Ricorre  la  regione  autonoma  Valle  d'Aosta, in persona dell'on.
 presidente della giunta regionale avv. Giovanni  Bondaz,  autorizzato
 con  delibera  della  giunta  regionale  del 5 ottobre 1990, n. 8589,
 rappresentato e difeso (in virtu' di procura autenticata  dal  notaio
 Marina  Cafiero  di  Aosta  in  data  15  ottobre  1990, rep. 21-821)
 dall'avv. prof. Gustavo Romanelli, e presso lo  studio  del  medesimo
 elettivamente  domiciliato  in  Roma,  via  Cosseria  n. 5, contro la
 Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dell'on. Presidente
 del Consiglio pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo
 Chigi, nonche' presso l'Avvocatura generale dello Stato in Roma,  via
 dei   Portoghesi   n.  12,  per  la  declaratoria  di  illegittimita'
 costituzionale del d.-l. 15 settembre 1990, n. 262,  recante  "misure
 urgenti  per i finanziamento del saldo della maggiore spesa sanitaria
 relativa agli anni 1987-1988  e  disposizioni  per  il  finanziamento
 della maggiore spesa sanitaria relativa all'anno 1990".
                                IN FATTO
    Ai  sensi  dell'art.  51  della legge 23 dicembre 1978, n. 833, il
 Servizio sanitario nazionale doveva  essere  finanziato  con  importi
 determinati  annualmente  dalla  legge  di  approvazione del bilancio
 dello Stato: il secondo comma, in particolare, prevede che  le  somme
 cosi'  stanziate vangano ripartite fra tutte le regioni, ivi comprese
 quelle a statuto speciale, su proposta del  Ministro  della  sanita',
 sentito il Consiglio sanitario nazionale.
    In  realta'  le  somme  stanziate si sono rivelate insufficienti a
 coprire le effettive spese di funzionamento del S.S.N. Cosi' l'art. 4
 del  d.-l.  25  novembre  1989, n. 382, recante "disposizioni urgenti
 sulla partecipazione alla spesa sanitaria e sul ripiano degli  avanzi
 di  gestione",  come  convertito  dalla  legge 25 gennaio 1990, n. 8,
 prevede (al secondo comma ) che la maggiore spesa sanitaria  per  gli
 esercizi  finanziari  1987-1988  sia finanziata dalle regioni e dalle
 province autonome mediante l'impiego delle  somme  eventualmente  non
 utilizzate,  a  valere  sulle quote degli esercizi finziari 1987-1988
 del  Fondo  sanitario  nazionale  di  parte  corrente,   e   mediante
 l'assunzione di mutui con onere di ammortamento parzialmente a carico
 del bilancio dello Stato (venti per cento per le operazioni di  mutuo
 da attivare entro il 31 dicembre 1989 e trentacinque per cento per le
 operazioni di mutuo da attivare nel 1990).
    Anche   le   misure   finanziarie   previste   con   la  ricordata
 disposizione-tamponesi sono rivelate pero'  insufficienti.  E  cosi',
 ancora  sul presupposto (espresso nel preambolo) della "straordinaria
 necessita' ed urgenza di assicurare il proseguimento  dell'erogazione
 dei  servizi  sanitari  mediante  il ripianamento dei disavanzi delle
 unita' sanitarie locali e degli altri  enti  che  erogano  assistenza
 sanitaria",  l'impugnato  decreto-legge  ha  previsto l'assunzione di
 ulteriori pesanti oneri finanziari a carico  delle  regioni  e  delle
 province   autonome.   In   particolare,   l'art.   1  dell'impugnato
 decreto-legge prevede per la maggior spesa sanitaria, non coperta con
 le procedure di cui al richiamato art. 4 del d.-l. 15 settembre 1990,
 n. 262, l'accensione di altri mutui,  con  onere  di  ammortamento  a
 carico  dello  Stato  soltanto  nella ragione del venti per cento per
 quelli assunti nel 1990 e del venticinque per  cento  per  quelli  da
 assumere nel 1991.
    Inoltre,  l'art.  3  del medesimo d.-l. 15 settembre 1990, n. 262,
 prevede che le regioni possano autorizzare le unita' sanitarie locali
 e  gli altri enti, che gestiscono i servizi sanitari finanziati dalle
 quote regionali del Servizio sanitario nazionale, ad assumere impegni
 per  l'esercizio  finanziario  1990  anche  in  eccedenza rispetto al
 bilancio di previsione "per provvedere a spese improcrastinabili e di
 assoluta  urgenza  entro  limiti prequantificati dalle regioni stesse
 per ciascun ente". Il secondo comma del medesimo art. 3  prevede  poi
 che  le  regioni  possano autorizzare le unita' sanitarie e gli altri
 enti che gestiscono i  servizi  sanitari  ad  assumere  anticipazioni
 straordinarie  di cassa con i propri tesorieri, per il finanziamento,
 con le modalita' di cui al primo comma, della  spesa  autorizzata  in
 eccedenza  rispetto  agli  stanziamenti di parte corrente autorizzati
 con il bilancio di previsione.
    Le  regioni  sono  chiamate  ad  assumersi  gli  oneri  finanziari
 derivanti dai primi due commi dell'art. 3, ai  sensi  del  successivo
 terzo comma, o con i propri mezzi di bilancio, o mediante alienazione
 dei beni patrimoniali disponibili, ovvero mediante la contrazione  di
 mutui  o  prestiti  con  istituti  di  credito,  avvalendosi  per  la
 copertura delle entrate tributarie previste dall'art. 6  della  legge
 14  giugno  1990, n. 158 (legge recante norme di delega in materia di
 autonomia impositiva delle regioni e altre disposizioni concernenti i
 rapporti  finanziari  fra  Stato  e  regioni).  Ebbene,  l'art.  6 in
 questione,  in  applicazioine  dell'art.  119,  secondo  comma  della
 Costituzione,   detta   norma  in  materia  di  autonomia  impositiva
 applicabili, secondo il suo esplicito  dettato,  esclusivamente  alle
 regioni a statuto ordinario, e dunque non applicabili alla ricorrente
 regione Valle d'Aosta. E' vero che il quarto comma del medesimo  art.
 3,  precisa che le disposizioni emanate con l'impugnato decreto "sono
 applicabili  nelle  regioni  a  statuto  speciale  e  nelle  province
 autonome  di  Trento  e  di  Bolzano compatibilmente con le norme dei
 rispettivi statuti".Ma non sono in al cun modo precisati i limiti  di
 applicabilita' dell'impugnato decreto alla regione ricorrente.
                               IN DIRITTO
    1.  - L'impugnato decreto, in particolare nei suoi artt. 1 e 3, si
 appalesa illegittimo, per violazione del  disposto  degli  artt.  38,
 quarto  comma,  e  81,  ultimo comma, nonche' 116, della Costituzione
 della Repubblica,  oltre  che  per  violazione  dello  statuto  della
 regione  autonoma  Valle  d'Aosta  (legge  costituzionale 26 febbraio
 1948, n. 4).
    Come  si  evince  anche  nei  lavori preparatori alla Camera della
 legge 23 dicembre 1978, n. 833 (cfr., in particolare  gli  interventi
 degli  onn.  Morini,  Cerquetti e Triva, in Camera dei deputati - VII
 legislatura - Atti parlamentari Discussioni, p.  13304  e  segg.),  e
 come  e' stato sempre pacifico in dottrina (v., ad esempio, Petrilli,
 La sicurezza sociale, s.l., 1953, 24; Pasquini-Pasquini  Peruzzi,  il
 Servizio  sanitario  nazionale  -  Profili  funzionali e strutturali,
 Napoli, 1979, 14 e segg.)  la  tutela  della  salute  costituisce  un
 aspetto  essenziale (anche se non l'unico), attraverso il quale viene
 perseguito il fine della sicurezza sociale, che e' da annoverarsi fra
 gli  obblighi costituzionali dello Stato, ai sensi dell'art. 38 della
 Costituzione della Repubblica.
    E  proprio  sulla  base  di  questa considerazione, codesta ecc.ma
 Corte ha affermato che le regioni, ancorche' investite di  competenze
 amministrative  e  normative  in  materia  di assistenza sanitaria ed
 ospedaliera, non hanno competenza in materia di assistenza  malattia,
 appunto  in  quanto  quest'ultima  rientra nel concetto di assistenza
 sociale (Corte costituzionale, 10 maggio 1972, n.  91).  La  medesima
 valutazione  puo'  essere  tal  quale  ripetuta  anche per la regione
 autonoma Valle d'Aosta,  il  cui  statuto  (legge  costituzionale  26
 febbraio  1948,  n.  4)  non  contempla,  nell'ambito  della potesta'
 legislativa  primaria  della  regione,  di  cui   all'art.   2,   ne'
 l'assistenza  ospedaliera,  ne'  la  sicurezza sociale. Rispetto alla
 sola assistenza ospedaliera ha potesta' legislativa integrativa e  di
 attuazione,  ai  sensi  dell'art.  3  del medesimo statuto e, dunque,
 rispetto ad essa soltanto puo' esercitare funzioni amministrative. E,
 dunque,  le  regioni, e fra esse la ricorrente regione autonoma Valle
 d'Aosta, vengono chiamate a ripianare  in  misura  preponderante  con
 propri  fondi  i  disavanzi  di un servizio i cui costi devono invece
 gravare sullo Stato, ai sensi dell'art. 38 della Costituzione.
    2.  -  E'  inoltre  da  rilevare  la violazione palese e grave del
 principio dettato dall'ultimo comma dell'art. 81 della  Costituzione,
 secondo  il  quale ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve
 indicare i mezzi per farvi fronte; si rileva inoltre violazione anche
 del  principio  di  cui  al successivo art. 116 Costituzione, e dello
 Statuto della regione Valle d'Aosta.
    Come  codesta  ecc.ma  Corte  ha avuto modo di affermare, la legge
 sostanziale non puo' limitarsi ad indicare genericamente i  mezzi  di
 copertura  di  nuove o maggiori spese, basandosi su futuri cespiti di
 entrata incerti ed  eventuali;  ma  occorre  comunque  che  la  legge
 indichi   i   mezzi  preesistenti  per  farvi  fronte  (cosi':  Corte
 costituzionale, 31 marzo 1961, n. 16,  in  giur.  cost.,  1961,  104;
 Corte  costituzionale, 9 giugno 1961, n. 31; Corte costituzionale, 10
 gennaio 1966, n. 1; Corte costituzionale, 22 dicembre 1969, n.  158).
 Si tratta d'altro canto di un principio costituzionale che si applica
 anche alla c.d. finanza allargata  (Corte  costituzionale,  8  giugno
 1981, n. 92, in Foro it., 1981, I, 1835). Il principio deve ritenersi
 percio' applicabile anche nei confronti delle uu.ss.ll. e degli altri
 enti,  che  gestiscono  i servizi sanitari in relazione alla prevista
 autorizzazione ad "assumere impegni per l'esercizio finanziario  1990
 anche  in  eccedenza  agli stanziamenti di parte corrente autorizzati
 con il bilancio di previsione",  di  cui  all'art.  3  dell'impugnato
 decreto legge.
    In  effetti, l'art. 1 del decreto-legge non da' alcuna indicazione
 in ordine agli obblighi di cui all'art. 81  della  Costituzione.  Per
 quanto  concerne  gli  oneri  gravanti  sulle  regioni  ex art. 3, le
 indicazioni attinenti alla copertura sono del tutto generiche,  e  si
 riferiscono anzi ad entrate soltanto eventuali e del tutto ipotetiche
 (come l'alienazione dei beni patrimoniali disponibili).
    Puo'  anzi  aggiungersi  che  si ha un riferimento ad entrate, che
 almeno per quanto concerne la regione ricorrente e le altre regioni a
 statuto   speciale,   sono   da   considerarsi   addirittura  entrate
 inesistenti. Infatti, il riferimento alle entrate tributarie  di  cui
 all'art.  6 della legge 14 giugno 1990 non puo' riguardare le regioni
 a statuto speciale, perche' detto articolo, come  si  e'  gia'  avuto
 modo  di  accennare  in  narrativa,  si  applica,  per  suo  espresso
 disposto, esclusivamente alle "regioni a statuto ordinario" (ne', del
 resto,  avvrebbe  potuto essere altrimenti, posto che il detto art. 6
 e' norma applicativa dell'art. 119, secondo comma, della Costituzione
 che,  come ha chiarito codesta Corte con la sentenza 26 gennaio 1957,
 n. 9 (in giur. cost., 1957, 58)  e'  riferito  alle  sole  regioni  a
 statuto  ordinario,  mentre  le regioni a statuto speciale trovano la
 fonte normativa dei propri rapporti finanziari conlo Stato, ai  sensi
 dell'art.   116   della   Costituzione,  nei  rispettivi  statuti  di
 autonomia.
    Va  incidentalmente  avvertito che l'illegittimita' non viene meno
 per la gia' citata riserva  contenuta  nel  quarto  ed  ultimo  comma
 dell'art.  3,  che esclude l'applicabilita' delle norme incompatibili
 con gli Statuti alle regioni autonome. In  limine,  occorre  rilevare
 l'imperfetta  tecnica  di  formulazione  della  riserva in questione:
 essa, pur avendo (almeno  formalmente)  portata  generale,  e'  stato
 collocata nell'ultimo comma di un articolo contenente disposizioni di
 contenuto particolare. E con cio', essa si palesa come  evidente  (ed
 abusato)   espediente   per   lasciare   indeterminati  i  limiti  di
 applicabilita' del testo legislativo e cercare  di  salvaguardare  il
 testo  stesso  da  censure di illegittimita' costituzionale. Ma posto
 appunto che alla regione Valle  d'Aosta  non  si  puo'  applicare  il
 riferimento alla copertura di spesa mediante le entrate tributarie di
 cui all'art. 6 della legge 14 giugno 1990, si evidenzia un ulteriore,
 e  non  meno  rilevante,  profilo  di  illegittimita'  costituzionale
 dell'impugnato decreto-legge, anche in relazione al sopra  menzionato
 art. 81 della Costituzione.
    3.  -  L'impugnato  decreto attribuisce alle regioni, ivi compresa
 alla ricorrente regione autonoma  Valle  d'Aosta,  la  maggior  parte
 degli  oneri  necessari al ripianamento del disavanzo del S.S.N. che,
 come si e' visto, esula dalle  materie  di  competenza  normativa,  e
 quindi anche amministrativa, della regione ricorrente.
    Lo  Stato  non  solo  non  fornisce  i mezzi per far fronte a tali
 oneri, ma, per di piu', stante l'inapplicabilita' degli  altri  mezzi
 di  copertura  generalmente previsti, impone alle regioni autonome la
 vendita del  patrimonio  disponibile.  A  prescindere  dalla  mancata
 soddisfazione,  piu'  sopra illustrata, delle condizioni richieste in
 ordine alla copertura finanziaria  dall'art.  81  della  Costituzione
 (stante  la natura futura ed incerta delle entrate cosi' ricavabili),
 va evidenziato che,  per  di  piu',  si  tratta  di  una  illegittima
 violazione della sfera di autonomia e di discrezionalita' che compete
 anche e soprattutto alle regioni  autonome  nell'adozione  anche  del
 proprio  indirizzo  amministrativo.  Ed  in  effetti,  ai  sensi  del
 combinato disposto degli artt. 4, primo comma, e 3,  lettera  f)  del
 proprio   statuto   speciale,   spetta  alla  regione  Valle  d'Aosta
 l'esercizio della potesta' amministrativa  sulle  finanze  regionali.
 Non  pare revocabile in dubbio che l'elemento caratterizzante di tale
 potesta' sia la discrezionalita'  (cfr.  per  tutti:  Virga,  Diritto
 amministrativo,  I,  I  principi',  Milano,  1983, 3-4): ebbene, tale
 potesta' viene ad  essere  illegittimamente  compressa  dall'art.  3,
 terzo  comma,  dell'impugnato decreto, che, come si e' visto, vincola
 la  regione  Valle  d'Aosta  all'alienazione  dei  beni  del  proprio
 patrimonio  disponibile,  per ottenere disponibilita' finanziarie che
 dovrebbero invece esserle fornite dallo Stato.
    Fra  l'altro  l'impugnato decreto appare anche in contrasto con la
 previsione dell'art. 12, terzo comma, dello statuto speciale  secondo
 cui  "per  provvedere  a  scopi  determinati  che non rientrino nelle
 funzioni normali della Valle, lo  Statuo  assegna  alla  stessa,  per
 legge,  contribuiti  speciali". Come si e' visto, il ripianamento del
 disavanzo delle  uu.ss.ll.  (ed  anzi,  in  genere  l'erogazione  dei
 servizi  sanitari  secondo  le modalita' della legge n. 833/1978) non
 rientrano nelle funzioni della ricorrente  regione;  il  ripianamento
 del   disavanzo  della  u.s.l.  sarebbe  stato  comunque  uno  "scopo
 determinato" estraneo alle "funzioni normali della Valle"  e  sarebbe
 stato  percio' rispettoso della norma statutaria soprarichiamata solo
 se accompagnato da corrispondente contributo speciale. E quindi anche
 sotto   tale  ulteriore  profilo  l'impugnato  decreto-legge  risulta
 costituzionalmente illegittimo.