IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
Ha pronunziato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1188/92
proposto da Ernesto d'Amico, Michele Dusi, Sandro Sperandio, Aldo
Celentano, Fernando Platania, Maria Grazia Zattoni, Luigi Perina, Ugo
Cingano, Carla Marina Lendaro e Marco Zanatelli, rappresentati e
difesi dagli avvocati Cesare Janna e Franco Zambelli, con elezione di
domicilio presso lo studio del secondo in Venezia Mestre, via
Ospedale n. 9/12, contro il Ministero di grazia e giustizia, in
persona del Ministro pro-tempore, presentato e difeso dall'avvocatura
distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge, per
l'accertamento del diritto dei ricorrenti, magistrati dell'ordine
giudiziario, all'allineamento stipendiale sulla posizione retributiva
del collega Antonio Francesco Esposito ex art. 4, terzo comma, del
d.l. 27 settembre 1982, n. 681, convertito nella legge 20 novembre
1982, n. 869;
Visto il ricorso, notificato il 16 aprile 1992 e depositato presso
la segreteria il 22 aprile 1992 con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione
intimata;
Viste le memorie prodotte;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza dell'11 marzo 1993 (relatore il
consigliere Lorenzo Stevanato) l'avv. Janna per i ricorrenti e l'avv.
dello Stato Muscarello per l'Amministrazione statale resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
I ricorrenti, magistrati dell'ordine giudiziario, invocano
l'applicazione del c.d. "allineamento stipendiale", istituto
introdotto dall'art. 4, terzo comma, del d.l. 27 settembre 1982, n.
681, convertito in legge 20 novembre 1982, n. 869, successivamente
confermato per il personale di magistratura dall'art. 1 della legge 8
agosto 1991, n. 265.
Deducono a sostegno del ricorso che l'istituto dell'allineamento
stipendiale, rimedio di carattere generale del pubblico impiego volto
ad evitare situazioni di squilibrio retributivo, e' conforme a
principi costituzionali (artt. 3, 36, 97 e 107 della Costituzione)
secondo cui a parita' di funzione deve corrispondere lo stesso
trattamento economico.
L'applicabilita' di tale istituto ai magistrati ordinari e'
espressamente riconosciuta dal primo comma dell'art. 1 della legge 8
agosto 1991, n. 265, col limite che sono valutabili soltanto i piu'
favorevoli trattamenti economici conseguiti nelle carriere
dirigenziali dell'Amministrazione dello Stato o equiparate. Le
ulteriori limitazioni a tale principio recate dai commi primo e terzo
si applicano per il futuro, ma non possono comprimere il diritto gia'
maturato dai ricorrenti prima dell'entrata in vigore della legge n.
265/1991.
Cio' premesso, i ricorrenti espongono di avere tutti un'anzianita'
di carriera superiore a quella del loro collega Antonio Francesco
Esposito il quale, nominato uditore giudiziario nel 1989, ha
conservato il piu' favorevole trattamento economico maturato nella
precedente carriera (equiparata a quella dirigenziale dello Stato) di
referendario parlamentare presso il Senato della Repubblica.
Chiedono pertanto che sia riconosciuto il loro diritto a percepire
un trattamento retributivo non inferiore a quello dell'anzidetto
magistrato, con la condanna dell'amministrazione alla corresponsione
delle relative differenze retributive con interessi e rivalutazione
monetaria.
L'amministrazione statale intimata, costituitasi in giudizio, ha
controdedotto puntualmente instando per la reiezione del ricorso. La
difesa erariale in particolare ha osservato che l'istituto
dell'allineamento stipendiale, disciplinato retroattivamente
dall'art. 1 della legge n. 265/1991 che ha natura interpretativa,
sarebbe escluso dal terzo comma per i concorsi di primo grado (com'e'
quello di accesso alla magistratura ordinaria) e che esso comunque
non sarebbe stato applicabile al caso, poiche' il dott. Esposito non
proviene da una carriera dirigenziale dello Stato o equiparata, come
prescritto dal primo comma. Infine, ha eccepito che l'abrogazione
dell'allineamento stipendiale, recata dall'art. 2, quarto comma, del
d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992,
n. 359 e dalla relativa interpretazione autentica di cui all'art. 7
del d.l. 18 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14
novembre 1992, n. 438, ha eliminato in radice la possibilita' di
accoglimento del ricorso.
Nell'ampia memoria prodotta in giudizio nell'imminenza
dell'udienza di discussione, i ricorrenti hanno poi osservato che
l'abrogazione dell'allineamento stipendiale, recata dall'art. 2,
quarto comma, del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella
legge 8 agosto 1992, n. 359 e la relativa interpretazione autentica
di cui all'art. 7 del d.l. 18 settembre 1992, n. 384, convertito
nella legge 14 novembre 1992, n. 438, non incide sul diritto maturato
dai ricorrenti all'allineamento stipendiale del personale di
magistratura.
Infatti si tratterebbe di disposizioni prive di efficacia
retroattiva, inapplicabili al caso dei ricorrenti che hanno gia'
acquisito il diritto in questione: cio' riguarderebbe anche l'art. 7
del d.l. n. 384/1992, la cui natura di interpretazione autentica
sarebbe solo apparente, avendo contenuto innovativo.
Una diversa impostazione, ad avviso degli interessati, non
potrebbe non ingenerare sospetti di incostituzionalita' per
violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto
emergerebbe lo sviamento e l'irragionevolezza dello strumento usato
per eludere il principio di irretroattivita'.
D I R I T T O