ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 142, terzo comma, 143, terzo comma, e 680, primo comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 17 febbraio 1993 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dalla s.p.a. Societa' Italiana Lavori, in amministrazione straordinaria ed altre contro la Grain Authority For Grain - Cereals della Jamahiria Araba Popolare Socialista Libica G.A.L.P.S., iscritta al n. 665 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visto l'atto di costituzione della Wadi Aril Development Venture; Udito nell'udienza pubblica dell'8 febbraio 1994 il Giudice relatore Cesare Ruperto; Udito l'avv. Francesco M. Zappala' per la Wadi Aril Development Venture; Ritenuto in fatto 1. - La Wadi Aril Development Venture, Joint Venture con sede in Ginevra costituita tra la Italiana Lavori S.p.a. in Amministrazione Straordinaria con sede in Roma e la Food Development Corporation con sede in Pasco (Washington U.S.A.), otteneva, ante causam, dal Presidente del Tribunale di Roma, nei confronti di un ente governativo libico, due decreti di sequestro conservativo, i quali venivano eseguiti su somme dovute al detto ente dalla Banca Nazionale del Lavoro, che aveva prestato garanzie fideiussorie. Il Tribunale di Roma, adito per la convalida, dichiarava l'inefficacia dei due sequestri per inosservanza del termine di cui all'art. 680 del codice di procedura civile, in quanto notificati, secondo le formalita' richieste dal terzo comma dello stesso codice per le notificazioni eseguibili a' termini delle convenzioni internazionali, oltre il quindicesimo giorno dalla loro esecuzione. La pronuncia veniva confermata dalla Corte d'Appello di Roma, contro la cui sentenza proponevano ricorso per Cassazione sia la Wadi Aril Development Venture, sia la B.N.L. in qualita' di terza sequestrata. Nel corso del relativo giudizio la Corte di Cassazione, con ordinanza emessa il 17 febbraio 1993 (pervenuta a questa Corte l'8 ottobre 1993), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 142, terzo comma, 143, terzo comma e 680, primo comma, del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Premette il giudice a quo che nella specie risulta applicabile il terzo comma dell'art. 142 del codice di procedura civile - in tema di notificazione a persona non residente, ne' dimorante, ne' domiciliata nella Repubblica - il quale rinvia agli adempimenti da compiersi da parte dell'autorita' consolare in conformita' alle convenzioni internazionali ed alle leggi dello Stato di residenza. A' termini di queste ultime, le attivita' previste per la notifica consistono: 1) nella richiesta (a mezzo posta) dell'intervento del Console da parte dell'Ufficiale Giudiziario in Italia; 2) nell'ulteriore richiesta del Console alle autorita' locali; 3) nell'adempimento delle prescritte formalita' da parte di dette autorita', le quali potrebbero anche opporre "una resistenza passiva a compiere atti di notifica .. nei confronti di Uffici ed Autorita' governative". Sottolinea la Cassazione: a) che il terzo comma dell'art. 142 esclude l'applicabilita' dei precedenti commi, allorche' di fatto sia possibile la notificazione secondo le convenzioni internazionali e la legge consolare. Nella specie, la notifica ha avuto luogo in applicazione della Convenzione dell'Aja, rendendosi cosi' evidenti e l'applicabilita' della norma in esame e la rilevanza della questione; b) che il notificante, invero, non ha avuto e non avrebbe possibilita' alcuna di influire su "tale macchinosa procedura di notificazione", che puo' essere vanificata dalle autorita' locali. Ne', d'altronde, sarebbe stata possibile altra forma di notificazione; in particolare, non quella e x art. 151 del codice di procedura civile. Di qui, la prospettata illegittimita' costituzionale per l'irragionevolezza insita nella successione degli adempimenti, ed il vulnus al diritto di azione: entrambi, conseguenti ad un onere imposto a pena di decadenza alla parte, ma che sfugge alla sua diligenza. Tale illegittimita' - secondo il giudice a quo - potrebbe essere rimossa con una sentenza di questa Corte che incidesse sul terzo comma dell'art. 143, assimilando il caso in esame a quelli in cui la notifica si intende validamente eseguita nel ventesimo giorno successivo al compimento delle formalita' prescritte. Il risultato, opina la Cassazione, potrebbe ottenersi estendendo anche al terzo comma dell'art. 142 del codice di procedura civile il rinvio operato dall'art. 143, terzo comma, nell'ipotesi della notificazione prevista dal primo comma dell'art. 680. In via gradata a tale soluzione, secondo il giudice a quo, questa Corte potrebbe ritenere non operante il termine perentorio di quindici giorni previsto dall'art. 680 del codice di procedura civile per il caso di notifiche all'estero da eseguire con le modalita' di cui al citato art. 142 terzo comma ed all'art. 30 del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200. In tal modo dovrebbe poi essere il legislatore a fissare un termine di diversa estensione. 2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte costituzionale si e' costituita la Joint Venture, insistendo per la declaratoria d'illegittimita' costituzionale. Nell'imminenza dell'udienza la medesima parte privata ha depositato un'ampia memoria, intesa a ribadire le censure di illegittimita' del vigente assetto normativo ed a dimostrare la conformita' ai sovraordinati precetti costituzionali di un sistema che diversifichi per le due parti le condizioni di perfezionamento della notificazione, fissandole, rispettivamente, per il notificante nell'avvenuto compimento delle prescritte formalita' e, per il destinatario, nell'effettiva conoscenza dell'atto. Considerato in diritto 1. - La Corte di Cassazione dubita della legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 142, terzo comma, 143, terzo comma, e 680, primo comma, del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui, imponendo a pena di inefficacia la notificazione del decreto di sequestro entro quindici giorni dal primo atto di esecuzione anche quando tale adempimento debba eseguirsi all'estero nei modi previsti dalle convenzioni internazionali e dagli artt. 30 e 75 del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200 (c.d. legge consolare), comporta irragionevole limitazione del diritto di agire, facendo carico alla parte istante di comportamenti rimessi a terzi, in particolare alle autorita' locali (in ipotesi interessate a che la notificazione non avvenga), nonche' disparita' di trattamento rispetto al caso previsto nei primi due commi dell'art. 142, nel quale la notificazione si ha per perfezionata nei confronti del notificante con il solo compimento delle formalita' ivi prescritte. 2. - La questione e' fondata. L'art. 142 del codice di procedura civile, nel testo originario, si limitava a disporre, nei suoi due commi, che una copia dell'atto da notificare venisse affissa nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede, altra copia spedita al destinatario in piego raccomandato e una terza consegnata al pubblico ministero per la consegna, tramite il Ministero degli affari esteri, al destinatario stesso: in tal modo era notificato l'atto a persona non residente, ne' dimorante, ne' domiciliata nello Stato. Correlativamente il terzo comma dell'art. 143, sempre nel testo originario, considerava la notificazione per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui erano state compiute dette formalita', sia nel caso di notificazione a persona di residenza, domicilio e dimora sconosciuti, sia nell'ipotesi di cui all'articolo precedente. 3. - Questa Corte, con sentenza n. 10 del 1978, ebbe a dichiarare l'illegittimita' costituzionale di tale ultima norma, nella parte in cui non prevedeva - per quanto attiene alla operativita' della notificazione nei confronti del destinatario dell'atto da notificare, nei casi previsti dall'art. 142 - che la sua applicazione fosse subordinata all'accertata impossibilita' di eseguire la notificazione nei modi consentiti dalle convenzioni internazionali e dalla legge consolare. Poiche' gia' era comune opinione in dottrina e in giurisprudenza che la scadenza del termine di venti giorni portava al perfezionamento della notificazione nei confronti del solo destinatario, la declaratoria di illegittimita' costituzionale venne ad influire unicamente su tale profilo. Ed infatti, con delimitazione espressamente posta nel dispositivo della sentenza, l'ambito di efficacia fu identificato appunto con "quanto attiene alla operativita' della notifica nei confronti del destinatario". Coerentemente con siffatta delimitazione della portata della pronuncia, questa Corte ebbe cura di precisare in motivazione che la sancita necessita' dell'osservanza di modalita' notificatorie ispirate (in conformita' alle convenzioni internazionali e alla legge consolare) al principio per cui la notificazione non e' operante fino a quando la copia dell'atto non sia pervenuta al destinatario o nella sua sfera di conoscibilita', non pregiudicava comunque gli interessi del notificante "poiche' la notificazione nei suoi confronti si perfeziona e produce i suoi effetti, compresi quelli impeditivi della decadenza, con il compimento delle formalita' indicate nell'art. 142". 4. - Con gli artt. 9 e 10 della legge 6 febbraio 1981, n. 42, di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Aja 15 novembre 1965, da un lato si e' introdotto un terzo comma nell'art. 142 del codice di procedura civile (nel quale si stabilisce che le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano soltanto ove risulti impossibile eseguire la notificazione in uno dei modi consentiti dalle convenzioni internazionali e dagli artt. 30 e 75 d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200), dall'altro e' stato modificato il terzo comma dell'art. 143, nel senso che nei casi previsti dall'articolo stesso e (solo) dai primi due commi dell'art. 142 "la notificazione si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalita' prescritte". In tal modo il legislatore non ha di certo creato, con riguardo alle modalita' di notificazione risultanti da convenzioni internazionali e dalla legge consolare, un sistema autonomo e alternativo rispetto a quello gia' risultante dal combinato disposto delle due citate norme, ispirato al principio della possibile scissione soggettiva del momento della perfezione del procedimento notificatorio. E pur tuttavia ha escluso l'operativita' di tale principio quando non risulti impossibile eseguire la notificazione nei modi consentiti dalle convenzioni internazionali e dalla legge consolare, nel qual caso dunque la notificazione si perfeziona sempre e soltanto con l'arrivo dell'atto nella sfera di conoscibilita' del destinatario. Cio' si desume dal mancato richiamo del terzo comma dell'art. 142 e, insieme, dalla circostanza - lumeggiata dalla Corte remittente - che l'art. 30 della legge consolare si riferisce alla comune nozione di notificazione, intesa come procedimento di cui fa parte integrante l'arrivo dell'atto nella sfera di conoscibilita' del notificato. 5. - Si e' cosi' prodotto quel vulnus di precetti sovraordinati a ragione denunciato dal giudice a quo. Appare infatti priva di razionale giustificazione la previsione, sotto pena di decadenza (nella specie, comportante l'inefficacia del sequestro ex art. 683 del codice di procedura civile), di un arco temporale che resta sempre di quindici giorni (art. 680) per il compimento di attivita' che attengono a situazioni profondamente eterogenee, quali sono quelle rispettivamente previste dai primi due e dal terzo comma dell'art. 142: nell'una, perfezionandosi per il notificante il procedimento notificatorio col solo compimento delle formalita' di legge (tutte rientranti nella disponibilita' e nel potere di vigilanza dell'istante), nell'altra invece richiedendosi anche che l'atto pervenga nella sfera di conoscibilita' del destinatario e cosi' imponendosi l'assolvimento di oneri ulteriori attraverso attivita' che, in quanto svolte nello Stato estero in cui il destinatario stesso deve essere raggiunto, si sottraggono al potere di controllo e sollecitazione del notificante. Una siffatta discriminazione, conseguente all'assoggettamento ad identica disciplina temporale di attivita' qualitativamente e quantitativamente diverse, appare poi viziata da irragionevolezza. In proposito e' da rammentare che nella sentenza n. 10 del 1978 questa Corte ha inteso affermare la necessita' che nel caso di notificazione all'estero le garanzie di conoscibilita' dell'atto, da parte del destinatario, si coordinino con l'interesse del notificante a non vedersi addebitato l'esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri di impulso. Ebbene, a tale stregua la normativa in esame, rivelando un'intrinseca contraddittorieta', ha con quell'identita' di disciplina temporale irragionevolmente compresso detto interesse, proprio nel caso in cui e' maggiormente tutelato l'interesse del destinatario, al quale viene assicurata la garanzia di conoscibilita', estranea invece all'operativita' dei primi due commi dell'art. 142, nell'ambito della quale funziona la fictio di cui al terzo comma dell'art. 143. Ne' puo' sfuggire all'attenzione di questa Corte l'ulteriore profilo discriminatorio derivante dal fatto che l'identita' del termine - per una notificazione all'estero che debba, al pari di quella da eseguirsi in Italia, improntarsi al principio della conoscibilita', con conseguente identificazione di un unico momento di perfezionamento sia per il notificante che per il notificato - ancora una volta accomuna nel medesimo trattamento situazioni eterogenee, trascurando l'elemento differenziatore costituito, nei sensi esposti, dal segmento "estero" del procedimento funzionale a siffatta conoscibilita'. Per altro verso, poi, sussiste come conseguenza delle evidenziate discriminazioni la denunziata lesione del diritto di difesa, poiche' il termine di quindici giorni previsto dall'art. 680, se applicato a situazioni nelle quali il notificante e' liberato dagli oneri notificatori soltanto con l'arrivo dell'atto nella sfera di conoscibilita' del destinatario, si palesa tanto ristretto da rendere impossibile o comunque estremamente difficoltoso l'esercizio del diritto stesso, a cagione sia del numero e della complessita' degli adempimenti richiesti, sia del fatto che questi sono per larga parte rimessi - come illustrato dalla Corte remittente, che ha anche rilevato l'impossibilita' nella specie di ricorrere all'art. 151 del codice di procedura civile - ad organi dello Stato estero la cui attivita' si sottrae a qualsiasi diligente vigilanza o disponibilita' della parte interessata all'osservanza del termine. Ne consegue che, profilandosi come soluzione costituzionalmente obbligata quella di non sottrarre il caso in questione all'operativita' del principio della sufficienza - ai fini del perfezionamento, nei confronti del notificante, della notificazione da eseguirsi all'estero - del compimento delle sole formalita' che non sfuggono alla disponibilita' del notificante, deve dichiararsi l'illegittimita' costituzionale - per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione - del combinato disposto delle censurate norme, nella parte in cui non prevede che la notificazione all'estero del decreto di sequestro autorizzato anteriormente alla causa si perfezioni, ai fini dell'osservanza del termine previsto dall'art. 680 del codice di procedura civile, con il tempestivo compimento delle formalita' imposte al notificante dalle convenzioni internazionali e dagli artt. 30 e 75 del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200.