IL GIUDICE PER L'UDIENZA PRELIMINARE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nel  procedimento  penale  nei
 confronti di S.V. per:
     A)  il  reato  di  cui  all'art.  588  c.p. per aver partecipato,
 unitamente a Sabatino  Domenico,  S.A.,  Violo  Anna,  S.C.  e  Nappi
 Gregorio,  ad  una  lite  nel  corso  della quale riportavano lesioni
 personali N.A.  e Sabatino Rosa. Fatto del 22 maggio 1995 in Pagani;
     B) il reato di cui all'art. 582  c.p.  per  aver  provocato,  nel
 corso  della  lite di cui al capo a), a Sabatino Rosa e N.A., lesioni
 guarite in giorni 7, la prima, e in giorni 20, la seconda. Fatto  del
 22 maggio 1995 in Pagani.
   A  seguito  di  richiesta  di  rinvio a giudizio del minore innanzi
 indicato per il reato di cui alla rubrica, e' stata  fissata  udienza
 preliminare   nel   corso   della   quale   il   p.m.   ha   eccepito
 l'incostituzionalita'  dell'art.  34,  comma  2  c.p.p.  perche'   in
 contrasto con gli artt. 3, 24, 25, 101, 76, 77 della Costituzione.
   In  particolare  il  p.m. ha rilevato che in data 31 luglio 1996 il
 g.i.p. ha rigettato la richiesta di n.l.p. per irrilevanza del fatto,
 ai sensi dell'art. 27 decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
 448/1988;  lo  stesso magistrato, persona fisica, compone il collegio
 g.u.p.  Tale  situazione  di  fatto  e   di   diritto   implica   una
 incompatibilita'  ex  art.  34  comma 2 c.p.p., cosi' come piu' volte
 interpretato  dalla  Corte  costituzionale,  atteso  che  lo   stesso
 magistrato  chiamato a decidere in sede g.u.p. si e' gia' pronunciato
 nel merito quale g.i.p.
   Invero con la richiesta di n.l.p. per irrilevanza del fatto il p.m.
 ha  chiamato  il  g.i.p.  ad  emettere  un  giudizio, oltre che sulla
 configurabilita' in astratto di una ipotesi  di  reato,  anche  sulla
 concreta   sua   attribuibilita'   all'indagato;  altrimenti  avrebbe
 attivato una richiesta assolutoria ovvero di archiviazione, per  come
 disposto anche dall'art. 129 c.p.p.
   "Opinare  diversamente  induce  a  prassi  devianti  che comportano
 ''irrilevanza  per  categorie  di  reati''  che  si   presenta   come
 succedanea  della  depenalizzazione  con  conseguente  violazione del
 principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale".
   Ritiene questo giudice che la questione di  incostituzionalita'  e'
 rilevante  in  quanto, se non si accerta preliminarmente la legittima
 composizione del collegio giudicante, non e'  possibile  definire  il
 presente processo.
   Quanto   alla   fondatezza   della   eccezione   di  illegittimita'
 costituzionale, osserva che  la  finalita'  principale  del  processo
 minorile  non  e' l'applicazione di una sanzione penale nei confronti
 del giovane riconosciuto colpevole di un reato,  bensi'  il  recupero
 del minore.
   Per  il raggiungimento di tale scopo viene avviato, sin dall'inizio
 delle  indagini  preliminari,  un  programma   inteso   a   conoscere
 l'indagato,  ad  individuarne  i  problemi e le sollecitazioni che lo
 hanno  portato  a  delinquere,  nonche'  a  predisporre  un  adeguato
 percorso  educativo  per  avviarlo  definitivamente  verso  scelte di
 legalita'.
   In particolare in caso di applicazione di misure cautelari  non  si
 intende  punire  anticipatamente il giovane, bensi' adottare nei suoi
 confronti misure che, in  considerazione  della  sua  personalita'  e
 delle sue esigenze educative, lo sollecitino a non piu' delinquere.
   Tale   percorso   educativo,  la  cui  continuita'  e  coerenza  e'
 fondamentale  per  un  esito  positivo,  ha  il  suo  momento  focale
 nell'udienza   preliminare,   quando,  sulla  base  dell'osservazione
 effettuata sul  minore  e  delle  sue  risposte  alle  sollecitazioni
 ricevute,  vengono  adottati i provvedimenti decisivi per tentarne il
 recupero (v. in particolare la messa alla prova o, anche, il  perdono
 giudiziale).
   La  sostituzione  del  giudice durante tale percorso educativo puo'
 comportare  comprensibili  interruzioni  o  cambiamenti  che  possono
 essere estremamente deleteri per il recupero del minore.
   D'altra parte il diritto di difesa del minore trova adeguata tutela
 nella   normativa   vigente,   senza   la   necessita'  di  stabilire
 incompatibilita' tra g.i.p. e g.u.p. In particolare con l'opposizione
 di cui  all'art.    32,  III  comma,  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica  n.  448/88  (proponibile, oltre che contro le sentenze di
 condanna, anche avverso le sentenze di n.l.p. con le quali  e'  stata
 comunque   presupposta   la  responsabilita'  dell'imputato  -  Corte
 costituzionale 11 marzo 1993, n. 77) il minore  ottiene  l'automatica
 revoca  della  sentenza  del  g.u.p.  (art.  32-bis  comma  IV)  e la
 celebrazione  del  giudizio,  dello  stesso  giudizio  che   non   e'
 incompetente   a   disporre,   nel  processo  ordinario,  all'udienza
 preliminare lo stesso giudice che gia' si e' pronunciato  nel  merito
 nell'applicare   nei  confronti  dello  stesso  imputato  una  misura
 cautelare personale. Vale a dire, nonostante la possibilita' che  nel
 giudizio   minorile   il   g.u.p.   pronunci  anche  nel  merito  con
 provvedimenti  che  possono anche divenire definitivi, le garanzie di
 difesa del minore non sono affatto piu' limitate  rispetto  a  quelle
 dell'imputato  maggiorenne,  anche se all'udienza preliminare dovesse
 partecipare lo stesso giudice (peraltro in organo collegiale) che  ha
 gia'  emesso  un  provvedimento  che  comportava  una valutazione nel
 merito.
   Nonostante   tali   premesse   la   questione    di    legittimita'
 costituzionale  sollevata  dal p.m. non puo' ritenersi manifestamente
 infondata, soprattutto in considerazione delle recenti sentenze della
 Corte costituzionale (per ultima la  numero  311  del  15-22  ottobre
 1997).
   Invero  la  sentenza  di  non luogo a procedere per irrilevanza del
 fatto (art. 27 decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  448/88)
 comporta   un   giudizio   sulla   sussistenza   del  reato  e  sulla
 responsabilita' del minore per un fatto costituente reato. Altrimenti
 andrebbe  adottato  nei  suoi   confronti   un   provvedimento   piu'
 favorevole,  quale  l'archiviazione  o  il proscioglimento perche' il
 fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto.
   Non si tratta di un giudizio sulla tenuita' o meno di una  astratta
 fattispecie,  bensi'  sulla  tenuita'  ed  occasionalita'  (anche per
 elementi soggettivi) di un reato del quale il minore e  responsabile.
 Se  nessun  reato ha commesso non puo' dichiararsi nei suoi confronti
 irrilevante un fatto che non lo riguarda.
   Orbene, la richiesta di n.l.p. ex art. 27 nel corso delle  indagini
 preliminari  puo'  essere  rigettata  dal  g.i.p.  per mancanza, allo
 stato, di elementi  sufficienti  per  decidere  sulla  esistenza  del
 reato,   sulla   responsabilita'   del   minore,   sulla  tenuita'  e
 occasionalita' del fatto; ma puo'  anche  essere  disattesa  perche',
 pronunciandosi  nel  merito,  il    g.i.p.  ritiene  che il fatto non
 sussiste o che non sia stato commesso dal  minore,  ovvero  che,  sul
 presupposto  della  esistenza di sufficienti indizi di colpevolezza a
 carico  dell'indagato,  mancano  i  requisiti   della   tenuita'   ed
 occasionalita'.
   In  tale  seconda  ipotesi potrebbe ravvisarsi l'incompatibilita' a
 partecipare all'udienza preliminare  del  g.i.p.  che  ha  rigettato,
 pronunciando nel merito, la richiesta del p.m.
   Pertanto,   e'   necessario   rimettere   gli   atti   alla   Corte
 costituzionale affinche' esamini  la  legittimita'  dell'art.  34  II
 comma  c.p.p.  in  relazione agli artt. 3, 24, 25, 101, 76 e 77 della
 Costituzione.