ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 15 della legge
 Regione Piemonte 2 maggio 1986, n. 18 (Prime norme per la  disciplina
 dello   smaltimento  dei  rifiuti,  in  attuazione  del  decreto  del
 Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915), promosso  con
 ordinanza  emessa  il  28  settembre  1989  dal Pretore di Torino nel
 procedimento penale a carico di Conti Giovanni ed altro, iscritta  al
 n.  25  del  registro  ordinanze  1990  e  pubblicata  nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n.  5,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1990;
    Visto  l'atto  di  costituzione di Piola Secondo nonche' l'atto di
 intervento della Regione Piemonte;
    Udito nell'udienza pubblica del 22 maggio 1990 il Giudice relatore
 Francesco Greco;
    Uditi  l'avv.  Umberto  Minni  per  Piola Secondo e l'avv. Gustavo
 Romanelli per la Regione Piemonte.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  Pretore  di Torino, nel corso del procedimento penale a
 carico di Conti Giovanni e Piola Secondo, imputati del reato previsto
 dall'art.  26  del  d.P.R.  10  settembre  1982,  n.  915,  per avere
 effettuato lo stoccaggio provvisorio  di  rifiuti  tossici  e  nocivi
 senza autorizzazione, con ordinanza del 28 settembre 1989 (R.O. n. 25
 del 1990), ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 15 della legge regionale del Piemonte 2 maggio 1986, n. 18,
 il quale, pur prevedendo per lo stoccaggio provvisorio in azienda una
 forma  di  autorizzazione,  colpisce la mancanza di essa solo con una
 sanzione amministrativa anziche' con una sanzione penale come prevede
 invece la legge statale (art. 26 d.P.R. n. 915 del 1982).
    Il  Pretore  non  condivide  l'interpretazione  della disposizione
 regionale,  suggeritagli  dalle  parti,  secondo  cui  lo  stoccaggio
 provvisorio  in  azienda  e' una fattispecie diversa da quella di cui
 all'art. 16 del d.P.R. n. 915 del 1982,  e  ritiene  che  la  diversa
 sanzione  prevista in caso di mancanza di autorizzazione violi l'art.
 25 della Costituzione ed, inoltre, l'art. 117 della Costituzione,  in
 quanto la Regione non ha il potere di introdurre, rimuovere o variare
 con  proprie  leggi  la  disciplina  penale  apprestata  dalla  legge
 statale.
    2.  -  L'ordinanza  e'  stata ritualmente notificata, comunicata e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
    3.  -  Nel giudizio si e' costituita la parte privata, la quale ha
 rilevato che lo stoccaggio provvisorio di cui all'art. 16 del  d.P.R.
 n.  915  del 1982 e' quello che si attua presso colui che effettua lo
 smaltimento e non presso  colui  che  produce  il  rifiuto;  che  per
 quest'ultimo la Regione Piemonte ha previsto un regime autorizzatorio
 piu' agile di quello statale cosi' come lo ha previsto per i fanghi e
 i  liquami,  tenendo  conto  delle  quantita'  presumibili  e del ben
 diverso impatto che puo' derivare.
    Ha, poi, rilevato che la fattispecie in esame e' diversa da quella
 di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 370 del  1989,  in
 quanto  in  quest'ultima  la  legge  regionale  non  prevedeva alcuna
 autorizzazione;  che  la  Regione  aveva  interpretato  il   disposto
 dell'art.   16  del  d.P.R.  in  esame  nel  senso  che  esso  regola
 l'attivita' dello smaltitore e non del  produttore  del  rifiuto  fin
 dalla  entrata in vigore del suddetto decreto (circolare n. 5/ECO del
 15 febbraio 1983) e, poi, aveva emanato una apposita normativa.
    Ha concluso quindi per la infondatezza della questione.
    4.  - Nel giudizio e' intervenuto anche il Presidente della Giunta
 Regionale del Piemonte, il quale  ha  rilevato  che  la  disposizione
 impugnata  e'  suppletiva  di  quella  statale  e  non  ne pregiudica
 l'applicabilita'.
    Ha,  poi,  osservato  che  la  fase  di  stoccaggio provvisorio in
 azienda e' diversa da quella dello smaltimento  vero  e  proprio  dei
 rifiuti,  e  che  spetta alla Regione legiferare in materia quando il
 legislatore statale non ha compiutamente tenuto conto delle modalita'
 tipologiche  delle singole fasi connesse alle precauzioni da prendere
 per i c.d. rifiuti speciali.
    Ha concluso per la infondatezza della questione.
                         Considerato in diritto
    1.   -   Il   giudice   remittente   dubita   della   legittimita'
 costituzionale dell'art. 15, terzo comma, della legge  regionale  del
 Piemonte  2  maggio  1986,  n.  18,  il  quale,  pur  prevedendo  nei
 precedenti comma (primo e secondo) una forma di autorizzazione per lo
 stoccaggio  provvisorio  di  rifiuti  tossici e nocivi in azienda, ha
 ridotto l'ambito applicativo dell'art. 16 del d.P.R. n. 915 del 1982,
 in quanto colpisce colui che lo effettua senza autorizzazione con una
 sanzione amministrativa al posto di quella  penale  come  dispone  la
 suddetta legge statale.
    Sicche'   risulterebbero   violati   gli  artt.  25  e  117  della
 Costituzione perche' la  Regione,  pur  avendo  in  materia  potesta'
 normativa, non ha il potere di modificare o rimuovere le norme penali
 previste dalla legge statale.
    2. - La questione e' fondata.
    Il  giudice  a quo ha interpretato l'art. 16 del d.P.R. n. 915 del
 1982 nel senso che esso regola, tra le altre fasi  dello  smaltimento
 dei  rifiuti  tossici  e  nocivi,  lo  stoccaggio  provvisorio sia se
 effettuato nell'azienda che produce i rifiuti sia altrove da terzi.
    Ha  ritenuto  che per detta fase occorre l'autorizzazione e che il
 terzo comma del citato articolo colpisce colui che ha  effettuato  lo
 stoccaggio  senza  autorizzazione con la sola sanzione amministrativa
 anziche' una penale come invece dispone la legge statale (art. 26 del
 d.P.R. n. 915 del 1982).
    Ha   escluso   che   la  disposizione  regionale  abbia  carattere
 suppletivo nel senso  di  aggiungere  la  sanzione  amministrativa  a
 quella  penale della legge statale, il che trova riscontro nei lavori
 preparatori ove tale carattere della disposizione citata e'  escluso.
    In  tale  situazione,  quindi,  risulta effettivamente alterato il
 sistema apprestato dalla  legge  statale  essendosi  sostituita  alla
 sanzione penale una amministrativa.
    Come  piu'  volte  affermato da questa Corte (sentenze nn. 370 del
 1989 e 43 del 1990), la fonte del potere punitivo risiede solo  nella
 legislazione  statale  e le Regioni non hanno il potere di comminare,
 rimuovere o variare con proprie leggi le pene previste  in  una  data
 materia;  non  possono cioe' interferire negativamente con il sistema
 penale  statale  considerando  penalmente  lecita  un'attivita'  che,
 invece, e' penalmente sanzionata nell'ordinamento nazionale.
    Pertanto,    la    norma    denunciata    deve   essere   ritenuta
 costituzionalmente illegittima perche' importa violazione degli artt.
 25  e  117 della Costituzione; consegue che lo stoccaggio provvisorio
 anche in azienda senza autorizzazione e' punito ai sensi dell'art. 26
 del d.P.R. n. 915 del 1982.