ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 438 e 442 del
 codice di procedura penale del  1988  e  dell'art.  247  del  decreto
 legislativo   28  luglio  1989,  n.  271  (Norme  di  attuazione,  di
 coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promossi
 con ordinanze emesse il 13 dicembre 1989, il 15 dicembre 1989 e il 20
 dicembre 1989 dal Tribunale di Milano  e  il  30  dicembre  1989  dal
 Pretore  di  Napoli,  iscritte rispettivamente ai nn. 118, 119, 120 e
 124 del registro ordinanze 1990 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 23 maggio 1990 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
    Ritenuto che il Tribunale di Milano, con tre ordinanze di identico
 contenuto, emesse il 13 dicembre 1989, il 15 dicembre 1989 ed  il  20
 dicembre 1989, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e
 secondo comma, 101, secondo comma, della Costituzione,  questione  di
 legittimita' degli artt. 438 e 442 del codice di procedura penale del
 1988 e  dell'art.  247  del  testo  delle  norme  di  attuazione,  di
 coordinamento  e transitorie dello stesso codice (testo approvato con
 il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), "nella parte  in  cui
 non  prevedono  alcun controllo del giudice sul parere vincolante del
 P.M. in ordine alla richiesta di giudizio abbreviato";
      e  che  un'analoga  questione ha sollevato il Pretore di Napoli,
 con ordinanza del 30 dicembre 1989, denunciando, in riferimento  agli
 artt.  3,  24, secondo comma, 76, e 111, primo e secondo comma, della
 Costituzione, gli artt. 438, primo comma, e 442, secondo  comma,  del
 codice  di  procedura  penale del 1988 e l'art. 247, terzo comma, del
 testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie dello
 stesso  codice  (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio
 1989, n. 271), "nella parte in cui non prevedono che il dissenso  del
 P.M.  alla  richiesta  di giudizio abbreviato debba essere motivato e
 correlativamente che il giudice possa disattendere  quel  dissenso  e
 pronunciare  sentenza  ai  sensi  dell'art.  442,  2›  co.  D.P.R. n.
 447/1988 con la diminuzione di pena di un terzo";
    Considerato   che  i  giudizi  concernono  questioni  identiche  o
 analoghe e vanno, quindi, riuniti;
      che  le  ordinanze  di  rimessione sono state emesse prima delle
 formalita' d'apertura di  dibattimenti  di  primo  grado  relativi  a
 processi  gia'  in  corso  alla  data  di entrata in vigore del nuovo
 codice di procedura penale;
      che,  per  quanto  riguarda  i  "procedimenti in corso" a quella
 data,  la  possibilita'  di  far  luogo  al  giudizio  abbreviato  e'
 appositamente  disciplinata  dall'art.  247  del testo delle norme di
 attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura
 penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio
 1989, n. 271), con la conseguenza che gli artt. 438 e 442  del  nuovo
 codice  non  potrebbero  ricevere  diretta applicazione nei giudizi a
 quibus, data l'autonomia della disciplina transitoria  rispetto  alla
 corrispondente  disciplina  codicistica  (v. sentenza n. 66 del 1990,
 ordinanze n. 173 e n. 174 del 1990);
      che  questa  Corte,  con  sentenza n. 66 del 1990, ha dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo
 comma,  del  testo  delle  norme  di  attuazione,  di coordinamento e
 transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo  approvato
 con  il  decreto  legislativo 28 luglio 1989, n. 271), proprio "nella
 parte in cui non prevede  che  il  pubblico  ministero,  in  caso  di
 dissenso,  debba  enunciarne  le  ragioni  e  nella  parte in cui non
 prevede che il giudice,  quando,  a  dibattimento  concluso,  ritiene
 ingiustificato il dissenso, possa applicare all'imputato la riduzione
 di pena contemplata dall'art.  442,  secondo  comma,  del  codice  di
 procedura penale del 1988".
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.