IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa n. 4748/92 promossa da I.N.A.I.L. col proc. dom. avv. Busacca contro Industrie grafiche Vallardi col proc. dom. avv. Fiscella. Con ricorso depositato il 5 maggio 1992 e notificato il successivo 14 maggio 1992 l'I.N.A.I.L. esperiva azione di rivalsa ex artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 1124/1965 nei confronti della societa' convenuta in relazione alla rendita erogata a tale Ferrari Bruno in conseguenza dell'infortunio dallo stesso subito quale dipendente della societa' Vallardi in data 28 agosto 1985. Precedentemente il medesimo aveva riportato altro infortunio sul lavoro presso la stessa (?) societa' e precisamente in data 4 maggio 1982. L'I.N.A.I.L. fa la sommatoria dei due gradi di invalidita' (6% il primo e 8% il secondo) e perviene alla determinazione di una invalidita' del 14% superiore alla soglia di indennizzabilita' (11%). Esperisce quindi l'azione di rivalsa per il valore capitale della rendita corrisposta all'assicurato, facendola valere contro il presunto autore del secondo infortunio, in un primo tempo per l'intero e in un secondo tempo (vedi modifica in udienza) per la quota parte relativa alla inabilita' dell'8%. Ritiene il pretore che la norma consenta una simile operazione, ma che al contempo debba essere dichiarata incostituzionale per violazione degli artt. 3, 38 e 41 della Costituzione. Percio' solleva di ufficio eccezione di incostituzionalita' degli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 1124/1965 ritenendo la questione non manifestamente infondata. Preliminarmente in punto di rilevanza si deve osservare che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di incostituzionalita', come e' fatto manifesto dal fatto che l'I.N.A.I.L. chiede l'applicazione delle invocate norme che si ritengono affette da incostituzionalita'. Ne' l'eccezione di prescrizione sollevata dalla societa' appare fondata, essendo intervenuti tempestivi atti interruttivi. Nel merito l'eccezione di incostituzionalita' appare non manifestamente infondata in quanto non sembra giustificato in alcun modo un accollo al datore di lavoro di un onere che non trova fondamento ne' in una responsabilita' per colpa (art. 3) ne' nella tutela dell'invalido (art. 38) ne' nella utilita' sociale (art. 41). Nella specie il 6% viene addebitato alla impresa del secondo infortunio (che potrebbe anche essere diversa dalla prima) senza che sia stata accertata in capo alla stessa la responsabilita' per il primo infortunio (che tra l'altro non e' piu' possibile in concreto per intervenuta prescrizione dell'azione dell'I.N.A.I.L., il quale in ogni caso nulla offre di provare). E' vero che l'I.N.A.I.L. non esperisce la rivalsa anche per la quota parte del 6% (vedi modifica della domanda a verbale) ma e' anche vero che il 6% aggiungendosi all'8% (riferito al secondo infortunio) consente di superare la soglia di indennizzabilita', al di sotto della quale l'azione di rivalsa non potrebbe avere ingresso. Sicche' in definitiva il secondo datore di lavoro finerebbe col rispondere senza titolo, e nel caso che il primo infortunio fosse addebitabile ad un altro datore di lavoro finirebbe col rispondere per un fatto altrui. L'I.N.A.I.L. ha obbiettato che in ogni caso il datore di lavoro resterebbe esposto per l'8% all'azione del lavoratore per danno differenziale (oltre che per danno biologico) e quindi a qualcuno deve comunque risarcire il danno: ed infatti se agisce l'I.N.A.I.L. il lavoratore non avra' piu' spazio per chiedere eventuali differenze, mentre se agisce il lavoratore potra' ottenere quello che l'I.N.A.I.L. non ha recuperato. L'argomento e' apparentemente suggestivo ma non tiene conto della distinzione tra azione di regresso e azione di surroga: la prima fondata sull'art. 11 del d.P.R. n. 1124/1965 e' un diritto autonomo dell'ente, la seconda fondata sull'art. 1916 del c.c. costituisce esercizio di un diritto altrui in applicazione dell'art. 2900 del c.c.). Cio' implica sul piano processuale che l'I.N.A.I.L. non e' comunque abilitato ad esercitare un'azione di surroga ex art. 11 del d.P.R. n. 1124/1965 (questa e' infatti azione di regresso) e sul pi- ano sostanziale importa che se il lavoratore bene o male non esperisce l'azione sua propria il datore di lavoro vede alle alleggerita la sua posizione. Ma poi l'ipotesi formulata dall'I.N.A.I.L. e' impossibile in quanto la sommatoria tra le due percentuali di inabilita' e' prevista per legge, e quindi non si avra' mai che il lavoratore agisca per rivendicare il danno differenziale, semplicemente perche' non avra' alcun interesse, in quanto alla stesso verrebbe opposto il maggior risarcimento erogato dall'I.N.A.I.L. L'unica ipotesi possibile e' quindi che l'I.N.A.I.L. eroghi le prestazioni in favore del lavoratore, ma poi non possa recuperare in sede di rivalsa la somma sborsata. Ne' e' a dire che questa situazione sarebbe a sua volta illegittima perche' i due sistemi (responsabilita' I.N.A.I.L. e responsabilita' del datore di lavoro) non sono sovrapponibili, rispondendo l'uno al criterio della responsabilita' oggettiva e l'altro al criterio della responsabilita' soggettiva.