ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio promosso con ricorso della Regione Piemonte notificato il 7 giugno 1990, depositato in Cancelleria il 16 giugno successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito dell'ordinanza del Presidente della Giunta regionale della Valle d'Aosta del 15 marzo 1990, n. 342, con la quale e' stato disposto il divieto di introduzione nel territorio della Regione Valle d'Aosta di ovini e caprini provenienti da altre regioni italiane ed iscritto al n. 19 del registro conflitti 1990; Visto l'atto di costituzione della Regione Valle d'Aosta; Udito nell'udienza pubblica del 13 novembre 1990 il Giudice relatore Antonio Baldassarre; Uditi gli Avvocati Valerio Onida per la Regione Piemonte e Mario Alu' per la Regione Valle d'Aosta; Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato la Regione Piemonte ha sollevato conflitto di attribuzione contro la Regione Valle d'Aosta in relazione all'ordinanza del Presidente della Giunta di quest'ultima Regione 15 marzo 1990, n. 342, con la quale e' stato disposto, limitatamente alla pratica della monticazione per l'anno 1990, il divieto di introduzione nel territorio della stessa Regione di ovini e caprini provenienti da altre regioni italiane. Secondo la ricorrente, l'ordinanza impugnata interferirebbe illegittimamente sulle competenze ad essa costituzionalmente assicurate, violando l'art. 120 della Costituzione sotto tre distinti profili. Il provvedimento impugnato si porrebbe, innanzitutto, in contrasto con l'art. 120 della Costituzione, in relazione all'art. 2 (recte: 1), ultimo comma, del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, e agli artt. 27, lett. l, e 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonche' alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, i quali, nell'ambito della sub-materia della polizia veterinaria, hanno trasferito alle regioni le funzioni di igiene e di assistenza veterinaria, ivi comprese la profilassi, l'ispezione, la polizia e la vigilanza sugli animali e sulla loro alimentazione, nonche' sugli alimenti di origine animale. Ad avviso della ricorrente, dal momento che l'art. 120, secondo comma, della Costituzione porrebbe un divieto assoluto di adozione da parte delle regioni di provvedimenti che ostacolino "in qualsiasi modo" la libera circolazione delle persone e delle cose tra le regioni stesse, l'ordinanza impugnata, oltre a violare testualmente la predetta norma costituzionale (la quale sembra vietare qualsiasi provvedimento limitativo della circolazione, comunque motivato e per qualsivoglia ragione assunto), metterebbe nel nulla le richiamate competenze regionali in materia di polizia veterinaria, competenze peraltro gia' esercitate dalla Regione Piemonte con d.P.G.R. 21 marzo 1985, n. 2585, che ha confermato l'obbligatorieta' della vaccinazione contro la brucellosi e il divieto di transumanza delle greggi non indenni da brucellosi. In secondo luogo, l'ordinanza impugnata contrasterebbe con l'art. 120, secondo comma, della Costituzione, in quanto quest'ultimo risulterebbe violato mediatamente per effetto della violazione di numerose norme interposte, quali le disposizioni poste in materia di polizia veterinaria dal d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320 (artt. 41, 42, 44, 105, 106, 107, 109, 110 e 111), gli artt. 6 e 7 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, le norme di attuazione dello Statuto speciale della Valle d'Aosta contenute nell'art. 38 del d.P.R. 22 febbraio 1982, n. 182, l'art. 2 della legge regionale della Valle d'Aosta 11 maggio 1981, n. 24 (che stabilisce norme sull'esercizio delle funzioni amministrative in materia veterinaria ai sensi degli artt. 16 e 32 della legge n. 833 del 1978), e, infine, il "Piano nazionale per la profilassi della brucellosi ovina e caprina" approvato con decreto ministeriale 4 giugno 1968 e modificato con decreti ministeriali 9 agosto 1971, 15 giugno 1976, 15 dicembre 1976, 28 aprile 1979, 15 aprile 1981 e 6 novembre 1981. Piu' in particolare, ad avviso della ricorrente, pur a non voler ritenere che il divieto posto dall'art. 120 della Costituzione sia assoluto e che esso debba esser bilanciato con altri interessi costituzionalmente garantiti, si dovrebbe tuttavia riconoscere che in ipotesi non si riscontrano altri interessi con cui bilanciare quel divieto. In ogni caso, continua la ricorrente, non sembra che l'ordinanza impugnata sia stata adottata legittimamente per il fatto che gli artt. 106 e 107 del d.P.R. n. 320 del 1954 non contemplano tra i possibili provvedimenti da adottare i divieti di spostamento di animali e, tantomeno, divieti generici e generali come quello impugnato, ma prevedono solamente provvedimenti profilattici, di controllo e certificazione sanitaria, nonche' divieti singoli e motivati di circolazione. Inoltre, mentre il ricordato "Piano nazionale per la profilassi della brucellosi", pur prevedendo interventi cautelari relativamente al pascolo e alla circolazione degli ovini e dei caprini, ne affida la competenza al Ministro della sanita' ove riguardino piu' province o l'intero territorio nazionale (sempreche' si riferiscano ad allevamenti che non risultino "ufficialmente indenni" o "indenni" da brucellosi), la legge della Valle d'Aosta n. 24 del 1981 affida alle Unita' sanitarie locali le funzioni in materia veterinaria non espressamente riservate allo Stato o alla regione e, quindi, riguardanti questioni di portata infraregionale. In terzo luogo, sempre a giudizio della ricorrente, l'ordinanza impugnata lederebbe l'art. 120 della Costituzione in relazione all'art. 32 della legge n. 833 del 1978 e all'art. 4 della gia' ricordata legge regionale della Valle d'Aosta n. 24 del 1981, i quali comportano l'assoluta incompetenza del Presidente della Giunta regionale ad adottare atti come l'ordinanza oggetto del presente giudizio. Infatti, dovendo ritenere, in assenza di qualsiasi indicazione espressa, che quest'ultima sia stata adottata nell'esercizio del potere di emanare provvedimenti contingibili e urgenti in materia di igiene e sanita' pubblica e di polizia veterinaria ai sensi dell'art. 32 della legge n. 833 del 1978 e dell'art. 4 della legge regionale n. 24 del 1981, si dovrebbe concludere che l'ordinanza impugnata non rientra nella competenza del Presidente regionale, bensi' in quella del Ministro della sanita', dal momento che essa, nel vietare l'ingresso nel territorio regionale agli ovini e ai caprini provenienti da altre regioni (ma in sostanza dalla sola Regione Piemonte), riguarda in realta' la circolazione tra una regione e un'altra o, piu' precisamente, un'attivita' relativa a una parte del territorio nazionale comprendente piu' regioni. In altre parole, poiche' l'atto impugnato ha come destinatari coloro che si trovano fuori del luogo rispetto al quale vige il divieto di introduzione di animali, esso eccede l'ambito territoriale con riferimento al quale possono essere adottate da parte del Presidente della Giunta della Valle d'Aosta le ordinanze contingibili e urgenti. In ogni caso, conclude la ricorrente, il provvedimento impugnato - che appare viziato da eccesso di potere per carenza di presupposti, incongruenza, irragionevolezza, difetto di istruttoria e di motivazione - lederebbe le competenze della Regione Piemonte (la sola confinante con la Valle d'Aosta) in quanto colpisce indiscriminatamente gli ovini e i caprini provenienti da altre regioni senza distinguere tra animali (o allevamenti) indenni da brucellosi e quelli non indenni e senza dare piena e assoluta certezza delle ragioni che hanno indotto l'autorita' sanitaria a operare nel modo censurato, tenendo conto che in Piemonte non si e' verificata alcuna epidemia di brucellosi. La ricorrente chiede, dunque, l'annullamento dell'ordinanza impugnata, previa sospensione della stessa. 2. - Si e' regolarmente costituita in giudizio la Regione Valle d'Aosta per eccepire l'inammissibilita' del ricorso e, comunque, per chiedere che ne sia dichiarata l'infondatezza. Sotto il primo profilo, la resistente osserva che la Regione Piemonte non rivendica a se' le competenze esercitate attraverso l'atto impugnato, ma si limita a contestarne la legittimita'. Piu' in particolare, posto che la ricorrente pone l'alternativa in base alla quale gli ordinari poteri di polizia veterinaria spettano alle Unita' sanitarie locali, se di portata infraregionale, ovvero al Ministro della sanita', se di portata interregionale o nazionale, e posto che nel primo caso non puo' ipotizzarsi un conflitto con la Regione Valle d'Aosta trattandosi di Unita' sanitarie locali valdostane, se ne deduce che in realta' il conflitto dovrebbe essere sollevato dallo Stato. Riguardo al merito delle contestazioni sollevate, premesso che la brucellosi e' una malattia grave e molto diffusa tra il bestiame ovino e caprino, la quale e' di facile contagio e il cui controllo richiede terapie di lunga durata, la resistente osserva che, come ha affermato questa Corte nella sentenza n. 12 del 1963, il divieto posto dall'art. 120 della Costituzione non e' assoluto e, pertanto, non lo si puo' ritenere violato di fronte all'esistenza di gravi e urgenti ragioni giustificative di limiti e divieti alla circolazione di persone e cose tra regione e regione, tanto piu' quando questi, come nel caso, non hanno alternative sanitariamente idonee onde evitare i gravi pericoli di diffusione della malattia in conseguenza della usuale pratica della monticazione e tanto piu' che la stessa difesa della Regione Piemonte ammette che il 24 per cento del bestiame esistente nel proprio territorio non e' indenne da brucellosi. 3. - La trattazione dell'istanza di sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato veniva fissata per la Camera di Consiglio del 26 settembre 1990, in prossimita' della quale le parti hanno presentato memorie. Poiche' la Regione Piemonte ha rinunziato alla istanza di sospensiva e poiche' la Regione Valle d'Aosta ha riconosciuto che l'eventuale sospensione dell'atto sarebbe stata inidonea ad arrecare alcun beneficio alla ricorrente, considerato che il provvedimento impugnato ha efficacia solo per l'anno 1990 e la pratica della monticazione si svolge unicamente d'estate, la Corte ha rinviato il giudizio all'udienza del 13 novembre 1990 per la discussione pubblica del conflitto di attribuzione. 4. - In prossimita' dell'udienza le parti hanno presentato ulteriori memorie difensive. 4.1. - La Regione Piemonte, in replica all'eccezione di inammissibilita' della resistente, afferma che il conflitto proposto non ha ad oggetto una vindicatio potestatis, ma un cattivo esercizio del potere spettante alla Regione Valle d'Aosta (sempreche' questo sia ritenuto esistente), che si assume lesivo delle proprie competenze sotto un duplice profilo. Innanzitutto, ad avviso della ricorrente, occorre considerare che in uno Stato regionale il territorio non viene in questione soltanto come sfera spaziale entro la quale le regioni possono esercitare le loro funzioni, ma anche come ambito che non puo' mai costituire un limite alla liberta' di circolazione delle persone e delle cose. Quest'ultimo aspetto - il quale e' garantito per i profili qui interessanti dall'art. 120, secondo comma, della Costituzione - comporta in capo a ogni regione la titolarita' di una situazione soggettiva costituzionalmente tutelata a che un'altra regione non adotti nei suoi confronti provvedimenti limitativi della libera circolazione di persone e cose. E, poiche' l'art. 120 della Costituzione e' norma applicativa dei principi posti dall'art. 5 della Costituzione, esso costituisce una situazione soggettiva a favore dello Stato e, nello stesso tempo, di ogni singola regione, per la cui tutela, quindi, sia lo Stato che le regioni sono abilitati a ricorrere. Infatti, soggiunge la ricorrente, l'unita' dello Stato dev'esser, certo, considerata interesse dello Stato stesso, ma costituisce anche un'ineliminabile e imprescindibile componente dell'autonomia regionale, in mancanza della quale sarebbe messo in pericolo lo stesso assetto unitario dello Stato sotto il profilo solidaristico. Per altro aspetto, poi, la lesione delle competenze della ricorrente deriverebbe dal fatto che il provvedimento impugnato porrebbe nel nulla i risultati dei controlli sulle malattie degli animali, che la Regione Piemonte esercita in virtu' delle competenze che l'art. 117 della Costituzione ha conferito ad essa in materia di agricoltura, materia nella quale, grazie al d.P.R. n. 616 del 1977, sono ricomprese la zootecnia e la polizia veterinaria. Quanto al merito del conflitto, la ricorrente sottolinea innanzitutto che l'ordinanza impugnata si pone in diretto e palmare contrasto con l'art. 120, secondo comma, della Costituzione, in quanto con provvedimento generico e generalizzato impedisce l'introduzione di ovini e caprini nella Regione Valle d'Aosta. Ne' si potrebbe dire, sempre ad avviso della ricorrente, che gravi e urgenti ragioni di carattere sanitario giustificherebbero l'esercizio di un potere di deroga al divieto sancito dall'art. 120 della Costituzione, dal momento che la rigorosa formulazione di quest'ultimo articolo (divieto di provvedimenti che ostacolino "in qualsiasi modo" la libera circolazione) induce a ritenere che solo lo Stato potrebbe eventualmente emanare provvedimenti derogatori, essendo la regione nient'altro che la destinataria di quel divieto e non potendo un atto limitativo della circolazione tra regione e regione riguardare altro che un ambito interregionale. Ne', secondo la ricorrente, avrebbe valore invocare la tesi dottrinale secondo cui la regione potrebbe limitare la circolazione delle persone e delle cose in nome di altri interessi costituzionalmente garantiti e, in particolare, per ragioni di carattere sanitario, sia perche' tale tesi si richiamerebbe palesemente all'art. 16 della Costituzione sulla liberta' di circolazione delle persone, liberta' che significativamente potrebbe essere limitata per motivi sanitari solo dallo Stato e con legge generale, sia perche' si appoggerebbe su una decisione di questa Corte (n. 12 del 1963), che sarebbe mal invocata poiche' in quel caso il temporaneo divieto di circolazione del bene proveniva dal proprietario dello stesso bene. Sull'asserita illegittimita' dell'ordinanza impugnata la ricorrente aggiunge che, per costante insegnamento giurisprudenziale, le ordinanze di necessita' abbisognano di una rigorosa motivazione e devono essere fondate su dati di fatto certi, conosciuti e resi palesi: di tutto cio', sostiene la ricorrente, non vi sarebbe traccia in tal caso. Infine, la Regione Piemonte ricorda le norme comunitarie sulla libera circolazione fra regione e regione e sulla eradicazione della brucellosi, sottolineando in particolare, come sostenuto nella recente decisione del Consiglio delle Comunita' Europee n. 90/242 del 21 maggio 1990, che i provvedimenti di divieto in tema di libera circolazione delle cose non possono essere generici. 4.2. - Nelle proprie memorie la Regione Valle d'Aosta insiste, innanzitutto, sulla inammissibilita' del ricorso, sottolineando che nel caso non sussisterebbe ne' una vindicatio potestatis, ne' una menomazione delle competenze regionali di ordine costituzionale: circostanza, quest'ultima, ammessa dalla stessa ricorrente quando afferma che l'ordinanza impugnata sarebbe di competenza dell'Unita' sanitaria locale valdostana ovvero del Ministro della sanita'. Nel merito del conflitto, la resistente, ribadendo che gravi e urgenti ragioni, sorrette da interessi costituzionalmente apprezzabili, permettono di porre limiti e divieti alla circolazione di persone e cose tra regione e regione, ricorda che in dottrina si e' vista un'applicazione di tale tesi in una decisione di questa Corte (n. 12 del 1963), che ha ritenuto legittimi atti che, pur sottraendo determinati beni economici al libero movimento, sono stati considerati tali da non aver ripercussioni dannose sulla produzione nazionale. Nel caso, continua la resistente, l'interesse costituzionale giustificativo di limiti alla libera circolazione di animali sarebbe dato da una grave situazione sanitaria, tale da richiedere un'intervento tempestivo e urgente diretto a prevenire i pericoli di diffusione della brucellosi. Ne' si puo' dire, conclude la resistente, che il provvedimento impugnato sia generico e indiscriminato, poiche', considerato il suo carattere preventivo, non poteva essere adottato che in via generale, non potendosi determinare con sicurezza i capi e le greggi portatori del morbo ed essendo impossibile un controllo dettagliato a fronte di un rilevante ingresso di animali per la monticazione. Sotto tale aspetto, dunque, non potrebbe dubitarsi della ragionevolezza e della congruenza dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. - La Regione Piemonte ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Regione a statuto speciale Valle d'Aosta per avere il Presidente della Giunta di quest'ultima Regione adottato l'ordinanza 15 marzo 1990, n. 342, con la quale e' stato disposto, limitatamente alla pratica della monticazione per l'anno 1990, il divieto di introduzione nel territorio valdostano di "ovini e caprini provenienti da altre regioni italiane". Ad avviso della ricorrente, la suddetta ordinanza violerebbe l'art. 120, secondo comma, della Costituzione, per il quale ciascuna regione "non puo' adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le regioni" stesse, sotto i seguenti profili: a) per diretto e palese contrasto con il divieto ivi stabilito, avendo la Regione Valle d'Aosta adottato un provvedimento generico e generalizzato, limitativo della circolazione di animali fra le regioni in deroga all'assolutezza del divieto stesso o, comunque, in base a motivi che non avrebbero alcuna giustificazione costituzionale; b) per violazione delle norme interposte che hanno trasferito alle regioni le funzioni di polizia e di vigilanza veterinaria (art. 27, lett. l, e 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonche' legge 23 dicembre 1978, n. 833), ritenendosi, da parte della ricorrente, che le funzioni di cui questa e' titolare siano state vanificate dal provvedimento impugnato; c) per contrasto con ulteriori norme interposte e, in particolare, con gli artt. 106 e 107 del d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, e con gli artt. 6, 7 e 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in base ai quali provvedimenti, come quelli impugnati, che interessano necessariamente piu' regioni, dovrebbero spettare allo Stato e, in ogni caso, esorbiterebbero dalle competenze della sola Regione Valle d'Aosta; d) per violazione del limite territoriale, avendo l'ordinanza impugnata come suoi destinatari soggetti che inevitabilmente si trovano fuori del territorio regionale e nei confronti dei quali, pertanto, non potrebbero essere adottati provvedimenti restrittivi di qualsiasi genere. La Regione Valle d'Aosta ha preliminarmente proposto un'eccezione di inammissibilita' basata sulla addotta mancanza di interesse della ricorrente a contestare una competenza che, come assume la stessa Regione Piemonte, dovrebbe spettare a un'autorita' sovraregionale e, segnatamente, al Ministro della sanita'. 2. - L'eccezione d'inammissibilita' non e' fondata. Il conflitto di attribuzione oggetto di questo giudizio e' stato sollevato dalla Regione Piemonte nei confronti della Regione Valle d'Aosta in riferimento all'art. 120, comma secondo, della Costituzione, il quale vieta a ciascuna regione di "adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le regioni". Si tratta di una disposizione che, se, per un verso, pone un limite all'esercizio delle competenze legislative e amministrative di tutte le regioni, per altro verso, invece, attribuisce a ciascuna regione un interesse costituzionalmente protetto a che un'altra regione non adotti provvedimenti diretti a limitare la libera circolazione delle persone e delle cose sottoposte al proprio potere, menomando cosi' il pieno sviluppo dell'autonomia e delle posizioni costituzionali che il citato art. 120 ha riconosciuto a ciascuna di esse. Di fronte a un'ordinanza che limita la circolazione degli animali fra le altre regioni e la Valle d'Aosta, non si puo' negare, pertanto, che il Piemonte - il quale confina con la Valle d'Aosta sia legittimato ad agire in giudizio per la tutela di un interesse riconducibile alla propria posizione costituzionale di ente autonomo legato agli altri enti dello stesso tipo da rapporti di rispetto reciproco e da vincoli di solidarieta' e di cooperazione. Infatti, come ha affermato questa Corte nella sentenza n. 12 del 1963, l'art. 120 della Costituzione esprime un principio fondamentale necessario a garantire i valori basilari dell'unita'-indivisibilita' e del pluralismo autonomistico, solennemente dichiarati dall'art. 5 della Costituzione ("La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali"). In ragione di tale connessione, l'interesse costituzionale alla libera circolazione delle persone e delle cose protetto dall'art. 120 fonda in ciascuna regione una legittimazione ad agire in giudizio a tutela della propria posizione costituzionale di ente autonomo nell'ambito di un sistema decentrato, solidale e cooperativo, cosi' come sta a base di un'analoga e concorrente legittimazione dello Stato a protezione dell'unita' e indivisibilita' della Repubblica. 3. - Il ricorso merita l'accoglimento. Contrariamente a quanto sostiene in tesi principale la ricorrente, il divieto imposto a ciascuna regione dall'art. 120, secondo comma, della Costituzione, relativo all'adozione di provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra regione e regione, non comporta una preclusione assoluta, per gli atti regionali, di stabilire limiti al libero movimento delle persone e delle cose. Il potere delle regioni di disciplinare e, quindi, di limitare la libera circolazione dei soggetti umani e dei beni e', infatti, connaturato allo svolgimento dell'autonomia politica e amministrativa delle regioni stesse. Sicche' quel potere non puo' essere escluso tutte le volte che le disposizioni costituzionali che regolano il libero movimento delle persone o delle cose ammettono che la relativa disciplina possa essere posta anche da atti di esercizio delle competenze costituzionalmente spettanti alle regioni. Piu' precisamente, nella misura in cui l'art. 16 della Costituzione autorizza anche interventi regionali limitativi della liberta' di circolazione delle persone e nella misura in cui altre norme costituzionali, principalmente gli artt. 41 e 42 della Costituzione, ammettono che le limitazioni ivi previste alla libera circolazione dei beni possano essere poste anche con atti regionali, non puo' negarsi che la regione, per la parte in cui legittimamente concorre all'attuazione dei valori costituzionali contrapposti a quelle liberta', possa stabilire limiti alla libera circolazione delle persone e delle cose. Questa affermazione, in qualche modo gia' presente nella sentenza n. 12 del 1963 di questa Corte, presuppone che gli "ostacoli", di cui parla l'art. 120, secondo comma, della Costituzione, consistano in limiti che senza alcun fondamento costituzionale finiscono per restringere in qualsiasi modo il libero movimento delle persone e delle cose fra una regione e l'altra. Cio' significa, in somma sintesi, che l'esigenza di una disciplina regionale differenziata non puo' spingersi fino al punto di porre barriere o impedimenti ingiustificati e arbitrari alla libera circolazione delle persone e delle cose fra le regioni. Da tali premesse deriva che, al fine di verificare se l'ordinanza impugnata abbia violato l'art. 120 della Costituzione e abbia consequenzialmente menomato l'autonomia costituzionalmente garantita ad altre regioni, occorre procedere a uno scrutinio articolato in tre gradi. Piu' precisamente, occorre esaminare: a) se si sia in presenza di un valore costituzionale in relazione al quale possano essere posti limiti alla libera circolazione delle cose o degli animali; b) se, nell'ambito del suddetto potere di limitazione, la regione possegga una competenza che la legittimi a stabilire una disciplina differenziata a tutela di interessi costituzionalmente affidati alla sua cura; c) se il provvedimento adottato in attuazione del valore suindicato e nell'esercizio della predetta competenza sia stato emanato nel rispetto dei requisiti di legge e abbia un contenuto dispositivo ragionevolmente commisurato al raggiungimento delle finalita' giustificative dell'intervento limitativo della regione, cosi' da non costituire in concreto un ostacolo arbitrario alla libera circolazione delle cose fra regione e regione. 4. - L'ordinanza del Presidente della Giunta della Regione Valle d'Aosta 15 marzo 1990, n. 342, vieta, limitatamente alla pratica della monticazione per l'anno 1990, l'introduzione nel territorio della Regione stessa di ovini e caprini provenienti da altre regioni italiane, motivando tale divieto con l'esigenza di proteggere i propri allevamenti dal contagio della brucellosi causato da animali provenienti da altre regioni. In altri termini, l'interesse che l'ordinanza impugnata mira a tutelare e' quello della sanita', che nel caso viene in questione sotto l'aspetto della polizia veterinaria o, piu' precisamente, sotto il profilo delle misure di prevenzione vo'lte a proteggere gli allevamenti valdostani dal pericolo di contagio della brucellosi da parte di ovini e caprini provenienti da altre regioni. Non vi puo' esser dubbio che la sanita' rappresenti un interesse costituzionalmente protetto che puo' fungere da "limite" rispetto al diverso interesse alla libera circolazione delle cose e degli animali fra le regioni, tutelato dall'art. 120 della Costituzione. Cio' significa che la liberta' di movimento dei beni tra una zona e l'altra del territorio nazionale - garantita in via generale dall'art. 41 della Costituzione e, per quel che concerne il potere di limitazione regionale, dall'art. 120 della stessa Costituzione - dev'esser bilanciata con un complesso di interessi costituzionalmente protetti, riconducibili a diritti fondamentali o a valori collettivi di carattere primario, fra i quali rientrano sicuramente la salute pubblica e, come fine di utilita' sociale, la conservazione e lo sviluppo del patrimonio zootecnico. Questa affermazione e', del resto, suffragata dal rilievo che i poteri pubblici di profilassi veterinaria sono, in ultima analisi, strumentali alla protezione della salute pubblica e, pertanto, sono preordinati all'attuazione del valore che l'art. 32 della Costituzione tutela, oltreche' come diritto inviolabile della persona, come interesse primario della collettivita' (v., da ultimo, sentt. nn. 307 e 455 del 1990). Inoltre, non si puo' trascurare che, poiche' la sanita' e' garantita dall'art. 16 della Costituzione come bene pubblico la cui tutela puo' importare limiti al diritto fondamentale di ogni persona di circolare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, a fortiori deve ritenersi che lo stesso interesse costituzionale della sanita' pubblica possa comportare limiti o restrizioni alla libera circolazione delle cose e degli animali tra regione e regione. 5. - Ai sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e della legge 23 dicembre 1978, n. 833, la regione detiene funzioni in materia di sanita' pubblica che, con specifico riferimento alla polizia veterinaria, la legittimano a disciplinare e a limitare la circolazione degli animali al fine di tutelare interessi regionali o locali affidati alla sua cura. L'art. 27, lettera l, del d.P.R. n. 616 del 1977, infatti, aveva gia' individuato tra le funzioni comprese nella materia assistenza sanitaria e ospedaliera quelle relative alla "igiene e assistenza veterinaria, ivi compresa la profilassi, l'ispezione, la polizia e la vigilanza sugli animali e sulla loro alimentazione, nonche' sugli alimenti di origine animale", mentre l'art. 14, lettera p, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, ha poi attribuito alle Unita' sanitarie locali le relative competenze. L'art. 66 del citato decreto ha, inoltre, precisato che nella materia dell'agricoltura e foreste sono ricomprese le attivita' zootecniche e l'allevamento di qualsiasi specie di animali, compresi il miglioramento e l'incremento zootecnico, nonche' i servizi di diagnosi delle malattie trasmissibili degli animali. L'art. 32, terzo comma, della legge n. 833 del 1978 ha, infine, conferito al Presidente della Giunta regionale il potere di adottare ordinanze di carattere contingibile e urgente in materia di polizia veterinaria, aventi un'efficacia estesa al territorio della regione. L'atto in relazione al quale e' stato sollevato l'attuale conflitto di attribuzione ha il proprio diretto fondamento nell'appena citato art. 32, terzo comma, della legge n. 833 del 1978. Si tratta, infatti, di un'ordinanza contingibile e urgente che il Presidente della Giunta della Regione Valle d'Aosta ha adottato al dichiarato scopo di sospendere, per la pratica della monticazione da svolgersi nella estate 1990, l'ingresso nel territorio regionale di ovini e caprini provenienti da altre regioni, onde prevenire occasioni di contagio della brucellosi a danno dei propri allevamenti. 6. - Contrariamente a quel che suppone la ricorrente, non puo' essere contestata l'attribuzione del suddetto potere di ordinanza al Presidente della Giunta valdostana, in considerazione del rilievo che l'art. 32, primo comma, della legge n. 833 del 1978 conferisce il predetto potere al Ministro della sanita' ogni volta che il relativo provvedimento debba riferirsi "all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente piu' regioni". In realta', cio' che rileva ai fini della determinazione spaziale del potere in contestazione e della correlativa ripartizione di competenze fra Stato e regioni e' l'ambito di applicazione proprio del provvedimento stesso - ambito che nel caso coincide con l'intero territorio regionale -, e non gia' la produzione degli effetti limitativi che si riverberano su soggetti che si trovino in regioni diverse. Il potere di ordinanza regionale a fini di polizia veterinaria e', infatti, preordinato alla tutela della sanita' degli animali appartenenti alla regione titolare di quel medesimo potere. Sicche', come questa Corte ha affermato in via di principio (v. sent. n. 201 del 1987), ove la concreta situazione di fatto cui occorre far fronte lo richieda (come, ad esempio, nel caso di una totale e accertata sanita' del proprio bestiame e di una diffusione di malattie infettive a carattere epizootico nelle restanti regioni), non si puo' escludere, al fine di proteggere la sanita' del patrimonio zootecnico o di alcune specie di animali sottoposti alle proprie competenze, che una certa regione possa impedire l'ingresso nel proprio territorio di determinati animali provenienti da altre regioni. Per i profili considerati, non si puo' condividere il dubbio che l'ordinanza impugnata non rientri fra i poteri che l'art. 32, terzo comma, della legge n. 833 del 1978, attribuisce al Presidente della Giunta regionale, poteri che concernono l'adozione, in materia di polizia veterinaria, di provvedimenti di carattere contingibile e urgente, aventi come proprio ambito di applicazione il territorio regionale o parte di esso comprendente piu' comuni. 7. - Cio' non di meno, l'ordinanza del Presidente della Giunta valdostana, oggetto del conflitto di attribuzione in esame, costituisce un cattivo esercizio del potere previsto dal citato art. 32, terzo comma, della legge n. 833 del 1978 e pertanto comporta, sotto l'aspetto considerato, una menomazione dell'autonomia e delle posizioni garantite dall'art. 120 della Costituzione a ciascuna delle altre regioni. Il potere di ordinanza disciplinato dall'art. 32, appena menzionato, e' un potere di necessita' e di urgenza che, comportando una deroga eccezionale all'ordinario regime degli atti normativi e amministrativi, puo' essere svolto in casi di particolare gravita' tassativamente previsti dalla legge. In relazione al caso sottoposto a questo giudizio, esso autorizza il Presidente della Giunta regionale ad adottare, nei limiti spaziali della propria competenza, tutte le misure ritenute indispensabili al fine di prevenire pericoli gravi alla sanita' degli animali in presenza di diffusi e attuali fenomeni epizootici. Cio' significa che, allo scopo di non rientrare fra i provvedimenti regionali impositivi di limiti arbitrari e irragionevoli alla libera circolazione delle cose, vietati dall'art. 120 della Costituzione, l'ordinanza impugnata avrebbe dovuto essere adottata, innanzitutto, in presenza di una situazione fattuale di necessita' e urgenza, involgente gravi pericoli alla accertata sanita' del patrimonio zootecnico regionale; essa, inoltre, avrebbe dovuto contenere le misure strettamente necessarie rispetto al fine di prevenire la diffusione del contagio fra le specie animali soggette alla epizoozia indicata. Ma, poiche' ne' l'una circostanza appare minimamente provata, ne' l'altro requisito appare rispettato, l'ordinanza del Presidente della Giunta regionale valdostana, oggetto dell'attuale giudizio, si risolve in un esercizio illegittimo del potere di necessita' e di urgenza previsto dall'art. 32, terzo comma, della legge n. 833 del 1978, un esercizio che comporta una menomazione dell'autonomia costituzionalmente garantita alle altre regioni. Piu' in particolare, nell'ordinanza impugnata non sussiste alcun elemento che possa indurre a ritenere che, quando essa fu emanata, si era in presenza di una situazione di fatto che, per la gravita' del pericolo di contagio nei confronti di allevamenti sicuramente sani e per la necessita' e urgenza del provvedere, fosse tale da costituire una sufficiente giustificazione per l'esercizio del potere attribuito al Presidente della Giunta regionale dal ricordato art. 32. Nella premessa dell'ordinanza, infatti, c'e' soltanto un generico riferimento alla "particolare situazione sanitaria degli allevamenti della nostra regione per quanto attiene all'infezione di natura brucellare" e al particolare rischio di contagio che gli animali al pascolo corrono nel periodo estivo, nonche' un generale richiamo alla maggiore possibilita' di trasmissione della brucellosi fra gli ovini e i caprini rispetto a quella riscontrabile presso altri animali. Inoltre, nella parte dispositiva, l'ordinanza impugnata contiene un divieto che colpisce indiscriminatamente tutti gli ovini e i caprini provenienti da altre regioni italiane, e non gia' soltanto gli allevamenti o gli animali che non siano stati qualificati come indenni o ufficialmente indenni dalla brucellosi da parte delle autorita' legittimamente investite in ciascuna regione dei relativi poteri di accertamento. Sicche', anche sotto questo ulteriore profilo, l'atto impugnato impone un divieto arbitrario e contrario al principio di cooperazione, essendo quel divieto sproporzionato e privo di ogni ragionevole connessione rispetto alle finalita' che, in base all'art. 32 della legge n. 833 del 1978, giustificano l'esercizio del potere di ordinanza attribuito al Presidente della Giunta regionale in materia di polizia veterinaria. In relazione al complesso delle ragioni appena indicate, l'ordinanza oggetto dell'attuale conflitto di attribuzione si rivela direttamente contrastante con l'art. 120, secondo comma, della Costituzione, dal momento che contiene misure le quali, violando il divieto costituzionale di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione dei beni fra le regioni, finiscono per prevedere un arbitrario privilegio a favore degli allevatori valdostani. Resta assorbito ogni altro profilo di ricorso proposto dalla Regione Piemonte.