ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  8, secondo
 comma,  della  legge  15  dicembre  1972,  n.  772  (Norme   per   il
 riconoscimento  dell'obiezione  di  coscienza)  cosi' come modificata
 dalla  sent.  n.  409/89  della  Corte  costituzionale  in  relazione
 all'art.   28   della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla
 costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) promossi
 con  tre  ordinanze emesse il 16 novembre 1989 dal Tribunale militare
 di Torino, iscritte ai nn. 2, 3 e 4 del  registro  ordinanze  1990  e
 pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica n. 3, prima
 serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  7  marzo 1990 il Giudice
 relatore Renato Dell'Andro;
    Ritenuto  che  questa  Corte  con  sentenza  n.  409  del  1989 ha
 dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  8,   secondo
 comma,  della  legge  15  dicembre  1972,  n.  772,  come  sostituito
 dall'art. 2 della legge 24 dicembre 1974, n. 695, "nella parte in cui
 determina  la  pena edittale ivi comminata nella misura minima di due
 anni anziche' in quella di sei mesi e nella misura massima di quattro
 anni anziche' in quella di due anni";
      che  la  Corte e' pervenuta a tale declaratoria avendo accertato
 la manifesta irrazionalita' della sanzione comminata, per il  delitto
 di  rifiuto del servizio militare per motivi di coscienza, dal citato
 art. 8, secondo comma, della legge n. 772 del 1972, in relazione alla
 sanzione prevista per il delitto di mancanza alla chiamata sanzionato
 dall'art. 151 del codice penale militare di pace;
      che,  invero,  la  citata sentenza n. 409/1989 ha rilevato che i
 comportamenti  previsti  dalle  due  ipotesi  criminose  ledono,  con
 modalita'  oggettive  analoghe, lo stesso bene giuridico (l'interesse
 alla regolare incorporazione degli  obbligati  al  servizio  di  leva
 nell'organizzazione  militare)  e  che  e'  identico il rimprovero di
 colpevolezza che si muove ai soggetti attivi dei due  delitti  e  che
 pertanto   appariva  sproporzionata,  arbitraria  ed  irrazionale  la
 maggior pena comminata dal citato art. 8, secondo comma, della  legge
 n.  772  del  1972  unicamente in ragione dell'esistenza di motivi di
 coscienza dedotti a giustificazione del comportamento tenuto;
      che,  in  particolare,  la  sentenza stessa ha dichiarato che il
 citato art. 8, secondo comma, della  legge  n.  772  del  1972  aveva
 irrazionalmente   contraddetto   la   valutazione  gia'  operata  dal
 legislatore "in via generale e  senza  tener  tipicamente  conto  dei
 motivi  dell'azione  criminosa"  con  l'art.  151  del  codice penale
 militare di pace;
    Ritenuto  che  con  tre ordinanze, d'identico contenuto (Reg. ord.
 nn. da 2 a 4/1990) emesse il 16 novembre 1989, il Tribunale  militare
 di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 25,
 secondo comma, 27, terzo comma, Cost. e 28 della legge 11 marzo 1953,
 n.  87, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, secondo
 comma, della legge 15 dicembre 1972 n. 772,  "come  modificato  dalla
 sentenza  n.  409/1989  della  Corte costituzionale", assumendo che -
 avendo la detta sentenza erroneamente ritenuto che i delitti  di  cui
 al  citato  art.  8,  secondo  comma,  della legge n. 772 del 1972 ed
 all'art. 151 del codice penale militare di pace ledono lo stesso bene
 giuridico  mentre  in  realta'  sarebbero lesi beni giuridici diversi
 (semplice interesse alla regolare incorporazione degli  obbligati  al
 servizio  di  leva, nel caso dell'art. 151 del codice penale militare
 di  pace  ed  interesse  all'effettuazione  del  servizio   di   leva
 globalmente  inteso, nel caso dell'art. 8, secondo comma, della legge
 n. 772 del 1972) - la norma impugnata contrasterebbe, da un lato, con
 l'art.  28  della  legge  11  marzo 1953, n. 87 e con il principio di
 legalita' e tassativita' delle pene,  di  cui  all'art.  25,  secondo
 comma,  Cost.  (in  quanto  la  citata  sentenza  n. 409/1989 avrebbe
 modificato una  norma  penale,  sostituendosi  al  legislatore  nella
 scelta   tra   piu'   soluzioni  possibili)  e,  da  un  altro  lato,
 contrasterebbe sia con l'art. 27,  terzo  comma,  Cost.  (poiche'  la
 sanzione  ora  applicabile  all'ipotesi  di  cui  all'art. 8, secondo
 comma, citato  non  sarebbe  proporzionata  al  disvalore  del  fatto
 illecito)  sia con l'art. 3 Cost. (poiche' si sarebbe determinata, da
 una parte, un'irrazionale equiparazione sanzionatoria tra il  delitto
 di  rifiuto del servizio militare per motivi di coscienza e quello di
 mancanza alla chiamata e, dall'altra, un'ingiustificata disparita' di
 trattamento del predetto delitto di rifiuto del servizio militare per
 motivi di  coscienza  rispetto  a  quelli  di  rifiuto  del  servizio
 militare  non  armato e di rifiuto del servizio civile sostitutivo di
 cui al primo comma dell'art. 8 citato ed a quello di disobbedienza di
 cui all'art. 173 del codice penale militare di pace);
      che,  nel  giudizio introdotto dall'ordinanza di cui al n. 2 del
 registro ordinanze, e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, che ha chiesto che la questione sia  dichiarata  inammissibile
 o, comunque, non fondata;
    Considerato  che,  per  l'identita'  delle  sollevate questioni, i
 relativi giudizi possono essere riuniti  per  essere  contestualmente
 definiti;
      che  le  censure  formulate  nelle ordinanze di rimessione sono,
 all'evidenza, solo formalmente indirizzate alla norma suindicata  ma,
 nella  sostanza,  sono  rivolte  a  sindacare le statuizioni adottate
 dalla Corte con la menzionata sentenza n. 409/1989;
      che,   pertanto,  il  meccanismo  del  giudizio  incidentale  di
 legittimita' costituzionale risulta,  nella  specie,  arbitrariamente
 attivato  per  esercitare,  in  forma  surrettizia,  un sindacato del
 merito di una decisione costituzionale di accoglimento;
      che  siffatto  sindacato  e'  assolutamente precluso dal sistema
 risultante dagli artt. 136, primo comma e 137, terzo comma,  Cost.  e
 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, i quali pongono il
 principio  della  non  impugnabilita'  delle  decisioni  della  Corte
 costituzionale;
      che,  invero,  il  fine  cui  mira  la  proposta  impugnativa e'
 soltanto quello d'una sostanziale elusione della forza cogente  (  ex
 art.  136  Cost.)  della  pronunciata  declaratoria  d'illegittimita'
 costituzionale;
      che,  comunque,  e'  appena  il caso di ricordare che, come gia'
 esposto in narrativa e contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a
 quo,  la  sentenza n. 409/1989 ha non gia' sostituito la pena ex art.
 8, secondo comma, della legge n. 772  del  1972  bensi'  si  e'  piu'
 semplicemente  limitata  a  ricavare  dal sistema creato dallo stesso
 legislatore la necessitata applicabilita' della pena ex art. 151  del
 codice penale militare di pace;
      che,   di   conseguenza,  tutte  le  sollevate  questioni  vanno
 dichiarate manifestamente inammissibili;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;