ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 166, 167,
 secondo e terzo comma, 171, secondo comma, e 269, secondo comma,  del
 codice di procedura civile, promossi con ordinanze emesse il 12 marzo
 1997 dal giudice istruttore del tribunale di Milano, il 9 aprile 1997
 dal  giudice istruttore del tribunale di Vercelli, il 17 maggio ed il
 14 giugno  1997  dal  giudice  istruttore  del  tribunale  di  Milano
 rispettivamente  iscritte  ai  nn.  244,  411, 534 e 599 del registro
 ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 nn. 20, 28, 37 e 39, prima serie speciale, dell'anno 1997;
    Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre  1997  il  giudice
 relatore Fernanda Contri;
   Ritenuto  che  nel  corso  di  un procedimento civile, nel quale il
 convenuto si era  costituito  tardivamente  rispetto  all'udienza  di
 prima  comparizione  indicata  nell'atto  di citazione e poi rinviata
 d'ufficio, proponendo domanda riconvenzionale e dichiarando di  voler
 chiamare  un  terzo  in causa, il giudice istruttore del Tribunale di
 Milano  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 166
 del codice di procedura civile, in relazione agli artt. 167,  secondo
 e terzo comma, 171, secondo comma, e 269, secondo comma, del medesimo
 codice,  nella  parte  in  cui  non prevede che, qualora l'udienza di
 prima comparizione sia rinviata d'ufficio ai sensi dell'art. 168-bis,
 quarto comma, cod. proc. civ., il convenuto possa  costituirsi  venti
 giorni  prima  di tale udienza e che la decadenza del convenuto dalla
 facolta' di proporre domande riconvenzionali e di chiamare  in  causa
 terzi si verifichi con riferimento a tale udienza;
     che,  ad avviso del remittente, la norma censurata si porrebbe in
 contrasto con il principio di eguaglianza, in quanto  le  fattispecie
 di    rinvio    dell'udienza    di   prima   comparizione,   previste
 rispettivamente nel quarto e nel quinto comma dell'art. 168-bis  cod.
 proc.  civ.,  sono  riconducibili  ad  una  medesima  ratio,  essendo
 entrambe   dirette   a   soddisfare   esigenze   organizzative    sia
 dell'ufficio,  sia  del  lavoro  del  singolo giudice, si' che e' del
 tutto  irragionevole  che  la  costituzione  del  convenuto   risulti
 disciplinata  diversamente  in relazione alla mera ragione del rinvio
 dell'udienza;
     che, come osserva  il  giudice  a  quo  nel  sistema  attualmente
 delineato dall'art. 166, in relazione agli artt. 167, secondo e terzo
 comma, 171, secondo comma, e 269 secondo comma, se l'udienza di prima
 comparizione  subisce  un  rinvio d'ufficio ai sensi del quarto comma
 dell'art. 168-bis, il convenuto, per non incorrere in decadenza, deve
 costituirsi venti giorni prima  dell'udienza  indicata  nell'atto  di
 citazione,  mentre  nell'analoga  ipotesi  di  differimento di cui al
 quinto comma, il convenuto beneficia di  un  piu'  ampio  termine  di
 costituzione,  dovendosi questo computare con riferimento all'udienza
 fissata dal giudice istruttore;
     che,  infine,  il  medesimo  sistema determinerebbe, a parere del
 remittente, una ingiustificata compressione del diritto di difesa del
 convenuto, difettando  un  interesse  superiore  che  giustifichi  la
 diversa  disciplina della decadenza, e porrebbe la norma in contrasto
 anche con l'art. 24 della Costituzione;
     che, con ordinanza emessa il 17 maggio 1997 in altro procedimento
 civile, il  medesimo  giudice  ha  sollevato  identica  questione  di
 legittimita' costituzionale;
     che,  con  ordinanze  del  9 aprile 1997 e del 14 giugno 1997, il
 giudice istruttore del tribunale di Vercelli e quello  del  tribunale
 di  Milano  hanno  sollevato,  in termini del tutto analoghi a quelli
 gia' indicati, la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
 166,  in  relazione  all'art.  167,  secondo  comma,  del  codice  di
 procedura civile;
   Considerato preliminarmente che i giudizi devono essere riuniti per
 connessione oggettiva delle questioni sollevate;
     che  i  giudici  remittenti  fondano  le   proprie   censure   di
 incostituzionalita'  della  norma  in esame sull'analogia della ratio
 delle  diverse  previsioni  di  rinvio   della   prima   udienza   di
 comparizione,  contenute  nell'art.   168-bis; quarto e quinto comma,
 del codice di procedura  civile,  invocando,  per  tale  motivo,  una
 identita'  di  trattamento  quanto alla disciplina della costituzione
 del convenuto;
     che la previsione del potere di  differimento  della  data  della
 prima  udienza  di comparizione, attribuito al giudice istruttore dal
 quinto comma del citato art. 168-bis;  deve  porsi  in  relazione  al
 preminente   rilievo   affidato   a  detta  udienza  nella  struttura
 originaria della riforma e particolarmente alla fondamentale esigenza
 di porre il giudice in  condizione  di  conoscere  l'effettivo  thema
 decidendum fin dal momento iniziale della trattazione della causa;
     che  in  tale  ragione,  del  tutto  peculiare,  va  ravvisato il
 fondamento della deroga al sistema della citazione ad udienza  fissa,
 cui  e'  correlata  la diversa disciplina del termine di costituzione
 del convenuto, costituente anch'essa una deroga al principio generale
 stabilito nella prima parte dell'art. 166 cod. proc. civ;
     che le medesime esigenze non sussistono invece  in  relazione  al
 rinvio  della  prima  udienza  di  comparizione,  previsto  nell'art.
 168-bis; quarto comma, cod. proc.  civ.,  il  quale,  in  assenza  di
 specifica  indicazione  normativa, puo' derivare da qualunque motivo,
 anche fortuito ed indipendente da ragioni organizzative  dell'ufficio
 o del giudice;
     che  non  e'  quindi  ravvisabile  la  prospettata violazione del
 principio di eguaglianza, in quanto le fattispecie  di  rinvio  della
 prima  udienza  di  comparizione  considerate nel quarto e nel quinto
 comma dell'art.  168-bis non sono riconducibili ad una ratio comune e
 non puo'  dirsi  irragionevole  la  previsione  di  una  deroga  alla
 disciplina del termine di costituzione in giudizio del convenuto;
     che  deve  escludersi  anche  l'asserita  lesione  del diritto di
 difesa, poiche', come questa  Corte  ha  avuto  piu'  volte  modo  di
 affermare,  "la garanzia del diritto di difesa non puo' implicare che
 sia  illegittimo  imporre  all'esercizio   di   facolta'   o   poteri
 limitazioni  temporali,  al  fine  di  accelerazione  del corso della
 giustizia" (ordinanza n.  900 del 1988);
     che  la  imposizione  di  una  disciplina  generale relativa alla
 costituzione del convenuto risponde ad evidenti ragioni di  certezza,
 nelle  quali  si  individua  quello  specifico interesse pubblico che
 giustifica  l'adozione  da  parte  del  legislatore  di   limitazioni
 temporali  immutabili e irreversibili nell'esercizio di facolta' e di
 poteri processuali (sentenza n. 471 del 1992).
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.