ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 51, ultimo
 comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico  delle  norme
 in  materia  di pensioni di guerra), promosso con ordinanza emessa il
 15 giungo  1988  dalla  Corte  dei  conti  sul  ricorso  proposto  da
 Mastrangeli  Antonia, iscritta al n. 28 del registro ordinanze 1989 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  6,  prima
 serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto l'atto di costituzione di Mastrangeli Antonia nonche' l'atto
 di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1989 il Giudice relatore
 Vincenzo Caianiello;
    Uditi l'avv. Antonio Carriero per Mastrangeli Antonio e l'Avvocato
 delle Stato Luigi Siconolfi  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con atto in data 28 marzo 1985 Antonia Mastrangeli ha ricorso
 alla Corte dei conti avverso il decreto n. 2698780  del  26  novembre
 1983,  con  il  quale  il  Ministro  del  Tesoro  le  aveva negato il
 ripristino della pensione di reversibilita' goduta dal 17 maggio 1966
 quale  vedova di Angelo Pacelli invalido di guerra deceduto per causa
 diversa, e successivamente sospesa in ragione  del  nuovo  matrimonio
 contratto dalla ricorrente in data 12 settembre 1976.
    Nel   corso   del  giudizio  la  medesima  ricorrente  ha  chiesto
 l'estensione  alla  fattispecie   in   esame   della   pronuncia   di
 incostituzionalita'  n.  181  del  1975  con la quale questa Corte ha
 dichiarato illegittima la norma che prevede, a carico della vedova di
 guerra  che contrae nuove nozze, la perdita della pensione indiretta,
 anche nelle ipotesi in cui il nuovo coniuge non  fruisca  di  reddito
 assoggettabile ad imposta complementare.
    Su  conforme  richiesta  del  Procuratore  Generale,  la Corte dei
 conti, nel negare l'estensibilita' al  caso  in  esame  dell'invocata
 sentenza  costituzionale  (sul  presupposto che la stessa riguarda la
 sola  pensione  di  guerra  indiretta   e   non   anche   quella   di
 riversibilita'), ha sollevato questione di legittimita' dell'art. 51,
 ultimo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico  delle
 norme  in  materia  di pensioni di guerra) per contrasto con l'art. 3
 della Costituzione.
    La  norma  impugnata,  nel disporre che la vedova dell'invalido di
 guerra, deceduto per causa  diversa  da  quella  che  ha  determinato
 l'invalidita',  perde  il diritto alla pensione di riversibilita' per
 il solo fatto che contrae nuovo matrimonio, senza alcun riguardo alle
 condizioni  economiche  dell'altro  coniuge, violerebbe ad avviso del
 giudice  a  quo,  il  principio  di  eguaglianza  ponendo  in  essere
 un'ingiustificata  disparita' di trattamento rispetto alla disciplina
 prevista per la vedova del soggetto deceduto a causa della guerra, la
 quale perde invece il diritto alla pensione, solo se, passata a nuove
 nozze, il marito non fruisca di  un  certo  reddito  ("assoggettabile
 all'imposta  complementare"  secondo  la sentenza n. 184 del 1975, o,
 superiore al minimo imponibile secondo quanto prevedono gli artt.  42
 e 70 del testo unico n.915 del 1978).
    Osserva  la Corte remittente che la pur ipotizzabile differenza di
 status, tra la vedova di guerra e la vedova di invalido deceduto, per
 causa  diversa,  non puo' giustificare la denunciata disparita' tra i
 due conseguenti trattamenti pensionistici, dal momento che gli stessi
 avrebbero entrambi natura risarcitoria.
    Si rileva infine, nell'ordinanza di rinvio, che se il legislatore,
 mediante la riversibilita' della pensione ha  voluto  perpetuare  nel
 tempo,  e  cioe' anche oltre il decesso dell'originario destinatario,
 la  corresponsione  dell'indennizzo  per  causa  di  guerra,  non  si
 comprende  per  quale  motivo,  l'altro coniuge che ne usufruisce non
 possa continuare a beneficiarne per il  solo  fatto  che  contrae  un
 nuovo    vincolo   matrimoniale,   prescindendo   da   considerazioni
 reddituali.
    2.  -  Dinanzi  a questa Corte si e' costituita la ricorrente che,
 ribadendo  le  argomentazioni  svolte  nell'atto  di  rimessione,  ha
 concluso per la fondatezza della questione sollevata.
    Conclusioni  opposte  ha  invece  formulato  l'Avvocatura generale
 dello  Stato  che,  intervenendo  in  giudizio,  ha  evidenziato   la
 diversita' di natura giuridica che esiste fra la posizione soggettiva
 attribuita  alla  vedova  di  guerra  e   la   posizione   soggettiva
 riconosciuta  alla  vedova  di  invalido  di  guerra  morto per causa
 diversa; mentre,  infatti,  la  prima  consisterebbe  in  un  diritto
 autonomo  e originario, la seconda si sostanzierebbe in un diritto di
 natura derivativa, strettamente legato  alla  pensione  diretta  gia'
 fruita  in  vita dal marito. Tale diritto sarebbe poi considerato dal
 legislatore unicamente sotto  l'aspetto  patrimoniale,  a  differenza
 della  pensione  indiretta  che  troverebbe,  invece, giustificazione
 nella valutazione politico-sociale della situazione in  cui  viene  a
 trovarsi  la  donna  in  seguito  al decesso del coniuge per fatti di
 guerra, in questo caso,  infatti,  il  conseguente  scioglimento  del
 matrimonio darebbe luogo ad una condizione di benemerenza, "acquisita
 con il sacrificio sopportato per il superiore fine comune".
    Ed   e'   proprio  in  base  a  tale  condizione  che,  ad  avviso
 dell'Avvocatura, puo' giustificarsi, da un lato, la  persistenza  del
 diritto  a percepire la pensione indiretta anche in costanza di nuovo
 matrimonio  (subordinatamente   all'accertamento   delle   condizioni
 economiche  dell'altro  coniuge), e, dall'altro la diversa disciplina
 dettata  per  la  pensione  di  riversibilita'   che   non   risponde
 all'esigenza  -  espressamente  contemplata dall'art. 1 del d.P.R. n.
 915 del 1978 - di risarcire  il  danno  subito  per  la  perdita  del
 congiunto a causa della guerra.
                         Considerato in diritto
    1.   -  E'  sottoposta  all'esame  della  Corte  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 51, ultimo comma, del d.P.R. 23
 dicembre  1978,  n. 915, nella parte in cui prevede che la vedova del
 mutilato o invalido di guerra, deceduto per cause diverse  da  quelle
 che  hanno  determinato l'invalidita', perde il diritto alla pensione
 di  riversibilita'  nel  caso  in  cui  contragga  nuovo  matrimonio,
 indipendentemente dalle condizioni economiche del coniuge.
    La  Corte  dei  conti  sospetta  che tale previsione contrasti con
 l'art. 3 della Costituzione, in quanto creerebbe  una  ingiustificata
 disparita'  di  trattamento nei confronti della vedova del militare o
 del civile deceduto per cause di guerra, la quale, invece, passando a
 nuove  nozze,  perde  il  diritto  alla pensione indiretta solo se il
 marito gia' fruisce o verra' a  fruire  di  un  certo  reddito,  come
 previsto dagli artt. 42 e 70 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915.
    2. - La questione non e' fondata.
    Questa  Corte  con  la  sentenza n. 184 del 1975 ebbe a dichiarare
 l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  59,  comma  primo,  della
 legge  10  agosto  1950,  n.  648 e del corrispondente art. 47, comma
 primo, della legge  18  marzo  1968,  n.  313,  nella  parte  in  cui
 prevedevano  che  la  vedova  del  militare o del civile deceduto per
 causa di guerra perdeva la pensione indiretta per il solo  fatto  del
 nuovo   matrimonio,  anche  se  il  marito  non  fruiva  del  reddito
 assoggettabile ad imposta complementare.
    L'illegittimita'   costituzionale  fu  dichiarata  in  riferimento
 all'art. 3 della Costituzione per  l'ingiustificata  differenziazione
 del  trattamento  previsto  per  la  vedova  rispetto a quello allora
 riservato al vedovo di persona deceduta per causa di guerra,  per  il
 quale era invece prevista la perdita della pensione indiretta solo se
 avesse contratto nuove nozze  con  persona  titolare  di  un  reddito
 superiore a certi limiti.
    Successivamente  a tale pronunzia e' stato approvato con d.P.R. 23
 dicembre 1978, n. 915, il testo  unico  in  materia  di  pensioni  di
 guerra  che,  nel  coordinare  la  disciplina  della materia, prevede
 all'art. 42 che la vedova del militare o del civile deceduto a  causa
 della  guerra,  la quale contragga nuove nozze, perde il diritto alla
 pensione  indiretta  se  il  coniuge  fruisca  o   venga   a   fruire
 successivamente  al  matrimonio  di  un reddito superiore ad un certo
 importo (determinato in base al rinvio all'art. 70 del medesimo testo
 unico).
    L'art.  51,  ultimo  comma,  del  testo  unico  citato,  (cioe' la
 disposizione oggetto di censura), prevede invece  che  la  vedova  di
 invalido  titolare  di pensione di guerra, deceduto per causa diversa
 da quella che ha determinato l'invalidita',  perda  il  diritto  alla
 pensione    di    riversibilita'    se    contragga    nuove   nozze,
 indipendentemente dalla misura del reddito del nuovo coniuge.
    Infine,  l'art. 55 del testo unico equipara alla vedova, il vedovo
 di donna deceduta a causa di guerra o di  donna  invalida  di  guerra
 deceduta per causa diversa.
    Di conseguenza, in base alla disciplina vigente, sia il vedovo che
 la vedova di persona deceduta per causa di guerra, perdono il diritto
 alla  pensione  indiretta  solo se contraggano matrimonio con persona
 munita di un reddito superiore ad una certa  misura,  mentre  sia  il
 vedovo  che  la  vedova  di  persona invalida di guerra, deceduta per
 causa diversa da quella che aveva dato luogo all'invalidita', perdono
 la pensione di riversibilita' comunque contraggano nuovo matrimonio e
 cioe' indipendentemente dal possesso o meno di un  certo  reddito  da
 parte del nuovo coniuge.
    Da  quanto  precede  risulta dunque come si sia in presenza di una
 situazione completamente diversa da quella che aveva dato luogo,  con
 la  sentenza  n.  184  del 1975, alla dichiarazione di illegittimita'
 costituzionale della precedente normativa perche' tale  pronunzia  si
 era  riferita  esclusivamente  alla  differenziazione del trattamento
 riservato alla vedova rispetto a quella riservata al vedovo, ritenuta
 ingiustificata  in  quanto fondata esclusivamente sulla diversita' di
 sesso.  La  disciplina  del  trattamento  pensionistico,   sia   esso
 indiretto  che  di riversibilita', e' invece attualmente identico sia
 per il vedovo che per la vedova, onde, ai fini della decisione  della
 presente questione, non puo' costituire precedente la sentenza n. 184
 del 1975, richiamata nell'ordinanza di rinvio, in quanto  fondata  su
 di un diverso presupposto.
    Il  giudice  a  quo  pone  invero  prevalentemente l'accento sulla
 diversita' del  trattamento  previsto  per  la  vedova  (titolare  di
 pensione  indiretta)  del  soggetto  deceduto  per  causa  di guerra,
 rispetto a quello previsto per la vedova  (titolare  di  pensione  di
 riversibilita')  di  invalido  di guerra, deceduto per causa diversa,
 ponendo pero' a raffronto situazioni fra  loro  non  omogenee,  quali
 sono, nel quadro della pensionistica di guerra, la pensione indiretta
 a quella di riversibilita'.
    La  pensione  "indiretta"  difatti,  (allo  stesso  modo di quella
 "diretta"  spettante   all'invalido)   ha   natura   risarcitoria   e
 costituisce  un  diritto  autonomo  che  sorge  iure  proprio in capo
 all'avente titolo in dipendenza della morte  di  un  soggetto  -  cui
 l'avente  titolo  stesso sia legato da rapporti familiari - cagionata
 da  un  evento  (malattia  o   fatto)   bellico.   La   pensione   di
 riversibilita',  prevista  peraltro  in  favore di una piu' ristretta
 categoria  di  soggetti  nell'ambito  della  famiglia   dell'invalido
 titolare  di pensione di guerra "diretta", deceduto per causa diversa
 da quella che ha dato luogo alla invalidita', e' invece un  beneficio
 derivato  che,  come  questa  Corte ha precisato (sentenza n. 186 del
 1985), "risponde ad esigenze di ordine naturale ed  etico",  per  cui
 "agli  aventi  causa  del  pensionato  di guerra deceduto e' fatto un
 trattamento di particolare favore".
    Il   carattere   derivato   del   beneficio  fa  assumere  percio'
 particolare rilevanza all'unico presupposto cui esso e' subordinato e
 cioe'  lo  stato  di  vedovanza  il  cui  venir meno, per consapevole
 scelta, giustifica, indipendentemente  dallo  stato  di  bisogno,  la
 cessazione del beneficio, legato, come gia' rilevato da questa Corte,
 ad esigenze  d'ordine  anche  "etico"  (sentenza  n.  186  del  1985,
 citata),  il  che  ne  fa  assimilare la disciplina a quella prevista
 dall'art. 143- bis del codice civile.
    Il  trattamento  differenziato,  circa  la perdita della pensione,
 previsto per i vedovi cui sia stata attribuita a titolo derivato  una
 pensione  di riversibilita', rispetto ai vedovi titolari iure proprio
 di pensione indiretta, la cui perdita, in  conseguenza  di  un  nuovo
 matrimonio  tiene  invece conto anche delle condizioni economiche del
 nuovo coniuge, non appare percio'  irragionevole  in  relazione  alla
 diversa natura del titolo.