IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letti gli atti del procedimento n. 2795/1989; O S S E R V A Il p.m., con richiesta notificata a Refice Roberto detenuto sottoposto alla misura cautelare in carcere per il reato di rapina, chiedeva procedersi ad incidente probatorio (ricognizione personale nei confronti dello stesso Refice). Con provvedimento notificato a tutte le parti, ivi compreso il difensore del Refice, questo giudice accoglieva la richiesta di incidente probatorio. Alle udienze del 30 gennaio e del 3 febbraio 1990, la difesa del Refice a parte il merito circa la ammissibilita' dell'incidente probatorio, ha prospettato due questioni di legittimita' costituzionale, formulando le realtive eccezioni. La prima attiene all'art. 392 del c.p.p. nella parte in cui non prevede, tra i soggetti legittimati a chiedere al giudice delle indagine preliminari che si procede con incidente probatorio, oltre al p.m. ed alla persona sottoposta ad indagine preliminare, anche il difensore di quest'ultimo. La seconda attiene al combinato disposto degli artt. 393, 395 e 396 del c.p.p. nella parte in cui non si prevede che, tra i soggetti destinatari della notifica della richiesta di incidente probatorio, vi sia anche il difensore della persona nei confronti della quale si procede per i fatti oggetto della prova. Le questioni vanno esaminate sotto il profilo della legittimita' costituzionale non soltanto dell'art. 3 della Costituzione, ma anche e soprattutto in relazione all'art. 24 della Carta, norma quest'ultima che garantisce il diritto della difesa in ogni stato e grado del procedimento. Entrambi le norme citate sono state prese a modello dal legislatore delegante, che, nella direttiva due della legge delega al numero 3, garantisce la partecipazione dell'accusa e della difesa, su basi di parita', in ogni stato e grado del procedimento. Ritiene lo scrivente che la prima delle questioni appare manifestamente infondata. Invero la doglianza delle difesa di non potere, nell'esercizio del proprio ministero, formulare la richiesta di incidente probatorio, e' priva, nella fattispecie, di un interesse concreto in quanto nessuna lesione di un diritto o di una facolta' costituzionalmente garantiti si e' verificata. Non e' stato infatti il difensore del Refice a formulare la richiesta di incidente probatorio, ne' quindi vi e' stata una pronuncia di rigetto, sul presupposto della mancanza di legittimazione da parte del tecnico richiedente. Lo scrivente tuttavia ritiene, per affrontare il problema sotto un profilo giuridico, che neanche in via di ipotesi possa prospettarsi una questione di costituzionalita' con riferimento al citato articolo. Invero alla mancata esplicita previsione del termine "difesa o difensore" nel citato art. 392 del c.p.p. soccorre la norma dell'art. 99 del c.p.p. che estende al difensore le facolta' ed i diritti che la legge riconosce all'imputato, a meno che essi siano riservati personalmente a quest'ultimo. La norma in esame non fa assolutamente ipotizzare che la facolta' di formulare osservazioni ed eccezioni in ordine all'ammissibilita' dell'incidente probatorio sia riservata solo personalmente alla persona indagata, ma viceversa fa ritenere che l'esercizio di detto diritto sia da estendere necessariamente anche al difensore. A diversa conclusione si deve invece pervenire per quanto concerne la seconda eccezione. Va premesso innanzitutto che il nuovo codice attribuisce determinante valore probatorio all'istituto dell'incidente detto appunto probatorio, unica saedes provae nel corso dell'indagine preliminare. Anzi esso costituisce un'eccezione rispetto al principio generale cui si e' ispirato il legislatore in forza del quale la prova viene raccolta solo in dibattimento. Quindi se il diritto alla difesa deve essere garantito, come previsto dalla citata legge delega e piu' ancora dalle citate norme costituzionali, anche nel corso della fase pre-processuale e cioe' quella delle indagini preliminari, a maggior ragione, per cosi' dire, la tutela difensiva deve essere piu' ampia, concretamente esercitabile in sede di incidente probatorio. Ora l'art. 395 del c.p.p. fa carico alla parte che richiede l'incidente probatorio di notificare la relativa richiesta all'altra parte, e cioe', a seconda dei casi, al p.m. ed alle persone di cui alla lett. b), dell'art. 393 e cioe' alle persone nei confronti delle quali si procede per i fatti oggetto di prova. Nulla e' detto del difensore, neppure nel successivo art. 396 che prevede lo strettissimo termine di due giorni dalla suddetta notifica per presentare deduzioni sull'ammissibilita' e fondatezza della richiesta di incidente probatorio. A tanto sono abilitate soltante le persone di cui alla lett. b) dell'art. 396 o il p.m. Non vi e' chi non vede come il diritto del difensore soffra una notevole limitazione e compressione. Invero nel caso di cui ci si occupa, il Refice che trovasi in stato di custodia cautelare in carcere, si e' trovato nell'impossibilita' materiale di prendere contatti con il proprio difensore, entro il brevissimo termine di due giorni, ne' tanto meno puo' ipotizzarsi che egli da solo possa essere in grado di formulare osservazioni in ordine all'ammissibilita' dell'incidente probatorio. Ovviamente il problema non e' di competenza piu' o meno specifica della persona sottoposta alle indagini, ma di tutela e garanzia del diritto alla difesa che, in questo caso, alla luce delle norme teste' esaminate, appare, invece, posto in una condizione di limitatissima, concreta possibilita' di essere esercitato. Ma vi e' di piu'. Salta completamente quel principio di pari dignita' tra accusa e difesa ipotizzata dalla citata legge delega, e che come si e' visto concretizza l'altro principio di cui all'art. 24 della Costituzione. Invero il p.m. viene messo in condizione di conoscere il contenuto della richiesta dell'incidente probatorio formulata dalla persona sottoposta all'indagine, mentre il difensore ne puo' essere reso edotto soltanto quando detto strumento processuale e' stato gia' ammesso e trovasi in fase di esecuzione. Non gli si da' la possibilita' di farsi neanche portavoce delle deduzioni che la persona indagata intende formulare. La questione di legittimita' costituzionale, quindi, rispetto alle norme in esame appare con evidenza non manifestamente infondata. Nel formulare detta eccezione, il difensore chiede dichiararsi la sospensione del presente procedimento. L'art. 23 della legge 11 marzo 1953 non prevede una sospensione automatica del procedimento nella ipotesi in cui si e' ritenuta non manifestamente infondata una questione di illegittimita' costituzionale, ma prescrive che detta sospensione vada dichiarata qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione. E' vero che con il codice abrogato era invalsa quasi una consuetudine di sospensione conseguenziale alla pronuncia di non manifesta infondatezza della questione. Tuttavia il giudice nell'emettere la relativa pronunzia aveva e poteva avere un quadro di riferimento generalizzato, in ordine alla incidenza determinante di quella questione rispetto al contesto probatorio e quindi alla definizione del processo. Con il codice vigente il problema va visto sotto una diversa dimensione. Come e' noto la istruzione formale e' sparita nel nuovo processo. La fase delle indagini preliminari e' stata definita correttamente pre-processuale, nel senso che il processo vero e proprio con la assunzione della qualifica di imputato, da parte della persona indagata, avviene con la richiesta di fissazione della udienza da parte del p.m. Il giudice per le indagini preliminari non ha la gestione di questa fase pre-processuale, se non nel momento terminale, e cioe' all'udienza preliminare in cui esercita un controllo giurisdizionale sull'esercizio dell'azione penale. Tutta la fase precedente non vede la titolarita' del g.i.p. nella conduzione delle indagini preliminari, ma soltanto, per gli atti per i quali cio' e' previsto, il potere di accogliere o meno alcune richieste formulate dalle parti. In effetti quindi un controllo si' giurisdizionale, ma per il singolo atto per il quale la legge lo impone. Questa parcellizzazione dei poteri del g.i.p. porta necessariamente alla esclusione del potere di pronunzia o decisione che investe ed incide globalmente sul procedimento, ad eccezione dei casi in cui cio' e' previsto esplicitamente (udienza preliminare nonche' proroghe dei termini della prosecuzione delle indagini preliminari). Al g.i.p., invero, non e' consentito effettuare alcuna attivita' volta ad accertare quale indagini debbano essere compiute in questa fase, e quindi non puo' valutare se un atto possa essere determinante o meno ai fini della definizione del processo. Questo giudice quindi non ha la giurisdizione per stabilire se il compimento di altre attivita' possa essere effettuato a prescindere da quelle di cui all'incidente probatorio. In sostanza il titolare della fase delle indagini preliminari che e' fase pre-processuale e non giurisdizionale sia pure con l'eccezione di cui si e' detto, e' il p.m. Al g.i.p. il controllo giurisdizionale per gli atti per i quali esso e' previsto. Nessuna pronunzia quindi puo' essere formulata in ordine alla sospensione di tutto il procedimento ma soltanto con riferimento all'espletamento del gia' ammesso incidente probatorio. Quanto allo status libertatis del Refice Roberto si dispone con separato provvedimento.