   superfluo
aggiungere che il concetto di intangibilita', cosi spesso  utilizzato
nella relazione del Gruppo di Studio Ministeriale e  nella  relazione
illustrativa, non attiene, propriamente, ai tribunali ma ai diritti e
in tanto puo' essere metaforicamente usato per i tribunali in  quanto
gli stessi si rivelino necessari ad assicurare  l'intangibilita'  dei
diritti. 
    238. In tal modo il Governo avrebbe dovuto dapprima individuare i
"tribunali intangibili" perche' indispensabili alla  salvaguardia  di
diritti intangibili  (ovvero  inviolabili);  in  secondo  luogo  fare
applicazione dei criteri restanti. 
    239. Su tali presupposti avrebbe dovuto: 
    a) individuare le specificita' territoriali rilevanti al fine  di
assicurare:  la  ragionevole  accessibilita'  della  sede   (distanze
chilometriche, tempi di percorrenza, altitudini)  quale  insuperabile
corollario dei diritti inviolabili di cui agli  artt.  3,  24  e  111
Cost. e degli artt. 27 e 35 Cost.; 
    b) individuare i tribunali di cui e' prescritta la  conservazione
dalle norme delle lett. a) ed f) dell'art. 1, c. 2; 
    c) ricercare i dati medi inerenti l'accessibilita' alla  sede  di
tali ultimi uffici quali parametri di minima  accessibilita'  che  il
Legislatore ha inteso garantire per tutti i territori; 
    d) individuare gli ulteriori tribunali che alla stregua  di  tali
parametri avrebbero dovuto considerarsi intangibili; 
    e) ricercare le ulteriori  specificita'  rilevanti  in  relazione
agli  ulteriori  valori  e  principi  costituzionali,  nonche'   alle
finalita' di risparmio di spesa e incremento  di  efficienza  e  agli
atti di indirizzo del Ministro di Giustizia; 
      f) ridefinire l'ambito territoriale di tali tribunali "mediante
attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi" al fine
di creare intorno a tali tribunali intangibili -  perche'  essenziali
al  rispetto  di  diritti  intangibili  -  circondari  di  dimensioni
corrispondenti a quelle ritenute conformi ai  fini  di  efficienza  e
risparmio. 
    240. L'aver viceversa utilizzato come principio di intangibilita'
criteri  irrilevanti,  non  rispettosi  della  gerarchia  dei  valori
costituzionali e potenzialmente contrastanti con diritti inviolabili,
quali i criteri eccezionali della sede provinciale  o  della  "regola
del tre", ha comportato la  violazione  della  norma  del  comma  2°,
dell'art. 1, l. n. 138/2011 nella  sua  interpretazione  conforme  ai
principi degli artt. 3, 24, 97 e 111 Costituzione. 
    241. Sintomatica di tale violazione  e'  la  circostanza  che  il
concetto di accessibilita' alla sede,  piu'  volte  richiamato  negli
studi e risoluzioni del CSM in materia di geografia giudiziaria,  non
sia mai stato utilizzato nella relazione  illustrativa,  (quand'anche
per negarne l'esistenza), a dimostrazione  della  totale  assenza  di
considerazioni per esso, cosi' come sintomatico di tale omissione  e'
il fatto che  non  solo  il  Tribunale  di  Sulmona  ma  anche  altri
tribunali (Vasto, Mistretta,  Orvieto,  Montepulciano,  Rossano)  con
distanze da 60 a 90 km dalla  sede  accorpante,  e  tutti  con  tempi
eccedenti l'ora, siano stati soppressi  senza  alcuna  considerazione
per le difficolta' di utenti e lavoratori. 
    242. Per quel che riguarda la presente controversia  il  Governo,
rilevata l'intangibilita' del Tribunale di Sulmona (in considerazione
delle rilevate difficolta' di collegamento e delle "aree  interamente
di montagna ...notevolmente distanti  da  qualsiasi  altra  possibile
sede") avrebbe dovuto, ove le dimensioni di detto  tribunale  fossero
risultate insufficienti  al  corretto  dimensionamento  dell'ufficio,
provvedere ad  ampliarne  il  circondario  sulla  base  dei  restanti
criteri di cui alla lett. b). 
34 - segue: il rilievo del territorio - il criterio di cui alla lett.
e). 
    243. Fra i motivi di ricorso i  lavoratori  invocano  la  mancata
applicazione del criterio di cui alla lettera e) che stabilisce  come
prioritaria linea  di  intervento,  "il  riequilibrio  delle  attuali
competenze territoriali, demografiche, e funzionati  tra  uffici  tra
uffici limitrofi della  stessa  area  provinciale  caratterizzati  da
rilevante differenza di dimensioni". Il riferimento  e'  evidente  ai
territori e  comuni  che,  sebbene  geograficamente  appartenenti  al
territorio di Sulmona, sono attualmente inclusi nel  Circondario  del
Tribunale  di  Pescara,  da  essi  piu'  lontano  e  "caratterizzato"
inoltre, rispetto al Tribunale di Sulmona, da  "rilevante  differenza
di dimensioni". 
    244. Va tuttavia osservato che il richiamo del comma  e)  non  e'
del tutto appropriato stante l'espresso riferimento della norma  alla
medesima  area  provinciale  e  l'impossibilita'  di  dare   a   tale
espressione altro significato che quello di "territorio provinciale".
Ciononostante tale norma, sebbene  inapplicabile  nel  suo  specifico
contenuto volto ad  attribuire  al  riequilibrio  endoprovinciale  il
rango di  prioritaria  linea  di  intervento,  non  preclude  che  la
ridefinizione dei territori di  cui  alla  lett.  b)  possa  comunque
superare, ove utile o necessario, anche il confine provinciale atteso
che l'unica preclusione posta a detta  ridefinizione  e'  data  dalla
previsione della  lettera  a)  sulla  necessaria  conservazione  "dei
tribunali nei circondari di comuni capoluogo di provincia" non  anche
sulla necessaria conservazione "dei confini  dei  circondari"  ovvero
sulla conservazione "dei circondari" tout court "di comuni  capoluogo
di provincia". 
    245. Tale e' d'altro canto l'interpretazione datane dal  Governo,
il  quale  non  ha   esitato,   ove   necessario,   come   nel   caso
dell'accorpamento del Tribunale di Sala  Consilina  al  Tribunale  di
Lagonegro, a travalicare i confini sia provinciali che regionali. 
    246. Su tali premesse puo' quindi osservarsi che la  norma  della
comma e) e' viceversa espressiva del favore mostrato dal  Legislatore
per la conservazione  e  valorizzazione  dei  tribunali  limitrofi  a
grandi  tribunali,  anche  se  non  annoverabili  fra   i   tribunali
metropolitani, per il riequilibrio che essi consentono fra  tribunali
caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni. 
    247. Trattasi di rado che non e' in se  stessa  significativa  di
una possibile violazione della legge Delega, per non aver il  Governo
ritenuto di ampliare a detti comuni il Circondario del  Tribunale  di
Sulmona, ma che rende piu' evidente la gia' rilevata violazione della
Delega nella sua interpretazione conforme a Costituzione per non aver
contemperato (secondo quanto su indicato  sub  242)  l'intangibilita'
del Tribunale di Sulmona per ragioni di accessibilita' della sede con
la finalita' perseguita di creare tribunali di piu' ampie  dimensioni
attraverso l'ampliamento del Circondario di Sulmona  quanto  meno  ai
naturali confini geografici e di  "area  di  servizio"  della  stessa
Conca di Sulmona. 
35 - Illegittimita' delle norme degli artt. 1, 2, 3 e 11, c.  3,  del
decreto legislativo n. 155/2012, con allegate tabelle, nella parte in
cui prevedono  la  soppressione  dei  Tribunali  delle  province  di'
L'Aquila e Chieti in relazione all'art.  76  della  Costituzione  per
violazione della norma dell'art. 1, comma 5-bis,  legge  n.  148/2011
nella parte in cui prevede, per detti uffici, il differimento di  tre
anni del termine di esercizio della delega. 
    248.  Ulteriore   profilo   di   illegittimita'   costituzionale,
sollevato dai ricorrenti, in relazione  agli  artt.  76  e  77  della
Costituzione, e' quello delle norme degli artt. 1, 2, 3, e 11, c.  3,
del decreto legislativo n. 155/2012 nella parte in cui, prevedono  la
soppressione dei Tribunali delle province di L'Aquila  e  Chieti,  in
violazione della norma del comma 5-bis, della l.  2011,  n.  148  sul
differimento di tre anni del termine di esercizio della delega. 
    249. L'esistenza di tale violazione si ricaverebbe dal fatto  che
il rispetto dei criteri e principi direttivi  indicati  nella  delega
"non  avrebbe  potuto  realizzarsi  se  non  attraverso   un   rinvio
dell'esercizio del potere delegato ad altra data, e, cioe', ritenendo
che l'esercizio di detto potere debba non essere immediato". 
    250. Ulteriore rilievo, contenuto  nell'ordinanza  reclamata,  e'
quello secondo cui  il  vocabolo  "differimento"  dovrebbe  riferirsi
all'intero periodo di esercizio della delega, comprensivo del termine
iniziale, in quanto lo spostamento del solo  termine  finale  sarebbe
normalmente designato con il vocabolo "proroga". 
    251. A quest'ultima osservazione il Ministero  ha  replicato  che
nella specie l'unico termine  suscettibile  di  differimento  sarebbe
quello finale con la conseguenza che irrilevante  sarebbe  l'uso  del
vocabolo differimento non esistendo  altro  termine  suscettibile  di
spostamento che quello finale. 
    252. Trattasi di replica che trova  conferma  nel  dato  testuale
dell'art 5-bis il  quale  nel  richiamarsi  "al  termine  (e  non  ai
termini) di cui al comma 2 per l'esercizio della  delega  non  sembra
possa riferirsi ad altro termine che a quello finale,  "entro  dodici
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge", ovverosia
all'unico termine indicato nella norma al comma 2 stante  l'implicita
decorrenza del termine iniziale, in assenza di altre indicazioni, col
primo giorno di entrata in vigore della  legge  (nella  specie  primo
giorno  successivo  a  quello  di  pubblicazione  della  legge  sulla
Gazzetta Ufficiale). 
    253. Non privo di  pregio  e'  tuttavia  l'argomento  sistematico
fatto valere dai ricorrenti con  il  rilievo  che,  per  effetto  del
semplice differimento del  termine  finale  e  in  conseguenza  della
successiva previsione dell'art. 11, c. 3, del decreto legislativo  n.
155 del 2012, in base alla quale le norme degli articoli 1 e  2,  del
decreto  legislativo  n.  155  del  2012  (sulla  soppressione  degli
uffici), acquistano  efficacia,  per  ei  uffici  delle  province  di
L'Aquila e Chieti decorsi tre anni dall'entrata in vigore del decreto
stesso (giorno  successivo  alla  sua  pubblicazione  sulla  Gazzetta
Ufficiale), l'efficacia di tali norme verrebbe  a  prodursi  dopo  la
scadenza del termine di due anni "dalla data di entrata in vigore  di
ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega"
di cui al comma 2" previsto per l'esercizio del potere, attribuito al
Governo  dall'art.  1,  c.  5,  della  l.  148/2011,   di   "adottare
disposizioni  integrative  e  correttive  dei   decreti   legislativi
medesimi". 
    254.  Ne  deriverebbe  l'impossibilita',  per  gli  uffici  delle
province  di  L'Aquila  e  Chieti,  di  beneficiare  del  potere   di
"ripensamento" attribuito al Governo per gli  altri  uffici  dopo  un
anno dall'effettiva soppressione, e quindi alla luce  dell'esperienza
e delle eventuali difficolta' operative riscontrate nel corso di tale
anno. 
    255. Va quindi  osservato  che  dalla  previsione  del  comma  5,
dell'art. 1, della l. 148/2011 si ricava una scansione  temporale  in
base  alla  quale,  decorso  il  termine  di  un  anno  previsto  per
l'efficacia del decreto attuativo nei riguardi dei  restanti  uffici,
decorso l'ulteriore termine annuale di messa a regime della  riforma,
il Governo, al termine di tale biennio, sarebbe  messo  in  grado  di
esercitare il  potere  integrativo  e  correttivo  sulla  base  delle
esperienze emerse nella prima  attuazione  del  decreto  legislativo,
valutazione  questa  che  per  i  tribunali  abruzzesi  non   sarebbe
consentita, stante la scelta del Governo di esercitare immediatamente
la delega  con  efficacia  differita  ad  un  tempo  successivo  alla
scadenza  del  biennio  previsto  per  l'esercizio  del   potere   di
integrazione e correzione e  conseguente  necessita'  per  lo  stesso
Governo di esercitare il potere di correzione alla cieca cioe'  prima
che le previste soppressioni abbiano acquistato efficacia  o  di  non
esercitarlo affatto. 
    256. Trattasi di rilievo cui potrebbe obiettarsi che  il  Governo
ben avrebbe potuto  non  differenziare,  a  vantaggio  dei  tribunali
abruzzesi, il termine di efficacia del  decreto  attuativo;  ma  tale
obiezione, scontrandosi con la ratio dichiarata della norma del comma
5-bis, di tener conto degli effetti prodotti  dal  sisma,  e  con  la
riconosciuta impossibilita' di compiere una corretta  valutazione  di
tali effetti prima del triennio previsto nel decreto delegato, non fa
venir meno la non manifesta infondatezza della questione sollevata. 
    257. Di qui la ratio del complessivo differimento  dell'esercizio
stesso della Delega (comprensivo  dei  termini  iniziale  e  finale),
ovvero della sospensione del suo esercizio, allo scopo di  consentire
l'emanazione di un nuovo decreto  legislativo  a  partire  dalla  cui
entrata in vigore far decorrere il termine di due anni  previsto  per
l'adozione da parte del Governo dei decreti correttivi e  integrativi
(c.d."ripensamento"). 
    258. Si tratta di interpretazione di cui puo' affermarsi  la  non
manifesta infondatezza in quanto basata su corretti argomenti  logici
che   implicherebbero   l'interpretazione   della    Legge    Delega,
conformemente  a  Costituzione  (artt.  3  e  97  Cost.),  nel  senso
prospettato dai ricorrenti, con conseguente violazione  dell'art.  76
Cost. da parte del decreto legislativo n. 155/2012 perche' emesso  in
difetto o violazione di delega  (salvo  il  rilievo  officioso  della
Corte sulla legittimita' costituzionale delle norme della  stessa  l.
148/2012 per contrasto della stessa delega  con  gli  artt.  3  e  97
Cost.). 
36 - Illegittimita' costituzionale degli artt.  1,  2  e  3,  decreto
legislativo n. 155/2012 e degli artt. 1 e 2, decreto  legislativo  n.
156/2011 in relazione all'art. 76 Cost., per contrasto con  le  norme
dell'art. 1, c. 2, l. 148/2011 nella  loro  interpretazione  conforme
agli artt. 3 e 97 Cost. - fattori di inefficienza e  di  risparmio  -
risparmio previsto di 76 milioni di euro. 
    259.  Non  meno  rilevante  e'  la  questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata dai ricorrenti in relazione alla  violazione
dei  principi  di  ragionevolezza  e  razionalita'  ravvisati   nella
"risibilita'" dei risparmi di spesa previsti, pari a soli 76  milioni
di euro, a fronte dei costi assai maggiori derivanti  dalla  chiusura
di ogni singolo ufficio (nel caso di Sulmona dalla  perdita  dell'uso
gratuito  dell'attuale  Palazzo  di  Giustizia   e   dai   costi   di
realizzazione del nuovo piu' ampio palazzo  di  Giustizia  presso  la
sede accorpante dell'Aquila), nonche', e' da aggiungere, in relazione
ai  gravi  effetti  recessivi  determinati  dalla  chiusura  di   una
struttura cosi' strategica nell'economia dei centri  minori,  per  la
sua forte diramazione nel sistema socio economico e per i  suoi  ampi
effetti di indotto nell'economia di ciascun  territorio.  Sotto  tale
profilo le norme del  decreto  legislativo  n.  155/2012  e  156/2012
sembrano porsi in contrasto con le stesse finalita'  di  risparmio  e
incremento di efficienza cui e' ispirata la legge Delega. 
    260. Ma ancor piu' evidente e' il contrasto con detti fini ove si
considerino i risultati delle rilevazioni  statistiche  compiute  dal
Gruppo di Studio sulla totalita' dei tribunali italiani (All. 7 fasc.
lavoratori in sede di reclamo). 
    261. Dai dati messi a disposizione del Ministero si ricava  come,
rispetto alla totalita'  dei  tribunali  italiani,  quelli  soppressi
presentino un grado  di  inefficienza  minore  (-  10,6%,  pari  alla
differenza  fra  la  produttivita'  media  nazionale  di  589  e   la
produttivita' media degli uffici soppressi di 527) e di assai  minore
incidenza sul sistema complessivo  (popolazione  pari  al  56%  della
popolazione nazionale - magistrati giudicanti 271 pari  al  5,4%  del
totale)  rispetto   a   quella   rilevata   nei   cinque   "tribunali
metropolitani" in relazione alla quale la stessa Relazione del Gruppo
di Studio (pag. 5) parla di "vertiginoso crollo" (-11,6% ovvero  -14%
- includendo i 6 tribunali con piu' di 100 magistrati giudicanti  con
produttivita' media di 517, popolazione complessiva pari  al  17%  di
quella nazionale e magistrati  giudicanti  1309  pari  al  25,9%  del
totale). 
    262. Di qui l'irrazionalita' di una riforma che - stanti i blandi
interventi compiuti per "razionalizzare il servizio  giustizia  nelle
grandi aree metropolitane" (istituzione del Tribunale di Napoli  Nord
e modeste revisioni di confini per gli altri uffici, in  taluni  casi
peraltro, come per la soppressione del Tribunale di  Pinerolo  e  del
suo accorpamento al Tribunale di  Torino,  nel  senso  dell'ulteriore
ampliamento del tribunale maggiore) - appare limitata a operazioni di
scarso peso che, per  quanto  radicali  per  i  piu'  piccoli  uffici
soppressi e deleteri per le economie dei rispettivi territori  (ancor
piu'  nell'attuale  drammatica   situazione   economica),   risultano
sostanzialmente ininfluenti per il sistema  complessivo  interessando
solo il 5,6% della popolazione italiana  e  il  5,4%  dei  magistrati
giudicanti. 
    263. Ove a cio' si aggiunga che molti  dei  Tribunali  soppressi,
fra cui Sulmona e i restanti tribunali abruzzesi, sono espressivi  di
una produttivita' largamente superiore alla media nazionale di 589  e
alla stessa media  del  tribunale  ideale  (Lucera  786,  Crema  750,
Lanciano 707, Avezzano 688, Sulmona  638,  Bassano  del  Grappa  634,
Pinerolo 629, Vigevano 626, Vasto  624,  Chiavari  619,  Urbino  609,
Ariano Irpino 605, Casale Monferrato 593), con conseguente,  "perdita
di efficienza" per il sistema complessivo, l'intervento compiuto  non
appare rispettoso ne' delle  finalita'  di  risparmio  ed  efficienza
perseguite dalle legge delega ne' delle priorita' che l'importanza  e
incidenza delle inefficienze rilevate avrebbero imposto. 
    264. Di qui la non manifesta infondatezza delle norme degli artt.
1, 2 e 3 del decreto legislativo n.  155/2012  per  violazione  della
delega in relazione ai fini di risparmio di  spesa  e  incremento  di
efficienza dalla stessa perseguiti nell'interpretazione  conforme  ai
principi di cui agli artt. 3 e 97 Cost.. 
37 - Illegittimita' della norma dell'art. 1, c. 2, legge n. 148/2012,
contenente la delega al Governo per  riorganizzare  la  distribuzione
sul territorio degli uffici giudiziari, per  violazione  degli  artt.
72, 76 e 77 Cost., conseguente illegittimita', delle norme  dell'art.
1, c. 1, 2 e 3, decreto legislativo 7  settembre  2012  n.  155,  con
relative tabelle, nella parte  in  cui  sopprimono  il  Tribunale  di
Sulmona e la Procura della Repubblica  del  Tribunale  di  Sulmona  e
delle norme degli articoli 1 e  2  d.  lgs.  156/2012,  con  relative
tabelle, nella parte in cui sopprimono gli Uffici del Giudice di Pace
di Castel di Sangro e Pratola Peligna, perche' emesse in  assenza  di
Delega. 
    265. L'impatto della soppressione dell'ufficio giudiziario  nella
vita  delle  popolazioni  ha  assunto  nel  Circondario  di   Sulmona
importanza tale, per l'allarme destato dalla  messa  in  pericolo  di
diritti  inviolabili  e  per  i  temuti   effetti   recessivi   della
soppressione (tanto piu' gravi quanto maggiore in termini  chilometri
e l'allontanamento dal territorio dei flussi  economici  legati  alla
presenza dell'ufficio), da attingere il livello  istituzionale  degli
enti locali e spingere la totalita' dei 36 Comuni del Circondario  ad
adottare altrettante Delibere per la Conservazione  del  Tribunale  e
della Procura della Repubblica (Acquisite al fascicolo d'ufficio  del
reclamo). 
    266. Cio' rende ancor piu' evidente l'importanza  sostanziale,  a
garanzia del pieno dispiegarsi della dialettica democratica,  che  in
tale materia assumono le regole procedurali previste per l'emanazione
della legge; con essa l'importanza sostanziale,  della  questione  di
legittimita' costituzionale  sollevata  con  riferimento  alla  norma
dell'art. 1, c. 2, legge n. 14 settembre 2011, n. 148, per violazione
degli artt. 72, 76 e 77 Cost. 
    267. Secondo i ricorrenti la delega per la  riorganizzazione  sul
territorio  degli  uffici  giudiziari  -  introdotta,  con   apposito
emendamento, nella legge di conversione del decreto legge n. 138/2011
in materia di disposizioni per la stabilizzazione finanziaria  e  per
il  contenimento  della  spesa  pubblica  -  non  conterrebbe  alcuna
indicazione del presupposto di straordinaria  necessita'  ed  urgenza
previsto dall'art. 77 Cost. mancando in essa qualsiasi richiamo  alle
premesse del decreto in conversione o alla materia in esso  regolata,
e  presentando  viceversa  l'indicazione  delle  finalita'  di  altro
decreto legge (98/2011),  peraltro  gia'  convertito  (con  legge  n.
111/2011). 
    268. Di qui l'eterogeneita' della Delega  rispetto  al  contenuto
del decreto in conversione, in  quanto  "confessoriamente  legata  ad
altra legge", con essa il  complessivo  "stravolgimento  del  sistema
delle fonti... di produzione normativa delineati nella Costituzione",
in quanto "invertite e "piegate" per giustificare esigenze certamente
diverse da quelle di straordinaria necessita' ed urgenza". 
    269. Il rilievo e' fondato. 
    270. La Delega  al  Governo  e'  stata  introdotta  con  appositi
emendamenti alla legge di conversione del decreto legislativo n.  138
del  2011,  denominato  «misure  urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo». 
    271. Il suo contenuto ha introdotto, rispetto alle contingenze di
tale  decreto,  una  normativa  del  tutto  eterogenea,   palesemente
finalizzata a risultati diversi e di lungo periodo. 
    272. Nel preambolo del  decreto  si  richiama  la  «straordinaria
necessita' ed urgenza di emanare disposizioni per la  stabilizzazione
finanziaria e per  contenimento  della  spesa  pubblica  al  fine  di
garantire la stabilita' del  Paese  con  riferimento  all'eccezionale
situazione di crisi internazionale e di instabilita'  dei  mercati  e
per rispettare gli impegni assunti in sede di Unione Europea, nonche'
di adottare misure dirette a favorire lo sviluppo e la competitivita'
del Paese e il sostegno dell'occupazione». 
    273.  Il  comma  2,  dell'art.  1,  introdotto  nella  legge   di
conversione recita, viceversa, nella  parte  iniziale:  «Il  Governo,
anche ai fini del perseguimento delle finalita' di  cui  all'art.  9,
del  decreto-legge  6   luglio   2011,   n.   98,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111,  e'  delegato  ad
adottare, entro dodici mesi dalla data di  entrata  in  vigore  della
presente legge, uno o piu' decreti legislativi per  riorganizzare  la
distribuzione sul territorio  degli  uffici  giudiziari  al  fine  di
realizzare  risparmi  di  spesa  e  incremento  di  efficienza,   con
l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi...». 
    274. Va quindi osservato che la stessa struttura della Delega, in
quanto atto ad "operativita' differita" - inidoneo a produrre effetti
sostanziali immediati nei confronti dei  cittadini  ma  solo  effetti
mediati conseguenti all'adozione del decreto legislativo - e' per sua
natura incompatibile con il presupposto  del  caso  di  straordinaria
necessita' e urgenza. 
    275.   Nella   specie   detta    inidoneita',    e    conseguente
incompatibilita', e' resa ancora piu' marcata dal termine di un  anno
conferito al Governo per l'esercizio della Delega (art. 1,  comma  2,
legge n. 148/2011) e di addirittura tre anni per i tribunali compresi
nelle province di L'Aquila e Chieti (art. 1, comma  5-bis,  legge  n.
148/2011),  previsioni  entrambe  contraddittorie  con  il  caso   di
straordinaria necessita' e urgenza. 
    276. Sotto altro profilo va poi osservato che evidente, nel  caso
della l.  148/2011,  e'  l'estraneita'  del  contenuto  della  delega
all'oggetto e alle finalita' del decreto, ove  si  consideri  che  la
delega riguarda una materia, come quella della riorganizzazione della
distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, in nessun  modo
riconducibile alle finalita',  indicata  nel  decreto,  di  immediato
"contenimento della spesa pubblica; da cui  scaturisce  l'urgenza  di
fronteggiare "l'eccezionale situazione di crisi internazionale  e  di
instabilita' dei mercati e per rispettare gli impegni assunti in sede
di Unione Europea". 
    277. Parimenti da  escludere  e'  che  detto  collegamento  possa
ravvisarsi nella parte della delega finalizzata alla realizzazione di
risparmi di spesa, stante  il  carattere  mediato  e  in  gran  parte
ipotetico del conseguimento di tali risparmi,  inerenti  soltanto  ai
"risultati"  della  riorganizzazione,  e  quindi  alla   prospettiva,
incerta e necessariamente di lungo periodo,  in  cui  tali  risultati
vanno collocati (e cio' a  tacere  dall'efficacia  differita  propria
della Delega legislativa), a  fronte,  viceversa,  dell'immediatezza,
certezza e attualita' di risultati imposti dalla crisi  e  perseguiti
col decreto legislativo.