ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 47, terzo e
 quarto  comma,  della  legge  26   luglio   1975,   n.   354   (Norme
 sull'ordinamento   penitenziario   e   sull'esecuzione  delle  misure
 privative e limitative della liberta') quale modificato dall'art.  11
 della   legge   10   ottobre  1986,  n.  663  (Modifiche  alla  legge
 sull'ordinamento  penitenziario  e   sull'esecuzione   delle   misure
 privative  e  limitative  della  liberta')  promossi  con le seguenti
 ordinanze:
    1)   ordinanza   emessa  il  16  ottobre  1989  dal  Tribunale  di
 sorveglianza di Torino nel procedimento di sorveglianza  relativo  ad
 Aiello  Giuseppe,  iscritta  al  n. 126 del registro ordinanze 1990 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  13,  prima
 serie speciale, dell'anno 1990;
    2)   ordinanza   emessa  il  16  ottobre  1989  dal  Tribunale  di
 sorveglianza di Torino nel procedimento di  sorveglianza  relativo  a
 Ferraro  Carlo,  iscritta  al  n.  127  del registro ordinanze 1990 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  13,  prima
 serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto   l'atto  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 23 maggio 1990 il Giudice
 relatore Renato Dell'Andro;
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di  sorveglianza  di Torino, con due
 ordinanze del 16 ottobre 1989 (Reg.  ord.  nn.  126  e  127/1990)  ha
 sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 27 Cost., questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 47, terzo e quarto comma, della
 legge  26  luglio  1975,  n. 354, quale modificato dall'art. 11 della
 legge 10 ottobre 1986, n. 663;
      che,  in  particolare,  il  giudice  a  quo  ritiene  violato il
 principio d'eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., per la  disparita'
 di  trattamento  introdotta dal testo dell'art. 47 della legge n. 354
 del 1975 risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 663  del
 1986,  a  norma  del  quale e' possibile ammettere all'affidamento in
 prova al servizio sociale i condannati in  stato  di  liberta',  gia'
 assoggettati  a  custodia  cautelare,  in  base  alla valutazione del
 comportamento  tenuto  dagli  stessi  in  liberta'  mentre,   per   i
 condannati  che  si  trovino  in custodia cautelare, al momento della
 proposizione    dell'istanza,    non    e'    possibile    ammetterli
 all'affidamento  in prova senza un periodo d'osservazione all'interno
 d'un istituto carcerario;
      che  l'autorita'  remittente  afferma  inoltre che la previsione
 della concedibilita' dell'affidamento in prova ad  un  condannato  in
 stato  di  liberta'  contrasta anche con il principio della finalita'
 rieducativa della pena di cui all'art. 27, terzo comma, Cost.;
      che,  nel giudizio iscritto al n. 126 del registro ordinanze del
 1990,  e'  intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
 concludendo per la non fondatezza della questione;
    Considerato  che  le  ordinanze  di rimessione sollevano identiche
 questioni e, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti;
      che   non   sussiste   la   lamentata   lesione   del  principio
 d'eguaglianza, in quanto la previsione di diversi presupposti per  la
 concessione  dell'affidamento in prova (valutazione del comportamento
 tenuto in liberta', da un lato, osservazione in istituto, dall'altro)
 assolve all'esigenza di disciplinare in modo differenziato le diverse
 situazioni (stato di liberta' o stato  di  detenzione)  in  cui  puo'
 versare il condannato al momento della presentazione della domanda di
 affidamento in prova;
      che  non  e'  irrazionale  che  il  comportamento del condannato
 ancora in stato di liberta' sia valutato sulla base dei comportamenti
 tenuti in liberta';
      che  non  risulta  violato  neppure  l'art. 27 Cost., in quanto,
 questa Corte  recentemente  ha  sottolineato  a)  che  "la  finalita'
 rieducativa  della  pena  potrebbe...essere ostacolata proprio da una
 nuova sottoposizione a  regime  carcerario  del  condannato  gia'  in
 custodia  cautelare"  (ordinanza  n.  411  del 1989) e b) che "in una
 misura  di  trattamento  extra  carcerario  la  pur   imprescindibile
 valutazione   della  personalita'  puo'  essere  piu'  opportunamente
 condotta  in  liberta',  sia  per  i  condizionamenti  indotti  dalla
 detenzione,  che  spesso generano psicosi erroneamente interpretabili
 come segno di ravvedimento, sia per evitare al condannato, che  abbia
 possibilita'  di recupero, di subire la nefasta influenza criminogena
 dell'ambiente carcerario" (sentenza n. 569 del 1989);
      che, di conseguenza, la questione di legittimita' costituzionale
 sollevata dal Tribunale  di  sorveglianza  di  Torino  va  dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;