ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 247 del decreto
 legislativo  28  luglio  1989,  n.  271  (Norme  di  attuazione,   di
 coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso
 con ordinanza emessa il 15 gennaio 1990 dal Tribunale di Brescia  nel
 procedimento  penale  a  carico di Disetti Franco, iscritta al n. 122
 del registro ordinanze 1990 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 23 maggio 1990 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
    Ritenuto che il Tribunale di Brescia, con ordinanza del 15 gennaio
 1990, ha denunciato, per contrasto  con  gli  artt.  3,  24,  secondo
 comma,  27,  secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione,
 l'art. 247 del testo delle norme di attuazione,  di  coordinamento  e
 transitorie  del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato
 con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n.   271),  "in  relazione
 agli artt. 438 - 442 dello stesso codice", in quanto "non precisano i
 criteri in virtu' dei quali il Pubblico Ministero debba esprimere  il
 proprio   consenso   o   dissenso   e  non  prevedono,  altresi',  la
 possibilita' per il Giudice (che pure dispone di tutti  gli  elementi
 contenuti  nel  fascicolo  processuale)  di  valutare  la  congruita'
 dell'eventuale  dissenso  e  di  procedere,  nel  caso,  a   giudizio
 abbreviato nonostante quest'ultimo";
    Considerato  che  questa  Corte,  con  sentenza n. 66 del 1990, ha
 dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  247,  primo,
 secondo  e  terzo  comma,  del  testo  delle  norme di attuazione, di
 coordinamento e transitorie del codice di procedura penale  del  1988
 (testo  approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271),
 proprio "nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, in
 caso  di  dissenso,  debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui
 non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso,  ritiene
 ingiustificato il dissenso, possa applicare all'imputato la riduzione
 di pena contemplata dall'art.  442,  secondo  comma,  del  codice  di
 procedura penale del 1988";
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.