Ricorso della regione Lombardia, in persona del presidente della giunta regionale ing. Giuseppe Giovenzana, autorizzato con delibera della giunta regionale n. 14594 del 5 novembre 1991, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, largo della Gancia, 1, come da delega in calce al presente atto, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 1 secondo e terzo comma, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 27, 29, 30, 31, 32, 33, 36, 39, primo comma, lettera a), 41 e 43, primo comma, della legge 5 ottobre 1991, n. 317, pubblicata nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 237 del 9 ottobre 1991, e recante "Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese". La legge n. 317/1991 disciplina un insieme complesso e articolato di interventi finanziari di agevolazione delle piccole imprese. Ai sensi dell'art. 1, secondo comma, della legge, si definisce "piccola impresa industriale" quella avente non piu' di 200 dipendenti e 20 miliardi di lire di capitale investito; "piccola impresa commerciale e piccola impresa di servizi, anche del terziario avanzato" quella avente non piu' di 75 dipendenti e 7,5 miliardi di lire di capitale investito. Gia' tale definizione, operata in base ai soli elementi dimensionali, ricomprende nell'area dei destinatari delle agevolazioni disposte dalla legge stessa sia le imprese industriali, sia le imprese commerciali, sia quelle di servizi, operanti in qualsiasi campo; quindi anche le imprese operanti in settori rientranti nell'ambito della competenza della Regione come il turismo o i trasporti di interesse regionale; dall'altro lato, vi ricomprende anche le imprese artigiane, che, secondo la definizione degli articoli 3 e 4 della legge quadro 8 agosto 1983, n. 443, hanno dimensioni inferiori a quelle indicate come limite dal citato art. 1, secondo comma. Per altro verso l'art. 1, terzo comma, della legge, individuando in particolare l'area delle imprese destinatarie delle agevolazioni di cui agli articoli 6, 7, 8 e 12 della legge stessa, vi include sia le piccole imprese industriali o di servizi", definite le ultime, questa volta piu' restrittivamente, come "quelle che operano nei settori dei servizi tecnici di studio, progettazione e coordinamento di infrastrutture e impianti, dei servizi di informatica, di raccolta ed elaborazione dati"; sia, espressamente, "le imprese artigiane di produzione di cui alla legge 8 agosto 1986, n. 443". E' dunque pacifico che le agevolazioni previste dalla legge incidono sia in settori economici di competenza regionale (turismo, trasporti); sia nel settore dell'artigianato, a sua volta rientrante nella compentenza della regione. I capi II e seguenti della legge disciplinano diversi tipi di interventi agevolativi delle imprese. In particolare, il capo II prevede "interventi per la diffusione dell'innovazione", definiti in termini assai larghi dall'art. 5: si tratta di interventi agevolativi per le imprese che effettuano investimenti aventi per oggetto la realizzazione o l'acquisizione di sistemi gestiti da apparecchiature elettroniche, di sistemi robottizzati, di unita' o sistemi per l'elaborazione dei dati, di apparecchiature scientifiche, di sistemi o macchinari finalizzati alla riduzione dell'inquinamento, e ancora la realizzazione o l'acquisizione di programmi per l'utilizzazione di dette apparecchiature e sistemi, nonche' l'acquisizione di brevetti e licenze. E' facile osservare che pressoche' tutti i tipi di investimenti diretti a modificare o modernizzare il processo produttivo o la gestione dell'impresa sono suscettibili di dare titolo alle agevolazioni. Queste ultime sono disciplinate negli articoli 6 e 12. A sua volta l'art. 7 prevede agevolazioni sul costo di acquisizione di servizi destinati all'aumento della produttivita', al trasferimento delle tecnologie, alla ricerca di nuovi mercati per il collocamento dei prodotti, allo sviluppo di sistemi di qualita'"; e l'art. 8 prevede agevolazioni commisurate alla quota degli utili reinvestiti in spese di ricerca. In pratica ogni aspetto dell'attivita' delle imprese e' preso in considerazione in funzione delle possibili agevolazioni finanziarie: e cio', si badi, non per l'attuazione di programmi straordinari, o per localizzazioni limitate, ma in generale per tutte le piccole imprese, comprese quelle artigiane, definite dal gia' visto art. 1, terzo comma. Il meccanismo agevolativo e' duplice. In primo luogo si prevede che i soggetti in questione siano ammessi a fruire, nel triennio 1991-93, di un "credito di imposta" in misure variamente definite in correlazione con i costi degli investimenti o dei servizi acquisiti dalle imprese. A tale fine, ai sensi dell'art. 10, le imprese dichiarano al Ministero dell'Industria l'importo dei costi sostenuti; sulla base delle dichiarazioni pervenute il Ministero forma un elenco, verifica le disponibilita' finanziarie entro le quali e' ammissibile la fruizione del beneficio e comunica all'impresa la concessione del beneficio stesso. La qualificazione del beneficio come "credito di imposta" non puo' trarre in inganno, ne' far pensare che si tratti di una misura di agevolazione fiscale, come tale attinente al regime tributario anziche' a un regime di finanziamento pubblico delle imprese. Infatti il meccanismo del credito d'imposta (se non e' stato scelto ad arte al fine di mascherare il finanziamento disposto, facendolo passare per agevolazione fiscale) e' comunque solo uno strumento tecnico per assegnare alle imprese beneficiarie un contributo finanziario. E infatti il regime e la disciplina del "credito d'imposta" e' tale da rendere palese che non si tratta di una disciplina a contenuto tributario. Un'agevolazione tributaria, invero, in quanto tale non puo' che spettare di diritto, contemporaneamente e per ogni periodo di imposta, a tutti coloro che si trovano nelle condizioni definite dalla legge, e da' luogo ad una diminuzione, in misura eguale per tutti coloro che si trovano nelle medesime condizioni, del debito d'imposta, nonche' ad una correlativa rinunzia da parte dello Stato alle entrate corrispondenti. Viceversa il "credito d'imposta" in questione non spetta di diritto a tutti, ma viene "concesso" singulatim dal Ministero dell'industria, entro i limiti dell'apposito stanziamento (art. 10, terzo comma), e quindi non a tutti, ma ai soli beneficiari inclusi utilmente nell'elenco, fino all'esaurimento delle disponibilita' finanziarie; ed eventualmente, nel caso di esaurimento dei fondi e di concorrenza di piu' domande, in misura ridotta, nonche' in anni diversi (art. 10, quinto e ottavo comma). I fondi stanziati, corrispondenti alle agevolazioni concesse, vengono trasferiti allo stato di previsione dell'entrata a compensazione del mancato pagamento dei tributi, e senza quindi che le entrate diminuiscano dell'importo corrispondente alle agevolazioni (art. 10, settimo comma). Il credito puo' essere fatto valere indifferentemente ai fini del pagamento dell'Irpef, dell'Irpeg o dell'Ilor, ed eventualmente dell'Iva; e infine e' revocabile, nel caso di insussistenza delle condizioni previste (art. 13, primo comma). Ma la riprova definitiva della natura non tributaria, bensi' di agevolazione finanziaria, del beneficio, e' data dal fatto che gli interessati e' data la facolta' di chiedere, in luogo dei crediti di imposta, la concessione di contributi in conto capitale in misura equivalente a detti crediti (art. 12, quarto comma), contributi concessi dal ministero, con le medesime procedure previste per i crediti di imposta (art. 12, quinto comma); la concessione dei contributi comporta l'esclusione dalla concessione del credito d'imposta, e viceversa (art. 10, sesto comma e art. 12, nono comma). Onde e' di tutta evidenza che si tratta sempre di contributi finanziari alle imprese, erogati con tecniche diverse. Una ulteriore tipologia di contributi e' prevista dal capo IV della legge a favore dei consorzi e delle societa' consortili tra piccole imprese. Precisamente possono essere beneficiari di tali contributi, ai sensi dell'art. 17, primo e secondo comma, i consorzi e le societa' consortili costituite fra piccole imprese industriali, o fra tali imprese e piccole imprese commerciali e di servizi "aventi lo scopo di fornire servizi .. diretti a promuovere lo sviluppo, anche tecnologico, e la razionalizzazione della produzione, della commercializzazione e della gestione delle imprese consorziate", e "i consorzi e le societa' consortili fra imprese artigiane di produzione di beni e servizi" costituiti ai sensi dell'art. 6 della legge n. 443/1986, nonche' i consorzi e le societa' consortili costituite dalle predette imprese e dalle piccole imprese industriali, commerciali o di servizi. Si tratta dei medesimi consorzi e societa' consortili fra imprese artigiane, anche con la partecipazione di imprese industriali di minori dimensioni, a cui l'art. 6 della legge n. 443/1985 prevede che le regioni possano concedere agevolazioni. L'art. 18 precisa che i consorzi e le societa' consortili devono essere costituiti da almeno cinque imprese e avere un fondo consortile o un capitale sociale non inferiore a 20 milioni di lire; l'art. 19 precisa in termini ampiamente estensivi il possibile oggetto dell'attivita' dei consorzi o delle societa' consortili; l'art. 20 prevede la concessione a favore di tali soggetti di contributi in conto capitale. L'art. 20, secondo comma, e l'art. 21 disciplinano la relativa procedura: i soggetti interessati debbono presentare alla Regione e per conoscenza al Ministero un programma di attivita' chedendo l'ammissione agli interventi: le regioni entro sessanta giorni dal termine ultimo provvedono all'istruttoria delle domande e trasmettono al Ministero dell'industria un progetto-programma di sviluppo di iniziative consortili nel territorio, nonche' le domande istruite con il proprio parere. Il Ministro approva le richieste di finanziamento e provvede al riparto tra le regioni delle somme disponibili (art. 21, quarto comma), dopo di che la regione concede ed eroga i contributi (art. 20, secondo comma). Qualora la regione non provveda a tutti gli adempimenti entro sessanta giorni dal termine per la presentazione delle domande, l'istruttoria e' compiuta dal Ministero e i contributi, sono concessi ed erogati dal Ministero medesimo (art. 21, quinto comma). L'art. 22 precisa la misura massima dei contributi, attribuisce al Ministero dell'industria il compito di determinare con proprio decreto, di concerto con il Ministro del tesoro, le norme di attuazione relative a tali contributi (quinto comma), e stanzia all'uopo appositi fondi (sesto comma). Ai sensi dell'art. 23 sono ammessi a favore dei medesimi contributi in capitale, nonche' dei finanziamenti agevolati previsti dall'art. 24, anche i consorzi e le societa' consortili fra piccole e medie imprese "operanti nei settori dell'industria, del commercio e dell'artigianato, allo scopo di promuovere lo sviluppo, la razionalizzazionee la commercializzazione dei prodotti delle aziende associate" (art. 1, primo comma, legge n. 240/1981, cui rinvia l'art. 13, primo e secondo comma), non aventi i requisiti di cui agli articoli 17 e 18 della legge in esame. Il finanziamento agevolato previsto dall'art. 24 avviene praticando un tasso pari al 60 per cento di quello di riferimento vigente per il settore industriale (art. 25, primo comma): a tal fine viene disposto il conferimento di somme al Mediocredito centrale (art. 23, quarto comma). A sua volta l'art. 27 prevede la concessione dei contributi in capitale alle "societa' consortili a capitale misto pubblico e privato aventi come scopo statutario la prestazione di servizi per l'innovazione tecnologica gestionale e organizzativa alle piccole imprese industriali, commerciali, di servizi e alle imprese artigiane di produzione di beni e servizi" (primo comma), per una serie assai ampia di attivita' (settimo comma). Per l'istruttoria, la concessione e l'erogazione di contributi si applicano le medesime procedure gia' viste, stabilite per la concessione dei contributi ai consorzi e alle societa' consortili (nono comma). Al Ministero dell'Industria e' affidato il compito di determinare, di concerto con i Ministri del tesoro e per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, le norme di attuazione (undicesimo comma). Il capo V e' dedicato ai consorzi di garanzia collettiva fidi, e cioe' ai consorzi, alle societa' consortili e alle cooperative costituite da almeno cinquanta piccole imprese industriali, commerciali e di servizi e da imprese artigiane, che dispongano di fondi di garanzia monetari di importo non inferiore a cinquanta milioni, e abbiano come scopi sociali l'attivita' di prestazione di garanzie collettive per favorire la concessione di finanziamenti, nonche' l'attivita' di informazione, di consulenza e di assistenza alle imprese consorziate per il reperimento e il migliore utilizzo delle fonti finanziarie, e le prestazioni di servizi per il miglioramento della gestione finanziaria delle stesse imposte, (art. 29, primo comma, e art. 30). A favore di tali consorzi e' prevista la concessione, da parte del Ministro del tesoro, di contributi al fine di reintegrare i rispettivi fondi di garanzia monetari (artt. 31 e 32). A sua volta l'art. 33 disciplina la concessione di contributi a favore dei consorzi, delle societa' consortili e delle cooperative di garanzia collettiva fidi che concorrono alla costituzione di fondi interconsortili di secondo grado a carattere nazionale (primo comma), nonche' la concessione di contributi in capitale ai consorzi, alle societa' consortili e alle cooperative di garanzia collettiva fidi per la realizzazione di programmi di sviluppo organizzativo e gestionale per la fornitura di servizi di natura finanziaria alle piccole impree consorziate (secondo comma). Le modalita' per la concessione e l'erogazione dei contributi verranno dettate con decreto del Ministero dell'industria di concerto con quello del tesoro (quarto comma). Contributi statali sono altresi' concessi ai consorzi di garanzia collettivi fidi di secondo grado costituiti da almeno cinque cooperative artigiane di garanzia collettiva fidi (sesto comma). Tutti i tipi di contributi contemplati dalle disposizioni citate configurano interventi finanziari diretti dello Stato che, nella parte in cui contemplano come beneficiarie imprese artigiane, nonche' piccole imprese operanti nei settori di competenza regionale, interferiscono con le competenze della Regione e ne ledono l'autonomia. Si tratta infatti di interventi finanziari capillarmente distribuiti, concessi invia ordinaria e senza nemmeno alcun riferimento a programmi straordinari o a specifiche esigenze unitarie. Nemmeno si puo' dire che si tratti di interventi aggiuntivi, perche' al contrario si specifica talvolta espressamente che le agevolazioni "non sono cumulabili con altre agevolazioni previste .. da normative statali, regionali o delle province autonome di Trento e Bolzano" (art. 6, terzo comma). Agli organi centrali dello Stato sono assegnati per lo piu' tutti i compiti di gestione degli interventi. Ma anche quando si attribuisce alle regioni il compito di istruire le domande e di concedere i contributi (art. 21, a proposito dei contributi ai consorzi e alle societa' consortili, e art. 27, nono comma, a proposito dei contributi alle societa' consortili miste), il ruolo delle regioni e' meramente istruttorio, mentre al Ministro e' riservata l'approvazione delle richieste di finanziamento, e addirittura il potere di sostituire le regioni nell'istruttoria e nella concessione ed erogazione del contributo in caso di ritardo (art. 21, quarto e quinto comma) (prevedendo un potere sostitutivo comunque non conforme ai criteri sanciti da questa Corte). L'art. 41 della legge, "al fine di favorire l'incremento degli investimenti produttivi nei settori dell'artigianato" autorizza la Cassa per il credito alle imprese artigiane a effettuare una serie di interventi e di attivita', ulteriori rispetto agli attuali suo scopi statutari, e aventi ad oggetto l'agevolazione delle imprese artigiane. La Cassa e' in particolare autorizzata a "promuovere iniziative finanziarie finalizzate allo sviluppo delle imprese artigiane" (lett. a)); a "effettuare interventi finanziari sotto ogni forma, compresi quelli relativi ai servizi finanziari" (lett. b)); a "gestire fondi di agevolazione" (lett. c)); a "estendere l'attivita' del fondo centrale di garanzia di cui alla legge 14 ottobre 1964, n. 1068, e successive modificazioni, alle operazioni di riassicurazione dei crediti garantiti dai consorzi e dalle cooperative artigiane di garanzia" (lett. d)) . In tal modo un soggetto pubblico pur sempre facente capo allo Stato viene abilitato a svolgere attivita', come tipicamente la gestione di "fondi di agevolazione" che spettano all'esclusiva competenza della regione e sono state ad essa espressamente trasferite (art. 109 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616); trasformandone la stessa natura, da quella di organismo incaricato di provvedere al finanziamento degli istituti e delle aziende di credito "al fine di integrare le disponibilita' finanziarie destinate alle operazioni di credito alle imprese artigiane" (cfr. l'art. 2 dello statuto della cassa, approvato con d.m. 31 agosto 1966, e successive modificazioni), a quella di organismo che gestisce direttamente attivita' di agevolazione finanziaria a favore delle imprese. Che si innovi sulle finalita' statutarie dell'ente e' confermato dal resto del secondo comma dell'art. 41, secondo cui "le forme e le condizioni degli interventi previsti nel comma primo sono stabilite con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentito i C.I.C.R., entro novanta giorni" dalla data di entrata in vigore della stessa legge. Anche tali disposizioni sono dunque lesive dell'autonomia regionale. L'art. 36 della legge prevede la individuazione dei "distretti industriali", definiti come "le aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonche' alla specializzazione produttiva dell'insieme delle imprese". Alla individuazione dei distretti provvedono bensi' le regioni, ma "sulla base di un decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato" che "fissa gli indirizzi e i parametri di riferimento" secondo comma. Per tali aree e quindi, sembra solo per queste "e consentito il finanziamento, da parte delle regioni, di progetti innovativi concernenti piu' imprese, in base ad un contratto di programma stipulato fra i consorzi e le regioni medesime" (terzo comma). Una competenza schiettamente regionale, attinente da un lato alla programmazione territoriale, dall'altro allo sviluppo del settore dell'artigianato ed espressamente trasferita alle regioni dall'art. 65 del d.P.R. n. 616/1977; in tema di consorzi industriali, viene dunque condizionata a discrezionali determinazioni del Ministro: illegittimamente restringendo, dunque, l'autonomia regionale. L'art. 39 della legge, nel disciplinare l'ordinamento della Direzione generale della produzione industriale del Ministero dell'industria, prevede la "istituzione di un servizio centrale per la piccola industria e l'artigianato" (primo comma, lett. a)). Questa disposizione, che pur riguarda la organizzazione di un apparato centrale dello Stato, da un lato e' rivelatrice dell'intento e del contenuto sostanziale dell'intera legge, tendente a riassorbire nell'ambito delle competenze centrali il settore dell'artigianato, di competenze delle regioni; dall'altro lato e' lesiva essa stessa dell'autonomia regionale, dal momento che la creazione di un'apposita struttura operativa - non di programmazione ma di gestione - che estende la propria competenza al settore dell'artigianato viene a porsi direttamente come illegittimo ostacolo e limite al pieno esplicarsi delle attribuzioni regionali in materia. E' evidente che se lo Stato centrale, non tanto conserva, ma addirittura crea nuove strutture operanti nei settori di pertinenza regionale e provinciale (in piena contraddizione con la tanto proclamata necessita' di riformare l'amministrazione centrale sopprimendone i comparti resi superflui dal trasferimento delle funzioni alle regioni), in realta' esso viene a contestare la competenza regionale, e si pongono le premesse per illegittimi interventi diretti statali di gestione nei settori in cui si esplica tale competenza. L'art. 43, primo comma, della legge, nello stabilire che gli oneri derivanti dall'applicazione degli articoli 6, 7, 8, 9, 12, 22, 23, primo comma, 27 e 33 (tutte norme qui impugnate, salvo l'art. 9, e relative alla concessione delle agevolazioni) gravano sul fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica di cui all'art. 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46 - fondo amministrato con gestione fuori bilancio - stabilisce che detto fondo e' integrato di 1514 miliardi nel triennio, "nei limiti di cui ai predetti articoli e per le finalita' ivi previste". Ora - a parte il dubbio ricorso a una gestione fuori bilancio per spese che non hanno alcun carattere speciale, e che sono effettuate a fondo perduto e senza previsione di rientri, onde non si giustifica nemmeno l'utilizzo di un fondo di rotazione (ricorso che sembra piuttosto il frutto di un escamotage tendente a "nascondere" tali spese nell'ambito di un meccanismo finanziario statale gia' esistente) - tale meccanismo finanziario e' lesivo dell'autonomia della regione. Anche' i fondi di rotazione, anzitutto, sono uno strumento di spesa statale, che non puo' legittimamente impiegarsi nell'ambito delle competenze regionali: e infatti l'art. 110 del d.P.R. n. 616/1977 ha soppresso i fondi nazionali di rotazione gia' operanti nelle materie di competenza regionale, trasferendo le relative disponibilita' alle regioni. Ma anche per la parte in cui i fondi di cui alla legge in questione vengono ripartiti fra le Regioni (art. 21, quarto comma, e art. 27, nono comma), la loro disciplina non e' conforme a quanto dispone l'art. 3 della legge 14 giugno 1990, n. 158, ai cui sensi gli stanziamenti annuali previsti dalle preesistenti leggi di settore sono accorpati nella "quota variabile" del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, per essere destinati ad essere spesi dalle regioni nell'ambito di "comparti funzionali", e sulla base di programmi regionali in armonia con gli indici e gli standards stabiliti dal C.I.P.E.; e "ulteriori leggi che dispongano interventi da affidare alle regioni debbono prevedere la confluenza degli stanziamenti" nella predetta quota variabile del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo.