IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sui ricorsi nn. 1670/1989 e
 1671/1989 di Rossi Adriano, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele
 Bucci  come  da  mandato  a margine dei ricorsi, con domicilio legale
 presso la Segreteria generale del t.a.r. per  il  Veneto,  contro  il
 comune  di Venezia, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato
 e difeso dagli avvocati Giulio Gidoni  e  M.  Maddalena  Morino,  con
 elezione   di  domicilio  presso  la  civica  avvocatura  nella  sede
 municipale,  coma  da  mandato  a  margine  dei  controricorsi,   per
 l'annullamento  dei provvedimenti del sindaco di Venezia n. 1044 e n.
 1080, entrambi  in  data  11  maggio  1989,  con  cui  si  negano  le
 autorizzazioni  per  mutamento  di  destinazione d'uso nel fabbricato
 sito a Malcontenta in via Eupili n. 2 e n. 3;
    Visti  i ricorsi, notificati il 15 luglio 1989 e depositati presso
 la segreteria il 19 luglio 1989, con i relativi allegati;
    Visti i controricorsi del comune, depositati il 22 luglio 1989;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  30 novembre 1989 (relatore il
 consigliere Puchetti) l'avv. Curato, in sostituzione dell'avv. Bucci,
 per il ricorrente e l'avv. Gidoni per il comune resistente;
    Ritenuto e considerato quanto segue:
                               F A T T O
    Con  ricorsi  n.  1670/1989 e n. 1671/1989 il ricorrente espone di
 essere proprietario di  un  piccolo  complesso  immobiliare  sito  in
 Malcontenta, via Eupili n. 2, costituito da un fabbricato a due piani
 e da un grande capannone, cella frigorifero per la refrigerazione del
 pesce, in cui svolge da anni l'attivita' all'ingrosso di importazione
 ed esportazione  di  pesce  congelato,  utilizzando  il  piano  terra
 dell'edificio ad uffici, il piano primo ad abitazione propria e della
 sua famiglia.
    Tempo  fa  il  ricorrente  costitui'  con  i figli la soc. Metares
 S.r.l., per lo svolgimento dell'attivita' di import-export.
    Recentemente  sorgevano  dei contrasti all'interno della societa',
 per  cui  il  ricorrente  decideva  di  estraniarsi   dalla   stessa,
 riprendendo  autonomamente l'attivita', ma in un altro suo fabbricato
 a due piani, sito al civico n. 3 della stessa via Eupili, nel  quale,
 al  piano terreno, trovavasi gia' una grande cella frigorifero (oltre
 al garage ed a magazzini) ed intendendo utilizzare ad uffici il piano
 primo gia' adibito ad abitazione.
    In  data  19  ottobre  1988,  con due distinte istanze, assunte al
 protocollo comunale coi nn. 41950 e 41951, il ricorrente richiese  al
 Sindaco  di  Venezia  l'autorizzazione  per il cambio di destinazione
 d'uso senza opere ad uffici sia del piano primo dell'  ex  abitazione
 sita  nel  fabbricato  rientrante  nel  complesso  gestito  alla soc.
 Metares (al civico n. 2) e sia del piano primo  dell'  ex  abitazione
 della  costruzione  utilizzata direttamente dal ricorrente (al civico
 n. 3).
    Trascorso  nel silenzio il periodo di 90 giorni previsti dall'art.
 79, terzo comma, della legge regionale n. 61/1985  per  il  maturarsi
 della   autorizzazione   edilizia   tacita   per  quel  mutamento  di
 destinazione d'uso,  le  due  ditte,  resesi  autonome,  trasferivano
 ognuna  i  propri  uffici al piano primo dei due anzidetti fabbricati
 rispettivamente utilizzati.
    Successivamente  venivano  comunicate  al  ricorrente  le risposte
 sindacali negative sulle istanze di mutamento di destinazione  d'uso,
 con  la  motivazione  che "nelle zone di ristrutturazione edilizia la
 destinazione  d'uso  ammessa  e'  quella  residenziale,  nella  quale
 peraltro  sono  consentite  attivita'  al servizio della residenza di
 modestissime dimensioni".
    Avverso  tali dinieghi sindacali entrambi portanti la data dell'11
 maggio 1989 e rispettivamente il n. 10740 prot. e n. 1044 reg., e  il
 n.  11419  prot.  e  n.  1080  reg.,  sono  proposti i due ricorsi in
 epigrafe specificati, a sostegno dei quali vengono dedotti i seguenti
 motivi:
      1)  violazione  di  legge,  eccesso  di  potere per falsita' del
 presupposto.
    Premesso  che  l'art.  25,  ultimo  comma, della legge 28 febbraio
 1985, n. 47, prevede l'assoggettamento  ad  un  previo  provvedimento
 autorizzatorio  del sindaco soltanto del cambio di destinazione d'uso
 c.d. strutturale, cioe' con opere edilizie,  il  ricorrente  sostiene
 che l'art. 76, primo comma, punto 2) della l.r.v. n. 61 del 27 giugno
 1985 ha invece generalizzato l'obbligo  della  previa  autorizzazione
 edilizia  non  solo estendendolo al caso di mutamento di destinazione
 senza opere - cosi' creandosi anche una disparita' rispetto al  resto
 del  territorio  nazionale  -,  bensi'  pure imponendolo in ogni caso
 sugli interi territori dei comuni, e pertanto  contro  una  eventuale
 diversa   volonta'   delle   amministrazioni  comunali  manifestatasi
 attraverso le prescrizioni del p.r.g. e non soltanto quindi  per  gli
 ambiti determinati discrezionalmente dai comuni.
    Tale   disposizione   della   legge   urbanistica  veneta  sarebbe
 palesemente incostituzionale in relazione agli artt. 117  e  3  della
 Costituzione  in  quanto  statuente  in  contrasto  con  il principio
 generale posto dalla legge quadro n. 47/1985 (art.  25)  secondo  cui
 non   e'  assoggettato  ad  alcun  provvedimento  sindacale  il  mero
 mutamento di  destinazione  senza  opere,  ed  in  ogni  caso,  anche
 nell'ipotesi  di esecuzione di talune opere, tale autorizzazione puo'
 essere  imposta  per  specifiche  zone  urbanistiche  del  territorio
 comunale, motivatamente individuate.
    Il   ricorrente  ricorda,  poi,  l'insegnamento  giurisprudenziale
 secondo il quale il mutamento di destinazione d'uso prescinde da ogni
 previo provvedimento edilizio sindacale.
    Si  ritengono  quindi  illegittimi  i  dinieghi  impugnati sia per
 incostituzionalita' - anche in via derivata - dell'art. 76 l.r.v.  n.
 61/1985, sia perche' si fonderebbero su presupposti erronei;
      2) violazione di legge; eccesso di potere per falsita' e carenza
 del presupposto.
    In  via subordinata si sostiene che ove si ritenesse necessaria la
 autorizzazione  sindacale  anche  per  il   semplice   mutamento   di
 destinazione  funzionale,  i dinieghi impugnati sarebbero illegittimi
 in  quanto  si  pretenderebbe  di  poter   negare   tardivamente   un
 provvedimento  autorizzatorio  gia'  maturatosi ope legis per effetto
 del silenzio-assenso realizzatosi ex  art.  79,  terzo  comma,  della
 l.r.v. n. 61/1985.
    Il  comune  di  Venezia  si  e'  costituito  in entrambi i ricorsi
 contestando sia l'esposizione di fatto che i motivi di diritto, e  ne
 chiede il rigetto con vittoria di spese ed onorari di giudizio.
                             D I R I T T O
    In  via  pregiudiziale  va  disposta  la riunione dei ricorsi, sia
 perche' connessi soggettivamente, sia perche'  prospettano  identita'
 di questioni.
    Il  ricorrente  impugna  i provvedimenti con i quali il sindaco di
 Venezia comunica di non poter rilasciare le concessioni richieste per
 cambio   di   destinazione  d'uso,  senza  esecuzione  di  opere,  da
 abitazione ad uffici del  secondo  piano  nei  due  edifici  siti  in
 Malcontenta  via  Eupili  nn.  2  e  3, adducendo il contrasto con la
 normativa del p.r.g. e precisamente dell'art. 16 comma secondo  punto
 primo   delle   n.t.a.  della  variante  per  le  zone  rurali  della
 terraferma, che, per la  zona  di  ristrutturazione  edilizia,  nella
 quale   rientrano   gli   immobili  in  questione,  prevede  la  sola
 destinazione ad uso residenziale con possibilita' di assentire  delle
 attivita'  al servizio della residenza ma di modestissime dimensioni.
    Il  ricorrente  ha presentato la domanda di autorizzazione perche'
 essa e' imposta dall'art. 76, primo  comma,  n.  2,  della  l.r.  del
 veneto  n.  61 del 27 giugno 1985, che nel testo modificato dall'art.
 12 della l.r. n. 9 dell'11 marzo 1986 subordina ad  autorizzazione  i
 mutamenti  di  destinazione  d'uso  degli immobili senza opere a cio'
 preordinate.
    Il  ricorrente  sostiene  che  questa  norma e' costituzionalmente
 illegittima; e la questione e'  rilevante  ai  fini  della  decisione
 della  presente  controversia,  perche' sulla norma stessa, di cui si
 denunzia  la  illegittimita'  costituzionale,  si  fonda  il   potere
 esercitato dal sindaco col provvedimento impugnato.
    La questione di legittimita' costituzionale cosi' come dedotta non
 appare, d'altra parte, priva di fondamento.
    E'  noto  che la materia che qui rileva e' oggetto di legislazione
 concorrente, ripartita cioe' tra norme statali e norme regionali.
    L'art.  25, ultimo comma, della legge statale 28 febbraio 1985, n.
 47, dispone testualmente: "La legge regionale  stabilisce,  altresi',
 criteri  e  modalita' cui dovranno attenersi i comuni, all'atto della
 predisposizione  di   strumenti   urbanistici,   per   la   eventuale
 regolamentazione, in ambiti determinati del proprio territorio, della
 destinazione d'uso degli immobili nonche' dei  casi  in  cui  per  la
 variazione  di  essa  sia  richiesta la preventiva autorizzazione del
 sindaco. La mancanza di tale autorizzazione  comporta  l'applicazione
 delle  sanzioni di cui all'art. 10 ed il conguaglio del contributo di
 concessione se dovuto".
    Questa  disposizione,  come  generalmente ritenuto, detta norme di
 principio (art. 117 della Costituzione) rimettendo alla  legislazione
 regionale  di  disporre  una  disciplina  urbanistica che determini i
 criteri (cioe' i contenuti previsionali)  e  le  modalita'  (cioe'  i
 moduli  procedimentali)  in  ordine sia alla destinazione d'uso degli
 immobili, sia alla indicazione dei casi in cui per  la  modificazione
 della    destinazione    medesima   sia   richiesta   la   preventiva
 autorizzazione del sindaco.
    Ai  comuni  compete  poi, attraverso gli strumenti urbanistici, di
 dare concreta applicazione alle suddette previsioni se ed  in  quanto
 ritenute opportune e per determinate zone territoriali.
    Ad  avviso del collegio tale norma ha inteso recepire e consacrare
 il ripetuto insegnamento giurisprudenziale, gia' formatosi in materia
 con  riferimento  alla  legge 28 gennaio 1977, n. 10, e ribadito dopo
 l'entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985, n. 47  (Cons.  St.,
 IV,  28 luglio 1982 n. 525; Cons. St., V, 18 gennaio 1988 n. 8; Cons.
 St. V, 14 dicembre 1988 n. 824) secondo il  quale  la  variazione  di
 destinazione d'uso non accompagnata da interventi di adattamento o di
 ristrutturazione (c.d. mutamento  d'uso  funzionale,  contrapposto  a
 quello  strutturale nel caso che il mutamento consegua all'esecuzione
 di opere) in linea di massima non  ha  rilievo  urbanistico-edilizio,
 eppertanto non e' soggetta ne' a concessione ne' ad autorizzazione.
    A  tale  conclusione  conduce  anche l'esame di altre disposizioni
 contenute nella legge n. 47/1985 che  tutte  fanno  riferimento  alla
 variazione  d'uso  che presuppongono la realizzazione di opere: cosi'
 l'art. 7 primo comma in cui  (tra  l'altro)  sono  considerate  opere
 eseguite   in   totale   difformita'  dalla  concessione  quelle  che
 comportano una diversa utilizzazione dell'immobile realizzato; l'art.
 8,  primo  comma,  lett.  a),  che ai fini della determinazione delle
 variazioni essenziali prevede appunto l'ipotesi  di  mutamento  della
 destinazione  d'uso  che  implichi variazione degli standars previsti
 dal d.m. 20 aprile 1968 (disposizione che va collegata con l'art.  7,
 secondo  comma);  l'art. 15 che prevede una piu' favorevole normativa
 anche per il caso di variante in corso d'opera  (non  assentita)  che
 non  modifichi  la  destinazione  d'uso;  cosi'  infine l'art. 26 che
 stabilisce che non sono soggette a concessione ne' ad  autorizzazione
 le  opere  interne che non comportino modifiche di destinazione d'uso
 delle singole unita' immobiliari.
    Ora  la  l.r. veneta 27 giugno 1985, n. 61, entrata in vigore dopo
 la legge statale 28 febbraio 1985, n. 47, che  ridisciplina  in  modo
 organico  la  materia  urbanistica,  all'art.  76,  primo comma, come
 modificato dall'art.  12  della  l.r.v.  n.  9  dell'11  marzo  1986,
 stabilisce    testualmente:   "L'esecuzione   degli   interventi   di
 trasformazione urbanistica e/o degli immobili e' soggetta al rilascio
 di:  1)  omissis; 2) un'autorizzazione onerosa, quando, senza opere a
 cio' preordinate, vi sia un mutamento  di  destinazione  d'uso  degli
 immobili, che oltre ad esser compatibile con le caratteristiche della
 zona o comunque espressamente consentito dagli strumenti urbanistici,
 comporta  la corresponsione di un contributo pari alla differenza fra
 la precedente e la nuova destinazione".
    Ad avviso del collegio questa statuizione contrasta con l'art. 25,
 quarto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47,  perche'  anziche'
 disciplinare  il  potere dei comuni di regolamentare, se lo ritengono
 opportuno,  in  ambiti  determinati  del  territorio   comunale,   le
 destinazioni  d'uso  degli  immobili  assoggettandone eventualmente i
 mutamenti ad autorizzazione del sindaco,  si  sostituisce  ai  comuni
 nell'assoggettare   ad  autorizzazione  indiscriminatamente  tutti  i
 mutamenti di destinazione d'uso; e pertanto viola  l'art.  117  della
 Costituzione,  dato  che  nell'art.  25, quarto comma, della legge 28
 febbraio 1985, n. 47, deve ravvisarsi un principio  fondamentale  cui
 la   legislazione   regionale   deve  attenersi,  e  l'art.  5  della
 Costituzione, in quanto comprime l'autonomia  comunale  in  contrasto
 con quanto prescrive il predetto art. 25, quarto comma.
    Le    sovraesposte   considerazioni   portano   a   ritenere   non
 manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalita' dell'art.
 76  primo  comma  punto  2  della  l.r.  del  Veneto  n. 61/1985 come
 modificato  dall'art.  12  della  l.r.  del  Veneto  n.  9/1986,  per
 violazione degli artt. 117 e 5 della Costituzione.