IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 1273 del 1988
 proposto da Lonati Sergio rappresentato e difeso dall'avv.  Innocenzo
 Gorlani ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Brescia, via
 Romanino, 16, contro il  comune  di  Ghedi  in  persona  del  sindaco
 pro-tempore,  non  costituitosi  in  giudizio, per l'annullamento del
 provv. ass. 19 ottobre 1988, n. 8357, di  revoca  autorizzazione  per
 attivita'  di tiro a volo su animali e denegato rinnovata licenza per
 l'anno 1989;
    Visto  il ricorso notificato l'11 novembre 1988 e depositata il 21
 novembre 1988, con i relativi allegati;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato  relatore  per la pubblica udienza del 24 novembre 1989,
 la dott.ssa Silvia La Guardia;
    Udito, altresi', l'avv. Innocenzo Gorlani per il ricorrente;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Con  ricorso  in  epigrafe  Lonati  Sergio, quale presidente della
 societa' di tiro a volo "Brescia Stand Ghedi" e gestore di  un  campo
 di  tiro  a  volo  di  seconda categoria, impugna i provvedimenti del
 comune di Ghedi, entrambi datati 19 ottobre  1988,  l'uno  di  revoca
 dell'autorizzazione   rilasciata   al  ricorrente  per  l'anno  1988,
 limitatamente alla parte in cui questa consentiva l'attivita' di tiro
 a  volo  con  l'uso di specie animali, ed il secondo denegativo della
 chiesta autorizzazione alla predetta attivita' per l'anno 1989.
   Precisato  che  ambedue  i  provvedimenti  risultano  fondati sulla
 disposizione della legge regionale lombarda n. 41 del 16 agosto  1988
 che,  nel modificare la lettera n) del primo comma dell'art. 37 della
 legge regionale 31 luglio 1978, n. 47, ha  fatto  divieto  di  "usare
 specie  animali  per  tiro a volo" il ricorrente deduce, a fondamento
 della pretesa al relativo annullamento:
      1)  erronea  applicazione di legge (art. 15 della disp. prel. al
 codice civile) e violazione dei principi in materia di abrogazione di
 norme  contenute  in  leggi  dello  Stato,  poiche' il comune avrebbe
 attribuito alla predetta norma una portata maggiore di quella che  le
 sarebbe  propria, intendendo cioe' il divieto in senso assoluto e non
 limitato al solo caso del tiro a volo su animali vivi effettuato come
 attivita' inerente all'esercizio della caccia e cio' in contrasto con
 l'art.  20,  lettera  q),  della  legge  quadro   n.   968/1977   che
 consentirebbe    l'impiego   di   volatili   di   allevamento   nelle
 manifestazioni sportive e non soltanto nelle attivita'  propedeutiche
 all'esercizio venatorio;
      2)  illegittimita'  costituzionale  (subordinata)  dell'art.  37
 lettera n), della legge regionale n. 47/1978 come integrato con  l.r.
 16  agosto 1988, n. 41, in relazione all'art. 117 della Costituzione,
 poiche' la disposizione regionale, ove dovesse  essere  intesa  quale
 preclusiva  dell'uso  di  volatili  anche  in  relazione ad attivita'
 sportive non connesse alla  caccia,  contrasterebbe  con  l'art.  117
 della costituzione;
      3)  erronea  applicazione  di  legge  ed  eccesso  di potere per
 difetto di motivazione, in quanto la disposizione del  predetto  art.
 37  lett.  n),  non potrebbe avere efficacia abrogativa diretta di un
 atto amministrativo (ossia dell'autorizzazione rilasciata per  l'anno
 1988)  e  poiche',  comunque,  non  sarebbe  ammissibile  una  revoca
 disposta con esclusivo riguardo alla lettera di una nuova norma ed  a
 prescindere da qualsiasi ragione di opportunita'.
    Il comune di Ghedi non si e' costituito.
    Con  ordinanza  del 2 dicembre 1988, n. 630, la sezione accoglieva
 l'istanza  incidentale  di  sospensione  formulata  dal   ricorrente,
 limitatamente al provvedimento di revoca della licenza di tiro a volo
 per l'anno 1988.
    Il  ricorso  e' stato posto in decisione alla pubblica udienza del
 24 novembre 1989.
                             D I R I T T O
    I  primi due motivi di ricorso sottopongono all'esame del Collegio
 la questione, unica ancorche' prospettata sotto  un  duplice  profilo
 della  interpretazione della norma regionale preclusiva dell'utilizzo
 di specie animali per l'attivita' di tiro a volo.
    L'alternativa che il ricorrente pone e' la seguente:
       a)  l'art. 37 l. reg. n. 47/1978 come integrato dall'art. 28 l.
 r. 10 agosto 1988, n. 41,  inserito  nel  contesto  della  disciplina
 della  caccia, ha il significato di vietare l'uso di animali vivi per
 il tiro a volo solo in quanto esso in concreto configuri un'attivita'
 connessa  e  propedeutica  a  quella  tipicamente venatoria (restando
 altrimenti consentito l'uso di animali  di  allevamento  ad  es.  per
 autonome  attivita' sportive); in tal caso il comune di Ghedi avrebbe
 erroneamente interpretato la norma predetta con cio' incorrendo nella
 violazione  di  legge  denunciata  con  il primo motivo (in relazione
 all'art. 15 delle disp. prel. al cod. civ. ed ai principi in  materia
 di abrogazione di norme contenute in leggi dello Stato);
       b)  oppure l'art. 37 citato realmente vieta in termini assoluti
 e, dunque, a prescindere da un  legame  teleologico  con  l'esercizio
 venatorio  e piu' in generale al di fuori della materia della caccia,
 l'impiego di specie animali per tiro  a  volo;  ma  allora  la  norma
 predetta  dovrebbe  ritenersi  costituzionalmente illegittima siccome
 contrastante con l'art. 117 della  Costituzione  perche'  esorbitante
 dei  limiti  di  materia  cola'  fissati  alla  potesta'  legislativa
 regionale, cosi' come denunciato in via subordinata  con  il  secondo
 motivo.
    In  ordine  alla  prima  e  preferita  ipotesi  ricostruttiva,  il
 ricorrente specificamente deduce che l'art. 37 della l.r. n. 47/1978,
 sotto  la rubrica "altri divieti" enuncierebbe svariati comportamenti
 vietati  esclusivamente  nella  pratica  venatoria  e  che   pertanto
 risulterebbe  illogico attribuire al divieto contenuto alla lett. n),
 una portata estesa anche oltre il campo  delle  attivita'  tipiche  o
 connesse  alla caccia. Opinando diversamente - continua il ricorrente
 - si verrebbe, del resto, a trascurare il  criterio  ermeneutico  che
 impone  di  dare una lettura delle norme regionali compatibile con le
 disposizioni della legge statale recante i  principi  generali  della
 materia  devoluta  alla  competenza regionale, nella specie si tratta
 della legge  n.  968/1977  che  all'art.  20  consentirebbe,  secondo
 l'assunto  del  ricorrente,  l'impiego  di volatili di allevamento in
 manifestazioni sportive.
    Il   collegio  reputa  scarsamente  convincente  l'interpretazione
 restrittiva dell'art. 37 citato offerta dal Lonati.
    In  effetti,  occorre  osservare  sotto un primo profilo che tra i
 divieti contemplati dall'art. 37 citato ne figurano  alcuni  relativi
 ad  attivita'  che  non  possono considerarsi connesse, se non in via
 indiretta od eventuale, all'esercizio della  caccia:  v.  ad  es.  la
 lett.  q)  "commerciare  o detenere per la vendita animali vivi al di
 fuori delle previsioni di cui ai precedenti artt. 34  e  35,  nonche'
 commerciare  o  detenere  per  la  vendita  uccelli  morti o parti di
 essi..." escluse  alcune  specie;  ma  v.  anche  lettere  j)  e  o).
 Conseguentemente  non  si  ravvisano  ragioni  di coerenza interna al
 medesimo art. 37 che escludano  la  possibilita'  di  ragionevolmente
 considerare  quale  assoluta  la preclusione di cui alla lettera n) e
 viceversa  inducano  a   considerare   sottintesa   una   limitazione
 inespressa.
    Sotto  altro  versante,  deve  constatarsi che l'art. 20 lett. q),
 della soprarichiamata legge  quadro  sulla  caccia,  legge  che  pone
 principi  a  protezione  dei  soli  volatili  appartenenti alla fauna
 selvatica, si limita a vietare appunto l'uso  di  animali  selvatici,
 senza  tuttavia  riconoscere  a  livello legislativo l'ammissibilita'
 dell'utilizzazione  per   competizioni   sportive   di   uccelli   di
 allevamento.
    Pertanto non pare si possa affermare che la lett. n), dell'art. 37
 vieti il tiro a volo su animali vivi  come  attivita'  connessa  alla
 caccia, lasciando libero l'uso di tali animali nel tiro a volo inteso
 come autonoma attivita' sportiva (quasi che il carattere  autonomo  o
 complementare  dell'attivita'  di  tiro  a  volo  rispetto allo sport
 venatorio possa riconnettersi alla struttura sportiva organizzata per
 il  tiro  a volo stesso anziche' riferirsi ai singoli sportivi che di
 essa usufruiscono).
    In  realta', la norma, ancorche' inserita in un contesto normativo
 (almeno tendenzialmente) circoscritto alla disciplina  della  caccia,
 regola  in  termini assolutamente generali e senza restrizione alcuna
 l'uso degli animali vivi per l'attivita' di tiro a volo, e  lo  vieta
 (probabilmente   perche'   ritenuto  astrattamente  o  potenzialmente
 propedeutico alla caccia).
    Se  cosi' e' - come ritiene il collegio - la prospettazione di cui
 al  primo  motivo  e  le  censure  a  questa  conseguenti   sono   da
 disattendere,  mentre riveste decisivo rilievo, ai fini del giudizio,
 la  questione  sollevata  con  il  secondo  motivo,  di  legittimita'
 costituzionale della norma espressa dal predetto art. 37 lett. n), in
 relazione all'art. 117 della Costituzione. E', infatti, sulla base di
 quella  disposizione  che il comune di Ghedi ha adottato i contestati
 provvedimenti del 19 ottobre 1988, ove si richiama  espressamente  la
 disciplina  sospetta  di  incostituzionalita' a giustificazione delle
 determinazioni assunte.
    E'  vero che il ricorrente con un terzo motivo evidenzia ulteriori
 ragioni ritenute suscettibili di condurre all'accoglimento (parziale)
 del  ricorso.  Tuttavia, deve rilevarsi innanziatutto che tale motivo
 investe solamente uno dei provvedimenti  impugnati  (precisamente  la
 revoca  dell'autorizzazione  rilasciata  per  il  1988 e non anche il
 diniego di rinnovo per l'anno 1989), onde la menzionata questione  di
 legittimita'  costituzionale  rimane decisiva ai fini della pronuncia
 sulla piu' ampia pretesa in giudizio.
    Inoltre,  tale motivo e' chiaramente non pertinente nella parte in
 cui nega  la  valenza  abrogatrice  diretta  della  norma  rammentata
 rispetto   al   precedente   provvedimento  amministrativo,  giacche'
 l'amministrazione non ha  inteso  invocare  o  dichiarare  un  simile
 effetto    giuridico,    quanto   piuttosto   ha   adottato   proprie
 determinazioni tenendo conto del mutamento  legislativo  intervenuto;
 esso  e'  invece  infondato  nella parte in cui prospetta un vizio di
 eccesso di potere per difetto di  motivazione  che  il  collegio  non
 ravvisa, trattandosi, nella specie, di un atto di ritiro collegato al
 riscontro della sopravvenuta carenza dei presupposti di  fatto  e  di
 diritto  necessari  per  il  rilascio del titolo autorizzativo, nella
 parte  relativa  all'attivita'  di  tiro  a  volo  su  animali  vivi,
 piuttosto   che   ad   un   mutato  apprezzamento  delle  ragioni  di
 opportunita' relative alla conduzione di  quella  attivita',  ragioni
 comunque desumibili dalla stringata motivazione.
    Tanto  precisato  in  ordine  alla  rilevanza  della  questione di
 costituzionalita' sopra delineata, deve  osservarsi  come  questa  ad
 avviso del collegio, non appaia manifestamente infondata.
    Invero,  nella  materia  della  caccia,  in  cui  le regioni hanno
 potesta'  legislativa,   sono   ricomprese   le   attivita'   dirette
 all'abbattimento o alla cattura della selvaggina da effettuarsi nelle
 zone, nei periodi  e  nei  modi  previsti  dalla  legge,  nonche'  le
 attivita'  connesse  alla  pratica  venatoria, quali, ad esempio sono
 l'attivita' di ricerca delle prede con il cane, la  preparazione  del
 sito per l'appostamento e l'uso di richiami, vivi o meno, il porto di
 armi da caccia, l'ingresso per cacciare in fondi altrui ecc. L'ambito
 delle  attribuzioni  legislative  regionali  va  definito pertanto in
 relazione   al   carattere   oggettivo   dell'attivita'   che   viene
 regolamentata  e  non  pare  possa ricomprendere anche l'attivita' di
 tiro  a  volo  sportivo,  che  non   e'   un'attivita'   naturalmente
 finalizzata  al  piu' agevole o proficuo esercizio della caccia e non
 puo' dunque qualificarsi quel effettivamente  connessa  alla  pratica
 venatoria.
    Si  tratta  in effetti di un'attivita' sportiva del tutto autonoma
 sul piano oggettivo, che puo' essere svolta  tanto  nella  forma  del
 tiro  a  piattello che in qulla di tiro su volatili; e tale carattere
 di autonomia certo non viene meno nella eventualita' che  alcuni  dei
 soggetti dediti a tale sport possono praticarlo quale allenamento per
 la caccia.
    La  regolamentazione  dell'attivita'  di  tiro a volo sportivo non
 concerne ne' si coordina, pertanto, con la disciplina  della  caccia,
 ma  involge,  piuttosto, profili attinente all'ordine pubblico e alla
 pubblica sicurezza. A tale riguardo merita ad esempio rammentare  che
 la  direttiva  del  Ministero degli interni 20 marzo 1985, richiamata
 dal ricorrente,  regoli  alcuni  aspetti  dell'attivita'  considerata
 (viene  vietata  l'effettuazione di gare e manifestazioni sportive di
 tiro a  volo  contro  animali  vivi)  facendo  esplicito  riferimento
 all'art.  70  del  testo  unico  delle  leggi  di pubblica sicurezza.
 Vengono in effetti, in rilievo, in  sede  di  regolamentazione  della
 attivita' di tiro a volo, esigenze di tutela della piu' ampia armonia
 sociale e di garanzia del rispetto dei  sentimenti  di  pieta'  o  di
 moralita'  collettiva,  ossia  di  un  ordine  di  valori  di  cui e'
 depositario esclusivo lo Stato.
    La   tutela   di  tali  beni  fondamentali  del  singolo  e  della
 collettivita' e' riservata, come sottolinea la difesa del ricorrente,
 in via esclusiva alla legislazione statale, per inderogabili esigenze
 di uniformita' di disciplina su tutto il territorio nazionale.
    In   relazione   alla   esposte   considerazioni  acquista  dunque
 concretezza il dubbio che la regione Lombardia, nel porre il  divieto
 di  cui  alla  lettera  n),  dell'art.  37  della legge citata, abbia
 ecceduto dai limiti posti dall'art. 117 della Costituzione.
    Pertanto,  a  fronte  di due possibili antitetiche interpretazioni
 della norma introdutta dall'art. 28 della legge  regionale  lombarda,
 16 agosto 1988, n. 41, ad integrazione dell'articolo 37 della l.r. n.
 47/1978 e di una  qustione  di  incostituzionalita'  che  la  sezione
 ritiene non manifestamente infondata, appare opportuno rimettere come
 auspicato dal ricorrente - la questione  stessa,  nei  termini  sopra
 delineati, all'esame della Corte costituzionale.
    La  Corte,  nella ipotesi condivida l'interpretazione dell'art. 37
 lett. n) citata sopra esposta, vorra' valutare se la norma  si  ponga
 in  contrasto con l'art. 117 della Costituzione, siccome travalicante
 la competenza legislativa regionale.
    Si impone, nel frattempo, la sospensione del giudizio di merito.