LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 81/93/org., sul ricorso iscritto al n. 720/R del registro di segreteria, proposto dal sig. Cultrera Alberto rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore La Rosa e dall'avv. Enrico Restivo ed elettivamente domiciliato presso la stu- dio dell'avv. Restivo in Palermo, via Notarbartolo n. 15, avverso il provvedimento di diniego dell'applicazione dei benefici di cui all'art. 9 della legge regione sicilia del 27 dicembre 1985, n. 53; Uditi alla pubblica udienza del 3 dicembre 1992 il relatore, primo Referendario dott.ssa Angela Silveri, l'avv. Enrico Restivo ed il p.m. in persona del vice procuratore generale dott. Antonio Dagnino; Esaminati gli atti ed i documenti di causa; F A T T O Il sig. Cultrera Alberto, gia' dipendente statale in posizione di comando presso l'assessorato del lavoro e della previdenza sociale della regione siciliana dal 3 aprile 1979 al 31 luglio 1985, collocato in pensione a domanda con decorrenza 1 agosto 1985 per raggiunti limiti di servizio, in data 10 gennaio 1986 presentava istanza per l'attribuzione dell'assegno mensile integrativo di quiescenza previsto dall'art. 9, secondo comma, della legge regionale siciliana del 27 dicembre 1985, n. 53 per il "personale statale, gia' in posizione di comando presso l'amministrazione regionale a seguito di trasferimento alla regione ai sensi dell'art. 2, collocato a riposto a decorrere dal 1 gennaio 1984". Dopo vari solleciti e quando era stato nel frattempo emesso da parte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale il decreto n. 18924 del 26 luglio 1988 di liquidazione della pensione, la presidenza della regione con nota n. 9614 del 27 settembre 1990 comunicava all'interessato che non era possibile accogliere la sua richiesta poiche' l'art. 9 della legge reg. n. 53/1985 era stato modificato dall'art. 16 della legge regionale 15 giugno 1988, n. 11 ed alla dizione "collocato a riposo" recata dall'art. 9 era stata sostituita l'espressione cessato dal servizio per collocamento a riposo di ufficio o per decesso". Avverso il provvedimento di diniego del menzionato beneficio il Cultrera ha presentato ricorso in data 13 novembre 1990 conferendo procura speciale ad litem, disgiuntamente, agli avvocati Salvatore La Rosa ed Enrico Restivo del foro di Palermo. Egli lamenta, innanzitutto, violazione dell'art. 9 della legge regione sicialia n. 53/1985 in relazione all'art. 11 delle disposizioni della legge in generale approvate con r.d. 16 marzo 1942, n. 262. Afferma, in proposito, che la modifica di detto articolo 9 apportata dalla legge reg. n. 11/1988 non puo' avere efficacia retroattiva per il divieto di cui all'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale e che, comunque, non puo' incidere sul diritto quesito di chi ne aveva formulato tempestiva richiesta di applicazione; diritto rimasto inattuato solo per le inadempienze burocratiche dell'amministrazione. Deduce, poi, violazione dell'art. 9 della legge reg. n. 53/1985, in relazione all'art. 32 della legge reg. n. 11/1988 ed all'art. 10 delle disposizioni sulla legge in generale. Sostiene, al riguardo, che la legge reg. n. 11/1988 non avrebbe inteso disporre retroattivamente; ed in effetti in attuazione degli artt. 10 e 11 delle disp. prel. al cod. civ., l'art. 32 ne fa decorrere l'attuazione dal giorno successivo a quello della pubblicazione e, cioe', dal 19 giugno 1988. Lamenta, infine, violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione in riferimento all'art. 16 della legge reg. n. 11/1988 ed all'art. 9 della legge reg. n. 53/1985. Sostiene, in proposito, che il menzionato art. 9, introducendo l'assegno integrativo di quiescienza calcolato per differenza tra il trattamento pensionistico spettante al personale regionale e quello spettante al personale statale comandato presso gli uffici regionali, aveva inteso eliminare ingiustificate disparita' di trattamento tra dipendenti operanti nella stessa amministrazione, collocati a riposo in analoga situazione di qualifica ed anzianita'. Con la modifica introdotta dalla legge reg. n. 11/1988 si e', invece, introdotta altra e piu' grave disparita' tra soggetti uguali, discriminando solo in ordine al fatto che ciascun dipendente venisse collocato a riposo a domanda per raggiunti limiti di servizio ovvero "di ufficio e per decesso"; e cio' in dispregio agli artt. 3 e 36 della Costituzione. Il ricorrente chiede, in definitiva, che sia dichiarato il diritto a percepire l'assegno integrativo di quiescenza ed, in subordine, che siano rimessi gli atti alla Corte costituzionale. In data 14 marzo 1991 si sono costituiti in giudizio la presidenza della regione siciliana e l'assessorato regionale al lavoro ed alla previdenza sociale a mezzo dell'avvocatura dello Stato, che non ha pero' prodotto memorie difensive. Il procuratore generale, nelle conclusioni scritte depositate il 17 marzo 1992, ha osservato che l'art. 16 della legge reg. n. 11/1988 non da' un'interpretazione autentica dell'art. 9 della legge reg. n. 53/1985; la norma, quindi, non avrebbe efficacia retroattiva, limitandosi a sostituire il citato art. 9 a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge n. 11/1988 e, cioe', dal 19 giugno 1988. Pertanto, poiche' il ricorrente al momento del collocamento in quiescenza aveva i requisiti per l'attribuzione del beneficio in questione e considerato che detti requisiti sarebbero invece venuti meno con la legge reg. n. 11/1988, ha chiesto l'accoglimento parziale del ricorso con riconoscimento del diritto alla attribuzione dell'assegno dalla data di collocamento a riposo (1 agosto 1985) fino al giorno antecedente l'entrata in vigore della legge n. 11/1988 (18 giugno 1988). Con memoria depositata il 12 novembre 1992 il ricorrente ha, innanzitutto, contestato la tesi sostenuta dal procuratore generale. Egli afferma, richiamando orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, che la non retroattivita' della legge equivale alla non applicazione della legge nuova ai rapporti sorti nel tempo anteriore alla sua emanazione e che, quindi, i diritti acquistati sotto l'impero della legge precedente permangono sotto il vigore della legge nuova, che non puo' essere applicata a fatti passati, disconoscendo gli effetti gia' verificatesi. Cio' significa che, nel caso concreto, il diritto del ricorrente a beneficiare dell'assegno integrativo di quiescenza sorto in virtu' dell'art. 9 della legge reg. n. 53/1985 non puo' venir meno per effetto dell'art. 16 della legge reg. n. 11/1988, considerato che la disposizione ivi contenuta non ha, come sostenuto il p.g., effetto retroattivo. Insiste, quindi, per l'accoglimento integrale del ricorso. In subordine, conferma ed amplia i motivi di illegittimita' costituzionale dell'art. 16 della legge reg. n. 11/1988. All'odierna pubblica udienza l'avvocato Restivo ed il pubblico ministero hanno confermato le richieste formulate nei rispettivi atti scritti. D I R I T T O La controversia pone non solo il problema dell'accertamento di un diritto, ma anche quello antecedente e piu' impegnativo sul piano logico giuridico di stabilire l'efficacia temporale dell'art. 16 della legge regionale 15 giugno 1988 n. 11 e, quindi, in ipotesi di retroattivita', della possibile illegittimita' costituzionale di detto articolo. Per una giusta definizione di tale controversia, oltre che cogliere l'esatto significato ed il limite di applicazione della normativa coinvolta, occorre precisare la natura dell'art. 16 e la sua coerenza con le norme costituzionali. A tal fine va subito precisato che di regola alle nuove disposizioni di legge non viene attribuito un carattere retroattivo, a meno che l'efficacia delle stesse non venga estesa esplicitamente ad una data anteriore a quella della loro entrata in vigore; e, nel dubbio indotto dalla possibile ambiguita' del testo, deve privilegiarsi l'interpretazione conforme al principio generale della irretroattivita' posto dall'art. 11 delle disp. prel. al codice civile. Restano, pero', escluse dall'ambito di applicazione di questo principio le norme interpretative. Va detto anche che, se e' vero che il principio di non retroattivita' al di fuori della materia penale e' contenuto in una legge ordinaria e non ha, quindi, una immediata rilevanza costituzionale, e' altrettanto vero che una nuova norma puo' disporre retroattivamente sempre che non violi alcun principio costituzionale. E, nel caso particolare delle norme interpretative, la legittimita' costituzionale delle stesse esige che debbano avere come unico fine l'eliminazione delle diverse tesi interpretative che traggono origine dalla difficolta' e dall'ambiguita' del testo; devono, cioe', mantenere fermo il testo della legge che interpretano (cfr. Corte costituzionale n. 155/1990). Ora, la legge della regione siciliana 27 dicembre 1985, n. 53 - la stesa che ha provveduto all'inquadramento nei ruoli regionali del personale statale posto in posizione di comando in conseguenza del trasferimento delle funzioni e degli uffici dallo Stato alla Regione stessa - dispone all'art. 9, secondo comma, che a questo stesso personale collocato a riposto non anteriormente al 1 gennaio 1984 sia attribuito un assegno integrativo di quiescenza pari alla differenza tra il trattamento pensionistico percepito ed il trattamento spettante al personale regionale di corrispondere qualifica e pari anzianita', ferma restando la misura massima prevista dal primo comma. Nel conferimento del diritto all'assegno integrativo di quiescenza, l'unica restrizione prevista dalla legge del 1985 era, dunque, quella stabilita con l'indicazione della data del 1 gennaio 1984; data che serve a delimitare i soggetti da prendere in considerazione per l'attribuzione dell'assegno e che non ha alcuna relazione con la decorrenza del diritto. La successiva legge regionale n. 11/1988, nell'introdurre nuove norme sullo stato giuridico ed economico del personale regionale per il triennio 1985/1987, dispone all'art. 16 una integrale sostituzione dell'art. 9 della precedente legge n. 53/1985. Il nuovo testo dell'art. 9, secondo comma, prevede ulteriori restrizioni per l'attribuzione dell'assegno, indicando come unici destinatari del diritto i dipendenti statali comandati collocati a riposo d'ufficio o per decesso, escludendo implicitamente, cioe', quegli altri soggetti che sono andati in quiescenza a domanda. D'altra parte, mentre dal testo dell'art. 9, secondo comma, della legge n. 53/1985 non trapela nulla che possa indurre a pensare che il disposto della norma debba avere effetto da data anteriore a quella della sua entrata in vigore, dal nuovo testo di questo stesso comma, laddove prevede che l'assegno integrativo di quiescenza debba essere attribuito al personale cessato dal servizio "con decorrenza non anteriore al 1 gennaio 1984 e fino alla data di entrata in vigore della presente legge" (e, cioe', fino all'entrata in vigore della predetta legge regionale siciliana n. 53 del 1985), risulta chiaramente che la sostituzione di una norma con l'altra non puo' che avere carattere retroattivo. Se cosi' non fosse ci si imbatterebbe in una situazione di non senso della legge, sia perche', pur disponendo con testo diverso in un periodo in cui vige una precedente legge, non prevede la sostituzione di quest'ultima a partire da quel periodo, sia perche', dopo l'avvenuto inquadramento previsto dalla legge n. 53/1985, non esiste piu' alcun soggetto che possa essere destinatario delle disposizioni recate dall'art. 16 della nuova legge. Per il combinato disposto di cui agli artt. 2 e 12 della legge reg. n. 53/1985, infatti, il personale statale in questione cessa dalla posizione di comando (salvo alcune ipotesi transitorie) o per inquadramento nei ruoli regionali o per mancato esercizio del diritto di opzione all'inquadramento stesso. Chiarito il quadro normativo di riferimento e dopo aver messo in luce la retroattivita' dell'art. 16 della legge regione sicilia n. 11/1988, occorre ora valutare la fondatezza della domanda del ricorrente, tenuto ovviamente conto della tesi sostenuta al riguardo dal procuratore generale. Il ricorrente, gia' dipendente statale comandato negli uffici regionali, collocato a riposo a domanda con decorrenza 1 agosto 1985, sostiene che la modifica apportata dall'art. 16 non puo' trovare applicazione nei suoi confronti, poiche' trattasi di norma ad efficacia non retroattiva entrata in vigore, ai sensi dell'art. 32 della stessa legge, il 19 giugno 1988 e, cioe', in data successiva a quella del proprio collocamento a riposo. L'interpretazione sostenuta dal ricorrente non corrisponde alla vera natura dell'art. 16 che, come abbiamo visto, ha forza retroattiva; la posizione giuridica del ricorrente stesso rientra, quindi, nella sfera di applicazione dell'articolo in questione, il quale esclude dal diritto all'assegno integrativo di quiescenza tutti i soggetti che, come l'attore, siano stati collocati a riposo a domanda. E va qui di nuovo ribadito che il disposto della norma di cui si tratta non riguarda il collocamento a riposo ma la sostituzione del testo dell'art. 9 con quello recato dallo stesso art. 16; ed e' questa sostituzione che, per le ragioni esposte, ha forza retroattiva, riguardando lo stesso personale preso a riferimento dalla precedente legge n. 53/1985. Tanto meno fondata e' la tesi sostenuta dal procuratore generale, secondo cui l'art. 16 della legge reg. n. 11/1988, poiche' non reca interpretazione autentica dell'art. 9 della legge reg. n. 53/1985, non ha efficacia retroattiva. Va sottolineato in proposito che di retroattivita' si parla non in relazione a particolari categorie di norme ma con riferimento alla possibilita' che il dispositivo estenda la propria efficacia al passato; percio', oltre a quelle interpretative che lo sono per natura e funzione, altre norme possono assumere carattere retroattivo. Nel caso di specie e' evidente che il testo recato dall'art. 16 della predetta legge regione sicilia n. 11/1988 e' innovativo e non interpretativo dell'ordine giuridico preesistente; ma cio' che rende retroattiva la norma ivi contenuta e' l'aver previsto che la sostituzione di un testo all'altro debba aver effetto da data anteriore a quella dell'entrata in vigore della legge. Non trova alcun riscontro giuridico neppure l'altro assunto del p.g. per cui, posta la non retroattivita' del predetto art. 16, si debba riconoscere al ricorrente il diritto all'assegno integrativo di quiescenza limitatamente al periodo intercorrente tra la data di collocamento a riposo (1 agosto 1985) ed il giorno antecedente all'entrata in vigore della legge n. 11/1988 (18 giugno 1988). L'art. 9 della legge reg. n. 53/1985, infatti, non ha - come e' stato evidenziato - carattere retroattivo. L'erogazione dell'assegno integrativo di quiescenza, pertanto, non potrebbe avere decorrenza dalla data di collocamento a riposo del ricorrente, essendo questa precedente a quella dell'entrata in vigore della legge istitutiva del beneficio (cfr. Corte conti, sez. giur. sic., n. 9/91/R del 7 febbraio-13 giugno 1991). Non esistendo, d'altro canto, alcuna espressione del testo recato dall'art. 16 della legge reg. n. 11/1988 che possa far pensare ad una cessazione del diritto con l'entrata in vigore della stessa legge n. 11/1988, sospendere l'erogazione dell'assegno, in ipotesi di non retroattivita' della norma, sarebbe un atto del tutto illegittimo ed arbitrario. Dalle argomentazioni sopra esposte emerge, quindi, che il caso all'esame va risolto alla luce delle disposizioni recate non dall'art. 9 della legge reg. n. 53/1985 ma dall'art. 16 della legge reg. n. 11/1988. Con la conseguenza che, trattandosi di collocamento a riposo a domanda e non d'ufficio, il ricorso dovrebbe essere respinto per carenza delle nuove condizioni soggettive introdotte da quest'ultima legge. Resta, peraltro, da verificare se - come dedotto dal ricorrente - debba fondatamente dubitarsi della legittimita' costituzionale della norma in discorso e se debba, quindi, sospendersi il giudizio rimettendo gli atti al giudice delle leggi. La questione e', in realta', rilevante e non manifestamente infondata. Sul punto della rilevanza e' sufficiente considerare che se la norma fosse dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui limita l'attribuzione dell'assegno integrativo di quiescenza al personale collocato a riposo d'ufficio o per decesso, con esclusione, quindi, dei casi di collocamento a riposo a domanda, il ricorrente avrebbe diritto alla liquidazione di tale assegno, essendo stato collocato a riposo a domanda nel periodo preso a riferimento della norma stessa. Sul punto della non manifesta infondatezza ritiene il collegio che la disposizione in discorso contrasti con gli artt. 3 e 36 della Carta costituzionale. Va ribadito, in proposito, che l'intento della legge reg. n. 53/1985 era quello di pervenire, tramite l'inquadramento nei ruoli regionali, ad uniformita' di trattamento giuridico ed economico del personale regionale e del personale statale che aveva operato per l'Amministrazione regionale permanendo in posizione di comando. Anteriormente all'emanazione di questa legge, per sopperire al ritardo nell'operazione di inquadramento, lo stesso intento perequativo era stato perseguito, in materia di trattamento economico di attivita', dalla legge reg. 28 dicembre 1979, n. 254 che, all'art. 3, aveva previsto per il personale di cui trattasi l'attribuzione di acconti in misura dell'ottanta per cento dei miglioramenti retributivi stabiliti per il personale regionale e dalla legge reg. 29 dicembre 1980, n. 145 che, all'art. 55, disponeva la corresponsione di una indennita' mensile pari alla differenza tra la retribuzione statale e quella percepita dai dipendenti regionali di uguale qualifica ed anzianita'. Il trattamento pensionistico del personale statale comandato era, invece, ancora rapportato alla sola retribuzione statale. In tale contesto va letto il disposto di cui all'art. 9, secondo comma, della legge regione sicilia n. 53/1985, che istituisce l'assegno integrativo di quiescenza in favore di quei soggetti che, pur virtualmente inquadrabili nei ruoli regionali, restano esclusi dall'inquadramento perche' collocati a riposo prima dell'entrata in vigore della stessa legge n. 53/1985. Da questa angolatura l'assegno integrativo appare omologo all'indennita' retributiva mensile introdotta dall'art. 55 della legge reg. n. 145/1980 ed ha, quindi, lo scopo di perequare il trattamento pensionistico dei soggetti in questione con quello del personale statale transitato nei ruoli regionali che, ai sensi dell'art. 9, primo comma, beneficia di pensione liquidata secondo la normativa regionale. Il disposto di cui al predetto art. 9, secondo comma, della legge regione sicilia e' ad applicazione generale, riguardando tutto il personale statale comandato collocato a riposo con decorrenza 1 gennaio 1984. Con tale norma, quindi, il legislatore siciliano ha voluto, da un lato, sancire il principio della parita' retributiva in ambito pensionistico tra dipendenti che, pur essendo formalmente appartenenti a ruoli diversi (statale e regionale), avevano operato per la stessa amministrazione regionale; e, dall'altro, garantire proporzionalita' ed adeguatezza del trattamento pensionistico in rapporto al trattamento economico di attivita' percepito dallo stesso personale comandato. La normativa in discorso risulta, quindi, conforme ai principi di uguaglianza ed adeguatezza del trattamento pensionistico quale retribuzione differita, contenuti negli artt. 3 e 36 della Costituzione. Non altrettanto puo' dirsi per l'art. 16 della legge reg. n. 11/1988. Innanzitutto la norma appare non conforme al criterio di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione, cui deve ispirarsi il legislatore nel porre norme ad efficacia retroattiva. L'irretroattivita', afferma costantemente la Corte costituzionale, rappresenta una regola essenziale del sistema cui, salva una effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi in quanto la certezza dei rapporti preteriti costituisce un indubbio cardine della civile convivenza e della tranquillita' dei cittadini (cfr. sentenze nn. 210/1971, 36 e 349 del 1985 e 155/1990). Nella specie appare irragionevole disporre la sostituzione retroattiva di un testo di legge che non solo rispondeva adeguatamente alla situazione giuridica che l'aveva ispirato, ma che doveva avere applicazione su una categoria di soggetti ben circoscritta nel tempo ed in via di esaurimento. La norma in questione risulta ancor piu' priva di logicita' se si pensa che e' stata emanata quando era gia' sorto, in capo alla totalita' degli interessati, il diritto a percepire l'assegno integrativo istituito dalla precedente legge reg. n. 53/1985. La modifica apportata all'art. 9, secondo comma, della legge n. 53/1985, escludendo dal beneficio pensionistico il personale statale comandato collocato a riposo a domanda, introduce, inoltre, nei confronti della restante parte di personale, una non giustificata disparita' di trattamento ecnomico. E' del tutto illogico, infatti, e, quindi, in contrasto con il principio di uguaglianza recato dall'art. 3 della Costituzione, discriminare quel personale perche', in attuazione di un altro diritto garantito dall'ordinamento, e' stato collocato a riposo a domanda, dopo aver prestato opera retributiva per l'Amministrazione regionale con decorrenza dal trasferimento delle funzioni dallo Stato alla regione, non diversamente dai dipendenti statali comandati collocati a riposo d'ufficio. Infine, negando il diritto all'assegno integrativo di quiescenza, viene conseguentemente negato anche il diritto, garantito dall'art. 36 della Costituzione, alla proporzionalita' ed adeguatezza del trattamento pensionistico alla retribuzione percepita in attivita' di servizio; retribuzione che, come si e' detto, comprendeva l'indennita' mensile introdotta dalla legge reg. n. 145/1980 e, prima ancora, gli acconti previsti dalla legge reg. n. 254/1979. Per le considerazioni sopra esposte ritiene il collegio che l'art. 16 della legge reg. n. 11/1988 sia manifestamente in contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che l'assegno integrativo di quiescenza sia corrisposto anche al personale statale comandato collocato a riposo a domanda.