Ricorso nell'interesse della regione Liguria, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso in forza di mandato a margine del presente atto dal prof. avv. Pericu e dal prof. avv. Federico Sorrentino ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, lungotevere delle Navi, 30, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, per ottenere la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 3, 6 e 8 della legge 4 gennaio 1990, n. 1, recante "Disciplina dell'attivita' di estetista", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 4 del 5 gennaio 1990. F A T T O 1. - La Gazzetta Ufficiale del 5 gennaio 1990 ha pubblicato la legge nazionale 4 gennaio 1990, n. 1 che reca "disciplina dell'attivita' di estetista". Il testo legislativo, nel porre rimedio ad una situazione di carenza normativa avvertita ormai da anni, definisce (art. 1) l'attivita' di estetica e ne subordina l'esercizio al possesso di una apposita qualifica professionale (art. 4, Quarto comma). E' stabilita inoltre l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane dell'estetica che sia in possesso dei requisiti previsti dalla legge n. 443/1985. L'art. 3 individua le condizioni per il conseguimento della qualificazione professionale necessaria per l'esercizio dell'attivita' di estetista. Queste consistono nel superamento di un apposito esame teorico pratico preceduto dallo svolgimento, alternativamente: a) di un apposito corso regionale di qualificazione della durata di due anni, seguito da un corso di specializzazione o dal tirocinio per un anno; b) di un anno di attivita' lavorativa qualificata presso uno studio medico specializzato o una impresa di estetista, dopo lo svolgimento di un rapporto di apprendistato, e seguito da un corso regionale integrativo; c) di un periodo di almeno tre anni di attivita' lavorativa qualificata, come dipendente o collaboratore familiare, presso un'impresa di estetista. L'art. 6 disciplina l'organizzazione dei corsi e degli esami teorico pratici per il conseguimento della qualifica professionale, affidando alle regioni la predisposizione (in conformita' ai princi'pi della legge-quadro in materia di formazione professionale) dei programmi per lo svolgimento dei corsi di formazione, di qualificazione e specializzazione e dell'esame. Il secondo comma dell'articolo, pero' stabilisce che i contenuti tecnico-culturali dei programmi dei corsi e delle prove di esame sia definito con decreto ministeriale. La disposizione individua altresi' le materie oggetto di insegnamento e la composizione delle commissioni d'esame. L'art. 8 individua i casi in cui, all'entrata in vigore della legge, e' da ritenersi posseduta la qualificazione professionale di estetista, enunciando una dettagliata casistica di condizioni e requisiti. 2. - E' opportuno ricordare che la regione Liguria aveva gia' provveduto a regolamentare la materia con la legge regionale 25 gennaio 1989, n. 3, che reca "norme disciplinanti l'attivita' di estetista", introducendo una normativa essenziale quanto indifferibile nella situazione di vuoto legislativo che caratterizzava l'esercizio della professione. In quell'occasione, sono stati definiti (art. 1) i trattamenti consentiti nell'esercizio dell'attivita' di estetista e sono state individuate (art. 2) le apparecchiature atte alla sua esplicazione. Le norme anticipano i contenuti della legislazione statale, che sono sostanzialmente affini. Fra le altre disposizioni e' stato previsto l'adeguamento dei programmi dei corsi di formazione professionale per estetiste, aggiornati in relazione all'uso delle apparecchiature consentite ed inseriti nel piano annuale di formazione professionale per il 1989. L'art. 3 conferma l'assoggettamento dell'attivita' all'autorizzazione prevista dalla legge 14 febbraio 1963, n. 141, subordinandone la concessione all'accertamento (da parte dell'unita' sanitaria locale competente) dei requisiti igienici del locale e delle apparecchiature destinate allo svolgimento dell'attivita', oltre che dei requisiti sanitari relativi ai procedimenti tecnici usati. Il successivo art. 4 introduce una norma di disciplina diretta dell'attivita' subordinando l'effettuazione delle prestazioni di sauna, idromassaggio e lampada abbronzante ultravioletti di tipo A ad idonea certificazione medica che escluda eventuali controindicazioni. 3. - La normativa ora introdotta dal legislatore nazionale per diversi aspetti configura una penetrante invasione nella sfera di attribuzioni garantita alla regione Liguria. In particolare, l'art. 3, nell'individuare le modalita' per il conseguimento della qualifica professionale di estetista, ammette, ai fini dell'ottenimento della qualifica professionale, il riconoscimento dell'attivita' svolta nel periodo di apprendistato (ai sensi della legge 19 gennaio 1955, n. 25), ma esclude egual beneficio per coloro che hanno svolto attivita' formative nell'ambito di contratti di formazione e lavoro (ai sensi della legge 19 dicembre 1984, n. 863), nonostante l'identita' delle due posizioni. Il secondo comma dell'art. 6, poi, riserva al Ministro dell'industria poteri di determinare i contenuti tecnico-culturali dei programmi dei corsi e delle prove di esame che trascendono, sia per i contenuti che per le modalita' formali di attuazione, i poteri statali di indirizzo e coordinamento, come si sono venuti definendo nella legislazione vigente, e di limiti assegnati dalla Costituzione. Infine, nell'individuare la rilevanza delle situazioni pregresse ai fini del conseguimento della qualificazione professionale, in sede di prima applicazione della legge, il legislatore nazionale, senza alcuna giustificazione, ha discriminato gli allievi dei corsi regionali di formazione professionale che hanno conseguito l'attestato di qualifica rispetto a coloro che sono in possesso di attestati o diplomi di estetista rilasciati a seguito di frequenza di corsi di scuole professionali. In questo modo, inoltre, la norma finisce per svuotare di significato le funzioni regionali nella materia della formazione professionale. 4. - Al cospetto della normativa richiamata la regione Liguria si vede costretta a ricorrere all'ecc.ma Corte, per la difesa delle proprie attribuzioni costituzionali, affidando il gravame alle seguenti ragioni. D I R I T T O 1. - Incostituzionalita' dell'art. 3 della legge 4 gennaio 1990, n. 1, per violazione degli artt. 3, 117 e 118 della Costituzione. 1. - La legge 4 gennaio 1990, n. 1, subordina il conseguimento della qualificazione professionale di estetista al superamento di un apposito esame teorico pratico. Fra le situazioni che consentono l'ammissione all'esame, la lett. b) dell'art. 3 indica la prestazione, per un anno, di attivita' lavorativa qualificata in qualita' di dipendente presso uno studio medico specializzato oppure una impresa di estetista successiva allo svolgimento di un rapporto di apprendistato (ai sensi della legge 19 gennaio 1955, n. 25) presso una impresa di estetista e seguita dalla frequenza di appositi corsi integrativi regionali di formazione teorica. La norma ingiustificatamente pretermette ogni riferimento allo svolgimento di attivita' nell'ambito di contratti di formazione e lavoro, previsti dalla legge 19 dicembre 1984, n. 865. In questo modo viene esclusa la rilevanza del tirocinio svolto sulla base di quel titolo, ai fini dell'accesso alla professione di estetista. Non vi e' dubbio che in questo modo vengano discriminate senza alcuna giustificazione situazioni del tutto analoghe. 2. - L'istituto del contratto di formazione e lavoro, se da un lato ha avuto origine come strumento volto all'incremento dell'occupazione giovanile, nel quadro di interventi tendenzialmente straordinari e temporanei, e' stato adottato dall'ordinamento in via definitiva con il decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito nella legge 19 dicembre 1984, n. 863. Nella sua disciplina si e' ravvisato il superamento dell'istituto dell'apprendistato, oggi in profonda crisi. Il contratto di formazione e lavoro presenta quindi, fin dalla sua introduzione, una linea di continuita' con la disciplina dell'apprendistato ed una significativa affinita' con tale rapporto che, nonostante la mancanza di una esplicita previsione, appare destinato a sostituire. Come per l'apprendistato la disciplina del contratto di formazione e lavoro ha un duplice oggetto: il rapporto di lavoro e l'attivita' di formazione. Se qualche profilo di distinzione e' possibile cogliere nei due istituti, sicuramente si tratta di diversita' connesse alla disciplina del rapporto di lavoro, mentre assolutamente identici sono gli aspetti connessi all'attivita' formativa. Ora, e' evidente che ai fini dell'accesso alla professione cio' che puo' rilevare e' unicamente il profilo relativo alla funzione formativa del rapporto, in relazione al quale nessuna ragionevole giustificazione sussiste per differenziare i due istituti. La norma pertanto, negando ogni rilievo, ai fini dell'accesso alla professione, allo svolgimento di attivita' nell'ambito dei contratti di formazione e lavoro, si pone in contrasto con il precetto costituzionale che impone che situazioni analoghe ricevano analoga disciplina. 3. - La censura va poi posta in relazione alla violazione delle attribuzioni regionali in materia di istruzione artigiana e professionale, in quanto interviene proprio nel momento qualificante delle funzioni esercitate nella materia, ossia quello della definizione della rilevanza dell'attivita' di formazione professionale. L'Ill.ma Corte ha gia' avuto modo di confermare l'assoluta pertinenza alle attribuzioni regionali dei profili connessi all'accertamento del livello di formazione acquisito attraverso il rapporto di formazione e lavoro; competenza, questa, che sarebbe vanificata ove allo Stato fosse consentito di escludere rilevanza alla professionalita' acquisita ed accertata, proprio ai fini dell'accesso alla professione. 2. - Incostituzionalita' dell'art. 6, secondo, terzo e quarto comma, della legge 4 gennaio 1990, n. 1, per violazione degli artt. 3, 97, 117 e 118 della Costituzione, anche in relazione all'art. 2 lett. d) della legge 23 agosto 1988, n. 400; all'art. 3 della legge 22 luglio 1975, n. 382, ed all'art. 4 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. 1. - L'art. 6 della legge impugnata prevede la competenza regionale a predisporre i programmi per lo svolgimento dei corsi di formazione di qualificazione e specializzazione e dell'esame teorico pratico. Questo riconoscimento viene immediatamente temperato da specifiche disposizioni indicanti le materie che devono formare oggetto dell'insegnamento (terzo comma) ed i componenti delle commissioni esaminatrici (quarto comma). Ma soprattutto si inserisce al secondo comma la previsione di poteri statali di indirizzo e coordinamento dell'attivita' regionale, che, sotto il profilo del contenuto, della titolarita' e della struttura, alterano l'articolazione delle competenze garantite costituzionalmente. Stabilisce la norma che, al fine della predisposizione dei programmi regionali per lo svolgimento dei corsi di formazione di qualificazione e specializzazione e dell'esame teorico pratico "Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione, con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro della sanita', entro un anno dalla data dell'entrata in vigore della presente legge, provvede con decreto, sentite le regioni e le organizzazioni della categoria a struttura nazionale, alla definizione dei contenuti tecnico culturali dei programmi, dei corsi e delle prove di esame". La norma opera una penetrante invasione della sfera di attribuzioni che la Costituzione garantisce alle regioni nella materia dell'istruzione artigiana e professionale, pur dopo averla formalmente riconosciuta al primo comma, e presenta piu' profili di incostituzionalita'. 2. - Anzitutto la riserva allo Stato dei poteri indicati non puo' trovare inquadramento al di fuori della funzione di indirizzo e coordinamento. Sotto questo aspetto, pero', sussiste un vizio nella definizione della titolarita' di tale potere. La legislazione statale ha infatti individuato il soggetto competente alla definizione delle linee di indirizzo e coordinamento nelle materie regionali nel Consiglio dei Ministri (art. 2, lett. d), della legge 23 agosto 1988, n. 400; art. 3 della legge 22 luglio 1975, n. 382, e art. 4 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616). La norma impugnata si allontana dal modulo tipico di esercizio della funzione stessa, affidando la definizione dei profili indicati ad un provvedimento del Ministro dell'industria, senza che esista alcuna ragione che possa giustificare la deroga. Evidente e' pertanto la violazione dell'art. 118 della Costituzione, sia per la sottrazione di ambiti di competenza propria della regione sia - in relazione agli artt. 2 della legge n. 400/1988, e 3 della legge n. 382/1975 - sotto il profilo dell'ingiustificata alterazione della titolarita' dei poteri riservati allo Stato. 3. - Oltre a cio' il contenuto della previsione introduce un rilevante fattore di disfunzione nella programmazione regionale indicata dal primo comma della norma. Questo infatti stabilisce che detta funzione programmatoria sia esercitata dalle regioni "entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge"; ma al secondo comma dispone che il decreto con il quale il Ministro "a tal fine", provvede alla definizione dei contenuti dei programmi, dei corsi e delle prove di esame sia emanato "entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge". L'inversione cronologica, rispetto all'ordine logico e funzionale delle attribuzioni dei due enti, appare del tutto ingiustificata e contraria al principio del buon andamento e comporta una modalita' di attuazione del potere statale intrinsecamente lesiva delle attribuzioni regionali. Sotto il profilo logico la funzione di indirizzo e coordinamento dovrebbe essere esercitata prima delle attivita' che ne sono oggetto. E' pur vero che appare ammissibile la previsione di poteri statali di indirizzo e coordinamento in materia gia' normata dalla regione o nella quale le funzioni amministrative sono gia' definite nel loro assetto e nei loro contenuti quando la previsione del potere statale e' cronologicamente successiva all'attribuzione regionale, ma, quando sia la medesima fonte che definisce l'articolazione dei poteri dei due enti, la (possibilita' di) inversione cronologica e' priva di qualsiasi giustificazione. Del tutto irrazionale e' quindi la norma impugnata, laddove assegna alle regioni un termine di sei mesi per la definizione dei programmi del settore ed ammette che lo Stato possa successivamente dettare i criteri ai quali la programmazione regionale deve adeguarsi. In questo modo si introduce un fattore di disfunzione considerevole e si consente che l'attivita' regionale venga nell'arco di pochi mesi vanificata o comunque sottoposta a revisione. La disposizione pertanto e' lesiva delle attribuzioni regionali e contrasta con il principio costituzionale del buon andamento e dell'efficienza della pubblica amministrazione. 3. - Incostituzionalita' dell'art. 8, quinto e sesto comma, della legge 4 gennaio 1990, n. 1, per violazione degli artt. 3, 117 e 118 della Costituzione. 1. - Incostituzionale e' poi, ad avviso della regione ricorrente, l'art. 8 della legge n. 1/1990, che individua i casi in cui, all'entrata in vigore della legge, e' da ritenersi posseduta la qualificazione professionale di estetista, introducendo ingiustificate discriminazioni fra possessori di titoli analoghi. In particolare il sesto comma consente il conseguimento della qualificazione professionale agli allievi dei corsi di formazione professionale che abbiano conseguito l'attestato di qualifica di cui alla legge n. 845/1978, solo mediante il superamento dell'esame teorico pratico, preceduto dallo svolgimento di un corso di specializzazione di durata annuale. La qualifica e' invece conseguita di diritto da chi sia in possesso di attestati o diplomi di estetista rilasciati a seguito di frequenza di corsi di scuole professionali autorizzate o riconosciute. In questo modo viene attuata una ingiustificata discriminazione, lesiva del principio costituzionale di eguaglianza. Gli attestati rilasciati a seguito della frequenza di corsi di formazione professionale regionale o di quelli di scuole autorizzate o riconosciute certificano entrambi il raggiungimento del grado di professionalita' necessario all'esercizio dell'attivita' di estetista in base all'ordinamento anteriore alla legge impugnata. Se la normativa transitoria fa salvi, attribuendo loro rilevanza ai fini del conseguimento della qualificazione professionale, gli attestati di attitudine gia' rilasciati, indipendentemente da ogni valutazione sulla compatibilita' dei contenuti della professionalita' precedentemente acquisita rispetto a quella richiesta dal nuovo ordinamento, non sussiste alcun ragionevole motivo per differenziare le situazioni sopra indicate, che danno egual grado di affidamento sulla professionalita' raggiunta. 2. - Il vizio appare tanto piu' evidente se si considera la regione Liguria, come si e' ricordato in narrativa, nel provvedere alla disciplina dell'attivita' di estetista con la legge n. 3/1989, aveva individuato i contenuti tecnici e professionali dell'attivita', con definizioni del tutto analoghe a quelle introdotte dalla legge statale, ed aveva disposto l'adeguamento dei corsi di formazione professionale. L'idoneita' conseguita nei corsi regionali appare perfettamente adeguata al livello di professionalita' richiesto "a regime" dalla legge statale sopraggiunta e pertanto non puo' essere fonte di trattamento deteriore in sede di disciplina transitoria. 3. - Il valore degli attestati regionali di qualifica e' inoltre espressamente riconosciuto dall'art. 14 della legge quadro 21 dicembre 1978, n. 845, in materia di formazione professionale, ai fini dell'avviamento al lavoro e dell'inquadramento aziendale e per l'ammissione ai pubblici concorsi. La previsione introdotta dalla legge impugnata contraddice quindi la norma della legge quadro. Risultato pertanto violati, oltre al prinicipio di eguaglianza sotto il profilo indicato, gli artt. 117 e 118 della Costituzione. La norma impugnata lede infatti le attribuzioni della regione, intervenendo in materia ad essa sicuramente riservata, quale della formazione professionale, e soprattutto vanifica gli attestati di qualifica professionale che vengono rilasciati a seguito della frequenza dei corsi regionali e del superamento dell'esame finale, secondo le previsioni della legge-quadro, compromettendo il significato stesso dell'attivita' di formazione disciplinata ed attuata dalla regione.