IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letti gli atti del procedimento penale a carico di Conti Galafro e Capparella Gaetano imputati dal reato di "interesse privato continuato in atti di ufficio"; Lette le istanze presentate nel corso dell'odierna udienza preliminare - all'esito delle sommarie informazioni di cui all'art. 422 del c.p.p. -, dagli imputati Conti e Capparella, i quali hanno richiesto, ai sensi degli artt. 438 e segg. del c.p.p., che il processo a loro carico sia definito nell'udienza preliminare medesima, allo stato degli atti, con il giudizio abbreviato; Preso atto del dissenso del p.m. (apparentemente motivato dalla necessita' che "solo in sede dibattimentale potranno delibarsi le di- verse deposizioni e valutarsi la documentazione oggi esibita"), preclusivo per il giudice della possibilita' di deliberare le suddette istanze; Ritenuto di dover sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale degli artt. 438, 439, 440 e 442 del c.p.p., in riferimento agli artt. 3 e 25 delle Costituzione (cfr. l'analoga ordinanza di rimessione di data 3 gennaio 1990 dello stesso giudice); Ritenuto, sotto il profilo della rilevanza, che: a) nella fattispecie concreta sarebbe invero possibile definire il processo allo stato degli atti, non essendo state richieste ne' risultando necessarie nuove acquisizioni probatorie, ne' rapportandosi la motivazione del dissenso del p.m. a parametri comunque attinenti alla nozione di definibilita' del processo allo stato degli atti; b) la risoluzione della questione incide non soltanto sulla scelta del rito, bensi' direttamente e sostanzialmente sul quantum della pena, in caso di affermazione di responsabilita' degli imputati, ai quali non potra' riconoscersi la riduzione di pena prevista dall'art. 442.2 del c.p.p., anche quando la richiesta risultasse fondata e ingiustificato il dissenso del p.m. all'esito dell'esame degli atti; Ritenuto, sotto il profilo della non manifesta infondatezza, che l'ostacolo del dissenso immotivato e vincolante di una delle parti e' di impedimento al giudice del potere-dovere di deliberare la fondatezza della richiesta dello speciale rito, nonche' di applicare la congrua riduzione di pena astrattamente prevista in siffatto giudizio; Ritenuto che la disciplina normativa di cui agli artt. 438, 439, 440 e 442 del c.p.p., nelle parti in cui: a) subordina al concenso insindacabile del p.m. l'adozione del giudizio abbreviato richiesto dall'imputato; b) non consente al giudice di valutare le ragioni addotte a giustificazione del dissenso del p.m.; c) non consente al giudice, quando ritenga ingiustificato il dissenso medesimo, di provvedere comunque alla riduzione di pena prevista, appare lesiva dei principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 25 della Costituzione, attesa l'irragionevole disparita' di trattamento che si viene a creare tra accusa e difesa, da un lato, e tra piu' imputati - in ipotesi nell'ambito dello stesso procedimento o per gli stessi reati - dall'altro, e valutata altresi' la diversa disciplina dell'altro speciale rito dal c.d. patteggiamento, in cui l'esercizio della funzione giurisdizionale riservata esclusivamente al giudice non e' menomato dalla mera e insindacabile scelta processuale dell'organo dell'accusa (v. Corte costituzionale n. 66 e n. 183 del 1990);