P. Q. M. Il tribunale superiore pronunciando soltanto sulla giurisdizione e sui primi due motivi del ricorso afferma la propria giurisdizione e respinge i due motivi considerati; Dispone con separata ordinanza per l'ulteriore svolgimento del processo e rimette al definitivo la pronuncia sugli altri motivi di impugnazione e sulle spese del giudizio. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del tribunale superiore delle acque pubbliche il 1 febbraio 1993". Con la presente ordinanza e prima di procedere all'esame degli altri motivi il collegio osserva che il corrispettivo per l'uso speciale di beni demaniali (per "uso" intendendo qui, genericamente, la utilizzazione; in effetti, l'uso speciale di un bene considerato come genere, come la sabbia o la ghiaia, si concreta nella approvazione delle quantita' specificate; dette distinzioni, peraltro, non vengono qui in considerazione se non, trattando della determinazione del corrispettivo, per l'applicazione analogica delle norme sulla compravendita) costituisce una "prestazione patrimoniale"), ai sensi dell'art. 23 della Costituzione, quante volte sia imposto da un atto dell'autorita' in modo indipendente dalla volonta' dell'onerato, senza che abbia rilievo il carattere privatistico, e piu' in generale sinallagmatico, del rapporto nel quale la prestazione si inserisce (Corte costituzionale, 26 gennaio 1957, n. 4 e n. 30, 8 luglio 1957, n. 122, 27 giugno 1959, n. 36, 6 luglio 1960, n. 51, 16 dicembre 1960, n. 70, 30 gennaio 1962, n. 2, 26 giugno 1962, n. 65, 9 aprile 1969, n. 72, 2 febbraio 1988, n. 127); in particolare, si deve quindi ritenere che il corrispettivo in questione viene ad atteggiarsi come prestazione patrimoniale quando venga mutato unilateralmente dalla pubblica autorita' in un rapporto gia' in corso, ovvero quando, come nel caso in esame, l'importo, non previamente estabilito, venga fissato unilateralmente in misura superiore a quella che si debba presumere accettata dall'onerato (art. 1474 del codice civile; nella specie e' evidente che il concessionario si attendeva una determinazione del corrispettivo per metro cubo all'incirca uguale a quella fissata per l'anno precedente) per l'intervento di un atto normativo che si imponga all'osservanza dell'autorita' amministrativa, controparte nel rapporto sinallagmatico instaurato con la concessione onerosa. Cio' premesso, la ricorrente, con i motivi n. 3 e n. 4, sostanzialmente uguali e che vanno insieme esaminti, censura la disposizione regolamentare impugnata in quanto i criteri di aumento sarebbero illogici ovvero in quanto si tratterebbe, appunto, di aumenti in misura fissa e non di criteri di aumento. Puo' osservarsi che la disposizione regolamentare, prevedendo aumenti in misure scaglionate a seconda della data di inizio dei rapporti concessori, con un minimo assoluto, si contiene nell'ampia formula legislativa che genericamente domanda al regolamento di stabilire i criteri per la rideterminazione dei corrispettivi, stabilendo solo due multipli massimi in relazione a un determianto discrimine temporale; quanto alla censura di intrinseca irrazionalita' delle determinazioni, potrebbe ritenersi che la ricorrente non abbia offerta quegli specifici elementi di valutazione che, in una materia cosi' discrezionale come quella della determinazione degli importi di corrispettivi di beni fuor di commercio, debbono sorreggere una censura di incongruita'. Anche considerando infondata la censura di illegittimita' dell'atto normativo amministrativo, il collegio deve pero' sollevare, d'ufficio, questione di legittimita' costituzionale della stessa fonte legislativa, ossia dell'art. 12, quinto comma, del d.l. 27 aprile 1990, n. 90, convertito nella legge 26 giugno 1990, n. 165, per insufficiente determinazione della prestazione patrimoniale. La non manifesta infondatezza della questione emerge da cio' che la risera di legge prevista dall'art. 23 della costituzione ("in base alla legge") in tema di prestazioni imposte, esige che la legge fissi con adeguata determinatezza il contenuto della prestazione e i criteri idonei a regolare qualche eventuale margine di discrezionalita' che sia consentito alla pubblica amministrazione (Corte costituzionale, 28 luglio 1987, n. 290); mentre nella specie la legge demanda testualmente al regolamento ministeriale (neppure a un regolamento governativo, quale occorre per l'esecuzione e l'integrazione di leggi, ai sensi dell'art. 17, primo e secondo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400), testualmente, di stabilire i criteri per la determinazione delle prestazioni patrimoniali in questione - che essa stessa dovrebbe stabilire - con una formulazione che, come si e' detto nel respingere la censura di illegittimita' della disposizione regolamentare, autorizza qualsiasi determinazione entro il solo limite di un multiplo massimo del canone (o altro corrispettivo) in atto. Quanto alla rilevanza della questione, essa segue dal fatto che la caduzione della disposizione legislativa legittimante comporterebbe l'accoglimento della corrispondente censura di illegittimita' della fonte regolamentare amministrativa (censura che la ricorrente ha formulato anche, appunto, come carenza di fondamento legislativo). Con il quinto motivo la ricorrente si duole della retroattivita' dell'aumento imposto, formulando la doglianza alternativamente come censura di illegittimita' della disposizione regolamentare o come questione di legittimita' costituzionale della piu' volte indicata disposizione di legge. Ora, se la legge avesse inteso che gli aumenti avrebbero dovuto decorrere da un momento successivo a quello della rideterminazione, non avrebbe avuto necessita' di specificare "a decorrere dal 1990"; la specificazione di per se' costituisce una previsione di retroattivita', perche', come che si riguardi la questione, ha senso soltanto in vista di una divisata retroattivita'; inoltre, "a decorrere dal 1990" significa "dal 1 gennaio 1990" e non, come ipotizza la ricorrente, "da un qualsiasi giorno (successivo alla rideterminazione) dell'anno 1990"; e si puo' infine aggiungere che una imprecisione cosi' inconsueta in materia di date e di decorrenza manifesta la volonta' del legislatore, tanto consapevole quanto elusivamente espressa (perche' e' insostenibile la ricorrenza di un caso straordinario di necessita' e d'urgenza di praticare aumenti retroattivi, di entita' neppure determinata) di istituire aumenti retroattivi. In conclusione, il Ministro emanante, di fronte all'inequivoco disposto normativo relativo alla decorrenza degli aumenti, altro non avrebbe potuto fare che fissarla, ancor piu' chiaramente, dal 1 gennaio 1990. L'esame della doglianza va, di conseguenza, spostato sulla questione di legittimita' costituzionale - logicamente subordinata rispetto a quella gia' sollevata - della disposizione del citato art. 12, quinto comma, nella parte in cui prevede aumenti retroattivi. La questione stessa non e' manifestamente infondata: vero e' che l'art. 23 della Costituzione, come del resto lo stesso art. 53 specificamente relativo alle prestazioni tributarie, di per se' non preclude la retroattivita' di disposizioni impositive; ma, come la retroattivita' di disposizioni tributarie e' preclusa dall'art. 53 quando essa finisca per gravare il soggetto d'imposta per una capacita' contributiva non piu' esistente al momento dell'imposizione (Corte costituzionale, 16 giugno 1964, n. 45, 23 maggio 1966, n. 44, 22 aprile 1980, n. 54, 27 luglio 1982, n. 143, ord. 21 gennaio 1988 n. 51), cosi' sembra che si debba ritenere preclusa la retroattivita' di una prestazione patrimoniale sinallagmatica la cui prestazione corrispettiva sia gia' stata ricevuta dal soggetto onerato, perche' cio' snatura la stessa corrispettivita' del rapporto, non essendo piu' possibile all'onerato, evidentemente, di modificare le scelte passate in considerazione del corrispettivo successivamente imposto; a siffatta retroattivita', impositiva di un corrispettivo su quanto gia' ricevuto e consumato o definitivamente immesso nelle trasformazioni economiche del patrimonio del soggetto, osta, prima ancora che l'equita' e i principi generali del diritto (enucleabili, a titolo esemplificativo, dagli artt. 1258, 1286, 1373, secondo comma, 1458, secondo comma, del codice civile), la ragion naturale. Deve conseguentemente sollevarsi anche al questione della legittimita' costituzionale dell'art. 12, quinto comma, del d.l. n. 90/1990, con riferimento agli artt. 23 e 53 della Costituzione, in via subordinata rispetto alla questione di legittimita' precedentemente trattata, anche nella parte in cui la disposizione di legge prevede aumenti retroattivi, anziche' decorrenti dai vari possibili momenti gradatamente non anteriori all'entrata in vigore del d.l. n. 90/1990. P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 12, quinto comma, del d.l. 27 aprile 1990, n. 90, convertito in legge 26 giugno 1990, n. 165, con riferimento agli artt. 23 e 53, primo comma, della Costituzione, nelle parti in cui: a) demanda ad un regolamento ministeriale di stabilire i criteri per la rideterminazione di canoni, proventi, diritti erariali ed indennizzi comunque dovuti per l'utilizzazione dei beni immobili del demanio e del patrimonio indisponibile e disponibile dello Stato; b) dispone che la rideterminazione dei canoni e proventi suddetti abbia effetto "a decorrere dall'anno 1990" anziche': 1) da un congruo termine successivo alla pubblicazione del decreto ministeriale, ovvero 2) dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale, ovvero 3) dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, ovvero 4) dalla data di entrata in vigore del decreto-legge; Sospende il giudizio in corso; Dispone che a cura della cancelleria l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti delle Camere parlamentari. Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio del tribunale superiore delle acque pubbliche il 1 febbraio 1993. Il presidente: PALAZZOLO Depositata in cancelleria addi' 31 maggio 1993. Il collaboratore di cancelleria: COPPARI 93C0929